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Autore: ThePirateSDaughter    15/01/2018    3 recensioni
Iwaizumi crolla al diciassettesimo giorno.
|Iwaizumi!centric|
|Break up|
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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#igrandiritorni.
No, beh, non mi avete mai visto qui, ma sono tre anni e dispari che non scrivo più niente e non sono nemmeno più sicura di esserne capace. Sarebbe sparito anche qualsiasi interesse per efp, non fosse stato per questa cosina bellina che è Haikyuu!! e quel concentrato di perfezione che sono gli iwaoi, figli miei stupendi. Quindi, come si celebra un fandom bello e una otp stupenda? ci si butta su secchiate di angst. Fidatevi, è un assioma. 
Bene! Se ciò vi ha fatto vomitare, o non lo reputate IC, i pomodori il tastino delle recensioni esiste for a reason, ma ad ogni modo, grazie mille se leggerete! **
Credits titolo + ispirazione + aiuto stesura:
qui.
(Also, Chiara è piccina e bellina perché sclera con me su qualsiasi cosa riguardi questi piccini)
 
 
 
Iwaizumi crolla al diciassettesimo giorno.
A dispetto di quello che si sono promessi e del fatto che la decisione sia stata presa di comune accordo, poco più di due settimane dopo sente, in un crescendo, tutto quanto riversarglisi addosso. Inizia con un’inquietudine e un senso di disagio lieve, che pian piano aumenta e lo opprime, di colpo, al punto che deve fermarsi un attimo in mezzo al corridoio e premersi una mano sul petto, come se stesse realizzando solo in quel momento che lui e Tooru si sono lasciati diciassette giorni fa.
 
 
E non se lo sarebbe mai aspettato, perché se qualcuno avesse dovuto crollare e accusare il colpo, quello sarebbe stato Oikawa, non lui. O perlomeno: lui è una persona sicuramente più razionale, più responsabile, non può permettersi, non vuole permettersi questa sensazione.
Magari sta male anche lui. Deve stare male anche lui, si sono lasciati, e sono loro; non può starla vivendo così bene come sembra. Oikawa è una persona di facciata, vive così in ogni giorno della sua vita, ma lui lo conosce, sa cosa si nasconde dietro quelle espressioni quasi sempre finte e quei sorrisi mai completamente genuini; deve esserci qualcosa.
Ne parleranno. Mette a tacere quella cazzo di parte razionale che gli ripete che questa cosa non è saggia e che si faranno male di nuovo: devono parlarne. Come farebbe a sopportare quella morsa al petto, altrimenti?
 
 
 
"Iwa-chan".
La bocca di Tooru è piegata in un taglio a metà tra il condiscendente e il costernato.
“Ne abbiamo già… Non rendere tutto difficile”.
Lui? Lui la sta rendendo difficile?
Iwaizumi si detesta, ma non riesce a riconoscere la verità di quello che gli sta dicendo, o anche solo a ricordare il giorno in cui si sono guardati in faccia e, senza parlare – quello sarebbe venuto pochi minuti dopo – hanno capito. Al momento è troppo occupato a tentare di respirare; un po’ sembra essersi dimenticato come si fa, un po’ è come se quella maledetta morsa lo abbia schiacciato di più.
“Non… non mi interessa, Tooru. Io… non ce la faccio, okay? Non ce la faccio”.
Lo sputa a fatica; davanti a lui, l’altro sospira piano.
“Mi dispiace”.
Il suo braccio ha un minimo movimento, come se avesse meditato di toccarlo o posargli la mano sulla spalla; poi si ferma, con l’altra mano si riassesta la cinghia della borsa sulla spalla e lo sorpassa, uscendo dallo spogliatoio, lasciandolo pietrificato come il misero idiota che è in mezzo alla stanza, i pugni stretti, il respiro corto e l’immagine indelebile di quella bocca – e di quell’espressione – nella mente; quella bocca che, a dispetto di tutto quello che si sarebbe potuto aspettare in passato, ha imparato a conoscere, ha visto sorridere i suoi sorrisi, ha baciato, conosce a memoria; e ora è solo piegata in un rifiuto.
 
 
Il ventiseiesimo giorno vede Tooru uscire dalla classe con una ragazza.
Non la conosce, non la vede nemmeno in faccia; vede solo che ha i capelli lunghi poco oltre il collo e che Tooru la sta fissando ridendo, spensierato.
Sono troppo vicini.
Non ricorda di essersi mai sentito così.
 
 
Non ricorda di essersi mai compatito così.
Ma relega quella sensazione in un angolo recondito della sua mente. Chissà che cosa è successo all’Iwaizumi stoico che aveva pensato di essere. Che cos’è questo essere che ora sta praticamente tremando davanti a quello che era il suo migliore amico e che è poi diventato la persona capace di ridurlo così?
Sono di nuovo nello spogliatoio. Gli allenamenti sono finiti, tutti si sono già cambiati e se ne sono andati. Ci sono solo loro due ed è tutto identico alla volta scorsa; Tooru quasi al centro della stanza, con la borsa in bilico sulla spalla, lui – non ha idea di come possa apparire da fuori – che sta facendo del suo meglio per non cadere a pezzi.
Non ricorda di essersi mai compatito così.
Oikawa lo chiama, incerto. Vede che sta male anche lui, ma per motivi completamente diversi dai suoi. Forse nei giorni passati avrà sofferto anche lui, ma ora si sente soltanto in colpa e dispiaciuto perché Iwaizumi la sta accusando molto peggio di lui e a scoppio ritardato, perché quando si sono lasciati, si sono comunque promessi di salvare almeno la loro amicizia; e ora c’è un problema. Lui non è tormentato dalle immagini e dai ricordi, dal ricordo di quanto scaldasse sentire la sua testa appoggiata sulla propria spalla quando si appisolava addosso a lui la sera tardi; non quanto lui, almeno. Non ricorda le chiacchierate e le risate a letto, abbracciati l’uno all’altro. Non è tormentato dal ricordo delle sue labbra. Non sente continuamente la sua voce nelle orecchie, plasmata da diverse sfumature. Desiderio. Divertimento. Gioco. Amore.
Non quanto lui.
"S-senti..."
Sta balbettando. Iwaizumi sta balbettando.
“Ha- Iwa-chan, davvero, io non so… Possiamo non vederci per un po’, se può servire a farti stare meglio, mi… mi dispiace, davvero-“
“Riproviamoci” Iwaizumi ha un tono di supplica che non pensava gli si sarebbe mai addetto. Non sta nemmeno sperando, non sta pensando praticamente a niente, ridotto a un fascio di nervi tremante e tenuto insieme per miracolo come si trova. Vuole soltanto un appiglio.
Di nuovo quel taglio della bocca. Di nuovo quell’espressione costernata, ma decisa.
“Iwa-chan, mi dispiace…”
“Non- non dire che ti dispiace, maledetto Merdakawa. Non mi vedi? Mi sto” respira profondamente e impone alla propria voce di rimanere salda “mi sto umiliando-“
“Non è umiliazione…”
“… come un povero, miserabile idiota e… ti… ti prego, Oikawa. Tooru. Ti sto pregando” Alza lo sguardo, ogni barriera è caduta “Ti prego” gli esce un sussurro. E ora piange anche.
È consapevole di non stargli rendendo le cose facili, ma forse è proprio quello che vuole.
“Ti prego”.
Non aspetta nemmeno la sua risposta. Mosso da qualsiasi cosa lo stia disperatamente ancora tenendo in piedi, azzera la distanza fra di loro. La schiena di Oikawa impatta dolcemente contro il muro, ma Iwaizumi si trova a premere le labbra contro la mano destra di Tooru, frapposta pochi secondi prima che lui potesse tornare ad avere la possibilità di rimettersi un po’ in sesto.
Non credeva sarebbe stato possibile spezzarsi ulteriormente. Forse nemmeno è successo e ha smesso di sentire qualsiasi cosa. Oikawa lo fissa in silenzio. Nei suoi occhi c’è sorpresa, ma anche risoluzione e nessuna traccia di speranza.
Iwaizumi tace.
"No".

 
Per qualche giorno non si parlano.
A posteriori, Iwaizumi non è sicuro che sarebbe in grado di spiegare come abbia fatto. Forse se ne è semplicemente fatto una ragione, o forse, come nei migliori clichés, ha smesso di provare dolore, non ha più sentito “il cuore sanguinare”, “ha finito le lacrime” e tutte quelle altre cazzate.
Si ricorda di essersi alzato ogni giorno con regolarità ed essersi vestito in silenzio. Si ricorda di essere andato a scuola, di essere anche stato attento, di aver stoicamente ignorato qualsiasi sguardo si sentisse puntato addosso; specie il suo. Si ricorda di essersi alzato a rispondere alle domande dei professori e ha sicuramente scambiato un paio di stupidaggini con Hanamaki ai cambi dell’ora. Matsukawa? Non ricorda.
Si ricorda Tooru che, passato qualche giorno, gli accenna qualche parola, o, incrociandolo nei corridoi, lo rincorre e lo chiama.
Si ricorda che non ha mai risposto.
Ah, ecco: si ricorda anche Matsukawa e la faccia conscia, ma comunque stupita, quando lo ha visto saltare l’allenamento per la sesta settimana di fila.
 
 
Allenamento a cui, comunque, alla fine, torna.
Chissà come, sono passati giorni, molti giorni. Lui e Tooru si saranno parlati tre volte.
Ora sono fianco a fianco negli spogliatoi. È andata abbastanza bene, l’intesa sul campo da gioco non sembra essere stata scalfita. C’è anche da dire che Oikawa gli ha alzato molte meno palle rispetto alla norma, rammenta mentre ripiega l’asciugamano umido, ma durante la sua assenza avranno escogitato delle strategie alternative per funzionare senza di lui in squadra. Nell’eventualità che…
Respira a fondo. Una qualche sensazione balsamica gli pervade il corpo; fenomenale come una semplice, sola partita di pallavolo – in allenamento, poi – lo abbia aiutato.
È come se si sentisse vivo.
“… scusate, passo. Mi vedo con Momo-chan”.
È come se passasse una frazione di secondo in cui tutti si sono resi conto, Tooru in primis, di aver parlato. La voce dell’alzatore sembra rimanere sospesa nell’aria. Una frazione rapidissima, ma greve e silenziosa. Iwaizumi recupera la cravatta dalla borsa.
“B-beh ok” Matsukawa accenna nervoso. Alla sua sinistra, Iwaizumi scorge Tooru armeggiare furiosamente e per troppo tempo con il contenuto della borsa “Iwaizumi, se ti sbrighi, ti aspettiamo! Sei dei nostri, vero?”
“Vi raggiungo fra poco” replica senza nessuna inflessione particolare. Ci sono altri pochissimi secondi di silenzio carichi di disagio, poi li sente uscire. Tutti quanti.
Tooru ha scelto di smettere di arrabattarsi con il borsone; tira la zip forse troppo forte e sembra precipitarsi verso la porta.
​"Momoko?"
La voce di Iwaizumi lo inchioda pochi secondi prima che esca. Si ferma stranito, voltandosi a guardarlo. Iwaizumi alza lo sguardo.
“La tua ragazza, dico” spiega, fissandolo tranquillamente “Il nome sarà questo, giusto?”.
“S-sì” Tooru stringe appena la maniglia, a disagio.
“Se è quella con la quale gironzoli di solito, sembra carina” butta lì Iwaizumi, quasi noncurante. Chiude la borsa a sua volta, se la carica in spalla e lo fissa “Non mi pare di averla mai vista nel tuo fanclub, però”.
Tooru non risponde. Starà ancora processando. Un’ombra di sorriso, però, gli si affaccia sul viso.
“Non osare uscirtene con qualche sciocchezza smielata del tipo ‘lei è diversa’, ‘lei è speciale’, Idiokawa. Sicuramente, se ha scelto di addossarsi uno come te, sarà una santa. Quindi, piuttosto, vai e non farla aspettare”.
Il sorriso ora spunta del tutto sul volto di Oikawa. Non è completamente sincero, lo vede chiaramente; è ancora incerto, insicuro e preoccupato per lui, ma ci legge la felicità per il fatto che si stanno parlando ancora. Anche per l’Idiokawa, al diavolo.
“S… sì, hai ragione” ridacchia “Tanto… ci vediamo domani, Iwa-chan!”.
“Su, sparisci”.
Per favore, sparisci.
Tooru accenna un altro sorriso storto e quasi scappa via. Iwaizumi trae un profondo, profondo sospiro.
Il pugno che tira al muro è più amareggiato, che disperato o sofferente per amore; questo non gli impedisce di lasciarsi sfuggire un singhiozzo e graffiarsi le nocche tanto da sentirle bruciare parecchio.
Non ha ancora smesso.



 
   
 
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