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Autore: DonutGladiator    18/01/2018    0 recensioni
Proprio quel giorno la posta doveva essere così dannatamente in ritardo?
Con la coda dell’occhio, mentre faceva l’ennesimo giro dell’ingresso, lo vide arrivare, la bicicletta che strideva nella brusca frenata.
Con uno scatto che non era proprio da lui, spalancò la porta, uscendo in giardino, mentre Al gli faceva un grande sorriso e agitava la busta sigillata.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Garrison Hunk
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al COWT8
Prompt 2: Partenza


 
La lettera



Faceva avanti e indietro da quasi una mezz’ora ormai. Quanto ci metteva Al ad arrivare? Proprio quel giorno la posta doveva essere così dannatamente in ritardo?
Con la coda dell’occhio, mentre faceva l’ennesimo giro dell’ingresso, lo vide arrivare, la bicicletta che strideva a causa della brusca frenata.
Con uno scatto che non era proprio da lui, spalancò la porta, uscendo in giardino, mentre Al gli faceva un grande sorriso e agitava la busta sigillata.
-Scusa il ritardo, ho bucato una ruota mentre passavo dalla signora Marten.- disse, passandogli la busta. Hunk non sapeva se essere dispiaciuto per la disavventura di Al, o essere eccitato per la busta. Infine, prevalse l’espressione eccitata. Finalmente la busta d’accettazione – o di rifiuto – era tra le sue mani. Mancava pochissimo e avrebbe saputo.
Il cuore al solo tenerla tra le mani aveva iniziato a battere come se volesse uscirgli dal petto e fare un giro sulla bici di Al.
-Grazie Al e mi dispiace per la gomma.- disse il ragazzo, sorridendogli mentre l’altro gli faceva un gesto che avrebbe dovuto significare che fosse tutto a posto. Hunk alzò una mano in segno di saluto e fece un sorriso tirato, eccitato per la busta, infine, scappò dentro casa, senza nemmeno accertarsi se fosse arrivato qualcos’altro.
-Fammi sapere!- urlò il postino, mettendo altre due buste nella cassetta delle lettere, sorridendo mentre lo vedeva fuggire dentro casa.
 
“Respira. Respira. Respira.”
Entrato in casa i suoi familiari gli avevano detto qualcosa, ma con il cuore a mille e i pensieri rivolti solo alla busta non era riuscito a capire niente. Ora, seduto sulla poltrona in sala, cercava di farsi coraggio, mentre recuperava il respiro e teneva tra le mani la busta dell’Accademia, desideroso ma allo stesso tempo terrorizzato di conoscere il suo destino.
La sua domanda era stata accettata oppure no?
-Non tenerci sulle spine, apri quella busta!- esclamò una voce femminile rubandogli la lettera che continuava a rigirarsi tra le mani, come se stesse aspettando un invito ufficiale per aprirla.
Al ragazzo scappò un grido di sorpresa e con un gesto rapido, allungando la mano verso sua sorella, le strappò la busta dalle mani: -La apro. La apro. Aspetta un attimo.- ripeté per due volte, più per se stesso che per la sua famiglia, come se dovesse prima convincere se stesso e poi tutti gli altri.
Erano tutti riuniti in salotto.
Per lui.
Li guardò per l’ennesima volta. I suoi genitori, seduti sul divano sgangherato, si stringevano le mani l’un l’altro, gli occhi sgranati che lo fissavano, in attesa che il loro figlio sapesse finalmente l’esisto della sua domanda di ammissione. Sua sorella invece era alle sue spalle, in piedi, che batteva nervosamente le dita sullo schienale della poltrona, ansiosa come se fosse lei a dover sapere di quei risultati.
Strappò il lato corto della busta e fece uscire la lettera, prendendo l’ennesimo respiro. A occhi chiusi, come se avesse paura di guardare, l’aprì con delicatezza, le mani che tremavano e gli occhi socchiusi che andavano da una parola all’altra soffermandosi su di esse due volte prima di passare a quelle successiva.
Dovette leggere la frase una seconda volta prima di realizzare cosa effettivamente ci fosse scritto.
Piegò la lettera, guardò di nuovo i suoi, tesi come corde di violino, e poi scoppiò a piangere.
-Mi!- una nota più acuta del previsto gli scappò dalle labbra: -Mi hanno preso!- esclamò tra i singhiozzi, mentre le lacrime non la smettevano di scendere lungo le guance, ma il sorriso si allargava sul suo viso bruciato dal sole: -Mi hanno preso alla Garrison!-
Sua madre fece un salto sul divano a quelle parole, suo padre le diede un bacio sui palmi delle mani e poi le liberò dalla presa, sorridendo al figlio con orgoglio, congratulandosi con lui.
La donna quasi si buttò contro Hunk e si strinse forte a lui, scoppiando anche lei in lacrime. Balbettò al suo orecchio parole per di più incomprensibili su quanto fosse bravo il suo bambino e di come l'aveva resa orgogliosa.
Sapeva più che bene quanto avesse faticato per ottenere quel risultato. I pomeriggi spesi sui libri o a smanettare con oggetti di cui lei ignorava addirittura il nome, la sua passione per la cucina che durante gli ultimi mesi della scuola era momentaneamente stata messa da parte per permettergli di studiare e finirla con un voto eccellente, tutti quei sacrifici, avevano infine portato al risultato che tutti, in famiglia, desideravano per lui.
E la sua contentezza in quel momento era tutto ciò che una madre poteva volere per suo figlio. Lei non poteva fare a meno di continuare a tenerlo stretto tra le sue braccia e piangere di felicità per lui, conscia che presto avrebbe dovuto lasciarlo andare e seguire la sua strada.
-Ero sicura che ce l’avresti fatta, fratellino.- sussurrò la sorella passandogli una mano tra i capelli corvini, sorridendogli contenta. Le sarebbe mancato averlo in casa, soprattutto le sarebbe mancato fargli i dispetti e mettergli paura per qualsiasi cosa durante la notte, sport in cui, modestamente, eccelleva.
-Bugiarda.- ridacchiò il ragazzo tirando su con il naso e passandosi una mano sugli occhi, smettendo di piangere, facendo un sorriso d’intesa a suo padre.
Quando sua madre si sciolse dall’abbraccio, gli scoccò un bacio sulla guancia e si sedette nello stesso punto di prima, Hunk riprese la lettera che aveva posato sul bracciolo della poltrona e continuò a leggere.
La Garrison non aveva scritto molto su quello che si sarebbe dovuto aspettare dopo l’accettazione all’accademia, ma fortunatamente c’erano altre belle notizie.
-Il viaggio fino all’accademia sarà spesato dalla Garrison. Hanno scritto che dovrò solo portare alcuni effetti personali di prima necessità e che mi forniranno poi loro tutto una volta arrivato.- tirò nuovamente su con il naso e finì la lettura: -Mi hanno già assegnato un compagno di stanza, “McClain L.”-
La sorella fece un fischio di approvazione e si sporse verso la lettera, incuriosita. Poi ridacchiò.
-Sembra un nome scozzese. Forse sarai in stanza con un tizio con un accento strano e la puzza sotto il naso. Uhm, secondo me quella “L.” potrebbe stare per “Leopold”. Mi pare un nome abbastanza pomposo.- rise di nuovo e si staccò dal bracciolo della poltrona, adagiandosi, con l’eleganza di un elefante, sul divano insieme ai genitori.
-Spero non sia né un tipo pomposo né uno con la puzza sotto il naso. Voglio poter andare d’accordo con questo ragazzo. Dato che dovremo condividere del tempo insieme, è meglio se sia qualcuno con cui riesca ad andare d’accordo, non credi?- domandò, serio.
La ragazza si strinse nelle spalle, a disagio.
-Sì, beh, io… - ogni volta che Hunk le rispondeva seriamente quando lei voleva solo prenderlo un po’ in giro, la faceva star male, anzi, la faceva proprio sentire una pessima sorella: -Sono sicura che andrete d’accordo.- biascicò, arrossendo appena.
Il sorriso di Hunk non tardò a comparire.
-Sì, lo credo anch’io.-
-E quando è prevista la partenza per la Garrison?- chiese suo padre.
Il ragazzo abbassò di nuovo lo sguardo sulla lettera, cercando il punto esatto in cui se ne parlava. Nel leggere la data della partenza in aeroporto gli venne una stretta al cuore.
Una settimana.
Ora che aveva ricevuto i risultati non era più solo una possibilità quella di lasciare la casa accogliente dei suoi genitori e imbarcarsi in quella nuova avventura, completamente solo.
Avrebbe lasciato il suo paese da lì a sette giorni.
Alzò lo sguardo verso i genitori e nuove lacrime iniziarono a solcargli le guance.
Non era pronto a salutarli così presto.
-Una sola settimana?!- esclamò la sorella, prendendogli la lettera dalle mani una seconda volta, incredula.
Hunk annuì, rimanendo in silenzio, asciugando le lacrime e tentando di tranquillizzarsi.
-È fantastico.- pronunciò sua madre, sorridendogli gentile: -Tra una settimana potrai finalmente iniziare il tuo nuovo cammino nella scuola a cui hai sempre desiderato andare. Potrai diventare il miglior ingegnere di sempre.- anche se aveva cercato di dirgli quelle parole mantenendo un sorriso sincero, non poté evitare due lacrime che le scivolarono sul viso, subito asciugate dalle sue mani, leggermente tremanti.
Questa volta fu il turno di Hunk di alzarsi e precipitarsi verso di lei, stringendola in un abbraccio.
Non ci fu bisogno di aggiungere altro tra i due.
L’uomo poggiò una mano sulla spalla del figlio, e si inserì nell’abbraccio, facendo un gesto all’altra figlia, che seppure riluttante, accettò l’invito e si strinse ai familiari.
-Ci mancherai tantissimo.- sussurrò la donna.
-Quando partirai, userò la tua stanza come armadio per i miei vestiti.- disse sarcastica la ragazza, stringendosi di più al fratello. Probabilmente l’avrebbe fatto davvero, ma era più che certa che le sarebbe mancato da morire.
-Mi raccomando Hunk, mandaci qualche tua notizia di tanto in tanto.-
Il ragazzo strinse più forte la famiglia, grato di averli accanto.
-Vi tempesterò di messaggi, fotografie e note vocali.- rise, sciogliendosi da loro, asciugando una lacrima alla madre, poggiandole poi un dolce bacio sulla guancia: -Mi mancherete moltissimo. Vi penserò costantemente mentre studierò per diventare il migliore ingegnere della Garrison.-
Suo padre sorrise e gli batté una mano forte sulla spalla.
-Bene. È meglio che vada a preparare qualcosa. Devo scegliere cos’è per me un bene di prima necessità.-
-Ti aiuto io. Almeno tre quarti delle cose a cui stai pensando non lo sono.- replicò sarcastica la ragazza, sorridendogli.
-Probabilmente hai ragione.-
-Togli quel probabilmente.- un altro sorriso.
-Non dare fastidio a tuo fratello.- si intromise la madre, prendendo come al solito le sue difese.
Hunk li guardò scambiarsi le altre battute con un sorriso grato sul volto. Amava la sua famiglia.
Ed era stato più che serio quando aveva detto che gli sarebbero sicuramente mancati.
Lontano da quella casa, da solo, gli sarebbero mancati da morire.


NdA:
Ok, non ho riletto benissimo, quindi se trovate roba strana avvisatemi per favore.
Volevo scrivere di Hunk, questo patatino bellissimo che amano tutti ma non si fila quasi nessuno e ne ho approfittato per il COWT.
Grazie a coloro che leggeranno fin qui
   
 
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