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Autore: Justice Gundam    15/01/2018    4 recensioni
Secoli fa, nell'era dei miti e delle leggende, un grande eroe nacque tra i mortali: Ercole, colui che con le sue gesta avrebbe cambiato il corso della storia, e permesso agli uomini di opporsi al fato che li opprimeva. Questa è la sua storia...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Ercole - Nascita della grande leggenda

 

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Capitolo 2 - Così passano vent'anni

 

La dimora del centauro Chirone era alquanto modesta - niente più che una caverna arredata in maniera molto semplice, con un tavolo di legno duro, una sorta di panchina intagliata nella roccia, e il pavimento completamente spoglio, coperto soltanto da un pccolo strato di paglia. A fare luce c'erano solamente delle fessure scavate nella roccia dalle quali filtrava la luce del sole, e nel mezzo della caverna, c'era un cerchio di rocce all'interno del quale si vedevano ancora i resti di un falò e qualche osso. Dava ad Alcmena l'impressione di un luogo semplice ma comodo, e certamente lei non pretendeva più di tanto, dopo essere appena sfuggita ad un tentativo di assassinio.

"Io vivo qui." affermò Chirone. "Per adesso, sarete miei ospiti. Raccontami tutto. Forse io posso darti una mano."

"Grazie, o saggio Chirone." rispose Alcmena con un sospiro di sollievo. Sempre tenendo stretto il piccolo Alcide tra le braccia, la ex-regina di Tebe si sedette sulla panchina di pietra e represse un brivido. Ora che era al sicuro, tutte le emozioni che aveva represso dal momento in cui era stata costretta a scappare e salvare sè stessa e il suo piccolo stavano tornando in superficie con prepotenza. Alcmena si stava meravigliando di come fosse riuscita a restare così calma e presente a sè stessa, visto che in quel momento, tutto quello che voleva fare era piangere ed urlare.

"Il... il mio nome è Alcmena. E vengo... dalla città di Tebe. Fino... fino a poche ore fa... ero la moglie di Anfitrione, il re della città... e il mio bambino si chiama Alcide..." cominciò a dire. "Siamo dovuti fuggire... un generale dell'esercito di Tebe si è ribellato... ha portato dalla sua parte l'esercito della nostra città, e ci ha attaccati. Io... e il mio bambino... siamo stati costretti a fuggire... il mio sposo... è rimasto indietro per proteggerci..."

Alcmena fu costretta ad interrompere il suo racconto, singhiozzando disperatamente per alcuni momenti e stringendo a sè il piccolo Alcide, che emise un breve vagito che esprimeva confusione e preoccupazione. L'espressione severa di Chirone si addolcì un po', e il saggio centauro si avvicinò alla donna e le mise una mano sulla spalla, in segno di confronto. Lentamente, Alcmena si calmò, e accarezzò il suo figlioletto, che emise un altro vagito, questa volta di gioia e sollievo.

"Il mio cuore sanguina per la vostra perdita." disse Chirone.

"Ti ringrazio, saggio centauro." affermò Alcmena. Si asciugò gli occhi e cercò di riprendere il racconto. "Siamo riusciti... ad allontanarci da Tebe con una piccola barca, ma abbiamo rischiato di finire nelle rapide. Credo che... soltanto la mano del sommo Zeus ci abbia salvati." continuò, non immaginando quanto letterale potesse essere quell'espressione.

"Aaaah!" esclmò Alcide, agitando una piccola mano in aria verso il centauro, che guarò nella direzione del bambino e restò per un attimo a contemplarlo. Chirone non credeva proprio che Zeus sarebbe intervenuto per salvare una persona qualunque... chiunque fosse, quel bambino aveva qualcosa di molto speciale... e il fatto che quando li aveva trovati ci fosse un Ketos morto accanto al piccolo Alcide non faceva altro che rafforzare i suoi sospetti.

Chi, o che cosa, era quel bambino? Chirone stava avendo dei sospetti... e se si fossero rivelati fondati, beh... questo voleva dire che per il mondo stava per cominciare un periodo di grandi cambiamenti. Se quel bambino era davvero quello che lui  cominciava a sospettare... nulla sarebbe più stato lo stesso, da quel momento in poi.

"Questo bambino... possiede una forza che nessun essere umano potrebbe avere." pensò tra sè il centauro. Pensando che fosse inutile matenere il segreto sui suoi sospetti, Chirone decise di parlarne direttamente ad Alcmena.

"Nobile Alcmena, dimmi... è stato per caso questo bambino ad uccidere quel Ketos che ho visto lì, vicino al fiume?"

Alcmena disse di sì con la testa. "Sì, o Chirone... non riuscivo a crederlo io stessa, nonostante lo avessi visto con i miei stessi occhi. Non so perchè quel mostro fosse lì... comincio a pensare che dietro il complotto per ucciderci ci fosse qualcosa di più che un generale ribelle..." affermò. "Ma perchè... perchè qualcuno degli dei beati avrebbe dovuto inviare un mostro per uccidere me e il mio bambino?"

Chirone grattò il terreno con uno zoccolo. Alcmena ebbe l'impressione che il centauro stesse riflettendo su quello che aveva sentito, e il sospetto che si trattasse di qualcosa di veramente molto grave continuò a turbarla. In quel momento, stava cominciando a capire che era invischiata in qualcosa di molto più grande di quanto inizialmente non avesse immaginato.

Finalmente, Chirone guardò verso di lei e cominciò a parlare. "Nobile Alcmena, non vedo motivo per nasconderti la verità. Credo che tu e il tuo piccolo Alcide dobbiate restare qui. E' il posto più sicuro per voi... finchè Alcide non sarà diventato grande e la sua forza non si sarà rivelata."

"Ah, ah..." il piccolo Alcide emise un paio di vagiti, come se avesse capito il senso di quello che il centauro stava dicendo.

Alcmena, da parte sua, sgranò gli occhi con evidente stupore davanti a quella proposta. "La... la sua forza, o saggio Chirone? Che cosa vuole dire... che il mio Alcide...?"

"Sì... lui è un bambino speciale, come hai potuto vedere tu stessa." rispose Chirone in tutta serietà. "Il sommo Zeus non concede i suoi doni alla leggera. C'è sempre un motivo in tutto quello che lui fa. Anche se potrebbe non essere subito evidente, se il piccolo Alcide possiede una tale forza, è perchè è destinato ad avere un grande ruolo, nel futuro di questa terra e di tutti gli uomini."

Alcmena restò in silenzio per diversi secondi, sbalordita dall'enormità di quella rivelazione. Come temeva... questo le faceva vedere la ribellione di Valcheo, la morte del suo amato, la fuga da Tebe... sotto una luce diversa e per niente rassicurante.

"Sì... sì, capisco cosa vuoi dire, o saggio Chirone." rispose Alcmena dopo un po' di comprensibile esitazione. "Questo... cosa comporterà per me e per il mio piccolo?"

Alcide gorgogliò, quasi volesse porre anche lui la stessa domanda della sua mamma.

Chirone accarezzò l'infante sulla testa, e un sorriso bonario attraversò per qualche istante il suo volto segnato dall'età, dalle battaglie e dalle intemperie. "Non voglio nascondervi nulla, miei ospiti. Per voi, sarà una vita difficile. Questo bambino dovrà un giorno scegliere tra la strada della virtù e quella del vizio, e sarà una scelta che non riguarderà soltanto lui, ma l'umanità intera. In questo momento, mentre noi stiamo parlando... sull'Olimpo, gli dei beati stanno decidendo il futuro di tutti noi semplici mortali. Il nostro mondo... andrà verso la distruzione, o si salverà? Questa è la domanda che si stanno ponendo. E questo bambino sarà colui che potrà dare una risposta."

Il silenzio tornò nella caverna, e Chirone si allontanò di qualche passo, gli zoccoli che strisciavano sulla paglia che copriva il terreno. Ancora una volta, sembrava che stesse riflettendo prima di dare la sua risposta...

"Affinchè questo bambino possa assolvere al suo compito in futuro, avrà bisogno di qualcuno che lo guidi." disse Chirone. "Nobile Alcmena, sono sicuro che tu sarai per lui una madre esemplare. Ma Alcide dovrà anche imparare ad usare la sua forza nella maniera più giusta. Mi occuperò io di insegnargli... tutto quello di cui avrà bisogno in futuro. Gli dei ci hanno dato questo compito a cui dobbiamo assolvere... non possiamo rifiutarlo."

"Sì, capisco..." affermò Alcmena dopo qualche attimo di comprensibile esitazione. "Tutto torna, adesso... il mio piccolo è appena nato, e ha già tanti nemici che vogliono impedirgli di realizzare lo scopo per cui è nato. Va bene, saggio Chirone. Ci affideremo a te e alla tua saggezza. So che... con l'aiuto degli dei a noi propizi, saprai essere una buona guida per Alcide."

Il centauro guardò il neonato Alcide dritto negli occhi, e quando il bambino gli rivolse uno sguardo incuriosito, Chirone lo accarezzò gentilmente sulla testa. Non era soltanto questione di fare il proprio dovere... stava già cominciando ad affezionarsi a quel bambino. Chissà se sarebbe riuscito ad essere un buon padre per lui, oltre che un buon maestro?

"Aaaah!" Alcide fece un verso acuto simile ad una risata di gioia, e Chirone sorrise e fece un cenno con la testa.

La strada era già stata segnata. Ora toccava a loro fare in modo che quel futuro eroe potesse percorrerla al meglio.

 

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Quello che stava accadendo nel mondo dei mortali non poteva certo passare inosservato agli dei immortali... e anche a qualcun altro. In un luogo al di là dello spazio e del tempo, un posto dimenticato fin dai tempi del dominio dei Titani, una figura femminile osservava attentamente la scena di Chirone che accettava di diventare il maestro del piccolo Alcide... ovvero, di colui che un giorno sarebbe diventato Ercole, il più forte di tutti i mortali. Era una figura misteriosa, avvolta in un ampio mantello nero, con sulla testa un elmo dorato dalla forma peculiare, quasi sferico con delle strane "branchie" a raggiera che uscivano dai lati, e nonostante avesse un aspetto giovanile, un'occhiata più attenta avrebbe probabilmente fatto provare inquietudine piuttosto che attrazione. C'era qualcosa di strano nell'aspetto di quella donna, un sensazione indefinibile che la rendeva immediatamente riconoscibile come inumana.

Gli occhi acuti della donna si strinsero in un'espressione che mescolava curiosità e crudeltà. Inizialmente, non era stata per niente contenta che il futuro eroe si fosse salvato dal colpo di stato di Valcheo e dall'attacco del Ketos. Questo avrebbe complicato le cose, più avanti... tuttavia, quando il suo fedele complice le aveva parlato delle possibilità che qurl pargoletto avrebbe loro offerto in passato, aveva rapidamente compreso che forse, quella con cui avevano a che fare era un'occasione unica.

Effettivamente, in quel momento Ercole era loro più utile vivo. Era un piano un po' rischioso, questo lo doveva ammettere. Ma queste erano considerazioni per il futuro. In quel momento, forse sarebbe stato loro più utile lasciare che Ercole esprimesse il suo vero potenziale. Solo più tardi avrebbero eseguito gli ordini di Hera... e poi, ci avrebbero messo del loro, in barba a quell'arrogante donnetta che si dava tante arie soltanto perchè era la moglie di Zeus. A volte gli dei dell'Olimpo sapevano essere così miopi...

Con un sorriso appena accennato, la donna si voltò, dando un'occhiata al panorama innaturale che si estendeva davanti a lei. Si trovava in piedi su un grande piedistallo di roccia che emergeva da una massa di vapore bianco, sotto un cielo nero punteggiato da infinite stelle, e due lune bluastre che brillavano in lontananza. C'era qualcosa di irreale in quel luogo - se qualcuno si fosse trovato lì in quel momento, avrebbe percepito una sensazione di elettricità che si accumulava tutt'attorno, e un appena accennato odore di ozono che aleggiava in quell'aria ultraterrena.

La donna estese un braccio, rivelando che sotto il mantello indossava uno strano vestito rosato che copriva il suo corpo dal collo fino alle caviglie, aderendo al suo corpo in modo da non fare mistero delle sue forme. Le sue gambe erano protette da un paio di schinieri argentati, e ai piedi indossava un paio di strane scarpe metalliche, mentre un leggero pettorale luccicante copriva il suo torace. Si avvicinò ad una pietra che spiccava sull'isola di roccia, e guardò la strana arma che vi era conficcata... una corta spada che sembrava fatta di un ghiaccio che non si scioglieva mai, e la cui superficie era percorsa da bagliori rossi, verdi e blu che guizzavano su di essa, creando dei peculiari effetti di luce.

"No, non è ancora il momento. Dobbiamo avere pazienza. Abbiamo aspettato tanto a lungo, possiamo aspettare ancora un po', non credi?" disse, apparentemente rivolta alla spada. "Hera crede di avere la situazione sotto controllo... e per un po', non credo che farà altri tentativi di eliminare Ercole. Abbiamo tutto il tempo di prepararci."

Come se la spada stesse rispondendo alle parole della donna, i lampi di luce colorata che la attraversavano si intensificarono di colpo, e la lama di ghiaccio sembrò tremare lievemente per qualche istante, quasi che la strana arma non vedesse l'ora di essere estratta da lì. La donna misteriosa non ebbe alcuna reazione davanti a quello strano fenomeno, e si limitò ad annuire soddisfatta. Dopotutto, era abituata a questo strano spettacolo, e alle frasi che riecheggiarono nella sua mente qualche istante dopo, creando una spettrale eco che tuttavia soltanto lei era in grado di sentire...

"Fai tutte le preparazioni che servono, dunque. Questa potrebbe essere la nostra più grande occasione. Se la sprechiamo, dubito che ce ne capiterà un'altra tanto presto."

"Ovviamente. Per quando arriverà il momento della nostra riscossa, tutto sarà stato adeguatamente preparato. Non falliremo. Non possiamo permettercelo." affermò la donna. Con espressione allo stesso tempo calma ed inquietante, guardò verso lo strano cielo che la sovrastava... e per qualche secondo, vide apparire l'immagine di una meridiana dorata che fluttuava nel nulla, senza che ci fosse alcuna superficie sulla quale si potesse trovare... e subito dopo, delle visioni diafane di strane creature - un serpente con nove teste, un enorme cane a tre teste con una criniera fatta di serpenti vivi, uno stormo di uccelli dalle piume di metallo, un leone dallo sguardo infuocato...

"Nel frattempo... vedremo cosa saprà fare questo novello eroe." affermò. "Credo che i prossimi anni saranno molto divertenti."

 

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Nello stesso tempo, sul Monte Olimpo, Hera aveva osservato con fastidio quello che era accaduto. Il Ketos che aveva mandato per eliminare il piccolo Ercole aveva fallito - la dea non aveva immaginato che il neonato fosse già in grado di fare uso della forza incredibile che Zeus gli aveva donato. Questo complicava non poco le cose... e ora che Alcmena ed Ercole erano sotto la protezione di Chirone, uno dei più devoti seguaci di Zeus, ad Hera non era più permesso agire direttamente contro di loro. Si risolse di aspettare, almeno finchè non fosse venuto il momento in cui il fanciullo Ercole avrebbe appreso tutto di sè... ma per quanto la durata delle loro vite potesse misurarsi in ere geologiche, la pazienza non era una virtù di cui molti dei disponevano. Hera si rassegnò ad aspettare, ma l'idea le dava parecchio fastidio.

"Non capisco, Zeus... non capisco come mai tu conceda tanta benevolenza ai mortali." affermò Hera tra sè, sinceramente addolorata del fatto che i loro punti di vista divergessero così tanto su questo argomento. "Hanno fatto qualcosa per dimostrarsi degni dei nostri doni? Non fanno altro che provocare caos e disastri, e poi sperare in un aiuto dall'alto... se noi dei continuiamo a coccolarli in questo modo, non saranno mai in grado di reggersi sulle proprie gambe. E se non sarà così... forse è meno crudele da parte nostra abbandonarli al loro destino, piuttosto che permettere loro di continuare a vivere in una gabbia dorata."

"E' questo quello che pensi, moglie mia?" chiese la voce bonaria di Zeus. Hera guardò dietro di sè, verso l'arcata dalla quale il suo amato e odiato marito aveva appena fatto il suo ingresso nella grande sala. Il suono dei sandali dorati di Zeus sul pavimento di marmo splendente accompagnò quei brevi momenti, prima che Zeus la raggiungesse e appoggiasse delicatamente una mano sulla sua spalla. Hera storse il naso e guardò verso uno dei magnifici bassorilievi che ornavano quella sala, e che rappresentavano scene della Titanomachia, in particolare il momento in cui Zeus aveva sopraffatto Campe, l'orribile mostro a guardia del Tartaro.

Questa era una sensazione che irritava Hera, e che al tempo stesso le rendeva così irresistibile il suo rapporto con Zeus. Lei stessa non riusciva mai a capire come facessero ad avere un tale affetto l'uno verso l'altra malgrado litigassero così spesso, malgrado le scappatelle di Zeus con dee e donne mortali, e malgrado il carattere irascibile e vendicativo di Hera. Era un mistero anche per lei, eppure nonostante tutto, tornavano sempre l'uno dall'altra, e si amavano come il primo giorno...

"Lo sai come sono fatta, Zeus. Non ho mai preso in simpatia i comuni mortali. Perchè dobbiamo rendergli le cose facili invece che lasciare che se la cavino da soli?" chiese Hera, ancora convinta della sua scelta. "Che cosa ne guadagniamo, noi dei? L'universo non diventerà un posto migliore se lasciamo che gli umani continuino ad affidarsi a noi per ogni cosa."

"Non posso darti torto, mia cara." affermò Zeus, abbracciando la moglie con affetto. "Effettivamente, come dici tu, i mortali si affidano a noi dei per risolvere i loro problemi. E' una cosa della quale la razza umana non si è ancora liberata del tutto."

"Ma allora, perchè hai deciso di continuare ad aiutarli?" chiese Hera. "Perchè questa idea di un eroe che combatta per loro? Non li renderà ancora più dipendenti da noi?"

Zeus sorrise astutamente. "Non necessariamente, Hera. Tutto dipende da come sapranno accogliere questo dono che gli abbiamo fatto. Sapranno comprendere, tramite questa persona che cammina sulla strada che ha scelto lui, invece che essere manipolato dal Fato, che anche in loro c'è il potere di prendere la loro strada?" affermò, ed Hera corrugò la fronte con fare dubbioso. Cosa stava cercando di dire Zeus? Era forse una prova a cui lui stava sottoponendo i mortali, piuttosto che un semplice aiuto gratuito? A volte Zeus agiva in maniera così imprevedibile... e le dava un po' fastidio non capirlo al volo.
"Non possiamo pretendere che gli uomini camminino sulle loro gambe così presto, e soprattutto così all'improvviso, dopo che si sono affidati a noi per tutto questo tempo." continuò il Signore dei Nembi. "Noi dei dobbiamo cominciare a dare l'esempio, e cercare di guidarli sulla strada giusta. Dobbiamo fare in modo che comincino man mano a capire che non potranno affidarsi a noi per sempre... e tramite l'esempio di Ercole, avranno la possibilità di rendersi conto che anche in loro alberga un grande potere."

Hera non mostrò alcuna reazione, persa nei suoi pensieri. Comprendeva bene quale fosse il ragionamento del marito, e per certi versi ammirava il fatto che Zeus avesse tutta questa fiducia nei confronti del genere umano, e fosse così deciso ad aiutarli... ma lo stesso non riusciva a condividere il suo punto di vista. Gli uomini dovevano dimostrarsi degni di tutto ciò che gli dei avevano fatto per loro... non la pwensava così anche Zeus stesso, una volta?

Hera abbracciò il marito, sentendosi allo stesso tempo rilassata e frustrata, se una cosa del genere poteva avere senso... Per adesso, non c'era molto da fare, se non permettere che la situazione restasse quella. Forse, riflettè, non ci sarebbe stato davvero bisogno di fare nulla. I mortali stessi le avrebbero dato ragione. Davanti alla fragilità, alle contraddizioni e all'imperfezione dei comuni mortali, anche un cosiddetto eroe come Ercole avrebbe dovuto arrendersi all'evidenza e ammettere che i mortali andavano lasciati al loro destino...

 

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E così, passavano gli anni.

Quel bambino che assieme alla madre era riuscito per poco a fuggire da Tebe durante la rivoluzione... cominciava a crescere.

Dapprima, la sua crescita non era stata troppo dissimile da quella di un bambino comune. Il piccolo Alcide cresceva sano e forte, sotto gli insegnamenti del saggio Chirone, che fin dalla prima infanzia gli insegnava a cavarsela da solo, ad esplorare le terre selvagge, a combattere, a cacciare... In ogni lezione, il fanciullo mostrava grande abilità, determinazione e talento, e alle porte dell'adolescenza, il centauro doveva ammettere che stava superando ogni sua aspettativa. Non solo la sua forza fisica avweva tenuto fede a quella che aveva dimostrato il giorno in cui Chirone lo aveva incontrato... ma Alcide dava continuamente prova di notevole intelligenza e prontezza di pensiero. Il saggio centauro non poteva fare a meno di pensare che anche questo era un dono che il sommo Zeus aveva fatto all'uomo da lui prescelto per essere il più alto esempio di umanità...

Questo non voleva dire che il fanciullo fosse perfetto, certo che no. Anche lui, come tutti, commetteva i suoi errori. Anche lui aveva le sue debolezze, come ad esempio degli scatti d'ira in certi momenti in cui le cose non andavano come voleva lui... oppure, cosa che aveva sorpreso un po' Chirone, il fatto che a volte si lasciasse prendere dalla pigrizia dopo essere riuscito a fare qualcosa che aveva lasciato il suo insegnante a bocca aperta per lo stupore.

Tuttavia, non erano quei difetti a negare l'affetto e l'orgoglio che Chirone provava verso quello che stava rapidamente diventando il suo allievo prediletto. Nel corso degli anni, Chirone era diventato il padre che Ercole non aveva mai avuto, e il saggio centauro, che al contrario di molti altri membri della sua razza non aveva mai avuto particolare interesse verso le donne, aveva scoperto la meravigliosa sensazione di essere un padre e un maestro.   

Tra una lezione e l'altra, c'era sempre Alcmena che supportava entrambi con la sua dolcezza e il suo coraggio. Il legame tra madre e figlio era rimasto saldo nel tempo, e Alcide si era dimostrato un figlio devoto e rispettoso, oltre che amorevole. Nonostante le difficoltà di una vita condotta nel profondo della foresta, vivendo della caccia di Chirone e dei frutti della terra, il guerriero il cui nome sarebbe stato tramandato ai posteri come Ercole non avrebbe avuto dubbi nel dire che la sua infanzia era stata felice e piena.

Vent'anni erano passati in questo modo. Il bambino era diventato un ragazzo, e finalmente un uomo, bello e forte, con tutte le qualità che un guerriero avrebbe dovuto avere. La data fatidica si stava avvicinando. Molto presto, sarebbe venuto per Alcide il momento di sapere tutto sulla sua città... sulle sue origini... sul suo destino... tra non molto, non gli sarebbe più stato possibile proteggerlo dai suoi nemici. Poteva solo sperare che i suoi insegnamenti avrebbero dato frutto, e sarebbero stati sufficienti ad Alcide... anzi, ad Ercole... per realizzare ciò per cui era stato mandato nel mondo dei mortali.      

Quella mattina, erano questi i pensieri di Chirone mentre lui e il suo allievo prediletto attraversavano quel tratto di foresta. Un grande albero secolare era caduto durante la notte, ostruendo il sentierino fangoso che portava al fiume. Come se la cosa fosse un incidente di poco conto, l'uomo attraente e muscoloso che il suo allievo era diventato in quei vent'anni si era messo lì, accanto al tronco... e lo aveva sollevato a mani nude, con la sola forza delle braccia, e con uno sforzo davvero esiguo! Sollevando l'enorme tronco come se fosse stato niente più che un paletto di legno, Alcide lo tolse dalla strada e lo rovesciò dalla parte opposta, stando bene attento che non colpisse altri alberi.

"Le tue braccia... possiedono veramente la forza di Zeus, mio allievo." disse Chirone, sapendo di dire una cosa ovvia.     

Alcide annuì lentamente, e si voltò rivolgendo al suo maestro un sorriso un po' incerto. Negli anni, quello che Chirone aveva visto per la prima volta come un infante indifeso era diventato un uomo alto e muscoloso, con i capelli castani e leggermente ricci, e un viso chiaro e pulito, dagli occhi splendenti nei quali si riusciva a leggere tutta la forza di volontà che lo animava. Indossava una semplice tunica di colore neutro, con una cintura di cuoio alla quale teneva appesa una corta spada di bronzo, e un paio di sandali di cuoio lavorati in maniera un po' rozza ma funzionale - un modo di vestire che faceva subito pensare ad una persona semplice e pratica, e il cui fisico era quello di una persona abituata alla fatica e all'impegno costante.

"Lo so, maestro. Ma ancora non ne so il perchè." affermò Alcide, con voce chiara e sicura di sè, dalla quale traspariva giusto un pizzico di malinconia. "Ci deve per forza essere un motivo se il sommo Zeus, il padre di tutti gli dei, mi ha concesso una tale forza."

Questa, per Chirone, fu la conferma che lui aspettava. Ormai non si poteva più rimandare. Era il momento di rimettere in moto le ruote del fato. Era il momento che tutto andasse al suo posto... a cominciare dalla città di Tebe, che per troppo tempo aveva atteso qualcuno che la liberasse dalla tirannia di Valcheo.   

"Alcide, allievo mio prediletto." affermò Chirone dopo averci pensato su un po', e aver concluso che finalmente era il momento della verità. "Era da molto tempo che attendevo questo giorno. Vent'anni fa, quando incontrai te e tua madre sul greto di quel fiume... non avrei mai pensato che sarebbe stato per me l'inizio di un periodo così felice e pieno di soddisfazioni. Ma adesso... è giunto il momento che tu sappia il resto della verità su te stesso... e sul perchè di questa tua forza."

Alcide corrugò la fronte appena un po'. Quante volte aveva chiesto qualcosa sui misteri che circondavano la vita sua e quella di sua madre... e Chirone gli aveva sempre risposto, con rammarico, che queste risposte avrebbero dovuto attendere il momento giusto, quando lui fosse stato in grado di difendersi da coloro che lo avrebbero avversato. Forse quel momento era arrivato?

"Che vuoi dire, mio maestro?" chiese il giovane. "E' giunto forse il momento... di dare una risposta a tutte le domande che mi sono posto da così tanto tempo?"

"Vieni con me, mio giovane allievo." disse Chirone con un cenno della testa. "E' giusto che finalmente tu abbia delle risposte. Ma sappi che ti porteranno ad altre domande... e che quello che saprai su di te potrebbe non piacerti."

"Non importa." rispose Alcide con decisione. "So che potrebbe essere una verità che non mi piace. Ma solo così potro cominciare a trovare una risposta... a tutte queste domande... questi interrogativi, queste incertezze. Io... sono pronto a sapere, maestro."

"Mi fa piacere saperlo." rispose Chirone, con un cenno che esprimeva orgoglio e approvazione. Era davvero il momento giusto. Finalmente, si sarebbe potuto cominciare a trovare un po' di ordine in quel caos...    


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CONTINUA...    

Note dell'autore: E con questo, siamo riusciti a concludere la parte dedicata alle origini di Ercole. TRa non molto, Alcide/Ercole saprà tutto sulle sue origini, e soprattutto sul vile tradimento di Valcheo... finalmente è giunto per lui il momento di fare i suoi primi passi sulla sua strada eterna. 

Spero che la scena tra Zeus ed Hera non sia sembrata troppo forzata. Ho cercato di esprimere il fatto che il modo di pensare e di agire degli dei dell'Olimpo non è esattamente uguale a quello di un essere umano. So che è un po' difficile da spiegare, ma è il motivo principale per cui Hera prova questi sentimenti così contrastanti e allo stesso tempo irresistibili per Zeus, pur trovandosi così spesso in disaccordo con lui. Ma... lascio a voi decidere se sono riuscito ad esprimere bene questo concetto. 

Non ho molto altro da dire, quindi... alla prossima! :)             

 

  
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