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Autore: Mikirise    15/01/2018    0 recensioni
Tony ha incontrato Steve a 17 anni. Quando si sono sposati, aveva 21 anni. Adesso ha 24 anni e nessuno dei due vorrebbe davvero divorziare.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prima


Tony si porta le mani sui fianchi e sospira soddisfatto, prima di girarsi verso Steve e mostrare con orgoglio la sua creazione, come se fosse una delle sue macchine, o uno dei suoi progetti più belli. E magari lo è. Uno dei suoi progetti più belli. Il sorriso di Steve è dolce. Tenero. Gli è mancato come l'aria poteva mancargli. Come poteva mancargli DUMM-E, o Jarvis. E adesso è lì, a sorridere per lui. E Jarvis gli ha concesso una giornata da adulti, per sistemare le situazioni con sua moglie. Ana. Jarvis dice sempre che vuole che Tony la ricordi come la donna che è stata. Tony pensa che vorrebbe andare a trovare Ana. In fondo, deve dire, se lui è l'uomo che è un po' è anche grazie a lei. No? Sì. Steve gli passa una mano sulla spalla e Tony sorride di rimando. Ana potrebbe venire a vivere nella mansione Stark. Ci sarebbe abbastanza pace e la casa non sarebbe così vuota come lo è adesso. Anche se secondo Jarvis un giovane uomo non deve avere i problemi di un uomo anziano. Non sono cose che importano. Non importano per niente. Ana potrebbe andarsene, definitivamente, e Jarvis potrebbe seguirla. La sua è un'idea egoista. Jarvis dovrebbe approfittarne. Perché nessuno si approfitta delle sue idee egoiste? In che razza di mondo vive?

Steve entra nel fortino di cuscini e lenzuola. Ecco. Queste sono le cose che piacciono a Tony, che lo segue senza doverci pensare più volte, per mostrare l'interno della sua opera d'arte temporanea. No, davvero. Sono queste le sue intenzioni, anche perché non c'è abbastanza gente intorno a lui che lo ammirano per le sue creazioni, quindi sta per aprire bocca per parlare di come ha costruito questo bellissimo fortino, quando viene bloccato da un bacio sulle labbra di Steve, che poggia la mano sulla sua guancia e inizia ad accarezzarlo con dolcezza, per poi poggiare la fronte contro la sua. “Sento i tuoi neuroni lavorare da qui” mormora, con un sorriso a metà.

“No, sì, ovvio, perché stavo pensando a quanto sono stato fantastico per aver costruito tutto questo nel tempo in cui tu stavi facendoti la -perché ti sei fatto la doccia da solo? Voglio dire. Jarvis non è a casa e abbiamo sprecato una tua doccia? Stiamo scherzando?”

“Eri troppo preso a costruire un fortino.”

“E tu non mi hai ricordato la rara occasione che abbiamo sprecato? Steve. La doccia!”

“Sì.” Steve si sdraia sui cuscini, trascinando con sé Tony che è ancora molto indignato dalla sua fulminea rivelazione. Steve abbraccia Tony con un solo braccio, mentre il ragazzo poggia la testa sul suo petto e si concentra sul battito del suo cuore. “Ma hai costruito un bellissimo fortino.”

Il cuore di Steve è ipnotizzante. Steve di per sé lo è, deve dire. Il braccio non gli cinge più la spalla, ma il gomito punta nel mezzo della sua schiena e la mano è salita sui suoi capelli, accarezzandoglieli con pacato affetto. Tony chiude gli occhi e gli sembra che questo deve essere uno di quei momenti che rimarranno marchiati nel suo cervello per tutta la sua vita. Adesso è un momento dolce, forse un giorno al ricordarlo gli farà male al petto. Forse adesso è il momento in cui vuole vivere per tutta la vita. Lui e Steve in un fortino di lenzuola e cuscini, un miracolo dell'ingegneria fatta in casa. Un miracolo della sua vita. Forse l'unico che potrà mai ottenere. “L'unica cosa che vorrei che cambiasse” si lascia sfuggire, “è che Jarvis non si debba preoccupare per me.”

Le dita trai capelli di Tony si fermano per un millesimo di secondo, prima di ricominciare ad accarezzarlo. “Quello è il suo compito. Preoccuparsi.” Poi preme le labbra sulla sua testa e lo tiene un pochino più stretto. “Pensa a quanti fortini avresti potuto costruire in sua assenza. Sinceramente mi preoccuperei anche io. Sappilo.”

Steve ha capito metà di quello che Tony ha detto, ma la cosa non lo preoccupa più di tanto. Piuttosto si sistema di nuovo sul suo petto e ascolta il suo cuore battere, arricciando le dita intorno alla sua maglietta. “Se non avessi la supervisione di un adulto, in realtà, penso che la prima cosa che farei sarebbe andare a bruciare la nostra casa a Malibu. Poi tornerei a New York e lavorerei tutto il giorno nel mio laboratorio. Potrei costruire fortini di non-materia.”

“Vedi? Questa cosa mi preoccupa.”

“Secondo me sarebbe divertente.”

“Bruciare la tua casa a Malibu?”

Tony struscia il viso contro il suo petto, per nascondere un sorriso. “Creare fortini di non-materia” risponde. “Lavorare tutto il giorno al laboratorio senza Jarvis che cerca di trascinarmi a fare vita sociale. O vuole che io la smetta di mettermi i pantaloncini d'estate, o quando facciamo il barbecue. L'ultima volta stavo morendo di caldo e lui ha continuato a ripetere qualcosa sul fatto che un gentiluomo non dovrebbe comportarsi nel modo in cui io mi comporto. Ah, sì, e che devo imparare a cucinare.”

“Il barbecue è un buon modo per imparare a cucinare.”

“No, quello non vale, secondo lui. Dovrei saper cucinare senza dover accendere un fuoco selvaggio in un attico a New York.”

Steve sbuffa una risata e Tony alza lo sguardo verso di lui. “Non è un problema se non sai cucinare. Lo so fare io.” Gli sorride, lanciando uno sguardo verso il basso. “Tu puoi passare la tua vita in laboratorio e io ogni tanto potrei passare con qualche cosa da mangiare.”

“Vedi? È per cose come queste che non piaci a Jarvis.”

“Io non piaccio a Jarvis?”

Tony ride e si allunga per lasciargli un bacio sulla mascella. “Pensa che tu mi porterai sulla cattiva strada.”

“Cosa? Io?”

“Dice anche che siamo troppo giovani per progettare un'intera vita insieme.”

“E tu gli credi?”

“Ho problemi con le persone che mi dicono quello che devo fare.” Sospira e prende a giocare con le sue dita. Non dice che non crede a quelle storie che durano tutta la vita, perché Steve è un tipo romantico, che potrebbe offendersi per parole del genere. Tony non è sicuro. Ma non lo è per quel che riguarda Steve, non per quel che riguarda se stesso. Sa che, succeda quello che succeda, Steve sarà sempre il suo grande amore, quello che ricorderà quando sarà vecchio e solo e il suo cuore cederà a ogni momento che ha voluto cristallizzare nella sua memoria perfetta. Per quello che ricorda Steve, non ne è molto sicuro. Non crede che Steve si ricorderà mai di lui. Ma va bene così. Davvero. Ha accettato che non avrà mai una storia d'amore simile a quella di Jarvis e Ana. Quindi va bene anche così. Sì. Va bene anche così. “E poi che vuol dire? Che non hai intenzione di portarmi da mangiare quando mi dimenticherò di mangiare io?”

Steve sospira ancora una volta una risata. “Okay, di solito i genitori mi adorano. Perché non piaccio a Jarvis?” chiede, scuotendo la testa.

“Jarvis non è mio padre.”

“È il tuo tutore legale. Bene. Di solito piaccio ai tutori delle persone che frequento.”

“Secondo me non gli piaci perché ha fiutato la tua aria da cattivo ragazzo. Magari pensa a qualche frode.”

“Secondo me tu gli hai raccontato qualcosa che non avresti dovuto raccontargli. Non prima che prendessimo confidenza.”

“Solo la volta che sei rimasto senza pantaloni in mezzo a Central Park e hai traumatizzato -quanti bambini erano?”

“Mi avevi infilato dei topi nei pantaloni.”

“L'ho fatto per sbaglio.”

“Non puoi avergli raccontato quella -Tony, come glielo hai raccontato, scusa?”

“Steve. Come pensi che glielo abbia raccontato?”

Il ragazzo assottiglia lo sguardo, prima di reagire come se fosse stato colpito al petto da un pugno di realtà. “È stato lui a tirarci fuori di prigione” mormora, passandosi una mano sulla fronte.

Tony scoppia a ridere davanti agli occhi sbarrati di Steve e alla sua improvvisa rivelazione, mentre si tira su con un gomito, costringendolo a sedersi a sua volta. “Certo. Chi pensavi che fosse stato? Clint?” Scuote la testa e si porta una mano davanti alle labbra, per fermare la sua risata.

“Oh mio Dio.”

“Non era poi tanto difficile da capire.”

“Ma tu me lo potevi anche dire!”

“Ehi, okay, calmati. Sai quante volte sono stato arrestato per atti osceni in luogo pubblico?”

“Mi stai dicendo che la vera prima volta che Jarvis ha sentito il mio nome è stato nella frase Steve e Tony sono stati arrestati perché non avevano pantaloni in pubblico? E mi stai anche chiedendo di calmarmi?”

“Questo spiegherebbe molte delle sue interruzioni quando ci baciamo, in effetti.” Il ragazzo arriccia le labbra e aggrotta le sopracciglia. “La regola della porta aperta e perché tu non conti come alleato quando ho voglia di usare i pantaloncini.”

Tony.” Steve nasconde il viso tra le mani.

“Dai. È stato secoli fa. Se in un anno non sei riuscito a rifarti la reputazione con Jarvis, beh, non per offenderti ma forse vuol dire che effettivamente sei un maniaco esibizionista che si toglie volontariamente i pantaloni in pubblico.” Tony si sta mordendo le labbra per non scoppiare a ridere incontrollabilmente. Si avvicina a lui, muovendosi a carponi e gli lascia un altro bacio, questa volta sul naso. Steve scuote la testa, ma sembra essere anche lui abbastanza divertito dalla situazione. “Jarvis ha un buon fiuto.”

“Ti porterei il cibo nei laboratori, ovviamente” riprende Steve, quando Tony si siede accanto a lui e incrocia le gambe. “Penso che lo farei coi pantaloni addosso.”

“Questa è un'opportunità sprecata esattamente come lo è stato il fatto che hai fatto la doccia da solo.”

“Sarà la tua punizione per non avermi dato un'informazione così importante.” Steve poggia di nuovo la testa sul cuscino, ma poi si gira di fianco per poter essere sicuro di guardare negli occhi Tony, che inizia a giocare con le sue dita. “Ti amo.”

Tony si porta le nocche di Steve sulle labbra e ci poggia sopra le labbra. “Ti amo anche io” risponde, ma Steve non vede le sue labbra muoversi nel rispondere. Le dovrebbe sentire sulla sua pelle. Tony voleva ricreare artificialmente i brividi che ti danno quelle parole dette dalla tua anima gemella.










 

III Consulenza di coppia


Steven si sistema sul divano e si schiarisce la gola, mentre Anthony lo osserva con la testa inclinata, per poi passare, con fare annoiato verso Thor, che rimane sempre nella stessa posizione sulla sua poltrona, non così comoda come le persone immaginano e fa un cenno della mano perché inizino a parlare, cosa che sembra siano restii a fare. “Ci eravamo dunque lasciati con l'idea di riprendere la vostra routine” esordisce dunque, sistemando la posizione della schiena. Anthony ruota gli occhi e torna a chiudersi fisicamente, incrociando le braccia, mentre Steven sospira. “È molto importante che coppie che sono state separate per molto tempo si ricomincino a conoscere dalle piccole cose.” Fa una breve pausa, facendo in modo che il suo sguardo si posi prima su uno e poi sull'altro. “Avete ricominciato a condividere pasti ad orari prestabiliti?”

Anthony lancia uno sguardo veloce a Steven, che sospira, prima di unire le mani davanti a sé. “Abbiamo ricominciato a mangiare insieme. Colazione una volta a settimana e...” Sospira ancora, lanciando uno sguardo stanco ad Anthony. “...due cene a settimana. Sembra che se non decidiamo prima il giorno sia difficile che Tony si possa organizzare.”

“Per quanto possa sembrare strano, è qualcosa che succede a molte coppie che si affacciano insieme all'età adulta.”

“Penso che noi ci possiamo considerare adulti” risponde Anthony, inclinando la testa. “Voglio dire, in piena regola.”

“Per quanto questo sia per voi sorprendente, sarete considerati giovani adulti fino ai vostri venticinque anni. Il che vi rende una coppia che si affaccia insieme all'età adulta. Ed è quindi ovvio che la vostra relazione si debba evolvere di conseguenza.” Thor si sistema ancora una una volta sulla poltrona, e accavalla le gambe, mentre Anthony borbotta che comunque Steve ha più di venticinque anni. “Come sono dunque andati questi vostri appuntamenti?” chiede gentilmente, con un sorriso professionale e paziente.

Anthony si muove nervosamente e, ancora una volta, il suo sguardo cerca quello di Steven, che si schiarisce la gola. “Penso che abbiamo faticato a rimanere seduti nello stesso posto” risponde dopo qualche secondo e Anthony abbassa lo sguardo, forse colpito da un senso di colpa che non dovrebbe essere suo. “Forse abbiamo passato più tempo a non parlarci e cercare di finire di mangiare, piuttosto che...” Fa un gesto vago della mano e smette di parlare. Si sfrega le mani e lancia uno sguardo di scuse ad Anthony, che scuote la testa.

“Non potete pensare che i problemi si risolvano senza che voi parliate.”

“Ogni volta che parliamo finiamo per litigare” dice Anthony, grattandosi un sopracciglio. “Lui dice ciao Tony e io dico ehi Steve e finiamo per litigare perché io ho detto ehi Steve e non ciao Steve. Oppure Steve entra nella stanza e io non -non lo so, ci sono cose che tocca e io non riesco a sopportare il fatto che le tocchi. E allora litighiamo.”

“Siete andati a fare la spesa insieme, come vi ho consigliato?” chiede ancora Thor. I due di fronte a lui annuiscono con qualche remora. “Posso chiedere quale discussione è sorta da questa iniziativa?”

Questa volta anche Steven cerca lo sguardo di Anthony ed entrambi aggrottano le sopracciglia, prima di tornare a girarsi verso Thor, che deve nascondere un sorriso divertito. “Non abbiamo litigato” risponde in un secondo momento Anthony. Si accarezza il collo e prende un respiro profondo, prima di mordersi l'interno della guancia. Anthony è una persona ansiosa di sottofondo, come ha compreso nelle loro prime sedute. Vive di ansie e di paure che cerca di coprire con un atteggiamento autodistruttivo. È scritto in bella grafia sul suo quaderno, così come vi è disegnato l'albero genealogico di Steven. “Abbiamo solo comprato molte verdure.” Thor annuisce e lo incita a continuare, cosa che Anthony non fa.

“Presumo che per scegliere cosa comprare e che cosa no, abbiate dovuto parlare.”

“Abbiamo parlato.” Anthony sbatte le palpebre e si gira di nuovo verso Steven, che lo osserva con la testa inclinata e un accenno lontano di sorriso affettuoso. “All'inizio volevo comprare solo verdura perché -Sarah adora cucinare le verdure e Steve ha imparato da lei a cucinarle e le fa così bene che sembrano del cibo spazzatura, per quanto sono buone. Poi ho pensato che una volta abbiamo provato a cucinare insieme e Jarvis ha iniziato a farsi uscire il vero accento inglese.”

“Una delle cose che più ricordo di Jarvis è che per qualche motivo non mi aveva preso in simpatia.”

“Lui pensava fosse perché la prima volta che ha sentito il suo nome-”

Steven ruota gli occhi e Anthony ride piano, interrompendosi nel mezzo della frase. “È una storia che adora raccontare” spiega, scuotendo la testa.

“È una storia che non invecchierà mai” mette in chiaro Anthony inclinando la testa verso di lui.

“Allora abbiamo deciso di cucinare di nuovo insieme.”

“A rischio e pericolo dei nostri vicini.”

Steven sorride e Anthony fa la stessa cosa, prima di accarezzarsi ancora una volta il collo, quasi fosse colpevole di qualcosa. “Abbiamo più che altro parlato di Jarvis. E del fatto che prima non riuscivamo mai a mangiare senza che qualcuno non diventasse il nostro terzo, o quarto, o quinto incomodo.”

“Di solito era Clint il nostro quinto incomodo.”

“E questa volta non abbiamo neanche dato fuoco alla cucina. O meglio -”

“È scattato l'allarme anti-incendio.”

“-ma solo perché non eravamo sicuri di quanto tempo ci volesse per fare il caramello e alla fine abbiamo dovuto mettere sott'acqua una pentola e ci siamo bagnati dalla testa ai piedi.”

“È stato un bel momento.” Anthony abbassa lo sguardo e continua a giocare con la sua fede al dito. “Ma poi è passato.” Vi sono delle parole non dette che pesano sul petto di Steven, che si limita a chiudere gli occhi e e girare la testa da un'altra parte.

“Cosa c'è stato di diverso da quel momento al momento dopo?” chiede Thor.

Steven scuote la testa. “Mi ha respinto” dice di getto, e poi sbarra gli occhi nel capire quali implicazioni ha la frase appena pronunciata. “N-non...” Sospira, grattandosi la nuca. “Non mi ha respinto fisicamente, voglio dire, lui ha -noi non... Sarei una bruttissima persona se... Io non... Non era quello che volevo dire. Lui ha...” Aggrotta le sopracciglia e unisce le mani, come se si fosse ridotto a pregare davanti ad Anthony, che lo osserva con gli occhi mezzi vuoti di quando sta ascoltando ma non vorrebbe doverlo fare. “Lui a volte mi sembra... A volte mi sembra che tu...” Non riesce a finire la frase. La scuote via dalla sua testa, come se fosse un pensiero non degno di nota.

Anthony si stringe nelle proprie spalle, guardando verso il basso, e Steven si morde le labbra e non proferisce altra parola. Thor, sul suo quaderno, cerchia il nome del padre di Steven e appunta a piè di pagina le parole discussione programmata.





 

Dopo

Tony guarda il suo cellulare e non lo sta guardando per davvero. Ascolta i passi di Steve in salotto e si chiede per quanto tempo ancora saranno lì. Blocca il cellulare e si lascia sfuggire un sospiro che sembra essere collegato più a un qualche problema a respirare piuttosto che a sollievo, o di rassegnazione. Effettivamente sente di avere qualche problema a respirare.

Sbatte la punta delle scarpe sul pavimento e prende un respiro profondo, chiudendo gli occhi e chiedendosi se questa è la cosa giusta da fare, oppure no. Infila il cellulare in tasca, si gira verso la porta, cerca di indossare il suo sguardo sereno e pensa che prima non pensava a indossare uno sguardo sereno. Non con Steve, ma non importa. Davvero, adesso non ci deve pensare.

Steve è seduto al tavolo, con un libro in una mano e la tazza di caffè nell'altra. Si gira a guardarlo e gli sorride, perché non importa quanto la loro relazione stia degenerando, lui continuerà sempre a sorridergli e questo fa male a Tony. Fa davvero tanto male, a dirla tutta. Perché se c'è una cosa che lui sa al cento per cento è che quei sorrisi non sono meritati. Che quello che dice Steve sulle mani della Stark Industries inzuppate di sangue è vero. Che quindi le mani sporche di sangue non sono di un'azienda astratta, ma di chi se ne occupa. Sono di Tony. “Ci sono delle cose che voglio sistemare” inizia, puntando con il pollice la porta alle sue spalle. “Penso di doverlo fare il più velocemente possibile.”

Steve aggrotta le sopracciglia e poggia il libro sul tavolo. “Oh” risponde. “Allora salta la cena di oggi.” C'è quel tono triste e un po' deluso che arriva direttamente nel cuore di Tony e lo fa sentire in qualche modo colpevole. Sporco. Come soltanto Howard poteva fare.

“È una cosa...” si blocca e deve ricordarsi di respirare di nuovo. Quindi fa un passo in avanti, e poi ne fa un altro e un altro ancora, fino ad arrivare davanti a Steve. “Devo farlo per esserne sicuro” dice, e sa che questa cosa non ha senso, perché non ci sono elementi perché Steve capisca, ma se Tony ha la sicurezza, se Tony sa che c'è un modo per non rovinare tutto, allora cambierebbe tutto.

Steve aggrotta le sopracciglia con rinnovata intensità. “Di cosa?” chiede, spingendosi verso di lui, con fare preoccupato. Tony sorride nervosamente e si guarda intorno.

“Di non rovinare sempre tutto” risponde e poi chiude gli occhi, perché la frase è suonata veramente stupida e poi torna a riaprirli e guarda ovunque ma non guarda Steve. Lo abbraccia velocemente, con la disperazione che sente in corpo e che sembra non poter assentarsi durante un momento così intimo. Ed eppure, abbracciare Steve non sembra essere la stessa sensazione di abbracciare Steve. Tra le sue braccia frettolose e nervose non c’è lui, ma una statua, impietrita dalla situazione alla quale lui si aggrappa per non fare la stessa fine. È disperazione, questo abbraccio e quindi lo lascia andare. Sente i piedi muoversi sul posto e le dita delle mani strusciarsi tra loro in un movimento poco felice. Quindi si muove velocemente senza la porta ed esce da casa loro, senza che Steve possa dire una sola parola.
  
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