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Autore: Blablia87    15/01/2018    3 recensioni
John Watson, ex medico militare, non ha mai utilizzato - benché gliene sia stato fornito uno come sostegno durante il periodo di riabilitazione a seguito di un ferimento in missione - un R'ent. 
Preferisce continuare a percepire la realtà attraverso i sensi, invece di riceverla sotto forma di impulsi elettrici.
John Watson non comprende come possano esistere persone, i Ritirati, che decidono di isolarsi in modo permanente dal mondo lasciando ai propri Sostituti il compito di unico filtro tra loro e l’esterno.
John Watson è convinto che, per lui, la guerra sia finita.
Fino a quando il R'ent di un Ritirato, Sherlock Holmes, non compare sulla porta del suo studio in cerca di aiuto.
[Sci-Fi!AU][Johnlock][“Android”!Sherlock]
Genere: Angst, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una cosa con un nome è una cosa addomesticata.
(Joanne Harris)


15.
(ovvero del Gioco e delle sue regole)



Le spalle appoggiate allo schienale e le braccia ancora incrociate sul petto, John scivolò lentamente dal bracciolo della poltrona verso la seduta. Mugugnò qualcosa schiudendo le labbra, senza aprire gli occhi.
Sherlock, lo sguardo fisso su di lui, seguì la sua discesa senza muoversi, valutando che – data la posizione assunta dal medico e l’attrito tra i suoi vestiti e la stoffa della poltrona – sarebbe finito semplicemente al centro del cuscino, lievemente sbilanciato verso sinistra con il busto.
Erano rimasti in silenzio per quasi un’ora e John - stremato dalla notte insonne e dalle emozioni della mattina - si era assopito senza rendersene conto. Il R’ent lo aveva visto prima rilassare la muscolatura delle spalle. Poi, poco a poco, arretrare sino ad appoggiarsi alla spalliera. Infine aveva chiuso gli occhi, riaprendoli un paio di volte prima di arrendersi del tutto alla stanchezza.
Lui si era limitato ad osservarlo, seguendo il filo dei propri pensieri.
Erano anni che non vedeva qualcuno dormire. Anni che il respiro regolare di una persona profondamente addormentata non riempiva le sue orecchie.
Nel Sussex, il detective si tolse visiera e circuiti dalle labbra per qualche secondo, passandosi una mano sul viso per aiutarsi a pensare. Compiere un’analisi coerente e distaccata sui concetti e le sensazioni che sentiva agitarsi all’interno di petto e mente non era mai apparso tanto complesso. Più risaliva un pensiero nel tentativo di trovare una spiegazione logica all’insistenza con la quale quest’ultimo si affacciava alla sua coscienza, più lo sentiva sfilacciarsi tra le dita, vacuo come fumo.
Il trillo prolungato di un telefono esplose nelle sue orecchie attraverso gli auricolari, cogliendolo di sorpresa e facendolo trasalire. Rapidamente riappoggiò i circuiti alle labbra e riabbassò la mascherina, sbattendo un paio di volte gli occhi per riuscire a mettere a fuoco lo schermo con chiarezza.
A Baker Street, il R’ent ebbe un piccolo sussulto. John si svegliò di colpo, sbilanciandosi verso sinistra. Con un tonfo sordo cadde al centro della poltrona, circondato da una nuvola di polvere.
«Che… diavolo…» tossì, guardandosi attorno.
«Credo sia il tuo telefono» rispose Sherlock, atono, indicandogli la tasca esterna del cappotto.
Il medico aggrottò la fronte, confuso. Un secondo squillo si liberò nell’aria, amplificandosi nel silenzio della stanza. Questa volta la vibrazione del cellulare fu chiara. Il medico la percepì distintamente farsi largo tra i vestiti, all’altezza del fianco sinistro.
«Uh» bofonchiò, allungandosi sulla poltrona in modo da riuscire ad estrarre il telefono senza troppe difficoltà.
Si portò l’apparecchio davanti al viso, gli occhi ancora appannati.
Un numero sconosciuto aveva inviato due messaggi.
Con un gesto impacciato fece scorrere la home verso destra, aprendoli.
«Allora? Novità da parte di Lestrade?» domandò Sherlock, sollevando un sopracciglio, impaziente.
«Come sai…» iniziò John, scuotendo la testa subito dopo. «Non dirmelo. Non importa.»
Lesse lentamente il testo dei due messaggi, mentre un’espressione di attonito sbigottimento prendeva forma sul suo viso.
«Ok. Qual è il problema? Anderson e la sua squadra hanno rovesciato qualche prodotto corrosivo sul corpo?» ironizzò il R’ent, cercando di interpretare la fonte dello sgomento che vedeva chiaramente sul volto del medico.
Lui si limitò, in silenzio, ad allungarsi in avanti, porgendo il telefono all’altro.
Sherlock si protese a sua volta, senza muovere la parte inferiore del corpo. Il palmo della mano destra rivolto verso l’altro, aspettò che il medico facesse scivolare il cellulare tra le sue dita prima di ritrarla facendo girare l’apparecchio in modo da poterlo visionare.
Lesse con attenzione il testo dei messaggi, gli occhi chiari illuminati dalla luce del display ed un sorriso vago sempre più largo sul viso.
«Meraviglioso!» esplose quando ebbe terminato di rileggere per la seconda volta la comunicazione.
«Cosa?» domandò John, confuso.
«Il cadavere della Signora Forrest è sparito, assieme ai suoi vestiti. Lestrade è furioso» espose l’altro in modo concitato, con un sorriso raggiante.
«Cosa ci sarebbe di meraviglioso?» Il medico si puntellò con le mani sul cuscino della poltrona, in modo da mettersi seduto in modo corretto.
«Non lo capisci?» Sherlock liberò le gambe con un movimento fluido, alzandosi in piedi. «Adesso è certo: il Gioco c’è. Ed è appena iniziato!»
«Q-quale gioco?»  chiese il medico, allargando le mani in gesto di resa. «Non capisco.»
«Neanche io, per il momento. Ed è questo il bello!» Il R’ent iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro tra le poltrone ed il divano. «Dobbiamo assolutamente avere dei nomi. Ci serve una base di partenza» sussurrò, più rivolto a se stesso che al medico.
«Quello che ci serve è che tu faccia una copia del tuo BDM da inviare all’Ispettore, in modo da fargli vedere quello che abbiamo visto» ribatté John, seguendolo con lo sguardo.
«Assolutamente no.» Sherlock si bloccò di colpo, voltandosi verso l’altro.
«Come sarebbe a dire “no”?!» John scosse la testa, incredulo. «Pensano che tu ti sia inventato tutto!» cercò di farlo ragionare.
«Bene. Che lo pensino, se è così che dev’essere.» Il R’ent riprese a muoversi, con passi sempre più veloci.
«Maledizione, hai nella testa le PROVE! Perché diamine…»
«Adesso ascolta.» Sherlock tornò indietro, posizionandosi davanti al medico. Con un leggero ronzio si piegò sulle gambe, accovacciandosi di fronte alla poltrona dove l’altro era seduto. Lui, istintivamente, si irrigidì, sentendo il respiro bloccarsi in gola.
«Ti ho già detto una volta che non mostro i ricordi incamerati nella mia BDM a nessuno, men che meno alla polizia» iniziò il R’ent, gli occhi fissi in quelli del medico.
«Questo caso…» iniziò John, interrompendosi di fronte all’espressione seria dell’altro.
«Questo caso non fa eccezione. Inoltre, ci hanno fornito le regole del gioco. E noi dobbiamo seguirle.»
«Ma di quale gioco stai parlando!» esplose il medico, allargando le braccia. «È morta una donna. Tu sei quasi stato Disattivato permanentemente. Non è un gioco!»
«Sì. Lo è. Non so ancora quale sia il premio in palio, o chi lo abbia iniziato… ma una regola è chiara: nessuna traccia, nessuna intromissione esterna.» Sherlock socchiuse gli occhi, osservando lo sguardo dell’altro divenire più attento, concentrato. «Siamo ai bordi di una scacchiera, Dottor Watson, e dobbiamo valutare molto bene le nostre mosse» terminò, alzandosi per tornare a sedere sulla propria poltrona.
«John» commentò il medico dopo qualche secondo, scuotendo la testa incredulo per quanto stava per dire. «Chiamami John. “Dottor Watson” mi fa pensare che tu intenda mantenere una certa distanza tra noi» gli fece il verso. «Io, invece, se devo considerarmi su un campo di battaglia con te, vorrei che non ce ne fosse. Dunque, chiamami John.»
Sherlock sollevò un sopracciglio, sorpreso.
«Va bene… John» rispose pochi attimi dopo.
«Allora, Sherlock: per quanto tempo ancora dovremo restare qui?» chiese il medico, accomodandosi meglio sulla poltrona e accavallando le gambe.
 
«Fino a quando i pedoni non ci daranno qualche informazione sugli alfieri» rispose lui, con un sorriso enigmatico. 





Angolo dell’autrice:

Ancora una volta, purtroppo, devo chiedervi scusa per non aver risposto ai vostri commenti. :(

Sto dedicando ogni attimo libero alla scrittura, cercando di concludere la prima parte di questa storia il più velocemente possibile.
Con mia enorme sorpresa (ma, devo ammettere, anche profonda gratitudine – scrivere mi sta infatti “salvando” da molte ansie e paure, in questo periodo) lo sviluppo della trama è andato ben oltre le mie aspettative, tanto che – mentre inizio a scorgere la luce in fondo al tunnel di questa porzione di racconto – il numero di pagine che compongono adesso il manoscritto è almeno quattro volte quello che avevo preventivato.
Questo significa (purtroppo per voi! XD) che “Replacements” vi terrà compagnia moooolto, ma davvero molto a lungo.
Spero solo che la noia non abbia la meglio! ^_^’’
 
Grazie, come sempre e di cuore, a chiunque abbia letto fin qui.
 
A presto,
B.

 
   
 
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