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Autore: Alba_Mountrel    15/01/2018    2 recensioni
E la storia della protagonista principale la quale è inventata da me, al contrario degli altri protagonisti (Ghon, Killua, Kurapika e Leorio). é una ragazza dell'età di Kurapika che decide di partecipare anche lei all'esame di Hunter e nel corso delle varie prove, tra le mille avventure si innamora di un ragazzo completamente riservato ma compatibile con lei e nel frattempo dimostra capacità veramente strabilianti per una ragazza della sua età.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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“Ah!” un lieve suono gli uscì dalle labbra, quasi impercettibile
“Non dovresti pensare nemmeno un secondo a me e... – non riuscirò mai a dirle queste parole, sono troppo personali ma allo stesso tempo devo farlo perché ho creato io questo equivoco – e questo non perché non voglia star vicino a te ma... perché non conviene a te” esitò solo un attimo e lei lo bloccò dal dire qualche altra sciocchezza o parola fredda.
“Kurapika! L’amore, l’amicizia e la famiglia non centrano nulla con la convenienza, e non rendono la vita più facile o più difficile. Una cosa di certo è sicura... bisogna esserne convinti perché altrimenti non è reale, si rischia di far solo un gran macello. Non solo con gli altri... soprattutto con te stesso!” “Oddio, chissà che sta pensando ora, che sono una pazzoide sentimentale visto che nel corso delle prove potremmo diventare nemici per ottenere la vittoria, sicuro” pensò la ragazza dalla verde chioma, con quelle strane striature di nero, così profonde da ricordare le tenebre.
Si fissarono a lungo, molto a lungo: nessuno dei due accennava a capir come continuare la discussione, un altro paio di minuti e sarebbero finiti a parlare di psicologia, data la loro vasta erudizione e la testardaggine di entrambi. Continuarono a fissarsi un minuto buono ma per fortuna Kurapika trovò le parole e il coraggio di dirle.
“Hai parlato d’amore perché... provi qualcosa per me?” “Questa è una domanda da un milione di dollari, non mi risponderà mai finché non ci potremo veramente fidare l’uno dell’altra”. Come a leggergli nel pensiero, Ebane assunse un sorriso a metà tra il malizioso e il comprensivo:
“Scusami Kurapika... ma questo non posso dirtelo ora” lo guardò come a volerlo baciare, ma... dovette limitarsi a scappare letteralmente da quella stanza ‘infernale’, giusto per non entrare nel più totale panico tipico delle ragazzine fan girl, cosa che lei non era e per questo fuggì, correndo a perdifiato in direzione della propria camera. Ritornò alla stessa modalità che aveva assunto durante la corsa della prima prova d’esame, spense totalmente i pensieri e corse all’impazzata, tanto che attirò l’attenzione di tutti, persino del prestigiatore e del mostro, l’essere con gli enormi aghi impiantati nel ‘viso’. Ebane non si curò nemmeno di loro, la modalità ‘Macchina da guerra’, così la chiamava lei, non le permetteva di provare, vedere o sentire nulla di inutile all’obiettivo, o quasi. Il prestigiatore, o mostro oppure ancora ‘insulso pagliaccio troppo forte’ avvertì questo particolare stato in cui era entrata la ragazza e se ne compiacque, comprese che in lei albergava qualcosa di molto più profondo, difficile, avanzato e invitante, rispetto alle apparenze. Inoltre, sulla pelle avvertì una sensazione che inizialmente non riuscì a spiegarsi, e vista la sua mentalità per un certo verso semplice, perse quasi del tutto interesse quando vide arrivare il suo compagno di viaggio: l’‘uomo’ con gli aghi in faccia, a cui rivolse un semplice e distaccato
“Ah... sei qui”, dopo di che si alzò e andò per i fatti suoi.
 
Il viaggio di lì in avanti fu calmo e silenzioso, tutti risparmiavano le energie per la terza prova.
Una volta arrivati a destinazione, i cinque amici salutarono la signorina Anita e il Presidente
“Siamo contenti che sia andato tutto bene, alla fine”. Killua restituì l’orecchino alla partecipante 111 che glielo strappò dalle mani, in quanto prezioso ricordo del suo defunto padre, secondo lei ucciso da Killua stesso
“È un regalo che mi ha fatto mio padre!” urlò disperata ma Killua avendo ritrovato se stesso mantenne la calma, spiegò che anche quello stesso regalo innocuo: uno specchio di minerale spezie a forma d’orecchino, era formato da una sostanza che se lavorata in un certo modo creava subito dipendenza, e quindi pur avendo un felice ricordo del padre, lei e tutti quelli intorno a lei avevano costruito la propria felicità alle spalle di altri; così lei in un pianto liberatorio si rassegnò a dover andare avanti con la propria vita, sotto consiglio del piccolo Gon l’anno successivo avrebbe ripetuto l’esame e presa la licenza.
Il presidente fece ritorno al proprio alloggio sul velivolo e il suo assistente spiegò le regole caratterizzanti la successiva prova d’esame.
“Le regole della terza prova sono molto semplici: arrivare alla base della torre incolumi! Il tempo che vi è concesso è di settantadue ore!” Gridò a gran voce per farsi sentire da tutti. La maggior parte di loro rimase a bocca aperta per lo stupore e si chiese il motivo di tutto quel tempo per scendere una semplice torre, poi ripensarono al nome: Torre Trabocchetto, allora capirono che li avrebbero aspettati una miriade di fatiche, tali da impedire loro di impiegare poco tempo per superare la prova. Questi ragionamenti erano invece ovvi e naturali per quella piccola minoranza di partecipanti che comprendeva per esempio il Prestigiatore o il suo ‘amico’, e chiaramente anche i cinque amici. Ebane e Killua non badarono nemmeno a quel piccolo dettaglio, poco gli importava quanto tempo avevano, l’importante era arrivare alla fine. Gon come sempre espresse il suo innocente stupore ma con entusiasmo e voglia di cominciare, Kurapika disse solo che si preannunciava una prova più complicata del solito e lì si intromise Leorio, il quale si chiese anche lui il perché di tutto quel tempo ma come una domanda retorica, solo per dar voce ai propri pensieri.
Superato l’iniziale impatto, tutti si diedero da fare per cominciare il percorso. I ragazzi si affacciarono al bordo constatando che sarebbe stato inutile provare a scendere lungo la parete esterna, però arrivò alle loro spalle un uomo palestrato con lo sguardo fiero e sicuro di sé
“Magari per un uomo comune è impossibile scendere da questa torre! Ma per un free climber professionista come me, con queste sporgenze sarà uno scherzo arrivare fino in fondo senza problemi!” Ammise in tono spavaldo. In effetti, Gon e Killua lo videro arrivare in pochi secondi a un terzo della torre. Quando, dal nulla spuntarono fuori delle creature rosa alate, molto minacciose e con denti che sembravano rubati direttamente a uno squalo bianco. Inutile spiegare che il tentativo di aggirare le regole scendendo all’esterno, era impraticabile. Tutti si misero a cercare dei passaggi nascosti nel pavimento, cosa in cui Ebane era già riuscita perché aveva già intuito che non era così semplice vincere. Ricordava perfettamente ciò che le era stato detto una volta da un saggio:
“A questo mondo, spesso e volentieri… Tutto quello che appare, semplice e a portata di tutti, è in realtà infido e impossibile! O difficilissimo e alla portata di un uomo su un milione”. Infatti, aveva proprio ragione quell’uomo di cui la giovane non ricordava il nome, forse solo il mostro prestigiatore e lei sarebbero riusciti a superare la torre in quel modo.
“Ehi ragazzi! Perché non venite a dare un’occhiata?! Qua ci sono sei passaggi - già, sei… Quindi dovremo trovare un altro concorrente? Ma chi? Chi è che farebbe a meno di ammazzarci con le proprie mani da subito? Mah, nessun… Ah già, il grassone – Eccovi, però visto che noi siamo solo in cinque secondo me dobbiamo aspettare un'altra persona. Però non possiamo aspettare chiunque… se arrivasse il mago?! Guardatelo la che non aspetta altro… é ancora qui apposta, non c’è motivo per cui non dovrebbe aver già trovato un passaggio per lui e il suo ‘amichetto’” spiegò inviperita per la presenza di quell’essere.
“Potrei portare qui a forza il grassone, lui sembra il più innocuo, sarà anche un pelo furbo ma… Potremmo farcelo andare bene per stavolta, che dite? Lo porto a sacco di patate o con le buone?” chiese divertita la ragazza dai purissimi occhi blu zaffiro, facendo ridere tutti. Tutti meno il biondo, il quale si sentiva lievemente in imbarazzo per la situazione creatasi tra loro due sull’aereo.
“Nah… Vada per il sacco di patate” risero quasi tutti di nuovo. Ebane si accorse dell’ingiustificata insicurezza di Kurapika ma decise che doveva tornare sui suoi passi da solo, dove capire lui cosa voleva, per questo lei non poteva e non doveva fare niente.
Si diresse verso Tompa con uno sguardo malizioso e divertito. Quando l’altro se ne accorse la guardò insospettito, incerto sul da farsi e provò a difendersi, inutilmente.
“Perché sei venuta qui? Vuoi forse scusarti per il calcio che mi ha quasi spaccato la schiena mentre dormivo?” lo disse con un tono molto più indeciso e tremolante che altro, il che venne percepito da Ebane che lo canzonò
“Si, spaccato la schiena, come no! Avanti grassone, vieni con me… Lo sai che non posso continuare la partita senza la tua presenza” sbatté le ciglia con finto interesse nei confronti dell’uomo basso, molto in carne, di 48 anni, con gli occhi da ladro e i peli ovunque sul corpo.
Visto che ovviamente Tompa non capiva ma stava ugualmente sulla difensiva, lei esegui una mossa fulminea: lo colpì dietro al ginocchio per piegarlo e gli passo davanti per caricarselo in spalla. Lei era forte ma la sua stazza non le permetteva di trattenerlo sulle spalle, così chiese aiuto a Leorio che era il più prestante dei cinque
“Leorio, apri il suo passaggio, e anche voi… Nel momento in cui lo lancio e cade nel buco, saltate dentro!” Urlò da lontano, distraendo tutti gli altri compreso il più forte dei partecipanti, il ‘mostro’. A Gon venne un dubbio
“Ma signorina Ebane, il tuo passaggio si richiuderà e lo perderai perché sarai troppo lontana”
“Non preoccuparti Gon… E chiamami pure Eba”. Così avvenne: Leorio aprì la porticina nel pavimento e il povero mal capitato ci finì dentro come un sacco dell’immondizia, anche gli amici si tuffarono a loro volta. Erano sicuri che ognuno avrebbe dovuto prendere una strada a sé mentre Ebane aveva già previsto che ci fosse uno spazio unico da cui partire insieme, non aveva molto senso ed era fisicamente impossibile che ben sei passaggi così vicini l’uno all’altro, portassero ognuno in percorsi diversi. Tutto intorno a loro era buio pesto ma dopo qualche secondo si accesero le luci e a turno si sorrisero per la così breve separazione. Una volta fatta mente locale, Ebane tornò a usare il suo charme e le sue doti di seduttrice per costringere il signor Tompa a non far scherzi per rallentarli: visto e considerato che era una prova a tempo.
“Signor Tompa… Come va? Se la sente di affrontare questa avventura con me? Non le darò alcun fastidio, glielo posso assicurare” parlava con voce suadente e melodiosa, infatti era sicura che presto quell’uomo infido ma limitato avrebbe ceduto alla sua bellezza.
“Per non farmi riconoscere ho fatto ben cinque corsi di estetica e speso soldi che non ho per raggiungere questa bellezza, per altro molto rara dalle parti mie e di…” venne assalita dai ricordi: tumultuosi, rivoltanti, da far svenire alla prima occasione e per questo pensò anche a… Meglio non pensarci proprio. Scacciò tutto dalla mente e tornò a quello che stava facendo… Persuadere il grassone… Ecco, quello doveva fare; un compito simile non ammetteva distrazioni. Tompa provò a difendersi, ripetendosi che non doveva badare alla chiacchiere di quella sciocca, impudente mocciosa ma la sua reazione non esprimeva affatto questo concetto. Gon interruppe fortunatamente quel malizioso gioco mentale
“Guardate, là c’è qualcosa” si riferiva a un ripiano su cui erano poggiati sei bracciali molto spessi che sicuramente non erano per essere alla moda: sul dorso avevano un display, e appena sotto i pulsanti per selezionare una delle due opzioni: cerchio o croce. Gon non capiva molto. Intuito ciò, Kurapika si accorse che c’era un enorme schermo sulla parete e lesse quello che vi era scritto.
“La via della decisione a maggioranza. Voi sei dovrete ultimare il percorso che vi condurrà alla meta, procedendo per scelte stabilite dal voto espresso dalla maggioranza”. Tutti rimasero molto perplessi, finché una voce maschile non interruppe i loro pensieri.
“La decisione a maggioranza è un arduo percorso in cui la collaborazione è fondamentale! E con questo… vi auguro di avere successo!” Spiegò in modo chiaro e conciso l’uomo dall’altra parte della schermo. Leorio però come al solito, ebbe da ridire.
“Ehi, Tompa! Scordati che mi metta a discutere amichevolmente con te sulle scelte da fare!”. Quel uomo proprio non gli andava giù. Visto come aveva ridotto uno dei partecipanti durante la prima prova, non voleva averci niente a che fare. Ora che se lo ritrovava a fianco dovendo anche decidere insieme dell’esito della prova, stava per perdere la pazienza. Ebane, dal canto suo era più calma e concentrata ma soprattutto determinata a finire la prova senza arrivare in fondo solo all’ultimo secondo. Cercò di far capire a Leorio che aveva una strategia. Lo trasse a sé per la camicia e lo porto dall’altra parte della stanza, iniziò urlandogli contro per finta
“Leorio perché parli così a una persona più grande di te? Te lo devo spiegare io che non sono cose che puoi fare?” dopo di che, sussurrando gli disse velocemente senza farsi vedere, di stare al gioco: facendo finta di accettare il signor Tompa come membro del gruppo.
“Giusto… Ebane. Hai ragione, farò più attenzione al mio comportamento in futuro” disse Leorio ancora girato verso Ebane, con una risata trattenuta a stento.
“Ok Leorio, così mi piaci. Adesso tutti insieme, senza litigare procediamo un passo alla volta. Un passo alla volta. Siete d’accordo?!” la frase era rivolta in effetti a tutti quanti ma il suo sguardo era fisso sul biondo. Quel ragazzo tormentato e un po’ infantile ma soprattutto frettoloso. Lui comprese il messaggio ma non riuscì a mantenere il contatto visivo e distolse lo sguardo. Anche lei lo distolse, soddisfatta però di esser riuscita in qualche modo a comunicare al ragazzo quello che pensava. Pensò inoltre che quella messa in scena con il grassone fosse per il momento andata a buon fine ma che non sarebbe durata a lungo, vista l’esperienza della persona e la sua propensione all’inganno. Decise che avrebbe proceduto per gradi, aveva già provato a persuaderlo facendo breccia nella sua parte maschile, lato in teoria vulnerabile. Successivamente avrebbe finto di essergli amica per quanto la situazione nel gruppo lo avrebbe permesso. Per il resto, beh… avrebbe deciso.
Procedettero nel loro cammino. ‘Il gioco comincia’ pensarono all’unisono. Fecero cento metri e si imbatterono in una strada con due diramazioni, nella quale bisognava premere croce per andare a sinistra e cerchio per andare a destra, tutti premettero il cerchio tranne Gon e Leorio: menti semplici e pure. Kurapika spiegò che quella scelta era dovuta alle statistiche: era noto che la maggior parte delle volte, le persone poste davanti a due strade, scegliessero sempre quella di sinistra. Seguendo questa logica si doveva obbligatoriamente optare per la strada di destra perché l’altra sarebbe stata sicuramente molto più pericolosa, se non fatale. Percorsero un altro grande corridoio semi buio, anche quello così lungo da far quasi venire l’ansia a Leorio. Dopo un po’ si intravvide una forte luce e arrivarono alla fine di quel tunnel. Di fronte a loro si parava una gigantesca stanza: in profondità era decisamente più grande della prima, in altezza presumibilmente comprendeva l’intera torre, perché si estendeva pure sotto di loro con il vuoto più totale; cosa alquanto inquietante. Passata la sorpresa si accorsero che dall’altra parte della piattaforma su cui avrebbero combattuto, c’era un altro corridoio in cui delle persone stavano placidamente aspettando il loro arrivo. I loro sguardi si posarono inquietanti sui cinque ragazzi e l’uomo di mezza età, i quali si misero subito sulla difensiva. Ebane al contrario cercò di non pensare a niente per concentrarsi sugli avversari, pur essendo ancora lontana riusciva a distinguere dei piccoli particolari che le potevano essere utili per capire con che esseri avrebbero dovuto scontrarsi: sicuramente non erano dei santi ma nemmeno demoni saliti dalle viscere della terra, quindi dei punti deboli avrebbe potuto tranquillamente trovarli e sfruttarli per vincere, soprattutto per aiutare i propri amici e… Kurapika. Già, Kurapika. Meglio non distrarsi proprio in quel momento e tornò ad osservare dall’altra parte della stanza.
Allora. Vedo chiaramente che hanno tutti quanti delle manette ai polsi e non manette comuni, quindi sono detenuti della peggior specie. Se dall’altra parte non fosse così dannatamente buio o nella stanza non ci fosse proprio luce mi potrei anche abituare al buio e i miei occhi dopo un po’ riuscirebbero a distinguere tutti i dettagli possibili, però non potevo sperare di essere così fortunata. Ok, quindi allora proviamo con… - ampliò la vista con un metodo che ancora non le riusciva del tutto alla perfezione – Ma… uno di loro lo conosco. No, impossibile. Sarebbe una coincidenza troppo grossa ma soprattutto strana, anche se devo ammettere di aver capito che le coincidenze strane esistono, esistono eccome” notò con suo grande sgomento che tra i sei detenuti c’era un uomo a lei noto ed esclamò un preoccupato e nervoso: “Dannazione!”
“Che ti prende Ebane? Ti senti male? O hai notato qualcosa che ti preoccupa?”. Nonostante le dessero fastidio le domande scontate fatte da persone intelligenti, per Kurapika poteva fare tutte le eccezioni che voleva, Ebane comprendeva che se una cosa la diceva Kurapika, doveva per forza avere una motivazione valida. Inoltre, aveva capito che il biondo non si lasciava andare a inutili dimostrazioni di affetto molto spesso, ergo quella sua domanda era seria e rispose altrettanto seriamente.
“No Kurapika, non è niente te lo assicuro, mi sembrava di aver visto un uomo che conosco, cosa alquanto improbabile in questo luogo sperduto e malfamato, tra l’altro l’uomo che conosco io è speciale… di certo non è un detenuto di alto livello” mentì spudoratamente per destare anche solo un po’ di gelosia e sensibilità nel biondo, sentendosi subito in colpa. Non poteva però permettere, che tutti ma soprattutto il grassone conoscesse simili segreti riguardanti il suo passato.
“Detenuti hai detto? Ah già, hai ragione… guarda lì che manette enormi, mi verrebbero gli ematomi solo a toccarle” espresse Leorio come sempre ad alta voce, sorpreso per l’esagerato spessore delle catene, più che del motivo: la pericolosità di quegli uomini. Ebane pensò che avrebbe di sicuro perso al gioco del silenzio. Preferì comunque non farglielo notare perché aveva capito che il dottore, in un certo senso era preso di mira dagli altri del gruppo, essendo lui il meno scaltro e capace di tutti. In particolar modo lo vedeva succube della malignità del grassone, il quale si approfittava bellamente della sua spontaneità e ancora di più della sua ingenuità tipica dell’uomo comune.
“Lasciamo perdere Leorio. Devo capire se lui è veramente lui oppure è solo uno qualunque. Se ricordo bene Luis prima che ci lasciassimo aveva un piccolo tatuaggio con l’immagine di un organo non bene definito, accoltellato da un’arma molto particolare giapponese di cui non ricordo il nome. Se l’era fatta così strana apposta perché non voleva miseri copiatori in giro per il mondo. Misere false sue copie, come se le persone fossero dei semplici disegni o delle parti di pelle da scarabocchiare con inchiostro e schifezze varie. Sempre se non sbaglio, quel tatuaggio l’aveva fatto sul posteriore verso la schiena, appena visibile con una maglia normale e ben in mostra d’estate, con un top per andare a correre. Frasi agghiaccianti che non dimenticherò mai. Quelle che probabilmente mi hanno portato via la speranza negli uomini, anzi no… è stato tutto il resto. Ora come ora, è improbabile che si giri proprio per mostrarmi il fondo schiena, aspetterò di avercelo avversario. Insisterò con le buone per non lasciarlo a nessun altro. È un tipo troppo pericoloso, anche se gli altri non ispirano niente di buono. Per esempio, la donna sembra una persona riflessiva e attenta ai particolari. E nel caso di una detenuta incallita non è mai una cosa positiva. Questo potrebbe significare che solo osservandoti potrebbe capire tutto di te… anzi, senza condizionale. Quella donna… capisce tutto… di una persona che osserva. Se finirà a sfidare il più debole di noi potrebbe distruggerlo senza muovere un solo muscolo. Anzi… no. Non glielo permetterò. A nessuno di loro”.
L’infinita rete di pensieri che l’attanagliavano sembrava non poter essere interrotto da nulla, nemmeno dalle ovvie spiegazioni che uno dei detenuti stava dando loro. Era decisa a carpire più particolari possibile su quegli individui, così da raggiungere la vittoria nel più breve tempo possibile. Anche Kurapika si accorse che Ebane sembrava come assorta nei propri pensieri però il suo sguardo ero serio e vigile, quindi immaginò che stesse elaborando, cosa non lo sapeva però si fidava del suo modo di pensare e agire: molto simile al suo. Fece cenno a tutti gli altri di non distrarre l’amica perché stava elaborando una strategia. Intanto Ebane tentava di trovare ogni minimo dettaglio.
“Quello che si è avvicinato e ha spiegato le ovvie regole della sfida ha una cicatrice reale molto in evidenza e profonda sulla fronte, però le mani pulite e sane, ha un fisico molto prestante ma lo sguardo non sembra quello di un serial killer o di una persona disturbata, può essere solo un tipo che amava le gang e si è ritrovato in situazioni troppo pericolose per poterne uscire, ed eccolo qui. Lo capisco anche dalla voce, calda e profonda, istintiva, un po’ raschiata ma questo suppongo sia per il fumo o… per l’eccessivo testosterone, o per gli steroidi, o tutto assieme. Quei muscoli devono per forza avere qualcosa di innaturale, altrimenti non me li spiego. Poi… C’è un altro armadio a due ante, solo che stavolta si tratta di tutt’altro personaggio: vene in rilievo su mani e tempie, mascella che più squadrata non si può: sarà di origine tedesca, espressione fredda ma non vuota, quasi piena di passione, e se a questo aggiungiamo il contesto… Mi vengono i brividi solo a pensarci. Passiamo agli altri. Uno ha la prestanza fisica praticamente di un invertebrato. Terrorista di merda, però dallo sguardo si vede che un po’ di coscienza la possiede, quindi o si è ripreso stando qui in esilio, oppure non è così tanto condizionabile da farsi saltare in aria, ma piuttosto predilige… far… saltare in aria. Per proprio divertimento sicuramente. Ovviamente non ci sarà nessuna bomba però sicuramente chiederà una sfida inerente. Per la miseria, e quello che faccia ha? Madonna, certi imbecilli non hanno veramente nessun ritegno con la chirurgia, cosa sperava di ottenere? Di apparire il più forte del mondo senza alzare un dito… Chiaro. Idiota. E sulla mano destra? Non dirmi che si è piantato un rinforzo. Che scemo, rischiare di morire avvelenato per rimanere in vita e mantenere le stesse abitudini deleterie, da criminale. Di solito sono gli spacciatori che si vogliono mettere in mostra e scelgono la teatralità. E quelle cicatrici? Sembrano disegnate. Va beh lasciamo stare. Con lui ho finito, meglio tornare alla realtà va”.
“Ragazzi… Questi tizi sono tutti molto temibili, a parte uno che lascerei a Tompa perché avranno bene o male lo stesso livello di incapacità” espresse dopo un minuto che stilava quella miriade di riflessioni. Il signor Tompa la guardò torvo e sospettoso
“Come ti permetti ragazzina?”
“Ma signor Tompa… stavo scherzando. Non mi permetterei mai di trattarla così” fece una risata finta di imbarazzo, però pienamente credibile anche per quella serpe del signor Tompa, il quale infondo infondo era solo un comune essere umano, per di più maschio.
“E va bene! Per questa volta ti perdono ma che non capiti mai più, capito mocciosa? Voglio un poco di rispetto alla mia età e dopo tutto quello che ho passato per essere qui!” Sbraitò fiero. Nel frattempo Ebane stava pensando alla propria strategia di combattimento, sia psicologico che fisico, contro il suo nemico: Luis Morialler. Ebane sapeva che aveva modificato il suo cognome con quelle lettere finali perché adorava con tutto se stesso la parola inglese Killer, che in giapponese significa assassino, il motivo era che voleva sembrare una persona internazionale, anche se alla fine lei era sicurissima che nessuno lo conoscesse.
“Morialler… maledetto. Che cazzo ci fa qui? Da dove spunta fuori? Ah, basta. Stiamo perdendo un sacco di tempo. Basta pensare Ebane. Agire in questo caso è fondamentale. Lo attaccherò con le mosse di pattinaggio che ho imparato appunto nella palestra della mia… città”. Il ricordo della sua città era come una ferita per il lebbroso, non si rimarginava e mai lo avrebbe fatto.
“Ragazzi… Chi si batterà per primo di noi? Io forse ho già capito con chi sarei in grado di battermi. E forse ho trovato anche gli avversari adatti a voi. Se vorrete ascoltarmi ve lo rivelerò volentieri, ovviamente sotto voce”. Anche questa frase la stava sussurrando e con la mano davanti alla bocca, in modo che gli avversari non potessero nemmeno leggere il labiale, così da lasciarli completamente all’oscuro di questo particolare. Ebane dopo averlo detto si rivolse al ripugnante e maleducato grassone e si finse suadente e mansueta.
“Signor Tompa… è disposto a fidarsi del mio modesto parere? Le va di seguire il mio schema di avanzamento così da permettere a tutti i miei amici di avere più possibilità di vittoria?”. Nel frattempo che con un’espressione dolce e conciliante gli faceva la proposta, Ebane dentro di sé ribolliva di rabbia e non pensava ad altro se non farla pagare a quell’uomo tutto lardo e niente altro.
“Se proverai anche solo a pensare di far qualcosa per spingere uno dei miei compagni a fare un gesto di cui si pentirebbero… giuro che ti farò soffrire inesorabilmente… grassone”.
“Ma certo Eba… io di te mi fido ciecamente. Dimmi pure che avversario dovrei affrontare… Ragazzi dobbiamo fidarci di lei, siete d’accordo? Leorio… così non ti troverai eccessivamente in difficoltà” esclamò entusiasta Gon.
“Ma certo Ebane cara, figurati se mi posso fidare della mia testa calda… Dicci pure tutto quello che vuoi!” Mise un po’ troppo entusiasmo nelle sue parole, quindi cercò poi di darsi un contegno. A quel punto Tompa si finse interessato e si propose come primo sfidante, così da non essere l’ultimo e quello che avrebbe dovuto decidere della loro sconfitta o della loro vittoria, trucco molto astuto e semplice al solo scopo di togliersi dalle scatole il proprio turno e non avere responsabilità di nessun tipo. Un trucco semplice da attuare ma complicato da riconoscere, tranne per Ebane che non si aspettava nient’altro che inganni da quell’uomo. Ugualmente fece finta di nulla e dette il suo parere ai propri amici.
“Allora, prima che passino tutte le 72 ore di tempo, vi dico come secondo me dovrebbe marciare il gioco. Kurapika secondo me te la caverai benissimo con quella brutta faccia da pagliaccio. Leorio purtroppo dovrai passare qualche guaio, perché secondo me l’avversario meno pericoloso per le tue capacità è una dottoressa o un’esperta non di arti marziali, sicuramente. Parlo della donna” Ebane fece una pausa perché sapeva benissimo che Leorio non l’avrebbe presa molto bene e invece…
“Che cosa intendi dire?” Chiese pacato
“Intendo dire che è improbabile che ti proponga uno scontro fisico, non emana quel tipo d’intenzioni. Perciò il confronto sarà mentale. Ecco. Ora… osserva il suo sguardo, come ci guarda. Il suo sorriso beffardo e… troppo sicuro e consapevole di sé. Sono solo supposizioni ma una cosa è sicura anche ai tuoi occhi: non preavvisa nulla di buono”
“Capisco. Beh, in quanto donna nemmeno io avrei optato per uno scontro fisico”
“Lo immaginavo Leorio. Ascoltami bene, noi qui siamo in battaglia. Siamo dei soldati. Non possiamo lasciare spazio alla carità, alla compassione, ai sentimenti e soprattutto… tutto è lecito… ora come ora”. La ragazza sperò che il messaggio fosse passato e che il suo amico trovasse un piano per affrontare un arduo scontro mentale, nel quale era nettamente in svantaggio.
“Poi… Gon… per te l’unico a cui potresti tenere testa è quella specie di nanetto ossuto con i capelli castano chiari. Ha l’aria di essere un bel furbastro ma… fidati quando dico che per te non sarà un enorme problema. Per te Killua… Immagino non avrai alcun tipo di problema, quindi ti avrei affibbiato il più pericoloso. Quel…”. L’altro non la lasciò nemmeno finire perché aveva già capito.
“Lo so. Tranquilla ho già capito di chi parli. Il più grosso di tutti con le mani enormi e piene di vene”. Loro due sì che erano uguali.
“Ah! Grande Killua. Sei sicuro che ce la farai? Cioè… va bene anche se ti arrenderai, non voglio che ti accada nulla e non lo dico solo perché sono più grande…” era seriamente preoccupata per tutti i suoi compagni, oltre che per se stessa.
“No no. Scherzi? Non mi arrenderò. Non proprio ora… che il gioco… si fa interessante” rispose eccitato Killua
“Questo ragazzo deve aver subito qualcosa di terribile per ritenere uno combattimento contro quell’essere spaventoso perfino per me… un gioco. Come diavolo fa a essere ancora vivo” pensò allibita Ebane. D’altro canto cosa poteva fare per il passato del ragazzino? Niente. Poteva però fare qualcosa per il suo futuro, anche se spettava a lui cambiare la propria vita.
“Va bene Killua. Mi fido del tuo giudizio. Signor Tompa, ho cambiato idea… Per lei andrà benissimo quello che ha spiegato le regole. È alquanto temibile ma sono sicura che lei andrà benissimo” “Non lo penso affatto ma tant’è. Che tu perda o muoia… ma che vado a pensare? Smettila di fingerti sociopatica Ebane. Non lo sei e non lo vuoi diventare” cercò di abbandonare definitivamente quei pensieri freddi e meschini.
“E può benissimo cominciare per primo, così a decidere delle sorti del nostro esame potrà essere Killua che di certo non avrà nemmeno bisogno di tempo per ottenere la vittoria, o io. Beh, dipende in che ordine verranno quei sei personaggi. È per questo che si era proposto di andare per primo poco fa, giusto?”. Lui rimase lievemente interdetto, non si aspettava una deduzione così arguta da una appena maggiorenne ragazzina come lei. La riteneva solamente una gatta morta di cui non ci si poteva fidare, ma con cui al contrario si poteva benissimo giocare, un giocattolo da manipolare e poi scartare come la carta della caramella.
“Il suo silenzio lo prendo per un sì, per questo le sono molto grata. Non è da tutti offrirsi per primo in situazioni drammatiche. Grazie infinite” la voce di Ebane era fredda e mono tono ma solo lievemente così, non se ne sarebbe accorto. Infatti il signor Tompa pensò
“Ma certo, come no. Ecco la conferma che cercavo. Sono proprio degli ingenui questi mocciosi. La ragazza non so ancora se mente oppure è seria, certo che se mente lo fa anche troppo bene, quindi visto che avrà a occhio e croce 17 o 18 anni devo pensare più alla seconda opzione. Sì, dev’essere così”
“Certo, è per questo che mi sono candidato per primo. Voi non riponete la benché minima fiducia in me, dico bene? E allora è per voi più conveniente che il primo o anche l’unico a perdere sia io”. “Ma si, state al mio gioco, utilizzerò ogni vostro futuro errore da rinfacciarvi, in caso tentaste di accusarmi di… cattiva condotta”
“Perfetto. Adesso abbiamo la situazione sotto controllo ragazzi, così riusciremo a passare senza troppi problemi”. Non era vero. Leorio avrebbe passato un brutto momento, Ebane non era affatto dubbiosa sulle capacità della donna e prevedeva già che avrebbe massacrato il pover uomo con chissà quante tecniche di persuasione e condizionamento mentale. L’addossamento della colpa per qualcosa che in realtà lui non ha fatto, lo svilimento, la distorsione della realtà. Stava pensando a così tante cose che era certa d perdere la testa molto prima del solito, e il suo essere donna non l’aiutava affatto; anzi.
Grazie a una pedana scorrevole, il primo dei detenuti salì sul quadrato in mezzo alla stanza e chiamò il suo sfidante. Una volta che fu salito anche Tompa, si decise che si sarebbe disputato uno scontro, il quale sarebbe terminato con la morte o la resa di uno dei due e non era ammessa la parità. Nel momento in cui l’assassino si lanciò all’attacco tutto carico all’idea di far fuori qualcuno, il signor Tompa arretrò di qualche passo e piegandosi a terra dichiarò la resa, lasciando tutti a bocca spalancata. Non si poteva dire la stessa cosa per Ebane: l’aveva mandato avanti apposta, così poi i problemi nel vincere le sfide sarebbero stati minimi, se non addirittura inesistenti. Ci avrebbe pensato lei in quattro e quattro otto, a risolvere eventuali distrazioni create da lui. Leorio si arrabbiò all’inverosimile ma anche gli altri non furono da meno, però Tompa sapeva già come difendersi. Rivelò che di ricevere la licenza a lui non importava niente e che non si sarebbe fatto in quattro se non per se stesso quindi non dovevano contare che sul voto della maggioranza, inoltre ammise perfino con fierezza di aver trovato nell’eliminare i partecipanti all’esame più deboli, una ‘magnifica’ ragione d’essere, facendo ammutolire tutti.
“Sei un uomo crudele” cominciò Kurapika.
“Ehi vecchio, tu sei paragonabile a un bug… e io detesto i giochi con i bug” disse Killua scuro in volto, avvicinandosi pericolosamente all’uomo. Lui tentò di fermarlo ricordandogli che sarebbe stato squalificato se gli avesse fatto qualcosa ma al ragazzino non interessava, quindi intervenne Gon con la sua spontaneità d’animo
“Ma certo! Il signor Tompa ha ragione, con cinque voti contro uno vinciamo sicuramente!”
“Gon, tu… sei ancora più ingenuo di me” fece sconsolato Leorio.
“È esatto, però…” provò a formulare Kurapika provando a modificare la sua rabbia in qualcos’altro di più produttivo.
“Però niente! Gon, preparati che si sta avvicinando il tuo sfidante. Ah… senti piccolo ce la fai a fingere di aver scelto tu da solo sul momento di voler combattere quello lì? Così non sembrerà premeditato”. Si vedeva che anche lei era stizzita per quel vile comportamento di Tompa ma non avevano tempo, e volle tagliare corto.
“Va bene. Vado!” Si mise a correre e prima di salire sulla piattaforma urlò che il prossimo sfidante sarebbe stato lui, come gli aveva chiesto Ebane, la quale si compiacque della prontezza del bimbo. Nel frattempo Killua si mise a parlare con Kurapika spostandosi davanti a Tompa, in modo che lo sentisse bene
“Se vogliono farci perdere tempo, il vecchio ha agito bene. L’uomo pelato come un bonzo era sicuramente un ex soldato o un mercenario. Se avesse potuto combattere come prima cosa lo avrebbe colpito alla gola… per impedirgli di dire ‘mi arrendo’. Dopo di che lo avrebbe torturato tenendolo in vita… Finché gli fosse stato possibile farlo” a quelle parole il signor Tompa sbiancò visibilmente e tutti risero sotto i baffi.
“Però è strano, anche quell’uomo ha gravi crimini alle spalle ma non percepisco nessun intento omicida in lui” ipotizzò Kurapika ma Ebane non era affatto d’accordo.
“Diciamo che ci sono modi diversi di rivelare il proprio scopo, e poi c’è scopo e scopo, sei d’accordo con me Kurapika? – lo guardò sorridendo per invogliarlo a rilassarsi nei suoi confronti – quell’uomo… Hai visto il fisico che ha? Solitamente si può pensare che con un fisico così non possa essere granché pericoloso. Nel nostro caso però, dubito fortemente che abbiano inserito un pecorella smarrita all’interno di un gruppo di demoni. Perciò deve avere qualche altra capacità che forse è anche più pericolosa. Sappiamo benissimo che a volte il confronto mentale è ben peggiore. Infatti spero non abbia intenzioni eccessivamente distruttive. Comunque sono arrivata alla conclusione che quell’uomo dev’essere un terrorista. Uno di quelli ‘freelance’. Il suo sguardo non denota un assoggettamento”
“Quella che emana è una pericolosità differente” concordò Killua. Evidentemente era abituato come Ebane a valutare le persone, il pericolo e il comportamento da tenere di conseguenza.
Gon pensò bellamente di tralasciare tutti i ragionamenti possibili sul suo avversario e chiese allegramente come si sarebbe svolta la sfida, perché non aveva proprio nessuna idea. A quelle parole a Ebane cascarono le braccia ma conosceva le capacità di Gon e quindi momentaneamente si tranquillizzò.
A quel punto il criminale ammise di non amare il ‘banale’ prendersi a pugni e propose di fare un ‘gioco’. Disse a Gon che era un gioco molto semplice e nel quale non c’era molto da pensare. Spiegò che il tutto consisteva nel far spegnere per ultimo la propria candela. Mostrò al gruppo le due candele, dapprima coprendole in parte e poi mostrandole interamente, rivelando che una delle due era più corta, quindi instaurando il dubbio in tutti quanti.
   
 
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