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Autore: Saruwatari_Asuka    16/01/2018    5 recensioni
"Come ti chiami, piccolo?" gli aveva chiesto, ma Kiki non aveva risposto. Aveva inclinato il capo e aveva preso un'altra ciocca di capelli con l'altra mano. Non li stava tirando, si limitava a carezzarli, e Mu lo lasciò fare
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Child. Saint. Man'
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Not Forget
 
 
Kiki lo ricordava bene, il giorno in cui la Guerra Sacra contro Hades era terminata una volta per tutte. Il giorno in cui i Bronze Saint di Athena erano tornati a casa. 
Il giorno in cui i Gold Saint erano morti. 
Seiya era stato trasportato in ospedale appena erano tornati dall'Ade, ferito a morte dalla spada di Hades, e nessuno sapeva se si sarebbe ripreso. Gli altri Bronze e Saori stessa non si era più allontanata da lui e Kiki era rimasto con Seika, illesa, fin quando Marin alla fine l'aveva portata in Giappone, dov'era suo fratello Seiya.
Quel giorno era un po' morto anche lui. 
Marin non era più tornata, e perché avrebbe dovuto? Seiya era moribondo, Aiolia morto. Come Mu. 
Ci aveva messo diversi giorni a convincersi a salire alla Prima Casa. 
Il Santuario, sempre così pieno di vita anche nei momenti più tranquilli, ora era morto. Vuoto. Come la sensazione che sentiva all'altezza dello stomaco. 
Vuoto totale. 
Era rimasto solo, di nuovo. 
Come quando era un bambino e Mu l'aveva trovato in Jamir. Non aveva ricordi di chi era prima, dei suoi genitori. Aveva vagato qualche tempo da solo nel bosco, questo lo ricordava, troppo piccolo per capire dove fosse davvero, poi, senza neanche sapere come, si era teletrasportato, e Mu se l'era ritrovato davanti. Un frugoletto sporco e piangente. 
"E tu...?" poggiato gli attrezzi per riparare le armature che teneva in mano si era avvicinato e l'aveva preso per portarlo all'interno della torre dove viveva in quell'esilio autoimposto. 
"Vieni..." aveva sussurrato con dolcezza, e Kiki doveva essersi sentito in pace con il mondo, fra le sue braccia, perché si era addormentato subito. 
Al suo risveglio, indossava una tunica troppo grande per lui ed era pulito. Mu gli era accanto e gli sorrideva, incurante del fatto che Kiki si fosse attaccato ai suoi capelli, senza lasciarlo. 
"Come ti chiami, piccolo?" gli aveva chiesto, ma Kiki non aveva risposto. Aveva inclinato il capo e preso un'altra ciocca di capelli con l'altra mano. Non li stava tirando, si limitava a carezzarli, e Mu lo lasciò fare. 
Il bambino era rimasto così diversi minuti, e Mu si era chiesto se, forse, non sapesse parlare. Ma Kiki l'aveva di nuovo stupito. 
"Belli," aveva detto. Solo questo, gli occhi azzurri puntati sui capelli di quel castano tendente al biondo che caratterizzava il cavaliere dell'Ariete. 
 
Mu aveva sorriso "Come ti chiami?" lo aveva chiesto due volte, e poi tre, perché Kiki sembrava essersi perso. Ma nonostante questo, quando il piccolo aveva alzato di nuovo gli occhi aveva trovato due pozze verdi e gentili ad accoglierlo. 
Non era arrabbiato per essersi dovuto ripetere. Sorrideva.
"E tu?" pigolò il bambino. 
Mu si alzò, prese una tazza di latte e gliela porse "Io mi chiamo Mu."
"Mu," ripeté, annuendo "Mu. E io?"
Mu aveva spalancato gli occhi, a quella domanda. Non sapeva neanche il suo nome. L'aveva preso di peso e se l'era seduto sulle ginocchia, con ancora la tazza in bilico fra le manine troppo piccole per tenerla. 
"Troviamo insieme un nome che ti piaccia," gli aveva promesso. Il sorriso radioso del bambino aveva illuminato l'altrimenti spoglia torre nello Jamir in cui Mu viveva da solo. Quel giorno Kiki aveva scoperto cosa fosse una famiglia. 
Da alcuni libri decisero che il nome Kiki fosse perfetto per lui, e da allora era stato il suo nome. 
La prima volta che aveva visto Mu riparare un'armatura, Kiki era rimasto ammaliato e affascinato, decidendo quel giorno stesso che sarebbe voluto diventare come Mu. Nemmeno l'uomo ebbe nulla da ridire, alla sua richiesta: era bravo, era arrivato lì con il teletrasporto, avrebbe potuto fare grandi cose, con il giusto allenamento. 
Mu gli aveva rivelato diversi anni dopo il suo arrivo di aver trovato quello che doveva essere il suo villaggio, che lì gli avevano detto che i suoi genitori erano morti e che lui, rimasto solo, si era addentrato nella foresta forse per cercarli e non era più tornato. Un nome doveva averlo, il piccolo Kiki, si era detto Mu, ma lo shock doveva averlo portato a dimenticare: il villaggio, i genitori, tutti. Gli aveva chiesto se volesse tornare a casa, sapere come si chiamasse davvero, ma Kiki aveva risposto che voleva restare con lui e basta, che voleva diventare come lui.
Mu non l'aveva più mandato via e, anzi, gli aveva insegnato tutto quello che sapeva. Per il tempo che aveva avuto. 
Kiki lo ricordava benissimo, quel primo giorno, e ricordava anche tutti gli altri. Ce li aveva impressi a fuoco nella mente e non aveva intenzione di dimenticarli come aveva dimenticato i suoi genitori. Mai. 
Non avrebbe mai dimenticato Mu. Mai. 
Lo giurò, in lacrime davanti alla box della sua Cloth, singhiozzante e tremante. Sentì la Cloth piangere con lui, e ricordare con lui.
Quel giorno l'armatura l'aveva già riconosciuto.
 
 
Angolino Autrice (?):
 
Siori e Siori! Sono tipo....boh. Anni. Decenni. Millenni!
Sono quasi sette anni che non pubblico qualcosa su EFP e probabilmente altrettanti anni che non scrivo qualcosa di decente in generale. 
Oggi torno, non si sa perché, atterrando per la prima volta sul fandom di Saint Seiya. Spero che me lo perdoniate xD
Io ADORO Mu e Kiki, adoro Shaka, adoro Shun. 
La verità è che ho visto con anni di ritardo -perché io sono una ritardataria cronica- la saga di Hades, e alla fine la mia domanda è stata -Dov'è KIKI? Voglio saperlo! Che fine del cavolo è?-
Così ho scritto questa cosa. 
Spero di saper ancora scrivere decentemente...-e non ho letto tutte le storie quindi spero anche di non aver plagiato per sbaglio nessuno!
 
Un bacione, 
Asu <3
   
 
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