Buongiorno a tutti.
Da quanto tempo? Tanto!
Devo scusarmi con tutti coloro che seguono la storia,
purtroppo avevo accantonato questo ultimo capitolo, ma finalmente ho
avuto il tempo per risistemarlo e pubblicarlo.
Prima di lasciarvi alla lettura, ci tengo a precisare
che è presente un salto temporale: le vicende trattate nel
testo che
leggerete, si collocano dopo il capitolo 70 del manga, per tal motivo
sconsiglio a tutti coloro che non seguono con regolarità
Hajima di
non proseguire la lettura per non cadere nello
“Spoiler”.
Un abbraccio
spero di sentirvi
Mistiy
Nulla è finito per sempre
Ti ho visto.
Era
una notte limpida, priva di nubi, le stelle brillavano alte assieme
alla luna.
Tu volavi utilizzando il 3D, l'arpione si conficcava
tra le mura degli edifici e agile come un'aquila volavi, a volte
appoggiavi i piedi sui tetti per prendere la rincorsa ed innalzarti
sempre più in alto. Io ti stavo dietro tenendo gli occhi
fissi sullo
stemma stampato sul tuo mantello, le ali della libertà.
Quella notte
ti calzavano a pennello dato che non riuscivo starti dietro.
Da
quando in qua sei diventato così veloce? Diamine, mi avevi
fatto
venire il fiato corto, lo sai?! Nonostante ciò riuscii a non
perderti di vista, persino quando voltasti il capo mostrandomi una
parte del tuo viso, sorridesti.
<< Che cavolo ridi?! >>
rabbiosa urlai, ma non ridevi di me. Eri semplicemente contento di
sentire l'aria scompigliare i riccioli, d'andare
controvento.
Continuammo a rincorrere la luna poiché stava sul
nostro orizzonte, alta e luminosa come non era mai stata.
Appoggiammo
i piedi sulle tegole d'un edificio e mi bastò un'occhiata
fugace per
capire che non potevamo proseguire: dinnanzi a noi c'era una pianura,
una infinita valle erbosa priva di alberi e mura. Il 3D era divenuto
inutilizzabile perciò era giunto il momento di voltarci e
ripercorrere il tragitto intrapreso, ma tu non condividevi la mia
idea perchè ti vidi correre. Quando capii che volevi
gettarti nella
valle gridai << fermati >>
Non
ubbidisti, anzi …
<<
Pazzo! >> sbraitai.
Quando
giungesti alla fine delle tegole, saltasti in alto, azionasti il gas,
un'altra spinta in alto e ti guardai con terrore, osservai sapendo
che ti saresti sfracellato contro il suolo ed io corsi già
pronta a
soccorrerti ma non avevi bisogno del mio aiuto.
Non
sei caduto, anzi ti innalzavi verso l'alto, sempre di più.
Volevi
raggiungere la luna e il 3D non ti serviva più, ci pensava
il vento
a sospingerti con leggerezza verso il cielo. Incredula ti guardai
svolazzare in aria come un fazzoletto di carta. Ti muovevi un po' a
destra, poi a sinistra ma sempre verso l'alto verso quella luna
luminosa. Ridevi, diavolo se ridevi! Gioiosa come quella di un
bambino privo di pensieri la tua risata echeggiava nella notte. Non
resistetti, persino io risi anche se tu t'allontanavi sempre di
più
Mi sveglia che era giorno e tu non c'eri.
Se
devo essere sincera ti ho visto altre volte.
Due
giorni fa mentre camminavo nel paese.
Ti
ho visto in armatura camminare assieme a un nostro compagno d'armi.
Il mio respiro si bloccò in gola, poi ti focalizzai per
comprendere
che non eri tu. Era un ragazzo qualsiasi con i capelli ricci, ma non
eri tu.
Un
altro giorno ti vidi dinnanzi alla vetrina d'una bottega, un altro
ancora ti trovai di spalle rivolto verso una bella ragazza, poi in
una locanda ma non eri mai tu. Il motivo è ovvio, sei morto
due
settimane fa. Ero persino presente al funerale.
Mia
madre diceva spesso: “ Nulla è finito per
sempre”.
I
contesti in cui diceva tal frase non lo rimembro, eppure solo oggi a
distanza di anni sono entrata in empatia con tal affermazione.
Nulla
è finito per sempre.
Anche
se tu sei morto, continuerai a riapparire all'improvviso strappandomi
il respiro e il cuore. Anche se sei cenere ritornerai a farmi
compagnia durante la notte, t'intrufolerai nei miei sogni senza
neppure chiedere il permesso. Non c'è niente da fare, sei
nel mio
animus e non te ne andrai con facilità.
Colta
da un brivido di freddo causato dal vento, appoggiò la
penna, si
voltò per guardare oltre la finestra un cielo cerino. Le
nubi scure
racchiudevano acqua che non voleva scendere verso terra, eppure il
temporale era vicino. Lo sentiva nell'odore del vento che correva
lungo gli alberi, l'erba, le case, fino ad arrivare nella sua stanza
per scuotere le tende e i capelli.
Un
sorriso amaro apparve sulle sue labbra perché le pareva di
vedere in
quel cielo il riflesso dei suoi occhi. Non aveva pianto per la morte
di Trevis, l'intenzione c'era eppure non ci riusciva. Ogni volta che
sentiva gli occhi pizzicare, non riusciva a versare quelle
stramaledette lacrime liberatorie che forse l'avrebbero fatta sentire
un poco leggera.
“ leggera?!”
il pensiero scatenò una risata sgradevole.
L'unica
volta in cui si era sentita leggera era quando imitava le aquile,
quando volava con 3D al fianco dell'amico. Entrambe le cose non
c'erano più.
Toccò
la gamba ingessata, il suo secondo motivo per piangere. Era diventata
una storpia in così poche ore che ancora non riusciva
capacitarsene.
Non riusciva a convincersi del fatto che la sua vita era cambiata
radicalmente.
Il
suo posto non era più tra i combattenti, neppure sotto terra
tra i
malfamati, allora dove stava?
Levi
s'era premurato d'offrirle un appartamento in affitto situato in una
campagna del Wall Sinea. Era un luogo pacifico, l'attività
principale dei cittadini del paese era l'agricoltura. Stava bene,
eppure sapeva di non poter stare lì per sempre. Non poteva
dipendere
per sempre dall'arbitrio di un uomo.
Riprese la penna in mano per proseguire la scrittura.
Nulla
è finito per sempre eppure io devo dirti addio, anche se non
sarà
difficile, ci devo provare, per andare avanti per realizzare il fatto
che non sarai più con me in carne ed ossa. Vivrai nei miei
ricordi,
nelle cose circostanti, nella mia anima ma non sarai più al
mio
fianco ad aiutarmi.
Prima
di salutarti, voglio dirti come sta proseguendo la mia vita. Mi sento
in dovere di raccontartelo dato che sei stato tu a salvarmi.
Al
momento vivo qui, in un piccolo paese rurale situato tra le mura
Sinea.
È
un luogo tranquillo composto da piccole case e fattorie. È
stato
Levi a procurarmi questo alloggio provvisorio, difatti la casa
appartiene a un vecchio signore proprietario d'una fattoria a tre km
da qui.
Levi
è mio padre,assurdo! L'ho sempre visto sul suo cavallo,
negli uffici
della legione a comandare tutti i sottoposti con quell'aria
perennemente imbronciata ed ora scopro che un uomo del genere
è mio
padre. Ed io che pensavo d'essere nata da una carogna!
Non
so cosa pensare di Levi, onestamente non ho neppure avuto modo di
parlare con lui. Il giorno dopo in cui è venuto a tirarmi
fuori
dalla città sotterranea, mi ha portato in questo luogo poi
non l'ho
più visto. Forse non vuole avere a che fare con me e come
posso
biasimarlo?! L'ho minacciato, gli ho detto che l'avrei ucciso se si
fosse presentato durante la mia adolescenza! Ahaha …
Non
so se voglio ampliare il mio rapporto con lui poiché non mi
pare
quel tipo di persona affettuosa incline ad entrare in empatia con un
altro individuo, eppure pare essere l'unica persona che mi sta
aiutando. Levi potrebbe essere l'ultima persona che vuole avere a che
fare con me.
Basta
divagare, questa è l'ultima volta che ti scrivo, cosa
sarà della
mia vita .. non ne ho idea, ma il momento è giunto Trevis.
Ti
ringrazio per essere stato al mio fianco in tutti questi anni, d'aver
sopportato il mio carattere aggressivo, d'aver ignorato i miei
costanti insulti perché tu eri bravo a guardare le persone.
Eri un
ottimo interprete perché tra i miei insulti sprezzanti,
riuscivi a
scorgere il mio amore per te.
Avevi
ragione, ti voglio tanto bene. Te ne vorrò per sempre.
Conoscerti
è stato un toccasana per il mio spirito.
Ti
abbraccio forte per poi lasciarti andare.
Addio
Un
rombo assordante.
Un
flash squarciò il cielo nuvoloso.
Il
diluvio cominciò
.***.
Piano
lasciò chiudere la porta dietro di sé.
Era
notte fonda e Levi decise di compiere lentamente i passi, non sapeva
se Lysa dormiva, ma non c'era alcuna fonte di luce perciò
decise di
procedere con cautela.
Afferrò
il lume posto sul tavolo della cucina, con un fiammifero l'accese.
Con
cipiglio guardò l'ambiente circostante: era il caos totale:
ndividuò
una pila di stoviglie nel lavello, armadietti aperti, giornali
cartacei ammassati sul tavolo, qualche vestito buttato sulle sedie.
Un
caos del genere non era ammissibile, anzi era intollerabile secondo
gli standard di Levi. Se non fosse stato così stanco avrebbe
pulito
ma per la prima volta l'idea di cimentarsi nelle faccende casalinghe,
non lo allettava affatto. La testa faceva male come i suoi muscoli,
troppe cose erano capitate in quei giorni, per l'umanità,
per la
legione esplorativa, per se stesso. Dopo anni aveva incontrato Kenny,
l'uomo che credeva suo padre.
Nei
suoi ultimi attimi di vita aveva smentito tale credenza
dichiarandogli che era solamente suo zio. Inizialmente s'era sentito
sollevato, Kenny era un uomo spregevole e il fatto di non derivare
direttamente da lui l'aveva rincuorato.
Kenny
era solamente suo zio, non aveva alcun obbligo morale nel stare al
suo fianco, anzi aveva fatto già troppo insegnandogli
a stare
al mondo.
“ Sarò il figlio di chissà quale puttaniere” pensò fra se e sé ben sapendo che non l'avrebbe mai saputo. In fondo era giusto così, che la sua curiosità non sarebbe mai stata accontentata. Sapeva già che il padre biologico sarebbe stato un cittadino della città sotterranea, perciò una gigantesca delusione. Non ci voleva neppure pensare, voleva solamente vedere Lysa. Intraprese il corridoio in punta di piedi, non continuò in avanti verso il bagno. Si bloccò per aprire con lentezza la porta socchiusa, fu colto da una folata di vento. Pose in avanti la candela, vide la ragazza giacere sul letto, sdraiata sul fianco sul letto. S'affretto per chiudere la finestra sbarrata. Un vento gelido era giunto per rompere il clima primaverile. Non diede della screanzata alla ragazza per essersi addormentata in quel gelo, neppure per non aver mantenuto in uno stato decente l'appartamento, anche la camera come la cucina era immerso nel disordine. Lysa doveva riprendersi doveva adeguarsi alla nuova situazione, come poteva fare qualcosa con quel gesso invadente?
“ Domani pulirò da cima a fondo la casa, poi assumerò una domestica”
Si
accomodò sull'orlo del materasso rivolgendosi verso la
ragazza.
Sotto la tremolante luce della candela vedeva mezzo volto, la parte
mancante sprofondava nel cuscino. Avvicinò di poco la
candela e da
quel poco che riusciva ad avvistare, lei pareva star bene: respirava,
non c'erano tracce di sangue, lo zigomo sotto la luce non era
incavato. Non aveva altri indicatori per valutare lo stato di salute
della giovane dato che stava raggomitolata su se stessa.
Levi
non la svegliò, non le pareva giusto disturbarla per saziare
la sua
curiosità.
Era
stanco e voleva dimenticare il volto bruciato di Kenny. Voleva
chiudere gli occhi per qualche minuto così pose la candela
sul
comodino. Veloce sfilò gli stivali per sdraiarsi sulla
schiena. Il
letto matrimoniale era abbastanza grande, se ne sarebbe stato
lì
qualche minuto per poi ritornare negli alloggi della legione.
La
luce del lume danzava creando ombre sulle pelli.
Due
corpi scoperti dalle lenzuola giacevano sul materasso.
Lei
appoggiava il volto sul suo petto, il braccio cingeva la vita del
ragazzo. La gamba s'intrecciava alla sua.
Levi
la stringeva a sé, non stavano stretti con la paura di
perdersi, ma
con l'obbiettivo di scaldarsi, per ingannare l'umidità
gelida
presente nel sottosuolo, per ingannare la solitudine perpetua che li
avrebbe colti una volta separatesi.
Erika
decise d'interrompere quel silenzio
<<
Nulla e finito per sempre, lo sai? >> sussurrò
ma Levi non
rispose, non osò rispondere con cinismo a quella frase
romantica. Si
limitò a stringerla più forte a sé
Si
svegliò. Aprì e chiuse più d'una volta
le palpebre infastidito da
un raggio di luce.
Aveva
sognato Erika eppure le pareva d'aver vissuto in passato
quell'episodio assieme a lei, ma non ne era certo ... era passato
trascorso troppo tempo.
Alzò
il busto ponendo una mano sullo sguardo per non rimanere accecato
dalla luce.
Guardò
in basso per accorgersi che Lysa non era sul letto.
Scese
di fretta dal materasso, nella stanza non c'era. Entrò nel
corridoio
per capire che non era situata nel bagno dato che la porta era
spalancata. Qualche passo per accertarsi che non stava neppure in
cucina.
Lysa
pareva essere sparita e fu colto dalla paura di non rivederla mai
più.
Decise
di non pensare al peggio così infilò gli stivali
per uscire dalla
casa. Non poteva scappare, la giovane doveva rimettersi in forma,
doveva acquisire nuove capacità intellettuali per colmare
l'incapacità fisica per crearsi un futuro, per poter essere
un
giorno autosufficiente e rispettata. Lui sarebbe stato sempre al suo
fianco, seppure silente sarebbe stato lì sempre pronto a
porgerle la
mano nei momenti opportuni. Non poteva essere un buon padre ma poteva
pur sempre porgerle aiuti di indole materiale: soldi, una casa, cure
mediche … avrebbe avuto tutto!
Camminò
tra i pochi passanti.
Levi
li squadrava da capo a piedi alla sua ricerca, orientava lo sguardo
verso i vasti campi verdi senza vederla. Accelerò il passo e
finalmente poté fermarsi; stava a qualche metro dalla
strada, seduta
tra le spine di grano guardava il cielo tappezzato da qualche
stralcio di nuvola bianca.
Piano
la raggiunse per sedersi sulle spighe al suo fianco.
Lei
non emanò alcuna parola così di sottecchi
sbirciò il suo volto
osservando il suo profilo caratterizzato da quel naso
all'insù. Lei
continuava a guardare verso l'alto, come se lui non ci fosse, decise
di seguire la traiettoria del suo sguardo per capire cosa vedeva in
quel cielo.
“
Nulla
è finito per sempre” ripeté
mentalmente Levi la frase detta
da Erika. Lei non esisteva più, eppure aveva messo al mondo
qualcuno
che protraeva la sua esistenza cessata ingiustamente anni fa, nel
silenzio della città sotterranea. Lysa era l'ereditaria del
sogno di
Erika, quello di vivere sotto la luce del sole, senza doversi
nascondere come una carogna.
La
faglia era il prolungamento dell'essenza di Erika, per tale motivo
Levi si sarebbe presa cura di lei.
<<
Lysa >> la chiamò e finalmente la ragazza
distolse lo sguardo
dall'alto per porlo su Levi.
<<
Cosa ne pensi del cognome Ackerman? >>
<<
Penso che non sia un brutto cognome. >> disse lei in
fretta.
Sorrise,
la sua schiettezza era così sincera da sembrargli
inverosimile.
<<
Allora dobbiamo andare entrambi all'ufficio anagrafe. Sei d'accordo?
>>
Pensò
qualche secondo per poi affermare << sono d'accordo
>>.
Levi
si alzò in piedi, prese la mano della ragazza pronto per
aiutarla,
per accompagnarla ovunque.
Fine