CAPITOLO 2
Era
domenica pomeriggio, una domenica particolarmente soleggiata nonostante
fosse
ottobre, non faceva freddo, l'unica nota stonata era l'odore di
umidità
nell'aria, tipico di quando si esce presto la mattina e ancora si trova
la
rugiada riposare sui fili d'erba del prato.
Jane
stava aspettando Lucas, era in salotto a guardare la televisione per
far
passare il tempo. Accanto a lei, sul divano rosso, era appoggiato il
suo zaino,
pieno di appunti e di pennarelli colorati, ovviamente non poteva
mancare quel
mattone del libro di biologia. Si sentiva energica, aveva dormito
benissimo la
notte precedente, nonostante non avesse le gocce di biancospino, e
quello
stesso sonno era quasi riuscito a farle dimenticare gli eventi del
giorno
prima. Quasi.
Si sentì
il campanello suonare.
Jane
spense la TV, si mise la giacca e prese lo zaino, aprì la
porta. Lucas le
sorrise.
<<
Buongiorno splendore! >> lo salutò lei
baciandogli la guancia.
Il
sorriso di Lucas sparì per lasciare posto ad
un’espressione di confusione e di
imbarazzo.
<<
Va tutto bene, Jane? >>
Invece
di rispondere Jane uscì di casa chiudendosi la porta alle
spalle, afferrò Lucas
per un braccio e lo trascinò con sé. Percorsero
la stradina in salita fino alla
curva, svoltarono l'angolo e si infilarono nel Cinnamon Roll
Caffè, dove
presero due girelle alla cannella, la specialità della casa.
Si misero seduti
ad un tavolo vicino alla finestra che si affacciava sulla strada, in
modo da
avere più luce. Jane tirò fuori i suoi appunti e
Lucas il mattone-libro di
biologia.
<<
Okay, io direi di partire dalla cellula, vediamo >> Jane
sfogliò i sui appunti.
<< Differenza tra procariotica ed eucariotica, te lo
ricordi? >>
Gli chiese.
<<
Sì, va bene, allora... >>
James le
aveva dato un nome e un luogo: Derek Glade, David’s Ink
Tattoo Shop. Era lì che
stava andando.
L’aria
non era fredda, la strada pullulava di persone incapaci di vederla, si
ritrovò
a dover fare lo slalom per non urtarli. In fondo alla strada si vedeva
l’insegna nera a caratteri bianchi del David’s Ink
Tattoo Shop, accanto alla
scritta era raffigurato uno scheletro old school vestito da casalinga
anni
cinquanta che spingeva un carrello. Tamira entrò. Il posto
emanava un odore di
metallo, le pareti erano grigio scuro, ricoperte da bozze di tatuaggi
incorniciati. Si sentiva il rumore della bobina in azione provenire da
una
stanzetta lì accanto, Tamira si affacciò, un uomo
con una giacca di pelle verde
stava tatuando il braccio di un altro uomo dai capelli rossi, seduto su
una
poltrona da barbiere vintage.
<<
Il signor Glade? >> Chiese Tamira, assumendo un
atteggiamento il più
innocente possibile.
L’uomo
dalla giacca verde alzò il viso, puntando gli occhi chiari
su di lei, aveva una
barba scura che gli copriva parte del collo.
Chissà
se è questo il tuo vero
aspetto. Penso
Tamira.
<<
Sì, piccola, fammi finire qui e sono da te >>
Le sorrise lui, per poi
riprendere a lavorare.
L’uomo
con i capelli rossi si girò verso Tamira, era umano, non
poteva vederla.
<<
Con chi stai parlando? >> Chiese, piuttosto confuso, al
suo tatuatore.
Derek si
fermò. Puntò nuovamente gli occhi su di lei, era
ancora appoggiata alla porta.
<<
Nessuno, una ragazzina, ma adesso è andata via
>> Disse senza distogliere
lo sguardo, aveva capito che non era umana, era una di loro, le sorrise
e
Tamira ricambiò.
<<
Hm >> Il rosso parve poco convinto.
<<
Ti aspetto qui fuori >> Disse Tamira a Derek con
sensualità.
Derek le
annuì e, sorridendo, riprese a lavorare.
Si
sedette su una poltrona di velluto bordeaux vicino alla cassa
ripassando il
piano. Per prima cosa avrebbe dovuto attirarlo fuori, c’erano
dei tubi di ferro
nel vicolo vicino all’entrata, il ferro non è
altro che terra purificata,
sarebbe riuscita a controllarli, lo avrebbe bloccato con quelli e poi,
minacciandolo, lo avrebbe interrogato.
Derek
usci dalla saletta insieme al suo cliente, il rosso pagò e
se ne andò via tutto
contento, evidentemente aveva fatto un buon lavoro con il suo tatuaggio.
Derek Guardò
Tamira.
<<
Che cosa sei? >> Le chiese.
<<
Elementale >> Rispose.
<<
Di che elemento? >> Sembrava semplicemente curioso, ma
Tamira riusciva a
leggere del sospetto nella sua voce.
<<
Acqua >> Gli rispose, in parte era vero. <<
So che sei un mutaforma
>> azzardò.
<<
Saprai anche che non posso parlarne e che non posso esercitare i miei
poteri >>
Le rispose lui, sorridendole, Tamira doveva piacergli.
<<
Sì, lo so >> Disse ricambiando il sorriso.
Derek sospirò.
<<
Ti conviene non chiedere certe cose, piccola. Io sono un uomo per bene,
ma un
altro mutaforma avrebbe potuto tentare di ucciderti, specialmente uno
timoroso del
Consiglio >>
<<
E tu non hai paura del consiglio? >> Gli chiese,
avvicinandosi. Gli piaceva,
no? Bene, lo avrebbe sfruttato a suo favore.
<<
Non capisco perché si dovrebbe aver paura di un mucchio di
bibliotecari
altezzosi >> Le spiegò.
<<
Io so che hanno un esercito >> Disse lei.
<<
Quell’esercito non durerebbe un’ora contro un
esercito di mutaforma >>
Derek sembrava sicuro di sé.
Un esercito
di mutaforma?
<< Ora basta parlare di
loro, sei qui
per fare un tatuaggio? >> Cambiò discorso.
<<
Si, mi piacerebbe, ma devi sapere che ho un... problemino
>> disse
fingendo di andare in agitazione.
<<
Hai paura degli aghi, vero? >> Derek sollevò
un angolo della bocca
divertito. << Non preoccuparti, non sei la prima che
passa di qui >>
tentò di rassicurarla.
<<
Mi accorgerò dell’ago? >> Gli chiese
fingendosi ancora più agitata.
<<
No >> Le rispose secco.
<<
Ne sei sicuro? Ho degli amici che mi hanno detto il contrario
>> Gli
disse.
<<
Sono un tatuatore, fidati di me, piccola >> Derek
sembrava che si stesse
innervosendo.
Perfetto.
<<
Ho bisogno d’aria >> Disse Tamira dopo un
po’.
<<
Vieni, ne parliamo fuori, okay? >> Lui le mise una mano
dietro la schiena
e la spinse fuori dallo studio.
<<
Allora… >>
Derek
non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò bloccato
al muro da pezzi di
ferro che gli stringevano polsi e caviglie.
Tamira
rise.
<<
Che diavolo fai?! >> Era sorpreso.
<<
Forse dovrei presentarmi. Piacere, Tamira Collins. Sono il tuo peggior
incubo,
amore >> Lo prese in giro.
<<
Collins? Fai parte del consiglio! >>
<<
In effetti, sono qui in missione >> Gli
confessò. Aveva un sorriso
soddisfatto stampato in faccia.
<<
Avrei dovuto capirlo >> Disse più a
sé stesso che a lei.
<<
Sì, beh, non lo hai fatto. Sappiamo che hai contatti con
Marcus >> Disse
Tamira.
<<
Da questa bocca non uscirà una parola >>
Ringhiò Derek.
<<
Bene >> Tamira prese un tubo di ferro arrugginito dal
mucchio, voleva
utilizzarlo per minacciare Derek, ma quando si voltò
nuovamente verso la parte
lui era sparito.
Spuntò
alle sue spalle e la bloccò al muro tenendole un braccio
sulla gola, solo che
quel braccio non era di Derek.
<<
Dante?! >> Adesso era lei quella sorpresa.
<<
No, sono sempre io, piccola >>
Derek
aveva cambiato forma, ma com’era possibile? I mutaforma non
erano in grado di
mutare così velocemente, non erano in grado di trasformarsi
in qualcuno con cui
non avevano un contatto diretto. O sì? Forse il Consiglio si
era sbagliato,
forse erano diventati più forti di quello che si pensava, ma
come? Come?
Marcus.
Doveva
aver trovato il modo di renderli più forti. Sì,
non c’era altra spiegazione.
Comunque non era certo il momento di formulare ipotesi, doveva
scappare, per
quanto forte e ben addestrata fosse, non aveva possibilità
contro un nemico con
le capacità di Dante. Doveva farlo stancare. Se si fosse
stancato sarebbe
tornato alla sua forma originale. L’unico modo per farlo era
quello di fargli
usare il suo potere, i balzi spaziotemporali. Dante li utilizzava per
teletrasportarsi. Doveva bloccarlo, così sarebbe stato
costretto ad esaurire le
sue energie.
Tamira
richiamò a sé la terra degli alberi piantati
lungo la strada, silenziosamente
la fece strisciare a terra, fino a fargli raggiungere i piedi di Derek
e a
circondarli, lui, sentendo una strana sensazione corrugò le
sopracciglia e
guardò in basso, distraendosi. Tamira ne
approfittò per scagliarlo lontano da
sé, mentre la terra continuava a tenerlo bloccato a qualche
metro di distanza.
Derek parve inizialmente sorpreso, ma poi la guardò e
sorrise, pensando di
averla in pugno, fece un balzo e si teletrasportò fuori
dalla trappola. Non si
era reso conto che stava facendo esattamente il gioco di Tamira. Lei lo
bloccò
nuovamente e lui fece un altro balzo più vicino a lei, la
cosa andò avanti per
altre due volte nel giro di pochi secondi, fin quando Derek, esausto,
riprese
la propria forma. I viaggi nel tempo richiedevano un enorme dispendio
di
energia. Tamira, approfittandone, iniziò a correre lontano
da lui. Derek la seguì.
La
spiegazione arrivò correndo dietro di lei: un uomo con una
giacca di pelle
verde. La stava inseguendo, lei stava scappando!
Qualcosa
scattò nella testa di Jane, che drizzò il collo e
si mise sull'attenti.
Possibile che nessuno facesse niente? Le persone che la vedevano
passare non si
preoccupavano? Non gli importava niente? Come si può restare
indifferenti
vedendo una ragazza scappare da un uomo più grade di
lei?
La
ragazza accelerò, guadagnando qualche metro di vantaggio,
girò, imbucandosi in
un vicolo stretto, poi si fermò e si voltò
facendo un gesto con la mano. Fu
come se l'asfalto prendesse vita, si innalzò tra i due
edifici a mattoni rossi,
costruendo un muro solido che impedisse al suo inseguitore di
raggiungerla.
Jane
scattò in piedi, in preda allo stupore, continuava a fissare
la parete
d'asfalto.
<<
Jane? >> La chiamò Lucas, ma lei sembrava non
sentirlo.
L'uomo con
la giacca verde si fermò davanti al vicolo ormai chiuso, si
guardò intorno, poi
successe una cosa ancora più incredibile di quella
precedente: Emanò luce,
un'intensa luce bianca che sembrava uscire da tutti i pori della sua
pelle.
<<
Jane! >> tentò ancora Lucas.
La luce
illuminò i volti dei passanti fin quando non smise di
brillare. Al suo
estinguersi l'uomo aveva cambiato aspetto. Non era più un
uomo alto e
minaccioso, non aveva più addosso la giacca verde, si era
trasformato in un
ragazzo biondo di bell'aspetto, anche troppo bello, con quella figura
slanciata, ma Jane era troppo sconvolta per notarlo. Il ragazzo, o
l'uomo, o
quell'essere, che dir si voglia, fece qualche passo indietro per poi
svanire
nel nulla, lasciandosi alle spalle solo qualche scintilla rossa.
<<
Jane Clara Rothfeller! Siediti per favore, ti stanno guardando tutti!
>>
Questa
volta Lucas riuscì nel suo intento. Jane si voltò
verso di lui con
un’espressione sconvolta, confusa, scioccata, da parte sua
Lucas era
imbarazzato, troppi occhi puntati su di loro, troppa attenzione rivolta
a loro.
Jane diede una rapida occhiata alle persone all’interno del
caffè, era vero, la
stavano guardando tutti come fosse pazza. Jane si sedette tenendo gli
occhi
bassi.
<<
Si può sapere che succede? >> Le chiese.
<<
Non l’hai visto? >> Era sconcertata.
<<
Visto cosa? >>
<<
Mi prendi in giro, vero? >> Chiese con un tono che era
tutto al di fuori
del sarcastico, come era solita fare, un tono di voce che lasciava
trasparire
insicurezza e bisogno d’appoggio.
<<
Ho la faccia di uno che ti sta prendendo in giro? >> Era
Lucas quello che
faceva del sarcasmo, sembrava che i ruoli fossero stati invertiti.
<<
Andiamo, non puoi non averlo visto! Era proprio lì fuori!
>> La voce di
Jane riacquistò un po’ di decisione.
<<
Jane, di che diavolo stai parlando? >> Era confuso.
<<
Sto parlando di quella tizia che ha innalzato un cazzo di muro
d’asfalto tra
quei due edifici e del tizio che la inseguiva che ha cambiato corpo!
Ecco di
che sto parlando! >> Jane iniziò a scaldarsi,
ma mantenne comunque un
tono di voce tale che le altre persone nel caffè non fossero
in grado di
sentirla.
<<
Okay, adesso sei tu a prendermi in giro >> Era ancora
più confuso, decisamente
più confuso.
<<
No no, Lucas… >> Jane nascose il viso tra le
mani, massaggiando le tempie
con i pollici, nel tentativo di calmarsi e di far sciogliere un
po’ di
tensione. Tornò a guardare Lucas. << Non
è la prima volta che mi succede,
ieri al parco ho visto una bambina giocare con una sfera
d’acqua sospesa a
mezz’aria… mi stanno succedendo delle cose che non
riesco a capire e io odio
non capire le cose >>
<<
Forse hai delle allucinazioni, forse sei schizofrenica >>
Fu la prima
ipotesi sensata che gli venne in mente.
<<
Non sono pazza! >> Non riusciva a credere alle parole di
Lucas.
<<
Tutto può essere >> insistette lui.
<<
Lucas! >> Ora era indignata.
<<
Okay, scusa. Ne hai parlato con Mike? >> Le chiese
cercando di addolcire
il tono.
<<
Sì >> Rispose secca.
<<
E… >> La spronò.
<<
E ha detto che probabilmente è per via della stanchezza che
mi immagino le
cose, ma… io so quello che ho visto, non è frutto
della mia immaginazione, è
reale, so distinguere le due cose >> Cercò di
convincerlo al meglio che
poteva in quel momento, in preda a quello strano mix di emozioni.
<<
Ne sei sicura? >> Purtroppo Lucas sembrava ancora un
po’ scettico.
<<
Puoi cercare di metterti nei miei panni per cinque secondi?
>> Gli chiese
un po’ aggressiva.
<<
Ehi, non ti scaldare, sto solo cercando di aiutarti >> Si
difese lui.
Jane
sospirò.
<<
Hai ragione, scusa >> Disse poi.
Seguirono
attimi di silenzio. Se le persone nel Cinnamon Roll Caffè
avessero smesso di
parlare e i rumori delle tazzine di ceramica uniti a quello delle
macchine per
il caffè fossero cessati, si sarebbe certamente sentito il
suono degli
ingranaggi delle teste di Jane e Lucas lavorare in cerca di una
spiegazione
plausibile.
<<
Okay, senti, mettiamo che le cose che vedi siano reali,
perché sei l’unica che
riesce a vederle? >> Le chiese Lucas.
<<
Te l’ho detto, non lo so >> Gli rispose, doveva
esserci per forza una
spiegazione logica, ma non era ancora riuscita a trovarla, e la cosa la
seccava.
<<
Che hai intenzione di fare? >> Le chiese, arrendendosi a
cercare una
risposta a quelle assurdità.
<<
Niente, per ora non c’è niente che posso fare
>> L’unica cosa che le
veniva in mente era un grande buco nero.
<<
Questa non è una risposta da Jane >> Lucas le
sorrise cercando di darle
conforto.
<<
Questa è una risposta da Jane spaventata >>
<<
Vuol dire esattamente quello che credi >> Gli rispose
Tamira.
Era
rientrata dalla missione da un paio d’ore, si era fatta una
doccia e aveva
chiamato Dante e Will, aveva bisogno di parlare con loro. Attualmente
si
trovavano nella sua stanza. Al centro del pavimento di parquet
c’era un tappeto
rosso circolare sopra il quale era posizionato il letto, Tamira
c’era seduta
sopra, i capelli bagnati le solleticavano il viso. Will, invece, era
seduto a
terra, con la schiena poggiata sul comodino. Era talmente alto che,
anche da
seduto, i suoi capelli rossi arrivano sopra al ginocchio di Dante, in
piedi
accanto a lui.
<<
Ma non è possibile, i mutaforma devono avere un contatto
diretto con la persona
di cui prendono le sembianze, no? >> Chiese Will.
<<
Oppure con qualcosa a cui la persona tiene >> Lo corresse
Dante.
<<
Qualcosa con valore affettivo? >> Chiese Tamira.
<<
Sì >> Confermò Dante, si stava
sforzando a capire com’era possibile che
fosse successa una cosa simile.
<<
Hai perso qualcosa ultimamente? >> Gli chiese Will.
<<
Non ho perso niente, Will. Non pensi che me ne sarei accorto?
>> Gli
chiese, sarcastico, Dante.
<<
Dante, non-ti-scaldare >> Gli ordinò Tamira.
<<
Scusa, ma mi dà fastidio che qualcuno prenda le mie
sembianze, sai com’è? >>
Fece ancora del sarcasmo, era il suo modo di sfogarsi.
<<
Se vuoi sfogare la rabbia urla nel cuscino >> Tamira gli
passò il cuscino
con la fodera di raso rosso.
<<
Non sono arrabbiato, ma non capisco che sta succedendo >>
Dante rimise il
cuscino al suo posto.
<<
E se c’è una cosa che Dante De Marchi non
sopporta… >> Iniziò Tamira
guardando Will.
<<
…è non capire le cose >>
Finì Will sorridendole.
<<
Io avrei detto “non avere il controllo della
situazione” >> Disse lei.
Nella
stanza piombò il silenzio, l’unico rumore
percettibile erano i sospiri
scocciati di Dante.
<<
Comunque Derek ha accennato ad un esercito di mutaforma
>> Confessò
Tamira rompendo quel silenzio.
Gli
occhi di Dante guizzarono verso di lei a sentire quelle parole,
stranamente,
non ne rimase troppo sorpreso.
<<
Un… che?! >> Will parve seriamente allarmato,
impaurito anche.
<<
Non so se lo ha detto tanto per dire… ma…
>> Iniziò a dire Tamira con la
voce che le tremava leggermente, anche lei non si sentiva tranquilla e,
solo al
ripensare alle parole di Derek, un mare di brividi le percorsero la
schiena
arrivando dritti alla nuca.
<<
Non è da escludere, sono vent’anni che Marcus
è sparito dalla circolazione
eppure non si è mai smesso di parlare di lui, le ricerche
non sono mai cessate >>
Disse Dante incrociando le braccia al petto.
<<
Parla chiaro >> Gli ordinò Tamira.
<<
Potrebbe essersi riorganizzato, no? Le rivolte dei mutaforma sono
cessate dopo
tre anni dalla sua scomparsa, volete saper che penso? >>
Chiese. I due
annuirono, ma avevano intuito dove voleva arrivare.
<<
Penso che abbia radunato i mutaforma ribelli, che li abbia addestrati a
combattere e li abbia resi più forti, come Derek
>> Finì di spiegare.
<<
Credi che abbia formato un esercito? >> Chiese Will, gli
venne la pelle
d’oca al solo pensiero.
Dante
annuì.
<<
Se è vero quello che dici, la guerra è alle
porte, te ne rendi conto? >>
Gli chiese Tamira.
<<
Fin troppo bene >> Ammise.
<<
Riguarda Dante, vero? >> Gli chiese Henry. Aveva saputo
del litigio con
il figlio, in realtà, non c’era persona a
Buckingham Palace che non ne era al
corrente, ormai erano abituati ai loro continui battibecchi, la maggior
parte
tifava per Dante, ritenendo inaccettabile il comportamento del padre.
<<
Non riesce capire che lo faccio per il suo bene >> Si
difese Lorenzo.
<<
Non puoi tenerlo sotto la tua ala protettiva per sempre, lo sai, no?
>>
Gli chiese Henry.
<<
Ma non posso neanche affidargli una missione di primo livello!
>> Ribatté
lui.
<<
Perché no? Dante è un ottimo combattente, si sa
difendere e sicuramente
migliorerebbe il vostro rapporto >> Cercò di
spiegargli, nonostante non
fosse la prima volta che affrontavano quel discorso.
<<
è pericoloso, Marcus potrebbe essere ovunque, non ho il
controllo >> Gli
disse Lorenzo.
<<
Magari è questo il problema, non devi sempre avere il
controllo su tutto >>
Gli rispose.
Lorenzo
poggiò i gomiti sulla scrivania di mogano per poi sospirare.
<<
Io non so che devo fare >> Confessò.
<<
Lauren che ne pensa? >> Gli chiese Henry
<<
Oh, sua madre dice che dovrei lasciarlo “lavorare sul
campo”, come se stesse
facendo delle ricerche geologiche >> Gli venne da ridere,
una risata
amara.
<<
Affidagli una missione di ricerca >> Suggerì
Henry, anche se più che un
suggerimento sembrava un ordine.
<<
Come? >> Gli chiese Lorenzo un po’ incredulo.
<<
Una missione di ricerca. Tamira è stata aggredita da un
mutaforma questo
pomeriggio, lui è fuggito, affida a Dante il compito di
indagare sul luogo
della scomparsa >> Spiegò.
<<
Ma se il mutaforma… >> Iniziò
Lorenzo, ma Henry lo interruppe.
<<
Abbiamo perso le sue tracce, non è più
lì, Dante sarà al sicuro e in più
avrebbe la sua missione >>
<<
Capirà che non gli sto dando altro che un contentino
>> Pensò ad alta
voce.
<<
Lo so, ma è un inizio, anche per te >>
<<
Sì, come sempre >> Will fece per allontanarsi.
Erano
nel laboratorio di Henry insieme a Tamira, che li guardava divertita,
sperava
davvero che gli anelli funzionassero, Will ci aveva lavorato molto e
duramente.
Dante
chiuse gli occhi preparandosi per il balzo.
<<
Aspetta! Devo mettere il mio! >> Disse Will, per poi
mettersi l’anello.
Guardò Dante. << Se non mi vedi affianco a te
dopo il salto, torna
indietro >> Disse poi.
<<
Posso? >> Gli chiese Dante con sarcasmo.
<<
Adesso sì >> Gli rispose Will ignorando il suo
tono.
Dante
chiuse gli occhi, concentrandosi, avrebbe dovuto scegliere una data, 9
novembre
1989, la caduta del muro di Berlino, uno dei suoi eventi storici
preferiti.
Fece il
balzo.
Tamira e
Will trattennero il respiro.
Il tempo
passava e Will era ancora nel laboratorio. Tamira lo guardò,
poteva leggere la
delusione nei suoi occhi, le faceva male.
Dante
riapparse nella stanza, teneva la testa bassa, anche il suo sguardo
cadde su
Will.
<<
Continuerò a provare >> Disse
quest’ultimo.
Tamira
gli sorrise.
<<
Prima o poi funzionerà, ci riesci sempre >>
Gli disse.
Will
arrossì, sorrise imbarazzato.
Si sentì
il rumore delle porte del laboratorio aprirsi, i Tre si scambiarono uno
sguardo
allarmato. Dante si sfilò l’anello,
così come Will. Quest’ultimo si sbrigò
a
nasconderli nella tasca della sua giacca.
Era
stato Lorenzo ad entrare.
<<
Papà? >> Lo chiamò Dante.
<<
Ti è stata affidata una missione >> Disse
Lorenzo con tutta la calma e
l’autocontrollo possibile.
Dante
batté le palpebre più volte, incredulo, stupito
dalle parole del padre, anche
se suonavano meccaniche, come una registrazione su un nastro.
Tamira e
Will non erano da meno, si scambiarono uno sguardo fugace.
<<
Devi… >> Lorenzo si schiarì la
gola. << Devi indagare sul luogo
della sparizione del mutaforma Derek Glade >> Disse poi
più deciso.
Tamira
perse un battito ripensando al mutaforma trasformarsi in Dante.
<<
E dove sarebbe? >> Gli chiese Dante a voce bassa, ancora
incredulo.
<<
Nel primo vicolo dopo il David’s Ink Tattoo shop
>> Rispose Tamira.
Dante la
guardò con una domanda negli occhi: è lui?
Tamira
annuì.
<<
Partirai seduta stante >> Gli ordinò il padre.
Detto
ciò Lorenzo si voltò ed uscì dal
laboratorio, lasciando la porta aperta, come
se se ne fosse dimenticato.
<<
Hai una missione! >> Will sembrava più
eccitato di Dante che, invece, era
pensieroso. << Che c’è?
>> Gli chiese poi alzando gli occhi al
cielo.
<<
Potremmo indagare per conto nostro, su Marcus intendo >>
Propose Dante.
<<
Okay, è impazzito >> Disse Tamira a Will.
<<
Dico sul serio! Marcus potrebbe avere un esercito e il Consiglio non ne
è al
corrente >> Insistette Dante.
<<
Dovremo avvertirli allora >> Continuò Tamira.
<<
No, non possiamo >> Intervenne Will, aveva capito cosa
volesse dire
Dante.
<<
Perché no? Siamo dalla stessa parte >> Chiese
Tamira confusa dalle parole
dei due.
<<
Vero, ma immagina cosa farebbero se solo sospettassero che
lì fuori c’è un
esercito di pericolosi mutaforma pronti a muoversi contro di loro
>> Le
disse Dante.
<<
Proveranno a fermarli >> Suppose Tamira.
<<
Sì ma come? Non sappiamo con precisione chi siano i
mutaforma coinvolti >>
Continuò Dante.
<<
E non credi che li cercherebbero? >> Gli chiese Tamira
retoricamente.
<<
No >> Rispose Will.
<<
Ragazzi, non vi seguo >> Si arrese Tamira.
<<
Se il Consiglio si sentisse minacciato non esiterebbe ad uccidere ogni
mutaforma che gli si presenti davanti, non basterà
più che si nascondano, per
loro non dovranno più esistere >> Le
spiegò Dante.
<<
No, non lo farebbero >> Tamira era inorridita dalle
parole dell’amico,
anche i loro genitori facevano parte del consiglio! Come poteva pensare
che
fossero in grado di fare una cosa del genere?
<<
Eccome se lo farebbero, l’ho visto, durante uno dei miei
viaggi
spaziotemporali, ho visto la rivolta di Liverpool >>
Confessò Dante.
I due
ragazzi trattennero il respiro, non si doveva parlare della rivolta di
Liverpool,
era severamente vietato, se li avessero sentiti avrebbero passato non
pochi
guai.
<<
Ce n’erano a migliaia, migliaia di mutaforma, lottavano per i
propri diritti
urlando per le strade, ma i nostri soldati erano milioni e non hanno
esitato,
non si sono fermati a pensare neanche un attimo a quello che stavano
facendo.
Li hanno massacrati, tutti. Anche i bambini >>
Raccontò Dante, sentendo
la rabbia scorrergli nelle vene.
Gli
occhi di Tamira diventarono umidi.
Will
abbassò la testa vergognandosi di quello che i suoi
predecessori avevano fatto.
<<
Non possiamo dirlo al Consiglio >> Disse Dante.
Trovò il
posto in meno di dieci minuti. Un muro d’asfalto tra due
edifici si fa notare,
da chi era in grado di vederlo almeno.
Dante
toccò la parete, era solida e spessa, robusta, decisamente
opera di Tamira.
Controllò a terra, ma niente faceva pensare al passaggio del
mutaforma. Se non
avesse lasciato tracce? Era possibile? Creto che era possibile! Ma non
poteva
tornare a Buckingham Palace a mani vuote, era la sua prima missione e
aveva
lottato con le unghie e con i denti per ottenerla. No, non se ne
sarebbe andato
a mani vuote.
Continuò
a cercare nei dintorni per una ventina di minuti, stando attento a
qualsiasi
suono, a qualsiasi odore o cambiamento di temperatura alla disperata
ricerca di
una traccia, purtroppo non trovò niente. Frustrato e
arrabbiato, Dante diede un
pugno alla parete d’asfalto, sbucciandosi le nocche, ora
dipinte di un rosso
cremisi.
<<
Dannazione! >> Commentò.
Decise
di farsi un giro per quelle stradine, cercando di schiarirsi le idee,
aveva la
mente offuscata dalla frustrazione, in quello stato non avrebbe
concluso
niente.
<<
Ci vediamo a scuola >> La salutò Lucas
abbracciandola.
<<
A domani >> Gli disse lei sciogliendo
l’abbraccio.
<<
Sei sicura che non vuoi che ti accompagni a casa? >> Le
chiese per
l’ennesima volta Lucas.
<<
Sicura, casa mia è qui dietro, ci metto un attiamo
>> Gli rispose alzando
gli occhi al cielo, anche se era intenerita dal suo atteggiamento.
<<
D’accordo, d’accordo, allora a domani
>> Le disse, per poi allontanarsi.
<<
Ricorda di riportarmi gli appunti di letteratura! >> Gli
urlò lei quando
fu a qualche metro di distanza.
<<
Contaci >> Le rispose prima di svoltare
l’angolo.
<<
Tanto lo so che te li dimenticherai >> Disse tra
sé e sé.
Jane si
girò percorrendo la strada di ritorno, ma rimase impietrita
quando i suoi occhi
incrociarono la figura del ragazzo biondo dall’altra parte
della strada, lo
stesso che nel primo pomeriggio era svanito nel nulla.
No, no, no!
Non di nuovo!
Il
ragazzo diede un pugno al muro d’asfalto. Jane
sussultò, istintivamente si
nascose dietro una quercia. Com’era finita in quella
situazione?
Prese un
respiro profondo per poi tornare a guardarlo. Stava osservando la
parete,
sembrava arrabbiato, si mise le mani in tasca e si allontanò
percorrendo la
salita.
Lui vede la
parete! Lui ha
cambiato il suo aspetto e poi è sparito nel nulla! Potrebbe
essere l’unico ad
avere delle risposte. Pensò.
Sapeva
che era una pessima idea, sapeva che poteva essere pericoloso, ma prima
che se