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Autore: HikariRin    17/01/2018    5 recensioni
Taichi e Sora. Per quanto entrambi cerchino quella sicurezza che da sempre aleggia nel loro rapporto, lui vorrebbe da sempre cambiare qualcosa. Saranno i ricordi suscitati da una vecchia fotografia a creare un'occasione di confronto per entrambi, per cementare un legame profondo e indissolubile, anche se non sempre la realtà è come la vorremmo.
*Questa storia si ambienta prima di Digimon Adventure tri., in una calda giornata d'estate.*
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya | Coppie: Sora/Tai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Infinitamente ~


Una vecchia foto, leggermente sbiadita dal tempo.
Una cornice sottile, che la protegge.

Ancora oggi tende a non farci caso.
Eppure è da sempre presente sulla sua scrivania.


Ciò che lui e gli altri ragazzi sono stati non potrà mai essere cancellato dal tempo.
Eppure ancora, la nostalgia di quei giorni sbiadisce la serenità delle sue giornate.
Mentre il tempo rende, se possibile, sempre più nitidi quei ricordi preziosi.

Sorride lievemente, mentre una stretta al petto lo riporta alla quotidianità di una calda giornata d’estate. Vorrebbe che il varco verso quel mondo da sempre sconosciuto si aprisse ancora e vorrebbe tornare nuovamente a quel tempo in cui, inesperto, non conosceva alcun timore.

Appoggia delicatamente la cornice alla scrivania, dopo averla opportunamente lustrata.

Ultimamente, di timori, ne ha maturati tanti. Per esempio, il non combinare niente nella vita.
O il veder scomparire dalla sua esistenza le persone cui tiene di più; nessuna di queste cose sembrerebbe dover accadere, comunque, e tutti i suoi timori sembrerebbero essere infondati.

Nessuno dei suoi amici è mai scomparso. Questa è un’innegabile certezza.

Eppure, il dolore diviene sempre più acuto, ogni qualvolta si soffermi su quella fotografia.
Deve esserci qualcosa, qualcosa che scuota profondamente il suo essere, perché lo costringa a soffermarsi su ogni singolo volto sorridente e a pensare che tutti potrebbero essere cambiati.

È opprimente, questa sensazione del tempo che passa, e che non lascia niente. Tutto quello che aveva accumulato nel tempo, che non aveva mai avuto occasione di venire espresso; tutto ciò che non aveva mai detto, a volte torna a bussare prepotentemente in gola.

Si sofferma su un solo volto, sopprimendo un lieve sospiro.

A volte vorrebbe semplicemente afferrarla per un braccio, attirarla a sé, dirle che è sempre stato l’unico motivo per cui ha combattuto, che quella volta sarebbe stato disposto a cedere la sua vita per lei. E quella, e quell’altra ancora. Che ogni qualvolta si mostrava più forte di lui, risolvendo i propri problemi con la sola forza d’animo, crescevano in lui ammirazione ed un profondo affetto, nonostante lei avesse sempre creduto che nessuno l’avesse a cuore per questo; che a volte, nonostante paresse canzonatorio e scherzoso, la realtà era che fosse genuinamente serio.

Niente più che se stesso. Avrebbe voluto donarle semplicemente questo.

Eppure lo aveva sempre fatto, e insieme non aveva potuto.
C’era sempre qualcosa che non avrebbe mai potuto superare.

Lo vedeva, sfiduciato e costernato, negli occhi di lei.
Che quell’amore che diceva di essere non fosse solo universale.

Rivolge lo sguardo assorto alle pareti della stanza illuminate dalla pallida luce del sole, e si rende conto di essersi ancora una volta soffermato a pensare. Il dolore nel petto ancora lo opprime.

Difficilmente le cose cambieranno, pensa, e rivolge la sua attenzione alle altre cianfrusaglie presenti sulla scrivania ancora da spolverare. Questa giornata monocorde delle vacanze estive, ha deciso di sfruttarla per cimentarsi in una di quelle cose che non avrebbe mai fatto durante il periodo scolastico. E, per l’occasione, non ha risparmiato di chiedere una mano a sua sorella ed alla sua amica d’infanzia. La porta della sua stanza si socchiude lievemente dietro a lui, e la seconda persona che ha chiamato chiedendo una mano, la prima del suo cuore, fa capolino piegando leggermente la testa, con quel lieve sorriso che da sempre ha caratterizzato il suo porsi nei confronti degli altri. Lo trova ancora leggermente rosso in viso, ma pare non avvedersene.

“Taichi.”

La osserva, come per invitarla a continuare.

La ragazza intreccia le mani sotto al petto, facendo un passo in avanti e presentandosi di fronte a lui con un abitino giallo lungo fino al ginocchio. Un lieve pizzo sulla gonna lo rende più delicato.

“Io ho finito.”

“Ah. Io sono a metà.”

Risponde, distogliendo lo sguardo e rivolgendolo al vetro della finestra che improvvisamente gli suscita un immenso desiderio di andare fuori. Lascia volare lo straccio come se in qualche modo volesse buttarlo via, ma sapendo di non poterlo fare lo tiene saldamente da un lembo, arrotolandolo intorno alla sua mano e liberando tutta la polvere che aveva raccattato, suscitando le risa di lei. Che nel frattempo, notando che la fotografia è stata spostata, si avvicina alla scrivania e la afferra delicatamente. Come se, anche per lei, quelli fossero ricordi immensamente preziosi.

“Certo che sei a metà. Tu ti fermi sempre a metà dell’opera.”

Aveva sempre avuto un non so che di beffardo, nelle sue parole rivolte a lui.
Ma, dal canto suo, aveva sempre preferito accogliere la battuta, e riderci sopra.

Si avvicina a lei, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla, e con l’altra impugnando la foto poco sopra la sua, con lo stesso lieve sorriso che aveva poco prima, ma questa volta senza dolore.

“Ti senti diversa da allora?”

“Forse. Non saprei giudicare da sola il mio cambiamento.
  Però, so che sarà una cosa che ci porteremo dietro per sempre.”

“Così hanno detto, no? Quando il varco si è chiuso.”

Afferra la cornice, e con essa il quadro completo dei suoi sentimenti, riponendola nella sua posizione originaria. Non merita di perdersi in luoghi che non le appartengono.

Rimane per un momento ad osservare il suo compagno che ora sembra così lontano, e tutti i suoi amici che lo avevano aiutato a preservare quel sogno. Dietro di lui, Sora sorride in modo dolce.

“A cosa pensi?” chiede, mentre torna accanto a lui congiungendo le mani sul ventre.

Non si volta ad osservarla nuovamente. Solo sentire il fruscio del suo vestito sulla pelle gli basta.

In un impudente pungolo nei confronti dei propri sentimenti, ancora prima che possa frenare il flusso dei pensieri o controllare se delle sue parole c’è qualcosa che dovrebbe cambiare, sussurra.

“Che tu sei ancora qui, accanto a me.”

Il suo sorriso si allarga. Non sembra affatto sorpresa.
Si lascia sfuggire una lieve risata, mentre incrocia le braccia al petto.

“Dici sempre cose ovvie.”

Sulle sue gote, è comparso un leggero rossore.

Si volta lievemente verso di lei, e nota che si è stretta in se stessa.
E pensa sia uno di quei momenti in cui, più degli altri, avrebbe bisogno di essere confortata.

“Che cosa non è ovvio, per te?”

Solleva gli occhi, come se avesse svelato altre verità profondamente ovvie.
Per poi abbassare nuovamente lo sguardo; solo, porta una mano a sfiorarsi lievemente le labbra.

 

“Quello che pensi. Altrimenti, non ci sarebbe dialogo tra noi.”

“Hai ragione.”

Alza gli occhi al soffitto, come se in qualche modo questa breve conversazione lo avesse fiaccato.
Solo che adesso sente in se stesso il bisogno di essere confortato. Lei ha sempre saputo tutto di lui.

Se continuasse su questa linea e le rivelasse i suoi più intimi pensieri, si chiede come reagirebbe.

“Usciamo?”

Chiede, tornando con gli occhi sui suoi. Lo straccio è ormai riverso sul pavimento, e lui si sente profondamente inerme, ma caldamente affabile di fronte a ciò che il ricordare ha suscitato.

Questa nuova energia, questo nuovo coraggio, deve essere sfogato in qualche modo.
Prima che riveli qualcosa di troppo di sé. Qualcosa che da troppo tempo tenta di nascondere.

“Hanno aperto una nuova creperia vicino alla nostra scuola. Me lo ha detto Hikari.”

Gli rivela lei, con un sorriso.
Sorride a sua volta, apertamente e sinceramente.

Sua sorella non avrebbe potuto trovare un pretesto migliore.
E la sua amica d’infanzia sapeva già che avrebbe dovuto accompagnarlo da qualche parte.

“Usciamo.”

Ripete, con la stessa freschezza con cui aveva sempre agito, seguendo il proprio istinto.
La sente sospirare lungamente, mentre con le mani nasconde un lieve sorriso. Sembra sollevata.


Forse perché finalmente le ha sorriso.

Ora che se ne avvede, non le è mai piaciuto che si mostrasse pensieroso.

“In effetti, ci sarebbe una crepe che avrei proprio voglia di assaggiare.”

“Piano con le richieste, ora.”

“Sei proprio antipatico.”

Lui ride. Lei lo segue.


Si sono sempre intesi in questo modo.

La sua amica d’infanzia supera l’uscio della stanza, dicendo di dover andare a casa a cambiarsi, e allorché lui decide di essere ospitale accompagnandola alla porta, mentre rientra in stanza al fine di rovistare tra i vestiti che lei ha piegato per scegliere qualcosa da indossare, nota un pacchetto poggiato ad uno degli angoli del tavolo. Qualcosa che prima non c’era.

Si avvicina per osservarlo scrupolosamente, e sente provenire da esso un dolce profumo.
Apre delicatamente il pacchetto, allentando un sottile laccetto viola, e nota che sono biscotti.

I suoi preferiti. Non può resistere, e ne addenta immediatamente uno.
Guardando alle cose da questo punto di vista, non sono affatto cambiati.

Lei è sempre la solita Sora, e lui è sempre lo stesso Taichi.
Eppure è cambiato qualcosa, e l’aria si è fatta più pesante, da quando sono più adulti.

Sollevando il pacchetto e rigirandolo tra le mani, nota un biglietto legato al laccetto.
Lo apre incuriosito, facendo attenzione a non rovinarlo, e si affretta a leggerne il contenuto.

‘Stanotte non riuscivo a dormire, e ho pensato di prepararne un po’.
Spero che piacciano a tutti voi. Sora’

Il sapore del cioccolato rende il tutto ancora più caldo, ma più dolce.
Nonostante si sciolgano in bocca, probabilmente questo magone alla gola non se ne andrà mai.

Come tutto ciò che ancora il suo coraggio non gli ha concesso di rivelare; come quella fotografia.
Ed anche in questa giornata il sole, l’essenza del suo nome, sbiadirà il ricordo di quella ferita.



Note dell’autrice:

Salve a tutti voi! Sono HikariRin!

Questa storia rappresenta la mia visione della Taiora.
Qualcosa di etereo, di eterno, di profondamente incompleto.

Doveva esserci qualcosa di incompiuto, qualcosa che facesse desiderare che le vicende andassero oltre, ma nello stesso tempo avrebbe dovuto suscitare un sentimento di compiutezza, che facesse desiderare che si fermasse. Non so se il mio intento sia stato raggiunto, ma spero di avervi regalato anche la più piccola emozione. In realtà, non ho voluto caricare troppo le vicende.

Non vedo la mancata realizzazione canonica di questa coppia come qualcosa di struggente.
Anzi, la vedo come un’opportunità. Per Taichi, di crescere. Per Sora, di essere comunque felice.

Quello che non cambierà mai tra loro è la tacita intesa che hanno sempre avuto.
Che siano amici o meno, questo per me è qualcosa di meraviglioso.

Ciò che Sora ha scritto nel biglietto è stato ispirato da un’altra fan fiction Taiora. Una che credo abbia rappresentato appieno l’essenza di Sora.

Spero che il mio lavoro vi sia piaciuto, e vi ringrazio infinitamente di avermi letta.


NB. Visto che siete in tantissimi/e a segnalarmelo - e fate molto bene - mi preme chiarire una cosa. Tutte le virgole che vedete in più nel testo, tutte le reiterazioni e tutte le righe di pausa tra un paragrafo e l'altro sono volute. Sono artifici particolari del mio stile, che utilizzo quando voglio rendere del tempo che passa o semplicemente dare un ritmo diverso alla storia. Questo è un tipo particolare di storia introspettiva, nelle quali tendo sempre a rendere il punto di vista dei personaggi o i loro pensieri; per questo talvolta potrebbe non esserci continuità, oppure vorrei che vi soffermaste maggiormente su un particolare e lo racchiudo tra i segni grafici.
   
 
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