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Autore: Dark prince    19/01/2018    3 recensioni
Coppie principali: DaiSuga/ OiSuga/ IwaOi
"Molti, erroneamente, pensano che il diamante sia perfetto e indistruttibile nella sua forma più complessa.
Nulla di più errato."-Il ragazzo dai capelli chiari si sporse appena dal cornicione e sorrise nel sentire il vento sferzare il suo viso. -"In realtà è la cosa che più somiglia ad una persona: Basta trovare il suo punto di rottura e tutto finisce a pezzi."
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Daichi Sawamura, Hajime Iwaizumi, Koushi Sugawara, Tooru Oikawa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Piccole premesse:
Di questo fandom sono alle prime armi ma questo non mi ha impedito di scrivere codesta FF dai toni un po’ contorti.
P.S. C’è un motivo per tutte le reazioni che i personaggi hanno.
Spero che questa storia vi piaccia.
Buona lettura.


 


Non ci voleva.
L’aver vomitato tutta la colazione dentro la tazza del water non era stata una sorpresa gradevole per il giovane alzatoro, che aveva avvertito malessere dalla sera prima. Ora si ritrovava in campo, durante gli allenamenti, a guardarsi attorno con una espressione che ricordava quella di un disperso in mezzo al mare che non toccava cibo e acqua da settimane.
Quando la palla colpì il pavimento con forza tale da far diffondere il rumore dell’impatto per tutta la palestra, creò un suono distorto, mescolandosi a tutti gli altri e creando una sinfonia discordante e assordante che costrinsero Koushi a portarsi entrambi le mani vicino al viso per coprire le orecchie sofferenti, causando una propria distrazione che gli costò molto cara a causa di Hinata che colpì la palla nel modo sbagliato, al momento sbagliato: Sugawara vennee colpito sulla guancia e l’urto riuscì a farlo vacillare per via dell’intensità.
Il dolore si fece avvertire quasi subito, seguito dalla sensazione di vomito e nausea che causò la perdita di equilibrio di Suga che cadde di schiena, provocandogli un dolore tale da far sfuggire un gemito di dolore si diffuse nell’aria.
 Tutti si fermano ad osservare quella scena, tranne Daichi che era troppo preso a parlare con il capitano della squadra femminile, ma per gli altri, che avevano prestato attenzione all’ambiente che li circondava, quella scena appena successo sembrò distante e surreale.
L’unico a destarsi per primo e scattare verso il vice capitano fu il giovane Hinata, preoccupato sia per lo status fisico che per le probabili ripercussioni che avrebbe avuto in futuro: In fondo era stato lui a schiacciare quella maledetta palla e a colpirlo. In tutto ciò, Koushi, si rese e conto di essere stato steso solo quando quella zazzera arancione iniziò a chiamarlo con prepotenza e ancostringerlo a mettersi almeno seduto, cosa che gli costò una smorfia di dolore che andò ad incorniciare il suo pallido viso e dei brividi freddi che gli attraversarono tutto il corpo.
Il suo sguardo vagò per la palestra, passando su i visi dei propri compagni di squadra, riconoscendoli uno per uno, e si rese conto anche di come lo stavano fissando, con quella preoccupazione negli occhi che non doveva esserci, per quanto gli riguardasse.

Era stato colpito.

Era stato colpito ed era caduto.

Era stato colpito, era caduto e tutti si erano fermati a fissarlo.

Tutti.

Tranne…

 Provò a parlare e si rende conto che nessun suono uscì dalle sue labbra, come se la bocca fosse impastata e non rispondesse più ai suoi comandi, quindi l’unica cosa plausibile per lui e scuotere il capo con così tanta violenza da causare un ulteriore giramento di testa per far comprendere agli altri di non preoccuparsi, tanto che impose al suo corpo di reagire ed alzarsi, ignorando tutto, anche la sua debolezza fisica più che evidente. Nessuno sembrò riuscire a fermarlo per riposarsi, neanche Asahi che si era avvicinato per sorreggerlo che, però, ricevette una occhiata di Koushi, con l'effetto di pietrificare il ragazzone sul posto e fargli ben capire di restare li dove fosse; non voleva farsi vedere in quello stato, doveva scappare da quella palestra in più in fretta possibile, ignorando il corpo che gli implorava pietà, di fermarsi, e la mente che stava perdendo la sua lucidità man mano che lui contrastasse il malore. Doveva soltanto uscire dalla palestra.
Stava male perché era il suo corpo a stare male.
Punto.
Si puntellò su i talloni, per avere un equilibrio maggiore mentre metteva in moto il suo corpo per dirigersi verso l'uscita della palestra, intravedendo la porta a scorrimento di ferro vicina: riusciva già a immaginare l’aria fresca solleticare il suo viso, un posto tranquillo dove sedersi e dove nessuno l'avrebbe notato. Ma questa immagine svanì quando i suoi passi lo tradirono e le sue gambe avvisarono di un nuovo cedimento tanto che fu costretto ad allungare le braccia potersi aggrappare alla maniglia, a qualcosa, per non cadere rovinosamente a terra.
I polpastrelli sfiorarono unicamente la maniglia di freddo ferro, senza nessuno scampo si ritrovò costretto ad accettare quella caduta che, però, non avvenne.Si sente afferrare da due mani dal nulla, poi a quelle mani si aggiunsero delle calde e stabili braccia che lo stavano continuando a sorreggere.
Tutta la squadra si ritrovò a voltarsi in quel momento, compreso Daichi che sembrò essersi destato tutto in un colpo e si ritrovò ad osservare la scena confuso.Tuttavia la manifestazione di sorpresa più alta era quella impressa sul viso di Kageyama che camminò con passo saldo, facendosi spazio fra i compagni in modo da avvicinarsi al nuovo entrato. Quello che reggeva Sugawara tra le braccia senza la benché minima difficoltà.

-“Cosa ci fai qui, Oikawa?” – La sua voce risultò infastidita, sfiorando il gracchiante- “Dovrebbe essere vietato ad allievi di altre scuole di entrare nell’istituto.-”

Tooru sfoderò un sorriso. Quello che rivolgeva a tutti era il suo sorriso splendente, a sua detta, e nel frattempo stava sistemando il braccio dell’alzatore della Karasuno attorno alle sue spalle per sistemarlo come si doveva, riuscendo a reggere in modo uniforme tutto il peso.

-“Sai come sono fatto: Arrivo dove c’è bisogno.”-

Tobio non fa in tempo ad avvicinarsi al capitano della Aoba Johsai che si vide superare dal proprio, che aveva in viso una espressione severa: i muscoli del suo corpo rigidi, eppure si poteva leggere smarrimento nei suoi occhi, come se non comprendesse il perché Koushi era lì, mezzo morto, fra le braccia di un Oikawa sorridente e sghembo che sembrava una volpe che aveva preso la sua preda giornaliera.
Era successo di nuovo?
Ancora si era distratto e aveva perso di vista cose importanti?
Si era di nuovo rinchiuso della sua fottuta bolla che non serviva a niente?
Sawamura si preparò mentalmente a parlare e ad agire, avvertendo un senso di pericolo dell'aria dall'origine sconosciuta, un qualcosa di imminente che avrebbe rotto quel momento precario che si era venuto a creare da alcuni mesi nella palestra, fra il capitano e l’alzatore.

-“Non si scomodi, signor capitano Daichi: Capisco cosa significa dover badare a tutti e ad avere certi impegni sulle spalle. Porto io Sugawara in infermeria.” – Quelle parole vengono rafforzate da quello che sembra un ghigno, uno di quelli che il diavolo, sotto le spoglie di un ragazzino di 17 anni.
Quelle parole provocarono in Sawamura l'esatto contrario, tantè che si stava avvicinando ad Oikawa per togliergli dalle grinfie Koushi.
Ma venne bloccato nel suo agire, nell'interrompere la messiscena messa in atto da Tooru poiché il loro allenatore, Keishin Ukai, li stava già richiamando all’ordine: Per quanto gli riguardava stavano soltanto perdendo tempo e se c’era qualcuno che poteva portare l’ammalato in infermeria e, contemporaneamente, non far distrarre troppo gli altri dall’allenamento, perché non approfittarne?
Alcune dei presenti manifesta la propria titubanza alla prospettiva di lasciare uno dei loro compagni di squadra avversaria in quello stato, con una persona del genere. Questi dubbi vennero interrotti dalla persona che in quel momento stava male ed era fra le braccia del suo aguzzino, almeno per l'imaginario di molti: Sugawara alzò il braccio e con la mano gesticola, cercando di far capire agli altri che andava bene così, che si sarebbe fatto trascinare dall’altro in un letto comodo e caldo: Questa prospettiva lo portò, in un gesto istintivo, ad affondare il viso contro la spalla del suo “salvatore” per sostenersi e alla ricerca di un celato conforto.
Sembravano quasi intimi.
Sembravano così intimi.
Ai presenti non resta che riprendere le loro attività, ignorando o non percependo nulla da quello che avevano appena assistito, confortati dai gesti del loro amico: la cosa che li spinge a tornare ai propri posti era il fatto che il vice- Capitano aveva bisogno di riposo ed era stato d’accordo anche Daichi, quindi perché preoccuparsene?
Però la persona che non riuscì placare l’animo era proprio Sawamura. Il suo istinto protettivo stava iniziando a scalpitare, aumentando di intensità quando sentì il rumore della porta che veniva chiusa.
Lui era rimasto lì, dove il suo ruolo lo designava.
 
 

 
                                                                              
                                                                                          §§§§§§
 
 
     Tutto tremava attorno a lui: La sua mente, il suo corpo, il mondo stesso. Poteva anche avvertire la sua anima vibrare appena come se anche lei fosse titubante sul da farsi, se lasciarsi andare in quel turbinio di movimenti senza una utilità alcuna.
Le sue mani ebbero uno scatto in quella fase di dormiveglia, ma riuscì a distinguire sulle dita sottili ancora i segni dei cerotti di tela che usavae durante gli allenamenti preventivando qualsiasi tipo di infortunio, ma poi si spostarono a concetrarsi sul tessuto morbido del lenzuolo che venne stretto appena fra di esse.
Lo stordimento non fa comprendere al ragazzo che era inusuale quella qualità di stoffa per un qualsiasi letto di una qualsiasi infermeria.
Questa deduzione riescì a raggiungerla solo quando, aprendo gli occhi, si ritrovò a fissare un soffitto bianco perlato dove sapientemente erano stati appiccicate delle fosforescenti stelle, pianeti e alcuni alieni a metà busto con una espressione “simpatica”, che eseguivano un segno della vittoria con le mani.
E Sugawara sapeva anche bene che quei cosi si illuminavano al buio.

-“Suga-Chan!” – ogni sua parola, ogni suo gesto emanava uno stato di euforia- “Finalmente ti sei svegliato, Mr Rinfrescante.”

Sbatte più volte le palpebre il vice- Capitano della Karasuno, come un corvetto appena svegliato e che non comprende come sia potuto finire in camera di Tooru, di non ricordare nulla del tragitto dalla palestra fino alla casa dell’altro e l’unica risposta concreta che gli passò in mente era un probabile svenimento.
Chiuse gli occhi, rasserenato dalla soluzione a cui era giunto, fino a quando un altro pensiero fulmineo gli si piantò nel cervello.

-“… Mi hai portato qui dalla palestra.” – Oikawa annuisce, con una espressione compiaciuta quando Sugawara pronunciò quelle parole - “Mi hai portato qui, a casa tua, senza avvisare nessuno?”-

Una scintilla di panico si impadronì deldel ragazzo dai capelli argento che stava già compiendo i primi movimenti, scoordinati, per dare una sberla all’altro alzatore.

-“Ho lasciato un biglietto al tuo Daichi dicendogli che ti portavo a casa. Poi ho chiamato tua madre, usando il tuo cellullare, per dirgli che stavi da me.”

Volpe astuta.
Viscido serpente.
Koushi si ritrovò a lanciare una occhiataccia, per quando potesse sembrare minaccioso ridotto così, per il trucchetto che aveva usato il Grande Re* e dell’aggettivo usato vicino al nome del suo capitano.
Suo.
Niente era suo.
 
Un improvviso giramento lo portò a chiudere gli occhi e cercare di rilassare tutta la muscolatura, fattore abbastanza arduo se si valutava il suo status mentale.
Il moro sorriae verso di lui e si alzò dalla sedia di legno dove era stato fino a quel momento, per prendere il bicchiere d’acqua che aveva precedentemente posto sulla scrivania, per poter far bere l’altro e calmarlo.
-“Ti ho donato qualche ora di pace, non credi?
Sii grato nei miei confronti.”
La voce bambinesca che escì dalle labbra sottili di Oikawa fa compiere a Suga prima una smorfia di rabbia, ma questo si tramutò presto in un sorriso rassegnato quando nella sua mente riaffiorirono i pochi ricordi di quello che era accaduto in palestra.

-“Entrare così, in quel modo compiaciuto, in palestra: Proprio come il grande Re”

Quelle parole fanno nascere un nuovo sorriso sul viso del Capitano della Aoba Johsai che si voltò verso la sua destra, dove vi era un cartonato di Alessandro Magno, di modeste misure, che aveva l’insignificante dettaglio della testa; Non c’era quella del grande conquistatore. Ma una foto della faccia di Oikawa.
 Tooru Tornò a sedersi per stare più comodo a mentre si dilettava a parlare e guardare in viso il suo ospite: ogni volta che si ritrovata in una situazione del genere con Sugawara, si domandava sempre come e perché.
Era stato il destino a farli incontrare o solo la pallavolo?

Ricordò con esatezza il campo, evento che avevano organizzato le squadre di loro iniziativa durante la pausa estiva e dopo i vari incontri in modo di stare in compagnia, e condividere una passione comune.
Tutto perché si diventa rivali.
Ma anche amici, in un certo senso.
Però, per Tooru, l'immagine più vivida di tutta quella serata fu quando la sera, colto da un necessario bisogno di bere, si svegliò nel cuore della notte.La serata era tranquilla, scandita solo dal suono delle cicale che proveniva da fuori, però dentro la villetta che era stata affittata per l'evento e dove tutti dormivano, vi era il più tenebroso dei silenzi.
Sembrava non esserci neanche il suono dei respiri delle persone che giacevano dormienti.
Quando Oikawa si decise di andare in cucina, per placare la sua indecente sete, si ritrovò a camminare per i lunghi corridoi buio mezzo assonnato e mezzo stranito da una sensazione opprimente all’altezza dello stomaco che lo induce, sovrappensiero, a non accendere la luce quando si trovò nella stanza che gli serviva.

Era stata la luce della luna, complice, a fargli intravedere qualcosa nel buio totale in qui giaceva la stanza: i suoi occhi aveva riconosciuto l’ombra di quella che era la punta di un coltello, tenuto dal manico da una mano tremolante, e la stretta era così forte da mettere in rilievo tutte le venature del dorso.
La sua inquietudine aumentò nel preciso istante che capì dove puntava.
Era vicina la lama, troppo vicina alla gola.

Non sua.

Ma di Sugawara.

Koushi stava tenendo un coltello e se lo stava puntando alla gola. Quei ricordi, quelle sensazioni, sembravano essere impresse a fuoco nella mente di Oikawa che per quella sera si ritrovò ad essere il salvatore di un corvetto dalla espressione spaventata e distrutta. E per farlo ci voleva molto: aveva spesso paragonato Koushi ad un diamante. Un oggetto talmente resistente che per frantumarlo serviva trovare il suo punto di rottura.
Da lì sono accadute così tante cose che non gli sarebbe bastata una giornata al moro per ricordarle tutte perdersi nei suoi pensieri che vengono destati dal Respiro del corvetto che stava dormendo nel suo letto, beato. Si limita a coprirlo come meglio riusciva senza svegliarlo, spostandosi di stanza per farlo riposare e recuperare il cellulare dove nota ben 20 messaggi: Solo 10 di questi appartenevano a Iwaizumi.
Oikawa si lasciò scappare un sospiro e ripose il cellulare di nuovo sul tavolo.
Sarebbe stato saggio tenerlo spento per un po’.


 
 
 §§§§§§
 
“Ho tutto dentro e niente fra le mani.
Penso, ricordo e mi perdo dentro a questo che dovrebbe essere il mio corpo.
Non riconosco nulla, sembra un fantoccio con in viso una maschera dalle fattezze grottesche.
“Non”.
È quella singola parola che mi fa sentire estraneo.
Io “Non”.
Io “Sono”.
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Note:
*Il cartonato di Alessandro Magno ha un senso, giuro.
Si presume che Oikawa e Magno siano nati lo stesso giorno e mese in più, aggiunta carina, entrambi hanno il nominativo di “Grande Re.”
 
Grazie per essere passati a leggere questo capitolo e questa storia. Enjoy.
  
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