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Autore: AriaJaneRothfeller    17/01/2018    1 recensioni
Jane vive a Londra in un piccolo quartiere fatto di alberi verdi e villette a mattoncini rossi, la sua è una vita tranquilla come quella di tante diciassettenni, le sue preoccupazioni più grandi sono quelle di passare i test di biologia e matematica, la sua unica via d'uscita dalla routine sono i suoi amati libri, almeno fin quando non decide di seguire un misterioso sconosciuto dai capelli chiari.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2

 

Era domenica pomeriggio, una domenica particolarmente soleggiata nonostante fosse ottobre, non faceva freddo, l'unica nota stonata era l'odore di umidità nell'aria, tipico di quando si esce presto la mattina e ancora si trova la rugiada riposare sui fili d'erba del prato.
Jane stava aspettando Lucas, era in salotto a guardare la televisione per far passare il tempo. Accanto a lei, sul divano rosso, era appoggiato il suo zaino, pieno di appunti e di pennarelli colorati, ovviamente non poteva mancare quel mattone del libro di biologia. Si sentiva energica, aveva dormito benissimo la notte precedente, nonostante non avesse le gocce di biancospino, e quello stesso sonno era quasi riuscito a farle dimenticare gli eventi del giorno prima. Quasi.
Si sentì il campanello suonare.
Jane spense la TV, si mise la giacca e prese lo zaino, aprì la porta. Lucas le sorrise.
<< Buongiorno splendore! >> lo salutò lei baciandogli la guancia.
Il sorriso di Lucas sparì per lasciare posto ad un’espressione di confusione e di imbarazzo.
<< Va tutto bene, Jane? >>
Invece di rispondere Jane uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle, afferrò Lucas per un braccio e lo trascinò con sé. Percorsero la stradina in salita fino alla curva, svoltarono l'angolo e si infilarono nel Cinnamon Roll Caffè, dove presero due girelle alla cannella, la specialità della casa. Si misero seduti ad un tavolo vicino alla finestra che si affacciava sulla strada, in modo da avere più luce. Jane tirò fuori i suoi appunti e Lucas il mattone-libro di biologia.
<< Okay, io direi di partire dalla cellula, vediamo >> Jane sfogliò i sui appunti. << Differenza tra procariotica ed eucariotica, te lo ricordi? >> Gli chiese.
<< Sì, va bene, allora... >>

 Tamira si stava preparando per la missione, era sotto copertura perciò non avrebbe indossato la divisa da combattimento, si mise dei vestiti semplici, da tutti i giorni, non aveva bisogno di armi essendo un’elementale, le sue armi la circondavano ovunque andasse.
James le aveva dato un nome e un luogo: Derek Glade, David’s Ink Tattoo Shop. Era lì che stava andando.
L’aria non era fredda, la strada pullulava di persone incapaci di vederla, si ritrovò a dover fare lo slalom per non urtarli. In fondo alla strada si vedeva l’insegna nera a caratteri bianchi del David’s Ink Tattoo Shop, accanto alla scritta era raffigurato uno scheletro old school vestito da casalinga anni cinquanta che spingeva un carrello. Tamira entrò. Il posto emanava un odore di metallo, le pareti erano grigio scuro, ricoperte da bozze di tatuaggi incorniciati. Si sentiva il rumore della bobina in azione provenire da una stanzetta lì accanto, Tamira si affacciò, un uomo con una giacca di pelle verde stava tatuando il braccio di un altro uomo dai capelli rossi, seduto su una poltrona da barbiere vintage.
<< Il signor Glade? >> Chiese Tamira, assumendo un atteggiamento il più innocente possibile.
L’uomo dalla giacca verde alzò il viso, puntando gli occhi chiari su di lei, aveva una barba scura che gli copriva parte del collo.

Chissà se è questo il tuo vero aspetto. Penso Tamira.
<< Sì, piccola, fammi finire qui e sono da te >> Le sorrise lui, per poi riprendere a lavorare.
L’uomo con i capelli rossi si girò verso Tamira, era umano, non poteva vederla.
<< Con chi stai parlando? >> Chiese, piuttosto confuso, al suo tatuatore.
Derek si fermò. Puntò nuovamente gli occhi su di lei, era ancora appoggiata alla porta.
<< Nessuno, una ragazzina, ma adesso è andata via >> Disse senza distogliere lo sguardo, aveva capito che non era umana, era una di loro, le sorrise e Tamira ricambiò.
<< Hm >> Il rosso parve poco convinto.
<< Ti aspetto qui fuori >> Disse Tamira a Derek con sensualità.
Derek le annuì e, sorridendo, riprese a lavorare.
Si sedette su una poltrona di velluto bordeaux vicino alla cassa ripassando il piano. Per prima cosa avrebbe dovuto attirarlo fuori, c’erano dei tubi di ferro nel vicolo vicino all’entrata, il ferro non è altro che terra purificata, sarebbe riuscita a controllarli, lo avrebbe bloccato con quelli e poi, minacciandolo, lo avrebbe interrogato.
Derek usci dalla saletta insieme al suo cliente, il rosso pagò e se ne andò via tutto contento, evidentemente aveva fatto un buon lavoro con il suo tatuaggio.
Derek Guardò Tamira.
<< Che cosa sei? >> Le chiese.
<< Elementale >> Rispose.
<< Di che elemento? >> Sembrava semplicemente curioso, ma Tamira riusciva a leggere del sospetto nella sua voce.
<< Acqua >> Gli rispose, in parte era vero. << So che sei un mutaforma >> azzardò.
<< Saprai anche che non posso parlarne e che non posso esercitare i miei poteri >> Le rispose lui, sorridendole, Tamira doveva piacergli.
<< Sì, lo so >> Disse ricambiando il sorriso.
Derek sospirò.
<< Ti conviene non chiedere certe cose, piccola. Io sono un uomo per bene, ma un altro mutaforma avrebbe potuto tentare di ucciderti, specialmente uno timoroso del Consiglio >>
<< E tu non hai paura del consiglio? >> Gli chiese, avvicinandosi. Gli piaceva, no? Bene, lo avrebbe sfruttato a suo favore.
<< Non capisco perché si dovrebbe aver paura di un mucchio di bibliotecari altezzosi >> Le spiegò.
<< Io so che hanno un esercito >> Disse lei.
<< Quell’esercito non durerebbe un’ora contro un esercito di mutaforma >> Derek sembrava sicuro di sé.

Un esercito di mutaforma?
<< Ora basta parlare di loro, sei qui per fare un tatuaggio? >> Cambiò discorso.
<< Si, mi piacerebbe, ma devi sapere che ho un... problemino >> disse fingendo di andare in agitazione.
<< Hai paura degli aghi, vero? >> Derek sollevò un angolo della bocca divertito. << Non preoccuparti, non sei la prima che passa di qui >> tentò di rassicurarla.
<< Mi accorgerò dell’ago? >> Gli chiese fingendosi ancora più agitata.
<< No >> Le rispose secco.
<< Ne sei sicuro? Ho degli amici che mi hanno detto il contrario >> Gli disse.
<< Sono un tatuatore, fidati di me, piccola >> Derek sembrava che si stesse innervosendo.

Perfetto.
<< Ho bisogno d’aria >> Disse Tamira dopo un po’.
<< Vieni, ne parliamo fuori, okay? >> Lui le mise una mano dietro la schiena e la spinse fuori dallo studio.
<< Allora… >>
Derek non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò bloccato al muro da pezzi di ferro che gli stringevano polsi e caviglie.
Tamira rise.
<< Che diavolo fai?! >> Era sorpreso.
<< Forse dovrei presentarmi. Piacere, Tamira Collins. Sono il tuo peggior incubo, amore >> Lo prese in giro.
<< Collins? Fai parte del consiglio! >>
<< In effetti, sono qui in missione >> Gli confessò. Aveva un sorriso soddisfatto stampato in faccia.
<< Avrei dovuto capirlo >> Disse più a sé stesso che a lei.
<< Sì, beh, non lo hai fatto. Sappiamo che hai contatti con Marcus >> Disse Tamira.
<< Da questa bocca non uscirà una parola >> Ringhiò Derek.
<< Bene >> Tamira prese un tubo di ferro arrugginito dal mucchio, voleva utilizzarlo per minacciare Derek, ma quando si voltò nuovamente verso la parte lui era sparito.
Spuntò alle sue spalle e la bloccò al muro tenendole un braccio sulla gola, solo che quel braccio non era di Derek.
<< Dante?! >> Adesso era lei quella sorpresa.
<< No, sono sempre io, piccola >>
Derek aveva cambiato forma, ma com’era possibile? I mutaforma non erano in grado di mutare così velocemente, non erano in grado di trasformarsi in qualcuno con cui non avevano un contatto diretto. O sì? Forse il Consiglio si era sbagliato, forse erano diventati più forti di quello che si pensava, ma come? Come?

Marcus.
Doveva aver trovato il modo di renderli più forti. Sì, non c’era altra spiegazione. Comunque non era certo il momento di formulare ipotesi, doveva scappare, per quanto forte e ben addestrata fosse, non aveva possibilità contro un nemico con le capacità di Dante. Doveva farlo stancare. Se si fosse stancato sarebbe tornato alla sua forma originale. L’unico modo per farlo era quello di fargli usare il suo potere, i balzi spaziotemporali. Dante li utilizzava per teletrasportarsi. Doveva bloccarlo, così sarebbe stato costretto ad esaurire le sue energie.
Tamira richiamò a sé la terra degli alberi piantati lungo la strada, silenziosamente la fece strisciare a terra, fino a fargli raggiungere i piedi di Derek e a circondarli, lui, sentendo una strana sensazione corrugò le sopracciglia e guardò in basso, distraendosi. Tamira ne approfittò per scagliarlo lontano da sé, mentre la terra continuava a tenerlo bloccato a qualche metro di distanza. Derek parve inizialmente sorpreso, ma poi la guardò e sorrise, pensando di averla in pugno, fece un balzo e si teletrasportò fuori dalla trappola. Non si era reso conto che stava facendo esattamente il gioco di Tamira. Lei lo bloccò nuovamente e lui fece un altro balzo più vicino a lei, la cosa andò avanti per altre due volte nel giro di pochi secondi, fin quando Derek, esausto, riprese la propria forma. I viaggi nel tempo richiedevano un enorme dispendio di energia. Tamira, approfittandone, iniziò a correre lontano da lui. Derek la seguì.

 Ormai erano passate due ore, fuori stava iniziando a fare buio, il bar era inondato dalla luce calda del sole al tramonto, che si faceva da parte per lasciare posto alla luna e alle stelle. Era quasi fatta, presto sarebbero tornati a casa, Lucas doveva soltanto finire di ripetere, per la ventesima o ventunesima volta, ormai aveva perso il conto, il programma a Jane. Lei, d'altro canto, non ne poteva più di stare a sentire sempre le stesse cose, tanto più che aveva smesso di ascoltarlo. Voltò lo sguardo verso la finestra stiracchiandosi il collo, fuori c'era gente che passeggiava, famiglie, gruppi di amici, coppie, a volte anche qualche vecchietto solitario, che camminava lentamente, guardandosi intorno e godendosi la semplicità della vita. Una ragazza dai capelli scuri stava correndo. Catturò la sua attenzione. Sì, stava correndo, ma non era vestita per fare jogging, aveva addosso un paio di jeans chiari ed una maglietta nera un po' troppo grande, gli anfibi poi non erano certo scarpe con cui si andava a fare esercizio, no?
La spiegazione arrivò correndo dietro di lei: un uomo con una giacca di pelle verde. La stava inseguendo, lei stava scappando!
Qualcosa scattò nella testa di Jane, che drizzò il collo e si mise sull'attenti. Possibile che nessuno facesse niente? Le persone che la vedevano passare non si preoccupavano? Non gli importava niente? Come si può restare indifferenti vedendo una ragazza scappare da un uomo più grade di lei? 
La ragazza accelerò, guadagnando qualche metro di vantaggio, girò, imbucandosi in un vicolo stretto, poi si fermò e si voltò facendo un gesto con la mano. Fu come se l'asfalto prendesse vita, si innalzò tra i due edifici a mattoni rossi, costruendo un muro solido che impedisse al suo inseguitore di raggiungerla.
Jane scattò in piedi, in preda allo stupore, continuava a fissare la parete d'asfalto.
<< Jane? >> La chiamò Lucas, ma lei sembrava non sentirlo.
L'uomo con la giacca verde si fermò davanti al vicolo ormai chiuso, si guardò intorno, poi successe una cosa ancora più incredibile di quella precedente: Emanò luce, un'intensa luce bianca che sembrava uscire da tutti i pori della sua pelle.
<< Jane! >> tentò ancora Lucas.
La luce illuminò i volti dei passanti fin quando non smise di brillare. Al suo estinguersi l'uomo aveva cambiato aspetto. Non era più un uomo alto e minaccioso, non aveva più addosso la giacca verde, si era trasformato in un ragazzo biondo di bell'aspetto, anche troppo bello, con quella figura slanciata, ma Jane era troppo sconvolta per notarlo. Il ragazzo, o l'uomo, o quell'essere, che dir si voglia, fece qualche passo indietro per poi svanire nel nulla, lasciandosi alle spalle solo qualche scintilla rossa.
<< Jane Clara Rothfeller! Siediti per favore, ti stanno guardando tutti! >> 
Questa volta Lucas riuscì nel suo intento. Jane si voltò verso di lui con un’espressione sconvolta, confusa, scioccata, da parte sua Lucas era imbarazzato, troppi occhi puntati su di loro, troppa attenzione rivolta a loro. Jane diede una rapida occhiata alle persone all’interno del caffè, era vero, la stavano guardando tutti come fosse pazza. Jane si sedette tenendo gli occhi bassi.
<< Si può sapere che succede? >> Le chiese.
<< Non l’hai visto? >> Era sconcertata.
<< Visto cosa? >>
<< Mi prendi in giro, vero? >> Chiese con un tono che era tutto al di fuori del sarcastico, come era solita fare, un tono di voce che lasciava trasparire insicurezza e bisogno d’appoggio.
<< Ho la faccia di uno che ti sta prendendo in giro? >> Era Lucas quello che faceva del sarcasmo, sembrava che i ruoli fossero stati invertiti.
<< Andiamo, non puoi non averlo visto! Era proprio lì fuori! >> La voce di Jane riacquistò un po’ di decisione.
<< Jane, di che diavolo stai parlando? >> Era confuso.
<< Sto parlando di quella tizia che ha innalzato un cazzo di muro d’asfalto tra quei due edifici e del tizio che la inseguiva che ha cambiato corpo! Ecco di che sto parlando! >> Jane iniziò a scaldarsi, ma mantenne comunque un tono di voce tale che le altre persone nel caffè non fossero in grado di sentirla.
<< Okay, adesso sei tu a prendermi in giro >> Era ancora più confuso, decisamente più confuso.
<< No no, Lucas… >> Jane nascose il viso tra le mani, massaggiando le tempie con i pollici, nel tentativo di calmarsi e di far sciogliere un po’ di tensione. Tornò a guardare Lucas. << Non è la prima volta che mi succede, ieri al parco ho visto una bambina giocare con una sfera d’acqua sospesa a mezz’aria… mi stanno succedendo delle cose che non riesco a capire e io odio non capire le cose >>
<< Forse hai delle allucinazioni, forse sei schizofrenica >> Fu la prima ipotesi sensata che gli venne in mente.
<< Non sono pazza! >> Non riusciva a credere alle parole di Lucas.
<< Tutto può essere >> insistette lui.
<< Lucas! >> Ora era indignata.
<< Okay, scusa. Ne hai parlato con Mike? >> Le chiese cercando di addolcire il tono.
<< Sì >> Rispose secca.
<< E… >> La spronò.
<< E ha detto che probabilmente è per via della stanchezza che mi immagino le cose, ma… io so quello che ho visto, non è frutto della mia immaginazione, è reale, so distinguere le due cose >> Cercò di convincerlo al meglio che poteva in quel momento, in preda a quello strano mix di emozioni.
<< Ne sei sicura? >> Purtroppo Lucas sembrava ancora un po’ scettico.
<< Puoi cercare di metterti nei miei panni per cinque secondi? >> Gli chiese un po’ aggressiva.
<< Ehi, non ti scaldare, sto solo cercando di aiutarti >> Si difese lui.
Jane sospirò.
<< Hai ragione, scusa >> Disse poi.
Seguirono attimi di silenzio. Se le persone nel Cinnamon Roll Caffè avessero smesso di parlare e i rumori delle tazzine di ceramica uniti a quello delle macchine per il caffè fossero cessati, si sarebbe certamente sentito il suono degli ingranaggi delle teste di Jane e Lucas lavorare in cerca di una spiegazione plausibile.
<< Okay, senti, mettiamo che le cose che vedi siano reali, perché sei l’unica che riesce a vederle? >> Le chiese Lucas.
<< Te l’ho detto, non lo so >> Gli rispose, doveva esserci per forza una spiegazione logica, ma non era ancora riuscita a trovarla, e la cosa la seccava.
<< Che hai intenzione di fare? >> Le chiese, arrendendosi a cercare una risposta a quelle assurdità.
<< Niente, per ora non c’è niente che posso fare >> L’unica cosa che le veniva in mente era un grande buco nero.
<< Questa non è una risposta da Jane >> Lucas le sorrise cercando di darle conforto.
<< Questa è una risposta da Jane spaventata >>

 << Che vuol dire che si è trasformato in me?! >> Le chiese Dante.
<< Vuol dire esattamente quello che credi >> Gli rispose Tamira.
Era rientrata dalla missione da un paio d’ore, si era fatta una doccia e aveva chiamato Dante e Will, aveva bisogno di parlare con loro. Attualmente si trovavano nella sua stanza. Al centro del pavimento di parquet c’era un tappeto rosso circolare sopra il quale era posizionato il letto, Tamira c’era seduta sopra, i capelli bagnati le solleticavano il viso. Will, invece, era seduto a terra, con la schiena poggiata sul comodino. Era talmente alto che, anche da seduto, i suoi capelli rossi arrivano sopra al ginocchio di Dante, in piedi accanto a lui.
<< Ma non è possibile, i mutaforma devono avere un contatto diretto con la persona di cui prendono le sembianze, no? >> Chiese Will.
<< Oppure con qualcosa a cui la persona tiene >> Lo corresse Dante.
<< Qualcosa con valore affettivo? >> Chiese Tamira.
<< Sì >> Confermò Dante, si stava sforzando a capire com’era possibile che fosse successa una cosa simile.
<< Hai perso qualcosa ultimamente? >> Gli chiese Will.
<< Non ho perso niente, Will. Non pensi che me ne sarei accorto? >> Gli chiese, sarcastico, Dante.
<< Dante, non-ti-scaldare >> Gli ordinò Tamira.
<< Scusa, ma mi dà fastidio che qualcuno prenda le mie sembianze, sai com’è? >> Fece ancora del sarcasmo, era il suo modo di sfogarsi.
<< Se vuoi sfogare la rabbia urla nel cuscino >> Tamira gli passò il cuscino con la fodera di raso rosso.
<< Non sono arrabbiato, ma non capisco che sta succedendo >> Dante rimise il cuscino al suo posto.
<< E se c’è una cosa che Dante De Marchi non sopporta… >> Iniziò Tamira guardando Will.
<< …è non capire le cose >> Finì Will sorridendole.
<< Io avrei detto “non avere il controllo della situazione” >> Disse lei.
Nella stanza piombò il silenzio, l’unico rumore percettibile erano i sospiri scocciati di Dante.
<< Comunque Derek ha accennato ad un esercito di mutaforma >> Confessò Tamira rompendo quel silenzio.
Gli occhi di Dante guizzarono verso di lei a sentire quelle parole, stranamente, non ne rimase troppo sorpreso.
<< Un… che?! >> Will parve seriamente allarmato, impaurito anche.
<< Non so se lo ha detto tanto per dire… ma… >> Iniziò a dire Tamira con la voce che le tremava leggermente, anche lei non si sentiva tranquilla e, solo al ripensare alle parole di Derek, un mare di brividi le percorsero la schiena arrivando dritti alla nuca.
<< Non è da escludere, sono vent’anni che Marcus è sparito dalla circolazione eppure non si è mai smesso di parlare di lui, le ricerche non sono mai cessate >> Disse Dante incrociando le braccia al petto.
<< Parla chiaro >> Gli ordinò Tamira.
<< Potrebbe essersi riorganizzato, no? Le rivolte dei mutaforma sono cessate dopo tre anni dalla sua scomparsa, volete saper che penso? >> Chiese. I due annuirono, ma avevano intuito dove voleva arrivare.
<< Penso che abbia radunato i mutaforma ribelli, che li abbia addestrati a combattere e li abbia resi più forti, come Derek >> Finì di spiegare.
<< Credi che abbia formato un esercito? >> Chiese Will, gli venne la pelle d’oca al solo pensiero.
Dante annuì.
<< Se è vero quello che dici, la guerra è alle porte, te ne rendi conto? >> Gli chiese Tamira.
<< Fin troppo bene >> Ammise.

 Henry era nell’ufficio di Lorenzo, lo aveva chiamato per discutere di una questione urgente, ma personale.
<< Riguarda Dante, vero? >> Gli chiese Henry. Aveva saputo del litigio con il figlio, in realtà, non c’era persona a Buckingham Palace che non ne era al corrente, ormai erano abituati ai loro continui battibecchi, la maggior parte tifava per Dante, ritenendo inaccettabile il comportamento del padre.
<< Non riesce capire che lo faccio per il suo bene >> Si difese Lorenzo.
<< Non puoi tenerlo sotto la tua ala protettiva per sempre, lo sai, no? >> Gli chiese Henry.
<< Ma non posso neanche affidargli una missione di primo livello! >> Ribatté lui.
<< Perché no? Dante è un ottimo combattente, si sa difendere e sicuramente migliorerebbe il vostro rapporto >> Cercò di spiegargli, nonostante non fosse la prima volta che affrontavano quel discorso.
<< è pericoloso, Marcus potrebbe essere ovunque, non ho il controllo >> Gli disse Lorenzo.
<< Magari è questo il problema, non devi sempre avere il controllo su tutto >> Gli rispose.
Lorenzo poggiò i gomiti sulla scrivania di mogano per poi sospirare.
<< Io non so che devo fare >> Confessò.
<< Lauren che ne pensa? >> Gli chiese Henry
<< Oh, sua madre dice che dovrei lasciarlo “lavorare sul campo”, come se stesse facendo delle ricerche geologiche >> Gli venne da ridere, una risata amara.
<< Affidagli una missione di ricerca >> Suggerì Henry, anche se più che un suggerimento sembrava un ordine.
<< Come? >> Gli chiese Lorenzo un po’ incredulo.
<< Una missione di ricerca. Tamira è stata aggredita da un mutaforma questo pomeriggio, lui è fuggito, affida a Dante il compito di indagare sul luogo della scomparsa >> Spiegò.
<< Ma se il mutaforma… >> Iniziò Lorenzo, ma Henry lo interruppe.
<< Abbiamo perso le sue tracce, non è più lì, Dante sarà al sicuro e in più avrebbe la sua missione >>
<< Capirà che non gli sto dando altro che un contentino >> Pensò ad alta voce.
<< Lo so, ma è un inizio, anche per te >>

 << Devo soltanto fare un salto temporale? >> Chiese Dante a Will, infilandosi l’anello di sua invenzione.
<< Sì, come sempre >> Will fece per allontanarsi.
Erano nel laboratorio di Henry insieme a Tamira, che li guardava divertita, sperava davvero che gli anelli funzionassero, Will ci aveva lavorato molto e duramente.
Dante chiuse gli occhi preparandosi per il balzo.
<< Aspetta! Devo mettere il mio! >> Disse Will, per poi mettersi l’anello. Guardò Dante. << Se non mi vedi affianco a te dopo il salto, torna indietro >> Disse poi.
<< Posso? >> Gli chiese Dante con sarcasmo.
<< Adesso sì >> Gli rispose Will ignorando il suo tono.
Dante chiuse gli occhi, concentrandosi, avrebbe dovuto scegliere una data, 9 novembre 1989, la caduta del muro di Berlino, uno dei suoi eventi storici preferiti.
Fece il balzo.
Tamira e Will trattennero il respiro.
Il tempo passava e Will era ancora nel laboratorio. Tamira lo guardò, poteva leggere la delusione nei suoi occhi, le faceva male.
Dante riapparse nella stanza, teneva la testa bassa, anche il suo sguardo cadde su Will.
<< Continuerò a provare >> Disse quest’ultimo.
Tamira gli sorrise.
<< Prima o poi funzionerà, ci riesci sempre >> Gli disse.
Will arrossì, sorrise imbarazzato.
Si sentì il rumore delle porte del laboratorio aprirsi, i Tre si scambiarono uno sguardo allarmato. Dante si sfilò l’anello, così come Will. Quest’ultimo si sbrigò a nasconderli nella tasca della sua giacca.
Era stato Lorenzo ad entrare.
<< Papà? >> Lo chiamò Dante.
<< Ti è stata affidata una missione >> Disse Lorenzo con tutta la calma e l’autocontrollo possibile.
Dante batté le palpebre più volte, incredulo, stupito dalle parole del padre, anche se suonavano meccaniche, come una registrazione su un nastro.
Tamira e Will non erano da meno, si scambiarono uno sguardo fugace.
<< Devi… >> Lorenzo si schiarì la gola. << Devi indagare sul luogo della sparizione del mutaforma Derek Glade >> Disse poi più deciso.
Tamira perse un battito ripensando al mutaforma trasformarsi in Dante.
<< E dove sarebbe? >> Gli chiese Dante a voce bassa, ancora incredulo.
<< Nel primo vicolo dopo il David’s Ink Tattoo shop >> Rispose Tamira.
Dante la guardò con una domanda negli occhi: è lui?
Tamira annuì.
<< Partirai seduta stante >> Gli ordinò il padre.
Detto ciò Lorenzo si voltò ed uscì dal laboratorio, lasciando la porta aperta, come se se ne fosse dimenticato.
<< Hai una missione! >> Will sembrava più eccitato di Dante che, invece, era pensieroso. << Che c’è? >> Gli chiese poi alzando gli occhi al cielo.
<< Potremmo indagare per conto nostro, su Marcus intendo >> Propose Dante.
<< Okay, è impazzito >> Disse Tamira a Will.
<< Dico sul serio! Marcus potrebbe avere un esercito e il Consiglio non ne è al corrente >> Insistette Dante.
<< Dovremo avvertirli allora >> Continuò Tamira.
<< No, non possiamo >> Intervenne Will, aveva capito cosa volesse dire Dante.
<< Perché no? Siamo dalla stessa parte >> Chiese Tamira confusa dalle parole dei due.
<< Vero, ma immagina cosa farebbero se solo sospettassero che lì fuori c’è un esercito di pericolosi mutaforma pronti a muoversi contro di loro >> Le disse Dante.
<< Proveranno a fermarli >> Suppose Tamira.
<< Sì ma come? Non sappiamo con precisione chi siano i mutaforma coinvolti >> Continuò Dante.
<< E non credi che li cercherebbero? >> Gli chiese Tamira retoricamente.
<< No >> Rispose Will.
<< Ragazzi, non vi seguo >> Si arrese Tamira.
<< Se il Consiglio si sentisse minacciato non esiterebbe ad uccidere ogni mutaforma che gli si presenti davanti, non basterà più che si nascondano, per loro non dovranno più esistere >> Le spiegò Dante.
<< No, non lo farebbero >> Tamira era inorridita dalle parole dell’amico, anche i loro genitori facevano parte del consiglio! Come poteva pensare che fossero in grado di fare una cosa del genere?
<< Eccome se lo farebbero, l’ho visto, durante uno dei miei viaggi spaziotemporali, ho visto la rivolta di Liverpool >> Confessò Dante.
I due ragazzi trattennero il respiro, non si doveva parlare della rivolta di Liverpool, era severamente vietato, se li avessero sentiti avrebbero passato non pochi guai.
<< Ce n’erano a migliaia, migliaia di mutaforma, lottavano per i propri diritti urlando per le strade, ma i nostri soldati erano milioni e non hanno esitato, non si sono fermati a pensare neanche un attimo a quello che stavano facendo. Li hanno massacrati, tutti. Anche i bambini >> Raccontò Dante, sentendo la rabbia scorrergli nelle vene.
Gli occhi di Tamira diventarono umidi.
Will abbassò la testa vergognandosi di quello che i suoi predecessori avevano fatto.
<< Non possiamo dirlo al Consiglio >> Disse Dante.

 Era calata la sera, l’aria era gelida, Dante avrebbe descritto la sensazione alla nuca come tanti piccoli aghi che gli perforavano la pelle, il che era abbastanza in tema con il posto dove si stava dirigendo: un vicolo vicino ad uno studio di tatuaggi.
Trovò il posto in meno di dieci minuti. Un muro d’asfalto tra due edifici si fa notare, da chi era in grado di vederlo almeno.
Dante toccò la parete, era solida e spessa, robusta, decisamente opera di Tamira. Controllò a terra, ma niente faceva pensare al passaggio del mutaforma. Se non avesse lasciato tracce? Era possibile? Creto che era possibile! Ma non poteva tornare a Buckingham Palace a mani vuote, era la sua prima missione e aveva lottato con le unghie e con i denti per ottenerla. No, non se ne sarebbe andato a mani vuote.
Continuò a cercare nei dintorni per una ventina di minuti, stando attento a qualsiasi suono, a qualsiasi odore o cambiamento di temperatura alla disperata ricerca di una traccia, purtroppo non trovò niente. Frustrato e arrabbiato, Dante diede un pugno alla parete d’asfalto, sbucciandosi le nocche, ora dipinte di un rosso cremisi.
<< Dannazione! >> Commentò.
Decise di farsi un giro per quelle stradine, cercando di schiarirsi le idee, aveva la mente offuscata dalla frustrazione, in quello stato non avrebbe concluso niente.

 Jane e Lucas uscirono dal Caffè, i dipendenti li avevano praticamente cacciati e avevano ragione dato che stavano chiudendo.
<< Ci vediamo a scuola >> La salutò Lucas abbracciandola.
<< A domani >> Gli disse lei sciogliendo l’abbraccio.
<< Sei sicura che non vuoi che ti accompagni a casa? >> Le chiese per l’ennesima volta Lucas.
<< Sicura, casa mia è qui dietro, ci metto un attiamo >> Gli rispose alzando gli occhi al cielo, anche se era intenerita dal suo atteggiamento.
<< D’accordo, d’accordo, allora a domani >> Le disse, per poi allontanarsi.
<< Ricorda di riportarmi gli appunti di letteratura! >> Gli urlò lei quando fu a qualche metro di distanza.
<< Contaci >> Le rispose prima di svoltare l’angolo.
<< Tanto lo so che te li dimenticherai >> Disse tra sé e sé.
Jane si girò percorrendo la strada di ritorno, ma rimase impietrita quando i suoi occhi incrociarono la figura del ragazzo biondo dall’altra parte della strada, lo stesso che nel primo pomeriggio era svanito nel nulla.

No, no, no! Non di nuovo!
Il ragazzo diede un pugno al muro d’asfalto. Jane sussultò, istintivamente si nascose dietro una quercia. Com’era finita in quella situazione?
Prese un respiro profondo per poi tornare a guardarlo. Stava osservando la parete, sembrava arrabbiato, si mise le mani in tasca e si allontanò percorrendo la salita.

Lui vede la parete! Lui ha cambiato il suo aspetto e poi è sparito nel nulla! Potrebbe essere l’unico ad avere delle risposte. Pensò.
Sapeva che era una pessima idea, sapeva che poteva essere pericoloso, ma prima che se ne accorgesse i suoi piedi iniziarono a muoversi e si ritrovò a seguirlo.

   
 
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