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Autore: shiningreeneyes    18/01/2018    1 recensioni
Sequel di It Beats For Two.
Note traduttrice: la storia non è mia, è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
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CAPITOLO 3

Fede

Coming Home - Diddy- Dirty Money

 

 

 

Mercoledì, 17 Marzo

 

 

Era tarda notte, verso mezzanotte se non avevo completamente perso la cognizione del tempo, ed ero sdraiato sul prato, a pochi metri dalla piscina, mentre guardavo il cielo. L'unica fonte di luce erano le lampade del soggiorno, dove Harry era seduto sul divano con il suo portatile, occupato con qualche lavoro, ma le luci erano lontane perciò tutto intorno a me era piuttosto buio. Il cielo era limpido e le stelle erano facili da vedere, soprattutto se paragonate all'Inghilterra. Pensai che se un giorno ne avessi avuto l'opportunità, mi sarebbe piaciuta una casa in campagna dove potessi guardare le stelle durante l'estate ogni volta che ne avessi avuto voglia. I grilli sull'erba e sulle palme erano l'unica cosa che disturbavano il silenzio, e si, quello era un bel tipo di silenzio, il tipo di silenzio che avevo sempre apprezzato. Sebbene l'aria fosse ancora un po' umida, la temperatura era più vivibile la notte, essendoci circa venti gradi, e indossavo un paio di pantaloni della tuta e una maglietta.

 

"Sembri stranamente soddisfatto." Non avevo sentito Harry avvicinarsi, ma ora era proprio accanto a me, sorridendo ironicamente. "Ti godi un po' di tempo libero?" aggiunse mentre si adagiava sulla coperta accanto a me.

 

"No, solo un po' di tranquillità," dissi, i miei occhi tornarono a guardare il cielo.

 

"Vuoi che ti lasci in pace?"

 

"No, va bene," dissi, "finito con il lavoro?"

 

"È mezzanotte passata," mormorò, "non mi importa se ho finito o meno, non faccio le cose legate al lavoro dopo la mezzanotte."

 

"Lo fai sempre," sottolineai. 

 

"Si, beh, sto cercando di creare delle nuove regole per me stesso." Si fermò per un momento. "Il motivo per cui abbiamo iniziato ad allontanarci è perché stavo lavorando troppo, quindi credo che focalizzare la mia attenzione su altre cose non sarebbe affatto male. Giusto?"

 

"No." Chinai la testa di lato e lo guardai con un lieve sorriso. "Non sarebbe male. Ridurrai un po' anche le ore che trascorri in ufficio?"

 

Annuì. "Stavo pensando che lavorerò solo due sabati al mese, e tornerò a casa in tempo per cena tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Suona bene?"

 

"Sembra davvero fantastico, in realtà," dissi, sorridendogli con gratitudine, "e penso che anche Aidan lo apprezzerebbe."

 

Nei suoi occhi apparve una sfumatura di sorpresa. "Come mai?"

 

"Sai com'è," dissi calmo, "anche se qualcosa non va, o se qualcosa lo disturba, non lo dirà mai, ma è anche estremamente ovvio a riguardo." Feci un sorriso triste. "Si arrabbia ogni volta che chiami per dire che non torni a casa per cena, è facile da capire. So che sta crescendo, ma voi due andavate a giocare a calcio e a sistemare le cose nella macchina e tutte quelle cose da ragazzi, ed è possibile che io sia completamente fuori strada, ma credo che voglia che ti ricordi che anche se tra un anno e mezzo andrà all'università, lui è ancora tuo figlio, è ancora giovane, e ci sono ancora delle cose che vuole imparare da te e delle cose di cui vuole parlarti prima che si trasferisca."

 

Ci fu silenzio per qualche istante, i suoi occhi puntati verso il cielo e le mani incrociate sul petto. "Come ho detto, dovresti diventare uno psichiatra," disse poi. Con un sospiro, mi guardò. "Pensi che sia per questo che è stato così scontroso con me ultimamente? Perché è arrabbiato con me?"

 

"Non credo che sia arrabbiato con te," dissi, "penso che gli manchi e non sa come dirtelo."

 

"Si. Credo abbia preso quel tratto da me."

 

"Cosa, essere incerto su come esprimere i sentimenti?" Scoppiai in una risata forte, "Forse, si."

 

"Sono abbastanza sicuro che abbia preso da te il fatto di non voler condividere i tuoi problemi, però," ribatté lui.

 

Risi di nuovo. "Povero ragazzo. Ha avuto il peggio da entrambi."

 

"Non è poi così male," disse con una leggera scrollata di spalle, "è intelligente da far schifo quando si tratta di libri; sicuramente quello non l'ha preso da me."

 

"Neanche da me. Sono certo che sia una sua caratteristica. Non so se l'hai notato, ma ha un sacco di libri e credo che abbiamo letto ognuno di loro almeno due volte."

 

"Mm, si. Probabilmente gli dovrò comprare un'altra libreria, sta iniziando ad impilarli in terra contro le pareti."

 

"Fallo quando torneremo e portalo con te," suggerii, "o forse dovreste costruirla da zero insieme, fare una cosa padre-figlio."

 

Emise un suono di approvazione. "Credo di poterlo fare. Ho la sensazione che mi dirà di andare a quel paese."

 

"Non lo farà, sarà felice che vuoi fare qualcosa con lui."

 

"Si. Può essere."

 

Una leggera brezza aveva iniziato a giocare con i miei capelli, e quando guardai il cielo, notai che le nuvole stavano iniziando a comparire. Ciò significava che sarebbe diventato ancora più umido (avrei voluto piangere al pensiero), o che avrebbe iniziato a piovere (quel pensiero mi fece venir voglia di ballare con gioia).

 

"Lou?" disse Harry dopo un minuto o due di silenzio.

 

Sbattei le palpebre. "Si?"

 

"Posso... posso chiederti una cosa?" disse esitante, "è un po'... beh, non lo so, forse offensivo, ma ho solo bisogno di sapere."

 

Un piccolo nodo di paura si insinuò nel mio petto, ma io annuii comunque. "Vai."

 

Rotolò su un fianco e si appoggiò su un gomito. Strinse le labbra, sembrando pensare a come esprimere qualunque cosa volesse chiedermi, e poi si schiarì la voce. "Mi stavo solo chiedendo da- beh, da un anno, in realtà, perché noi... noi non- voglio dire, non stiamo insieme da un po'."

 

Mi accigliai, non capendo cosa stesse dicendo, eravamo insieme, no? Poi notai il modo significativo con cui mi guardava, e un perplesso, "Oh," uscì dalla mia bocca mentre la mia mentre faceva due più due. "Si, da un po'," dissi, "cosa riguardo a questo?"

 

"Mi stavo solo chiedendo se tu... se sei stato con qualcun altro," disse lentamente, mordendosi il labbro, chiaramente ansioso di sentire la risposta. "Puoi essere onesto, non andrò fuori di testa se l'hai fatto," aggiunse lui.

 

Sorrisi debolmente e scossi la testa. "Non l'ho fatto. Nemmeno una volta."

 

"Ci hai mai pensato almeno?"

 

Scossi di nuovo la testa, abbassando gli occhi per un momento prima di rispondere piano. "No, io- volevo te, nessun'altro."

 

"Oh," disse, sembrando improvvisamente pieno di sensi di colpa.

 

Il mio cuore cedette, così come la mia faccia, e dovetti schiarirmi la gola prima chiedere, "Tu?"

 

Fece una smorfia e si spostò un po'. "Non proprio," disse, "Io- io... ho baciato una donna con cui lavoro mesi fa, ma è finita come è iniziata. Lo prometto."

 

Una donna. Era quello che mi aveva bloccato. Non che avesse baciato qualcun altro, ma che fosse una donna. Mi dava una sensazione di inquietudine nello stomaco, e in non più di una frazione di secondo, i pensieri sul non essere adeguato mi entrarono in mente. "Okay," fu tutto ciò che dissi. 

 

"Okay? È tutto ciò che hai da dire?" chiese lui, perplesso.

 

"Cosa vuoi che dica?"

 

"Non lo so, io- non sei arrabbiato?" disse, accigliandosi. 

 

"No, io..." mi interruppi, serrai la mascella e decisi di buttarmi per una volta, "non sono arrabbiato, ma ho paura."

 

"Paura?" ripeté interrogativamente, "Per cosa? Per lei? Non c'è niente tra noi, Lou, è stata una volta e-"

 

"No, non per lei in particolare," lo interruppi, "ma perché- perché era una donna."

 

"Cosa?" disse sconcertato, "avresti preferito che fosse stato un uomo?"

 

"In realtà, si," dissi con una piccola risata forzata.

 

"Ma perché?"

 

Sospirai, infilandomi le dita tra i capelli, alzando lo sguardo al cielo. "Perché ho paura che un giorno ti svegli e capisci che hai mentito a te stesso in tutti questi anni, e che quello che vuoi veramente è una donna, non un uomo," dissi, la mia voce lenta e ferma.

 

"Quello che voglio è qualcuno con cui essere felice," disse esasperato, "non mi importa se è uomo o donna."

 

"Lo so," dissi sottovoce, "me l'hai detto tante volte, ma è... è difficile togliersi il dubbio."

 

"Mi dispiace," disse mentre si adagiò sulla schiena.

 

"Per cosa?" chiesi.

 

"Per averti raccontato di lei."

 

"No, sono contento che tu l'abbia fatto," dissi, trascinando il pollice sul dorso della sua mano, "tutte le carte in tavola, giusto?"

 

"Giusto," sorrise, "Quindi tu niente? Niente baci, niente sesso, niente?"

 

"Niente," confermai.

 

Qualcosa tra un sorriso e uno sguardo di compassione apparve sul suo viso, e chiese pensoso, "Quanto tempo è passato?"

 

"Tanto," dissi, "quasi due anni."

 

"Un lungo periodo passato a masturbarmi."

 

Le mie guance divennero rosse, ma roteai gli occhi per nasconderlo. "Non sei più un ragazzino, sono sicuro che tu stia bene," dissi.

 

"Certo," disse con una scrollata di spalle, "ma non significa che non ho i miei bisogni."

 

"Comprensibile, immagino," dissi con un leggero colpo di tosse, cercando di non lasciare che la mia immaginazione si allargasse troppo. Solo Dio sapeva quanto autocontrollo serviva.

 

"Scusa," disse sorridendo, "ti ha fatto sentire a disagio?"

 

"No, non a disagio," dissi velocemente, "è... è solo, beh, è passato un po' di tempo, tutto qui."

 

"Si. Penso che non ci baciamo da... non so, un anno? Di più?"

 

"Qualcosa del genere, si."

 

"È folle," affermò con le sopracciglia alzate.

 

"Un po' forse, si."

 

Sbatté le palpebre una volta, poi i suoi occhi indugiarono sulle mie labbra. Durò solo un quarto di secondo, ma notai che, a giudicare dal modo in cui mi guardava dritto negli occhi, sapeva che l'avessi visto. Quando si avvicinò a me, il mio battito cardiaco accelerò, e rispecchiai il suo movimento, le nostre labbra a un centimetro di distanza. Il mio naso sfiorò il suo, e una risatina mi sfuggì dalle labbra, ma quello fu tutto ciò che feci prima che, per la prima volta dopo un anno, due mesi e ventitré giorni, le sue labbra morbide toccarono le mie.

 

Per alcuni secondi restammo entrambi immobili, timorosi di rovinare qualcosa se ci fossimo mossi anche solo di un centimetro. Respirai lentamente attraverso il naso mentre spostai esitante la mano da sopra quella di Harry per sollevarla e cingergli il viso con leggerezza. Scivolò più vicino a me, e si sciolse al mio tocco, sentii la sua mano piegarsi intorno alla curva della mia vita.

 

Tutto cominciò con lui che premette le sue labbra più fermamente contro le mie. E continuò con le nostre lingue che danzavano l'una con l'altra mentre lasciavamo uscire gemiti soffocati. Harry si mise a cavalcioni su una delle mie gambe, mentre la sua coscia sfregava contro il mio cazzo duro. Finì con me a cavalcioni sul suo grembo, il suo membro nella mia mano, lui che ansimava sul mio collo, io che ansimavo tra i suoi capelli, mentre ci stringevamo l'un l'altro, venendo quasi simultaneamente con i nostri nomi tra le labbra.

 

Giovedì, 18 Marzo

 

Quando mi svegliai il mattino dopo, non ero nel letto che avevo iniziato a chiamare mio da un mese.

 

Aprendo gli occhi, la prima cosa che vidi fu Harry, profondamente addormentato accanto a me. La faccia verso la mia. Ogni volta che espirava, un lieve soffio d'aria lasciava la sua bocca, e non potei evitare un sorriso affettuoso. Allungando una mano, la posai con cura sul suo petto nudo, sentendo il suo cuore battere costantemente sotto le mie dita. Era rassicurante, in qualche modo. Mi diceva che era di nuovo lì, con me. 

 

Fu solo pochi minuti dopo che anche i suoi occhi si aprirono. Sembrava un po' sorpreso quando il suo sguardo si posò per la prima volta su di me, ma poi sorrise e disse, con voce stanca, "Buongiorno," seguito prontamente da uno sbadiglio. "Che ore sono?"

 

"Non ne ho idea," feci spallucce, "Importa?"

 

Allungando le braccia, inarcando la schiena, emise un suono di contentezza. "No, immagino di no," disse.

 

Ci fu silenzio per qualche istante. "Mi è mancato questo," dissi allora, sorridendo timidamente, "Svegliarmi accanto a te. In realtà, avere te con il viso dalla mia parte."

 

Sorrise, la pelle leggermente più scura sotto i suoi occhi si increspò. "Anche a me," disse, "sei carino da appena svegliato."

 

Sorrisi ed arrossii. "Allora, cosa vuoi fare oggi?"

 

Sospirò e scrollò le spalle. "Non lo so. Ho del lavoro da fare, ma a parte questo, niente di speciale. Solo uscire, stenderci al sole, andare in città a pranzo magari. Suona bene?"

 

Suonava bene. Il problema era che una volta che ci vestimmo, scendemmo le scale e guardammo fuori dalla finestra, vedemmo il cielo grigio e piovoso. Harry era piuttosto seccato, dicendo che gli piaceva il clima estivo, ma io ero al settimo cielo perché quello significava che potevo finalmente non sudare per un giorno. Sarebbe stato un bel cambiamento.

 

L'aria era ancora piacevolmente calda, ventitré erano i gradi che il termometro in cucina segnava, ma l'umidità era sparita, sostituita dalla sensazione fresca e pulita che solo un temporale estivo sapeva portare. Prendendo una coperta, uscii verso la parte del prato coperta dal un soffitto di plastica, e mi sedetti lì. Guardai verso la piscina, osservando come le gocce della pioggia facevano buchi sulla superficie.

 

Girai la testa un po' di lato e potei vedere Harry nel soggiorno, seduto sul divano con il portatile in grembo e un cipiglio concentrato sulla fronte. Il lavoro gli donava perché era ovvio che si divertiva. Non l'avrei mai capito. Mi piaceva molto il mio lavoro, ma nonostante ciò, era solo un lavoro, non qualcosa su cui avevo scelto di passare il mio tempo quando non era necessario. Harry poteva dire quello che voleva, ma sapevo benissimo che la metà delle volte che diceva 'devo lavorare' ciò che intendeva era 'voglio lavorare'. E mi andava bene, finché trovava un po' di tempo da trascorrere con me e Aidan. Non ne aveva trovato molto negli ultimi due anni, ma se fosse rimasto fedele alla sua parola, d'ora in poi l'avrebbe fatto. Il solo pensiero fece scomparire un po' la preoccupazione che avevo.

 

Harry alzò lo sguardo all'improvviso, il suo viso si illuminò in un sorriso quando i suoi occhi incontrarono i miei. Ricambiai il sorriso prima di voltare la testa per continuare a guardare la pioggia, che continuava a cadere in modo uniforme, rapidamente.

 

Continuò a piovere per il resto della giornata. A volte cadeva in una leggera pioggerellina che creava uno strato sottile e brillante sull'erba e sulle palme. Altre volte si riversava come se tutte le porte del paradiso fossero state aperte, liberando ciò che c'era all'interno senza pietà. Dopo che calò il buio, verso le 19, iniziò anche a tuonare. A quel punto mi spostai dentro e iniziai a preparare la cena mentre Harry sedeva sul bancone, dando ogni tanto un morso a dei pomodori che stavo tagliando e chiacchierando.

 

"Così si è seduto su una panchina," disse, non riuscendo a trattenere le risate, "e all'improvviso tutto- oh." Durante la sua eccitazione per la storia che stava raccontando (una storia su un uomo con cui aveva lavorato che apparentemente si era seduto su una panchina che era crollata proprio sopra al laghetto), aveva colpito la ciotola dell'insalata con le braccia, facendola cadere sul pavimento.

 

"Oh," ripetei seccamente.

 

"Scusa?" disse cercando di sorridere.

 

"Pulisci," comandai, "e poi fai una nuova insalata."

 

"Si, mamma."

 

"Pensavo che avessimo stabilito anni fa che non sarei stato chiamato mamma."

 

"Beh, si, ma a volte parli davvero come mia mamma, quindi non posso fermarmi."

 

Si guadagnò un leggero schiaffo sulla guancia per quello. "Fallo e basta, così possiamo iniziare a mangiare presto. Sono affamato."

 

"Quando hai mangiato l'ultima volta?" chiese corrugando la fronte, "per favore non dirmi a colazione, perché è stato ore-"

 

"Ho mangiato un panino alle 15 in punto, Harry," dissi, "non ho disturbi alimentari, okay?"

 

"Bene, scusa," disse alzando le mani, "sono solo preoccupato, tutto qui."

 

"So che lo sei," dissi gentilmente, "sei sempre stato preoccupato per la mia salute."

 

"Beh, non voglio che tu muoia," disse in tono difensivo.

 

"Non morirò," sbuffai.

 

"Bene."

 

Anche se gli ci vollero ben quindici minuti, visto che aveva insistito per affettare l'insalata singolarmente piuttosto che tutta insieme, finalmente finì e la ciotola fu messa sul tavolo insieme ad una pentola di pasta e un cesto di pane.

 

"Sai," dissi, "la prima volta che hai cucinato per me, hai fatto la pasta."

 

"Si?" chiese con la bocca piena di pane.

 

Annuii e dissi, "Si. Non ci conoscevamo molto bene, ma sono tornato a casa con te dopo l'appuntamento con la dottoressa e tu mi hai fatto la pasta. Carbonara, però, non qualsiasi cosa questo sia."

 

"Questa cosa ha un sapore incredibile," affermò.

 

"Grazie."

 

"Prego. Non ricordo davvero di averti mai fatto del cibo, però," disse corrugando le sopracciglia per la concentrazione, "sei sicuro che fossi io?"

 

"Chi altro?" chiesi retoricamente, "non avevo nessun altro con cui uscire, nessuno che sapesse del bambino almeno, e ricordo molto chiaramente che è successo dopo che sei stato con me dalla dottoressa."

 

"Oh." Sporse le labbra, apparentemente cercando di ricordare, ma poi scosse la testa, "Scusa, il ricordo non mi viene in mente."

 

"È stato secoli fa," dissi, "mi è solo venuto in mente perché, beh, stiamo mangiando la pasta ora."

 

 

Venerdì, 19 Marzo

 

Sembrava quasi che gli dei del tempo avessero deciso che dopo settimane e settimane di sole e umido, era il momento di una tempesta, perché la pioggia che aveva iniziato a cadere il giorno prima stava ancora cadendo quando ci svegliammo venerdì mattina (o pomeriggio, a seconda di come la vedevi). I tuoni si erano fermati, ma quando eravamo pronti per la cena, ricominciarono. 

 

"Perché tuona sempre alle 19 di sera?" chiese Harry curioso quando finì di mangiare, "voglio dire, se domani inizierà di nuovo alla stessa ora andrò a cercare dei segni premonitori per la casa."

 

"Segni premonitori di cosa?" chiesi.

 

Si strinse nelle spalle. "Non lo so. Cose brutte. Morte e malattia."

 

"Che bello," dissi secco, "non puoi invece cercare segni premonitori di qualcosa di carino?"

 

"Tipo cosa?"

 

"Non lo so. Ricchezza, amore e felicità?"

 

Ridacchiando, annuì. "Certo, vedrò se riesco a trovarne uno."

 

Una buona parte delle ore successive la passammo di fronte alla TV con una busta di patatine tra di noi, guardando più di un film. Forse era un po' noioso; un po' inutile direbbero alcuni, visto che eravamo lì in primo luogo per concentrarci l'uno sull'altro, ma no. Era bello. Stare sdraiati sul divano tutto il giorno, senza fare niente, era una cosa che facevamo sempre prima che nascessero dei problemi, specialmente quando Aidan era piccolo e ci stancava il più delle volte, quindi il fatto che lo stessimo facendo di nuovo era una cosa bella. 

 

La pioggia sembrava aumentare sia in termini di forza che di quantità, il ritmo si era un po' rallentato, e i tuoni sembravano essersi calmati. Potevano sentirsi ancora, ma almeno non facevano tremare il pavimento. 

 

"Penso che farò una nuotata ora," disse Harry all'improvviso.

 

"Una nuotata," ripetei, "Adesso? Con questo tempo?"

 

"Mhm," mormorò, "l'acqua è sempre molto più calda quando piove."

 

Lo guardai divertito. "Allora okay. Vai."

 

Si alzò in piedi e, senza ulteriori indugi, si tolse la maglietta e lasciò cadere i pantaloni della tuta sul pavimento. Mi schiarii la gola, piuttosto rumorosamente, prima di voltare di nuovo gli occhi verso la TV. Quello non fu di grande aiuto quando vidi con la coda dell'occhio che si tirò giù anche i boxer, lasciandolo completamente nudo a soli due metri da me.

 

"Dai, unisciti a me," disse.

 

"Penso che resterò qui," dissi, schiarendomi di nuovo la gola, "non sono un fan di... delle sessioni di nuoto notturne durante una tempesta."

 

"Non è una tempesta, è solo un po' di pioggia e qualche tuono," disse, "andiamo."

 

"È pericoloso stare in acqua mentre tuona," protestai, "se il fulmine tocca l'acqua, verremmo folgo-"

 

"Il fulmine non ci toccherà," disse alzando gli occhi al cielo.

 

"Ma io davvero non-"

 

"Lou, dai," disse con un piccolo broncio, "vieni a fare una nuotatina con me."

 

Passai altri dieci minuti a protestare e a lamentarmi, ma alla fine mi tolsi i vestiti e mi trascinai fuori.

 

"Si gela," sibilai, avvolgendo le mie braccia attorno al mio corpo mentre camminavo verso la piscina. 

 

"Na, ti senti così solo perché siamo nudi," rispose con facilità, "migliorerà una volta che entri in acqua."

 

Fui estremamente grato quando scoprii che aveva ragione. L'acqua della piscina era calda, scorreva intorno a me come un velo. Era la prima volta nella mia vita che stavo nuotando nudo, e non ero sicuro se mi piacesse o no. Da un lato era bello non essere costretto da nessun vestito, muoversi semplicemente liberamente, ma allo stesso tempo tutto ciò che c'era sotto era... penzolante, e piuttosto scomodo.

 

Nuotai verso il muro sul lato poco profondo, mi lasciai cadere in modo che le mie ginocchia fossero leggermente piegate e l'acqua raggiungesse il livello sufficiente a coprirmi i capezzoli.  Harry si unì a me un momento dopo, mettendosi proprio di fronte a me. Rimasi in piedi, e più o meno tutta la parte superiore del suo corpo era in mostra. Le uniche luci accese erano quello attaccate alle pareti sott'acqua, ed emanavano una luce soffusa, facendo apparire Harry come se fosse disegnato con il carboncino. Era una bella vista. 

 

"Non è poi così male, vero?" chiese.

 

Sorrisi. "No, è okay," dissi, "e avevi ragione, l'acqua sembra più calda quando piove."

 

Mentre spostò alcune ciocche bagnate che gli erano rimaste attaccate alla fronte, fece un paio di passi più vicino a me, posando i piedi al lato dei miei, e appoggiò le mani sul muro, incastrando il mio corpo. 

 

Sbattei le palpebre con le ciglia bagnate, facendo una smorfia quando mi cadde della pioggia sugli occhi. "Ciao."

 

"Ciao," rispose lui, sorridendo.

 

Mi misi dritto, alzai le mani e le misi sulla sua vita, facendo un tentativo sottile per avvicinarlo di più. A giudicare dal sorriso che mi mandò, non ero stato molto sottile.

 

"Voglio davvero baciarti," dissi, perché, beh, se non ero stato molto sottile, non c'era motivo di continuare a recitare la parte.

 

"Mm, voglio davvero baciarti anche io," mormorò lui mentre accorciava la distanza rimanente tra i nostri corpi, premendosi contro di me con ogni centimetro di pelle liscia, umida e calda. Le sue mani arrivarono alla mia schiena, e le fece scorrere su e giù, prima di di farle scendere del tutto. Non mise molta pressione nel tocco, ancora testando le acque (scusate il gioco di parole), ma era così bello, e risposi incurvando leggermente la schiena, facendogli capire che andava bene, che gli era permesso fare ciò che voleva.

 

E lo fece.

 

Premette le dita nella pelle morbida del mio sedere, si chinò e catturò le mie labbra con un bacio quasi violento. Tutto ciò che potevo fare era rispondere in maniera simile stringendo forte la sua vita e accettando la pressione insistente della sua lingua contro la linea delle mie labbra. Non era uno scambio delicato di affetto, ma era comunque uno scambio di affetto, uno di quelli che mi faceva sentire bene, un po' disperato, stranamente estraneo e che avevo aspettato a lungo.

 

Le sue dita si spostarono ulteriormente per allargare le mie natiche, e la mia reazione istintiva fu quella di saltare su e avvolgere le mie gambe intorno alla sua vita. Mi afferrò facilmente e, mentre riprendemmo quello che si poteva definire a malapena un bacio, continuò a far scorrere una mano su e giù nella fessura mentre usava l'altra per sostenere il mio peso nell'acqua.

 

Mi sentivo senza peso, in un certo senso. Non solo per l'acqua che scorreva dolcemente intorno alle mie gambe e per la pioggia che ricopriva me ed Harry, ma anche a causa dei miei sensi che stavano salendo alle stelle, portandomi ad altezze sconosciute ad ogni movimento e ad ogni tocco. Era passato tanto tempo, così tanto tempo passato a chiedermi se sarei mai stato di nuovo così, ma lo ero in quel momento, e volevo ridere e piangere allo stesso tempo, non riuscivo ad esprimere come mi sentissi.

 

Mentre strusciavo i fianchi contro il suo stomaco, cercando una sorta di frizione per il mio cazzo, feci del mio meglio per spingere il mio sedere contro la sua mano, volendo le sue dita più affondo nonostante sapessi molto bene che non sarebbe successo. Non così. Il suo respiro diventava sempre più forzato ogni secondo che passava, e alla fine le sue labbra si staccarono dalle mie con un gemito. 

 

"Cazzo, cazzo, cazzo," ansimò, caldi sbuffi di aria colpivano ripetutamente il mio mento, facendomi mugolare piuttosto pateticamente e facendomi stringere le gambe. Prima di sapere cosa stavo facendo, Harry aveva tolto la mia mano, mi aveva sollevato più in alto sulla sua vita, aveva afferrato il suo membro e lo aveva guidato in modo che la punta scivolasse proprio sulla mia entrata.

 

Gridai e affondai le unghie nella sua pelle prima di piagnucolare. "Non possiamo. Non ho portato niente."

 

"Neanche io. Ma posso uscire in tempo," gemette. Stava roteando i fianchi in brevi, lenti movimenti, facendo si che la sua erezione spingesse nel mio ingresso ogni secondo, e mi sentivo quasi male per quanto lo volessi dentro di me.

 

"È passato troppo tempo," dissi senza fiato mentre scuotevo la testa il meglio che potevo, "ho bisogno di lubrificante."

 

Stringendo saldamente il mio sedere con entrambe le mani, spinse entrambi incredibilmente vicini. I miei occhi rotearono e le mie palpebre svolazzarono quando il suo membro scivolo indietro, poi avanti, di nuovo su, mentre iniziava a spingere, come se mi stesse scopando.

 

"Ti voglio così tanto," sussurrai disperatamente, cercando di concentrarmi sul non crollare completamente.

 

"Dobbiamo aspettare," rispose lui senza fiato, "questo è tutto ciò che possiamo fare per ora."

 

Seguirono tocchi, carezze, baci, palpate, morsi e leccate, e non passò molto tempo prima che venimmo entrambi, io così violentemente che la mia schiena si inarcò all'indietro finché la mia testa non colpì quasi il bordo della piscina. Probabilmente sarebbe successo se Harry non mi avesse afferrato e stretto fino a quando non finii di liberare l'orgasmo e riuscissi a mettermi in piedi.

 

Rimanemmo in quella posizione per quella che sembrò un'eternità. Ma ero a mio agio e soddisfatto e il mio intero corpo sembrava pesante, e non volevo muovermi. 

 

"Io... ti amo," sussurrai alla fine, tenendo gli occhi chiusi e la guancia premuta contro il lato della sua testa.

 

Lo sentii annuire lentamente, ma non disse nulla subito. "Vuoi entrare e andare a letto?" fu ciò che disse dopo qualche momento di silenzio.

 

Scelsi di non soffermarmi sul fatto che non avesse ricambiato, invece feci solo un cenno con la testa e borbottai un stanco, "Si."

 

Mentre mi portava su per le scalette che portavano alla piscina, poi in casa e in camera da letto, ero a malapena cosciente. Mi posò con cura nel letto, sopra le coperte, e stavo per allungare la mano per trascinarlo giù con me, ma prima che potessi farlo, si era già girato e aveva lasciato la stanza.

 

Sbattendo le palpebre stancamente, mi appoggiai sui gomiti e aggrottai le sopracciglia. Perché era andato via? Non sarebbe rimasto con me quella notte? Passarono un paio di minuti e lui non tornò, e io mi rannicchiai sulla schiena sentendomi un po' avvilito. Tirai le coperte sopra di me, ignorando il fatto che ero ancora fradicio, e chiusi gli occhi con un sospiro.

 

"Oh, per l'amore di Dio, Lou."

 

Mi sedetti di nuovo con un grido sorpreso e vidi Harry in piedi sulla soglia. Si era asciugato, da come potevo vedere, e indossava un paio di boxer. Un grande asciugamano era nella sua mano e la sua faccia non esprimeva altro che esasperazione.

 

"Te ne sei andato," dissi stupidamente mentre mi massaggiavo gli occhi, costringendomi a tenerli aperti.

 

Roteò gli occhi mentre si avvicinava al letto e si sedeva nel suo lato. "Si, per prendere un asciugamano," disse, "ora hai bagnato tutto il letto, idiota."

 

Offrendo un sorriso di scuse, accettai l'asciugamano e spinsi via le coperte (bagnate), iniziando ad asciugarmi. "Almeno non ho pisciato il letto," dissi quando gettai l'asciugamano sul pavimento e mi abbassai per appoggiare la testa sul cuscino, "ricordi Aidan? Quando lo fece aveva, quanto, cinque anni più o meno?"

 

"Oh si," Harry sbuffò, "ha pianto per un'ora, perché 'i ragazzi grandi non fanno pipì dappertutto tranne che in bagno'."

 

"E poi ha passato una settimana dormendo in bagno, solo in caso," dissi con una piccola risata. 

 

"Bei tempi," mormorò.

 

Sorrisi e chiusi gli occhi, sospirando contento. Ci fu silenzio per un po' di tempo; così tanto che quasi mi addormentai, ma Harry parlò di nuovo.

 

"Sei ancora sveglio?" chiese.

 

"A malapena," mormorai.

 

"Mmm. Quindi... davvero non hai portato niente?"

 

Feci un sorriso sghembo. "Nemmeno tu."

 

"Non prenderla nel modo sbagliato, ma non pensavo che ne avremmo avuto bisogno."

 

"Si," dissi, lasciando che il mio sorriso vacillasse un po', "anche io."

 

"Oh, no, non essere triste," disse con un piccolo gemito.

 

"No, no, non sono triste," dissi velocemente, "solo... no, non lo so. Suppongo che avremmo dovuto portare qualcosa, dopo tutto."

 

"Non avrebbe fatto male a nessuno, no." Rimase silenzioso per un po', ascoltando il tamburellare della pioggia che cadeva contro il tetto e la finestra. Era tranquillo, in un modo stranamente felice, e mi piaceva. Strano come avessi iniziato ad odiare il silenzio nell'ultimo anno, e in quel momento lo amavo. Alla fine, Harry parlò di nuovo, la sua voce sommessa. "Ci ho pensato un po'," disse, "e credo che dovremmo tornare a casa."

 

Quello mi svegliò immediatamente, mi tirò fuori dal mio piccolo posto felice, e lo guardai con occhi spalancati per lo spavento. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" chiese, "è per quello che abbiamo fatto in piscina? Ti sei penti-"

 

"No, no, certo che non hai fatto niente di male, e naturalmente non mi pento di averti quasi- scopato nella piscina," mi interruppe, l'ultima parte con un sorrisino sfacciato, "ma siamo qui da un mese, e le cose sono migliorate da quando siamo arrivati."

 

"Sono migliorate, ma siamo lontani dall'essere, sai, sicuri al cento per cento che le cose funzioneranno," dissi. Continuando a mordermi le labbra, continuai, "Abbiamo parlato di tutti i problemi che abbiamo, e credo che li abbiamo risolti, ma le cose sono ancora lontane dall'essere completamente perfette."

 

"Lo so, ma fondamentalmente è-"

 

"Ti ho detto che ti amo poco fa," dissi prima che finisse di parlare, "e tu non hai ricambiato, quindi ovviamente-"

 

"Ehi, ehi," mi interruppe gentilmente, "Certo che ti amo. Ho solo bisogno di tempo per tornare alla solita vita, okay?"

 

Facendo il broncio, chiesi, "In che modo?"

 

Inclinò la testa di lato, e sorrise cautamente. "Abbiamo parlato di più e siamo stati insieme il mese scorso più di quanto abbiamo mai fatto negli ultimi due anni, Lou," disse, "anche se stiamo insieme da più di sedici anni, questo sembra un po' come se stessimo ricominciando da zero. Le cose non sono tornate come erano, no, ma come hai detto tu, abbiamo risolto tutti i problemi più importanti, quindi quello che dobbiamo fare ora è semplicemente passare del tempo insieme e non fare di nuovo gli stessi errori. Siamo venuti qui per tornare sulla retta via, e penso che ci siamo riusciti, quindi non c'è motivo di restare qui più a lungo."

 

Abbassai lo sguardo e iniziai a giocare con l'angolo della federa. "Sono spaventato," confessai, "è stato tutto così bello e semplice qui, rilassante e senza dovermi preoccupare di nulla, ma... quando torneremo a casa, tutto sarà uguale a quando siamo partiti. E se tornassimo a come prima?"

 

"Allora abbiamo dei problemi che una vacanza non sarà in grado di aggiustare," disse mentre mi mise un dito sotto al mento e lo sollevò, costringendomi a stabilire un contatto visivo con lui. 

 

Deglutendo, risposi con un sussurro esitante, "Non voglio perderti."

 

"Non mi perderai."

 

Ignorando le sue rassicurazioni, dissi, "ho passato così tante notti nel nostro letto a casa, chiedendomi se stavi pensando di lasciarmi una volta per tutte, e io solo... non posso più tornare a farlo." Scossi la testa. "Non posso."

 

"Non ho mai pensato di lasciarti," disse, con gli occhi scuri, caldi e sinceri, "mi è passato per la mente alcune volte, ogni volta che stavo passando una giornata particolarmente brutta, ma non l'ho mai preso davvero in considerazione." Appoggiandosi, premette un bacio attento sulle mie labbra prima di aggiungere, "Significhi troppo per me. E anche la vita che abbiamo costruito. Non sono pronto a rinunciarci."

 

Annuii, sorridendo il meglio che potei, il mio cuore batteva un po' più veloce del solito a causa sia di sollievo che di ansia. "Quindi pensi davvero che dovremmo tornare a casa?"

 

"Si. Lo penso."

 

 

Giovedì, 25 Marzo

 

Fu con un gemito che crollai sul pavimento, con ancora in mano la mia valigia. "Il volo più lungo di sempre," dissi, trascinandomi la mano sul viso che ero abbastanza sicuro fosse pallido come un lenzuolo con due cerchi sotto agli occhi.

 

"Non era più lungo di quello dell'andata," sottolineò Harry mentre trascinava la sua valigia verso le scale e si accasciava sul gradino inferiore.

 

"Sono abbastanza sicuro che lo fosse," dissi sbadigliando, "che ore sono?"

 

"Quasi le dieci."

 

"Del mattino?" chiesi con orrore. 

 

"No, sera, grazie a Dio."

 

"Oh, grazie, cazzo," mi lamentai mentre mi alzavo in piedi, "Vado a letto. Penso che non mi toglierò i vestiti."

 

"Anche io," sbadigliò mentre si alzava in piedi. Afferrò la sua valigia e si voltò verso di me con l'insicurezza dipinta sul viso. "Io... torno in camera da letto?"

 

Che ci crediate o no, lo presi come un buon segno il fatto che me lo avesse chiesto in modo diretto, piuttosto che iniziare a girare intorno al problema, come sapevo avrebbe fatto due mesi prima. "Si, torni in camera da letto," confermai, "sono stanco di dormire da solo."

 

Dopo che ci togliemmo i vestiti ("non puoi dormire con i jeans, Lou") e ci infilammo sul letto, non potei impedirmi di sorridere ampiamente.

 

"Cosa?" chiese stanco.

 

"Niente. È solo che... è bello che tu sia qui," dissi, "ed è bello essere a casa."

 

"Mhm," mormorò, "pensi che dovremmo far sapere agli altri che siamo tornati?"

 

"Na, dovremmo prenderci un paio di giorni per stare da soli," dissi dopo una breve pausa, "camminiamo prima di correre, si?"

 

Lui sorrise. "Si."

 

 

*

 

 

Alcuni giorni si trasformarono in oltre una settimana, ma in realtà, che importava? Aidan stava bene con Anne e Robin, e a chi altro interessava che fossimo tornati o no? Inoltre, era positivo fare le cose un passo alla volta, piuttosto che occuparci di tutto contemporaneamente. 

 

Venerdì rimanemmo a casa per fare le faccende domestiche; pulire, spolverare gli scaffali, fare la spesa, pagare le bollette e così via.

 

Il sabato lo passammo facendo ognuno cose diverse, perché, come aveva sottolineato Harry, anche se eravamo in un processo-di-ripresa, avevamo anche bisogno del tempo da soli. Così mentre Harry era rimasto nel suo studio, lavorando tutto il giorno, io feci un salto al centro commerciale e comprai vari oggetti di cui avevamo bisogno per la casa e alcuni vestiti nuovi per me e Aidan. Presi anche una scatola di preservativi e un paio di tubetti di lubrificante visto che quello che avevamo a casa c'erano da troppo tempo per poterli usare.

 

La domenica pomeriggio la trascorremmo ascoltando musica ad alto volume, guardando film e mangiando cibo spazzatura. La serata passò facendo buon uso dei preservativi e del lubrificante acquistati il giorno prima, nel letto, nella doccia e in un altro posto che mi vergognavo di ammettere anche a me e stesso. Harry si era messo a ridere quando finimmo.

 

Lunedì tornammo entrambi a lavoro. Tornai a casa un'ora prima di Harry, ma lui attraversò la porta in tempo per aiutarmi a preparare la cena, e venni salutato con un sorriso e un bacio, quindi non avevo niente di cui lamentarmi.

 

Martedì, giovedì e venerdì passarono in maniera simile.

 

Sembrava che le cose stessero andando bene, ma avevo paura di dirlo ad alta voce o di pensarci troppo, e così non feci né l'uno e né l'altro. Le cose non erano tornate alla normalità. Non ero così ingenuo da pensarlo. Certi problemi non venivano ancora affrontati, la paura che mi lasciasse c'era ancora, e di tanto in tanto il pensiero di quella donna mi perseguitavano.

 

Non andava tutto alla perfezione, ma era decisamente meglio perché non mi sentivo più costantemente solo.

 

 

Sabato, 3 Aprile

 

"Ha-rry, st- sto venendo, oh Dio c-cazzo, per favore, io- ah- ah!" Inarcando le spalle, buttai la testa all'indietro mentre venivo sul mio petto e sullo stomaco con un grido. Harry continuò con le spinte, rimanendo sopra di me, mentre si svuotava nel preservativo.

 

"Amo il sabato," disse senza fiato, mordicchiandomi la clavicola.

 

"Mhm," mormorai stancamente.

 

"Voglio stare così tutto il giorno." Alzò la testa e mi guardò attraverso un paio di ciocche sudate, "possiamo?"

 

"Esattamente così?" chiesi. Ghignò e io sorrisi. "Preferirei di no. Il mio culo farà un male cane domani".

 

"Mm. Quindi no, vero?" Mormorò, le sue labbra sfiorarono pigramente le mie. Scossi la testa. "No, non possiamo," dissi prima di far collidere le mie labbra con le sue in un bacio lento e frenetico allo stesso tempo. Era un po' scomodo averlo dentro di me in quel modo, quando ero troppo sensibile e la sua erezione stava diminuendo, ma tuttavia sollevai un po' le gambe per avvolgere le sue cosce, affondando i talloni dietro.

 

L'atmosfera si stava surriscaldando quando la porta si aprì improvvisamente. "Dove diavolo siete- oh! Oh, cazzo! È- oh, no, no, ew! Che schifo! Porca puttana, perché- ew!"

 

Un Aidan molto, molto turbato stava lì, accanto alla porta e con una borsa che gli pendeva dalla spalla. Io per primo mi irrigidii completamente, e così sembrava anche il mio cervello, perché non riuscivo a pensare ad una cosa sola sensata da dire o da fare. Così me ne restai lì sdraiato, con Harry ancora sopra di me e ancora dentro di me, a fissare Aidan. 

 

"Pensavo avessi detto non saresti tornato fino alle 15," disse infine Harry, la sua voce insolitamente a disagio. Per intenderci.

 

"Sono le 15," esclamò Aidan, "sono le 15 passate."

 

"Oh." Harry aggrottò la fronte. "È passato già così tanto tempo? Non pensavo che-"

 

"No! Non farete questa conversazione quando io potrò sentirvi!" lo interruppe Aidan, fissando entrambi.

 

"Perché sei ancora lì?" Brontolai, la faccia sepolta tra le mani.

 

"Non lo so!" Urlò prima che si girasse e scomparisse.

 

Ci fu un momento di silenzio prima che, "Oh mio Dio," mormorai, "non è mai entrato in questo modo prima, nemmeno quando era un bambino. Ha quasi diciassette anni e doveva succedere proprio ora. Incredibile."

 

"Bene, guarda il lato positivo," disse, "ora non dobbiamo fargli il discorso."

 

"Gliel'ho già fatto anni fa," dissi seccamente, "e dubito fortemente che abbia avuto tutto le informazioni che gli servono vedendoci- beh, così."

 

"Forse no," sospirò. Baciò le mie labbra un'ultima volta prima di alzarsi e uscire da me.

 

Facendo una smorfia, dissi, "Sai, mi piace la parte del sesso, ma quando esci è disgustoso e umido."

 

"Sei tu quello che ha insistito per usare mezzo tubetto di lubrificante," mi ricordò.

 

Passò un'altra mezz'ora prima che finimmo di vestirci ed essere decenti. O almeno vestiti; eravamo entrambi ancora sudati, i nostri capelli erano un disastro, le nostre labbra un tantino martoriate, e non potevo fingere di riuscire camminare normalmente.

 

Harry stava sorridendo come un pazzo mentre scendevamo le scale, sembrando assolutamente contento di se stesso. "Suppongo che tu non riesca a reggere il mio grande-"

 

"Non dirlo."

 

Aidan era seduto al tavolo della cucina quando scendemmo al piano di sotto, e con mia sorpresa, lo erano anche Zayn e Liam. La differenza tra i tre era che mentre Aidan guardava con determinazione verso il basso, Liam e Zayn avevano entrambi un sorrisetto compiaciuto sui loro volti.

 

"Penso che lo abbiate segnato per tutta la vita," disse Liam. 

 

Gettai uno sguardo compassionevole nella direzione di Aidan. "Scusa," dissi, "noi abbiamo... perso la cognizione del tempo."

 

"Ci scommetto," disse Zayn con un'alzata di sopracciglia. 

 

"In realtà non stavamo facendo niente," provò Harry, "avevamo concluso, stavamo solo-" 

 

"Eravate entrambi nudi e sono abbastanza certo di aver visto una grande quantità di liquidi corporei e inoltre di aver visto parti del corpo all'interno di altre parti del corpo," grugnì Aidan, "e per favore non parlare di 'conclusione'. È disgustoso."

 

Harry roteò gli occhi e dovetti reprimere una risata. "Dimentichiamocene, ok?" dissi mentre mi sedevo sulla sedia accanto a quella di Zayn.

 

"Si, dimentichiamo," disse Aidan alzando finalmente gli occhi, ma senza guardare né me né Harry.

 

"Okay," Liam scrollò le spalle, "ma prendendo in considerazione... i recenti eventi, immagino che le cose siano andate bene in Messico?"

 

Aprii la bocca per rispondere, ma prima che potessi parlare, Harry mi prese la mano e disse, "Si, è andata bene."

 

"Si?" chiese Aidan, lanciandoci un'occhiata attenta, "quindi non finirà tra voi?"

 

"Abbiamo ancora delle cose su cui lavorare, ma... no, non ci stiamo lasciando," dissi, guardando in modo interrogativo Harry, che annuì in accordo.

 

Aidan sembrava essere in conflitto su cosa fare; da un lato, non era ancora intenzionato a guardare me ed Harry, ma dall'altro, sembrava volesse abbracciarci così forte da buttarci a terra. Alla fine, dopo aver aperto e chiuso la bocca, si schiarì la voce. "Questo è... bello," fu tutto ciò che disse.

 

Gli sorrisi, ma non commentando ulteriormente l'argomento. Invece mi rivolsi a Liam e Zayn. "Quindi, posso chiedervi cosa ci fate qui?" chiesi.

 

"Tua madre ci ha chiamato, ci ha detto che eravate tornati a casa e ha chiesto se potevamo venire solo per verificare che foste vivi," disse Liam, guardando Harry, "Dovresti chiamarla. Sembrava convinta che fosse successo qualcosa di brutto e che uno di voi fosse pronto a fare le valigie e andarsene."

 

Harry borbottò qualcosa che non riuscii a capire, ma vidi Zayn, che era seduto accanto a lui, ridacchiare.

 

"Che mi dici di tua madre, Lou?" chiese Liam.

 

Sbattei le palpebre. "Mia madre," ripetei, "che posso dirti?"

 

Fece un gesto con la mano. "Sa... beh, tutto? Le hai parlato ultimamente?"

 

Scuotendo la testa, dissi, "l'ultima volta che le ho parlato è stato prima di Natale."

 

"È stato più di tre mesi fa," disse Zayn corrugando la fronte.

 

"Si, beh, di cosa dovrei parlarle?" dissi in tono piatto, "qualsiasi cosa io dica, tutto ciò che sente è 'ciao, si, è il tuo figlio gay che ti ha deluso quello che parla'."

 

Harry e Aidan sbuffarono (Harry mentre mi dava una pacca confortante, però), ma sia Zayn che Liam mi guardarono con occhi tristi. "È tua madre," disse Liam, "Ti vuole bene. Non può essere così complicato cercare di andare d'accordo con lei."

 

Scossi la testa stancamente. "Sto cercando di andare d'accordo con lei da quando sono nato, Liam," dissi, "anche prima che rimanessi incinto e facessi coming out, non siamo mai andati d'accordo, e- no. Ci sono voluti quasi tre anni per accettare che Aidan fosse davvero mio, e quasi sette per credere che effettivamente sono gay, e lei non è ancora contenta di questo."

 

"No, mi odia," disse Aidan, ed era doloroso sentirglielo dire in modo così casuale. Non doveva esserlo, ma lui ormai era abituato. Era abituato al fatto che sua nonna non volesse avere niente a che fare con lui. 

 

"Si, anche a me," disse Harry, "credo che abbia l'impressione che sia stato io a rendere Louis gay, il che è divertente dato che è stato il contrario."

 

"Non ti ho reso gay, idiota," dissi, "eri già stato con due ragazzi prima di me."

 

"È questo è il momento giusto per andarmene," disse Aidan ad alta voce prima di alzarsi dalla sedia. Mentre usciva dalla stanza, disse un, "sono contento che siate tornati".

 

Sorrisi mentre guardavo la sua testa di capelli ricci scomparire dalla nostra vista mentre correva su per le scale. "A volte può essere stronzo, ma è bravo in fondo," dissi.

 

"A volte il fondo è molto lontano," disse Harry secco.

 

Abbassai le palpebre e tirai una ciocca dei suoi capelli, facendolo gridare.

 

"Fai il bravo," dissi severamente.

 

"Si, mamma."

 

"Seriamente, però," disse Zayn prima che potessi dire ad Harry qualcosa sul suo commento, "non pensi che riuscirai mai a rimediare con lei?"

 

"Non c'è molto da rimediare," dissi con un'alzata di spalle, "non litighiamo, non proprio, non abbiamo niente di cui parlare. E lei sta ancora con Ian, che mi vede come nient'altro che la feccia della terra che rovina la sua piccola e perfetta famiglia."

 

"Ah. Quindi si sta ancora comportando come se dal culo di Owen uscisse il sole?" 

 

Sbuffai. "Oh si. È un po' imbarazzante, davvero. Era già abbastanza brutto quando era un adolescente e viveva a casa, ma ha quasi trentadue anni ora. Forse è il caso che smetta di baciargli il culo, no?"

 

"La mia ipotesi è che sia ancora sconvolto dal fatto che non abbia mai avuto un figlio suo e quindi tratta Owen come se lo fosse," disse Harry.

 

"Se è così è ancora più patetico dato che Owen non lo sopporta," affermai.

 

"Come sta Owen?" chiese Zayn, "ancora in Brasile?"

 

"No, era in Portogallo l'ultima volta che l'ho sentito," dissi, "è stato un mese fa, quindi chi lo sa?"

 

"Portogallo, giusto. Non si stanca di spostarsi in quel modo?" chiese Liam incuriosito, "e Janie non si stanca di seguirlo per tutto il mondo?"

 

"Na, entrambi amano viaggiare," feci spallucce, "e sapeva a cosa stava andando incontro quando l'ha sposato. Le ha detto che voleva allenare fuori dall'Inghilterra e anche che avrebbe comportato un po' di spostamenti per i primi anni."

 

"Nessun bambino in vista per ora," disse Harry, alzando un sopracciglio verso di me.

 

"Probabilmente è meglio," dissi, "Ian cercherebbe senza dubbio di chiedere la custodia non appena Janie lo partorirebbe."

 

 

*

 

 

Il resto di aprile fu piuttosto stressante. Il lavoro non  era più estenuante del solito, ma oltre a lavorare dalle 8 alle 16 ogni giorno avevo un adolescente semi-ribelle da controllare, una relazione su cui bisognava lavorare più del solito, una casa che aveva bisogno di essere pulita e un frigo che doveva essere tenuto pieno. Tutto stava iniziando ad essere troppo. Non ero certo di come mi sentissi riguardo alla relazione tra me e Harry, se era sicuro chiedergli di contribuire di più in casa. 

 

Non era come se mi aspettassi una reazione negativa se gli avessi parlato, ma temevo che lo percepisse come se cercassi di spingerlo a fare di più invece che prenderlo com'era. Ero anche un po' spaventato dal fatto che forse aveva già troppo da fare a lavoro e che, se avesse dovuto fare più cose, si sarebbe stancato, e quindi sarebbe diventato di nuovo irritabile, e quello avrebbe potuto di nuovo far soffrire la nostra già instabile relazione. 

 

E così non dissi nulla. 

 

Fui grato quando portò lui fuori l'argomento.

 

 

Martedì, 4 Maggio

 

Non erano nemmeno le 22 ed ero già mezzo addormentato nel divano con un bicchiere di vino in mano. La mia testa continuava a penzolare di lato, e per reazione continuai a rialzarla, rovesciando quasi ogni volta una goccia di vino sul tappeto beige. Harry era troppo coinvolto nella partita di calcio che c'era in TV per notare qualcosa, e non ero sicuro se sentirmi più divertito o offeso.

 

Le mie palpebre era così pesanti, però, e la mia mente era annebbiata, il mio corpo dolorante dopo essere stato prima a lavoro, poi aver passato per un'ora l'aspirapolvere in tutta la casa, preparato la cena e parlato con Aidan sul perché esattamente non andava bene comprare un ragno e tenerlo chiuso in una gabbia nella sua stanza. E in quel momento ero seduto lì nel mio solito posto sul divano con un cuscino molto morbido su cui ero appoggiato e un po' di vino rosso in circolo, e non riuscii a fermarmi quando la mia vista diventò nera e il mio corpo fiacco. 

 

Sfortunatamente (o fortunatamente, a seconda dei casi), fui svegliato da Harry solo un minuto dopo.

 

"Hai appena versato un intero bicchiere di vino sul un tappeto che abbiamo comprato meno di una settimana fa," disse secco.

 

Sbattei le palpebre stancamente verso di lui, e non riuscii a preoccuparmi del tappeto. "Scusa," dissi prima di sbadigliare, "Lo porterò a pulire. Forse domani. Probabilmente dovrei andare a letto ora." Cercai di alzarmi in piedi, ma tutto ciò che accadde fu che tutto il sangue nella mia testa si prosciugò, e barcollai di lato.

 

Fortunatamente Harry mi afferrò per la vita prima che colpissi il pavimento. Accigliandosi preoccupato, mi chiese, "Stai bene?"

 

"Si, si, certo," dissi, cercando di liberarmi dalla sua presa.

 

Continuò a resistere e il suo cipiglio si fece più profondo. "Non stai bene," affermò, "cosa c'è che non va? Sei malato?"

 

"No, non sono malato," dissi, immediatamente seguito da un altro sbadiglio.

 

"Allora cosa c'è che non va?" chiese, "Andiamo, Lou. La comunicazione è importante, ricordi?"

 

"Non c'è niente che non va, Harry," insistetti, "non proprio, sono solo stanco." Feci una pausa per un momento e poi aggiunsi, "Estremamente stanco. Esausto."

 

"Esausto," ripeté e la sua presa allentò leggermente.

 

Sospirai. "Sto solo facendo troppo, tutto qui."

 

"C'è qualcosa che posso fare?"

 

Esitai per un momento prima di rispondere. "Non voglio... sovraccaricati, se hai molto da fare a lavoro."

 

"Il lavoro è piuttosto calmo al momento," disse, "Allora, cosa posso fare?"

 

"Beh, forse... potresti iniziare a fare la spesa, sarebbe di grande aiuto," dissi titubante, "e forse potremmo fare a turno per pulire la casa."

 

Sembrava un po' sconcertato per un secondo, poi scoppiò a ridere. "Questo è tutto?"

 

"Io- si?"

 

"Sei abbastanza facile da accontentare," mi stuzzicò. 

 

Sorrisi. "Significa che ti va bene?"

 

"Certo che mi va bene."

 

"Grazie a Dio," dissi con un leggero sospiro, appoggiando la fronte al suo petto, "sono stato sul punto di svenire un paio di volte in queste settimane."

 

"In queste settimane?" chiese, "volevi parlarmene da settimane?"

 

"Non dare di matto, per favore," dissi, la mia voce leggermente attutita dal suo maglione, "non volevo fare nulla che, sai, avrebbe potuto infastidirti. Le cose stanno andando bene ultimamente, non volevo rovinarle."

 

"Le stavi rovinando di più non parlando con me," disse mentre iniziava a muovere la mano su e giù nella mia schiena.

 

"Scusa," dissi, "le cose sono ancora precarie tra noi e io... non volevo rovinarle, per questo non ho detto nulla. Scusa."

 

"Va tutto bene, smettila di scusarti," mormorò, "ma teniamo fede alla regola da ora, se uno di noi vuole parlare all'altro, a prescindere da cosa sia, lo faremo subito. Okay?"

 

"Ci proverò," dissi.

 

"No, lo farai," disse.

 

"Si, si, lo farò," canticchiai. Cademmo in un silenzio confortevole e lasciai che il mio corpo si rilassasse contro il suo mentre chiudevo gli occhi. "Sono così stanco," mormorai, "mi addormenterei qui."

 

Non mi addormentai lì. Harry mi portò in camera da letto, mi tolse i vestiti e poi mi infilò addirittura sotto le coperte. Nonostante fosse ancora presto, mi raggiunse nel letto prima di spegnere la luce.

 

"Anche tu sei stanco?" chiesi, la mia voce era diventata un po' gracchiante.

 

"Mhm," mormorò, e lo sentii emettere un sospiro.

 

"Tutto-" iniziai, ma ci fu un colpo alla porta prima che potessi finire. 

 

Harry gemette mentre accendeva la luce. "Aidan, cosa vuoi?" disse, steso sulla schiena, guardando dritto verso il soffitto.

 

"È sicuro?" chiese Aidan dall'altra parte della porta.

 

"Si, è sicuro," dissi.

 

La porta si aprì e Aidan sbirciò dentro con un solo occhio aperto. 

 

Harry emise un suono impaziente. "Siamo solo sdraiati."

 

"Mi sto solo assicurando," disse Aidan entrando e appoggiando la schiena contro il muro. Sembrava un po' imbarazzato per qualche motivo, strisciando un piede contro il pavimento e spostando gli occhi tra me e Harry.

 

"Quindi c'è qualcosa che vuoi o hai solo intenzione di stare lì?" chiesi alla fine.

 

"Oh, si, no, voglio solo... voglio chiedervi un favore, più o meno," disse.

 

"Un favore," ripeté Harry con gli occhi socchiusi per lo scetticismo. 

 

"Non guardarmi così," protestò Aidan, "lo stai rendendo difficile."

 

"Scusa, è diventata un'abitudine."

 

Gli mandai un'occhiata esasperata prima di alzarmi a sedere. "Okay, quindi di che tipo di favore stiamo parlando?" chiesi.

 

"Riguarda il mio, sai, compleanno," disse, sembrando diventare più nervoso ad ogni parola, "so che dovevamo andare a cena fuori con nonna e nonno e lo zio Liam, zio Zayn e zio Niall e tutti gli altri, ma forse mi chiedevo se... se potessimo cambiare un po' le cose?"

 

"Perché?" chiesi sospettoso.

 

"Perché io-" si fermò e le sue guance arrossirono leggermente. "Così," disse.

 

"Se devo fare delle chiamate e cancellare i piani che abbiamo fatto più di un mese fa, avrò bisogno di una spiegazione migliore di 'così'," dissi scuotendo la testa.

 

"Ma- papà! Dai!" Piagnucolò, la faccia sempre più rosea.

 

Ci fu silenzio per un secondo prima che sentissi Harry sbuffare una risata e cercare di sopprimerla. Girai la testa e lo guardai confuso.

 

Lui, comunque, aveva gli occhi puntati su Aidan, con un'aria compiaciuta. "Quindi è una ragazza," dichiarò semplicemente dopo alcuni secondi di silenzio.

 

Guardai Aidan. "Hai un appuntamento per il tuo compleanno? È così?" chiesi, assicurandomi di mantenere la voce neutra, piuttosto che compiaciuta come Harry.

 

"Non è un appuntamento," disse, contorcendosi a disagio, il suo viso più rosso che mai, "lei mi ha solo chiesto se volessi andare a casa sua e che mi avrebbe preparato la cena e mi ha detto anche che ha un piccolo bungalow nel cortile, così potrei, tipo, restare la notte... se volessi."

 

Silenzio.

 

"Ti preparerà la cena e vuole che tu rimanga per la notte e non credi che sia un appuntamento?" disse Harry lentamente.

 

Nel frattempo io avevo preoccupazioni ben diverse. "Resterai per la notte?" chiesi.

 

"Lou, per favore," disse Harry. Sembrava che cercasse di sembrare serio, ma allo stesso tempo era ovvio che fosse sul punto di ridere. "Non iniziamo questa discussione ora, okay?"

 

Lo guardai accigliato. "Beh, dovrò iniziarla," dissi.

 

"No, non lo farai," replicò lui in tono acuto.

 

"Sta chiedendo di restare a casa di una ragazza per la notte," dissi con insistenza, "non puoi davvero aspettarti che io non voglia-"

 

"Sono proprio qui," ci interruppe Aidan acido.

 

Sospirai e trascinai una mano sul mio viso prima di voltarmi a guardarlo. "Si, scusa."

 

"Comunque," disse, "posso andare o no?"

 

"Chi è questa ragazza?" chiese Harry.

 

"Solo una della mia classe di economia."

 

"Nome?"

 

"Hiromi," disse subito.

 

Sbattei le palpebre. "Puoi ripetere?"

 

Sorridendo imbarazzato, disse, "È giapponese. Almeno, i suoi genitori lo sono, lei è nata qui in Inghilterra, quindi è inglese, è-"

 

"Va bene. Aidan, non abbiamo nulla contro i giapponesi," lo interruppe Harry divertito.

 

Lui arrossì di nuovo e guardò in basso. "Lo so," mormorò.

 

Harry mi sorrise, e io gli sorrisi di rimando. "Dacci un po' di tempo per parlarne, okay?" dissi poi.

 

"C'è qualcosa di cui parlare?" chiese Harry sembrando confuso.

 

"Si, Harry, c'è," dissi con un sguardo duro.

 

"Oh. Va bene."

 

"Posso avere una risposta domani?" chiese Aidan mentre si staccava dal muro.

 

"Si, certo," dissi, offrendogli un sorriso.

 

La sua faccia era ancora dipinta di rosa per l'imbarazzo quando lasciò la stanza e chiuse la porta dietro di se.

 

Appena fummo di nuovo solo noi, Harry parlò. "Non gli dirai seriamente che non può andare, vero?" chiese, sembrando tutt'altro che contento.

 

"Io- beh, no, non gli dirò di no," dissi, "ma vuole restare lì per la notte, non lo so, sembra un po'... rischioso."

 

Alzando un sopracciglio, disse, "Deve compiere diciassette anni tra quattro giorni. Cosai farai? Lo rinchiuderai in casa per il resto della sua vita?"

 

"Certo che no," dissi, "sono solo preoccupato che faccia qualcosa di stupido."

 

"Tipo cosa? Avere rapporti sessuali con una ragazza?" mi sfidò, "non so tu, ma non voglio che sia vergine quando andrà all'università."

 

La mia mascella si spalancò. "Io- ma che cazzo Harry!" Esclamai, guardandolo torvo. "Vuoi che vada a casa di quella ragazza e che resti lì per la notte in modo che perda la sua verginità? Sei serio? Che diavolo c'è di sbagliato in te?"

 

"Non intendevo quello," disse immediatamente, agitando le mani come per tenermi a distanza.

 

"Farai meglio," dissi in tono severo mentre lasciavo che le mie spalle si abbassassero nella loro posizione normale. 

 

"Non lo intendevo," mi assicurò, "volevo dire solo che- beh, so che sei sempre stato più mamma di me e che ti piace pensare che sia ancora il bambino che portavi al parco giochi ogni sabato, ma... beh, non lo è. È quasi adulto, andrà via di qui entro uno o due anni, e non possiamo impedirgli di fare quello che vuole."

 

Incrociai le braccia al petto e dissi, "Lo so, grazie mille." Lo sapevo, ma ciò non significava che il mio cuore non facesse male al pensiero.

 

"Allora forse sarebbe meglio se iniziassimo a lasciarlo andare, un po' alla volta, così che non sarà troppo difficile quando andrà all'università."

 

"Ma- io- Harry!" Mi lamentai, buttando indietro la testa e guardando il soffitto, "È ancora un bambino,  il mio bambino, non può avere fidanzate, e sicuramente non può fare sesso con loro!"

 

"Non è un bambino," ridacchiò, "non è tuo o di qualcun altro."

 

"Si, lo è," brontolai.

 

"No, non lo è." Rotolò e si mise sopra di me. Con un sorriso un po' sfacciato, disse, "Forse non ricordi, ma ha la stessa nostra età di quando è stato concepito."

 

"Non metterla in quel modo," mi lamentai, "non voglio pensare a... beh, lui in quel tipo di situazione."

 

Abbassandosi premette un bacio gentile sulle mie labbra, e poi sorrise. "Non puoi impedirgli di crescere, Lou."

 

"Posso provare," sbuffai. Lo guardai con occhi di sfida per qualche altro secondo prima che sospirassi e abbassassi lo sguardo. "Okay, no, non posso. So che non posso. Ma vorrei."

 

"Si, lo so, anche io," disse, "ma non possiamo, quindi perché non lo lasciamo andare a casa di questa ragazza per la notte? Se farà cazzate, ovviamente non lo abbiamo cresciuto abbastanza bene."

 

"Oh, si, grazie per la rassicurazione," dissi.

 

"Nessun problema."

   
 
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