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Autore: Raptor Pardus    19/01/2018    0 recensioni
Sulla terribile Piaga che infestò la galassia e riunì i Tre Imperi, e sugli sfortunati minatori di Verris che ne patirono le conseguenze.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giorno 1041
 
Il pesante velivolo atterrò sulla distesa priva di vita, librandosi a pochi centimetri dal suolo grazie ai suoi due reattori posteriori.
La squadra di fanteria scese dal mezzo e si schierò intorno ad esso, in attesa che i droni esplorassero completamente la zona mentre altri trasporti atterravano intorno a loro, ricoprendo la piana di mezzi e fanti.
<< Il bombardamento orbitale ha avuto pieno successo. >> affermò in Khorsiano il capitano Imperiale al suo comunicatore. << Procediamo a ripulire i nidi. >>
I fanti avanzarono serrati, un’immensa linea lunga quanto tutta quella che un tempo doveva essere una florida pianura e invece ora era una distesa deserta, sterile, morta.
Ad una estremità di quella landa potevano vedere i resti di una città umana, un piccolo agglomerato di gusci vuoti e spezzati.
Uno dei droni mandati in avanscoperta inviò un segnale di pericolo, preannunciando l’assalto nemico.
<< Locuste, davanti a noi, avanzano numerose. >> comunicò il capitano alla sua unità, che prese posizione e rimase in attesa del contatto visivo, mentre il terreno iniziava a vibrare, in un rapido crescendo.
<< Ricordate, mirate prima ai centurioni, i gregari sono una minaccia secondaria. >> disse sempre in Khorsiano un delegato dell’Unione scendendo dal trasporto, alto nel suo carapace immacolato, l’elmo crestato e privo di occhi.
<< Torni nel veicolo, i suoi consigli non ci servono. >> gli rispose scontroso l’ufficiale Imperiale.
<< Suvvia, sono sicuro che questa nostra alleanza possa evolvere in qualcosa di costruttivo, se solo voi lo permetteste. >> continuò il Volosiano con fare mellifluo, avvicinandosi all’alleato.
Il Khorsiano aprì la celata dell’elmo e staccò un elettrovisore dalla sua cintura.
<< Arrivano, tenersi pronti! >> sbraitò.
Le Locuste apparvero all’orizzonte, dietro alcune basse e brulle colline solitarie.
<< Centomila unità almeno, rilevati diversi ductor. Inviare esoscheletri! >> continuò l’Imperiale, mentre i soldati si preparavano a resistere all’urto.
L’artiglieria iniziò a sparare, macellando le bestie nelle prime linee, presto calpestate dalla compagne dietro di loro.
<< Il loro nido non deve essere molto lontano se ci attaccano così numerose e così dirette. >> osservò il Volosiano.
Il capitano abbassò l’elettrovisore e alzò un braccio, indicando i resti della città.
<< Lì dentro, quartieri meridionali, proprio davanti a noi. >>
<< Ah, avete già un piano per abbattere il loro rex? >>
<< Ovviamente, noi siamo solo un diversivo. >>
Il Volosiano guardò il cielo sopra la cittadina, notando a malapena le scie luminose che scendevano veloci verso i palazzi distrutti.
<< Esoscheletri, vero? >>
<< Già. >>
Le Locuste erano ormai a portata.
<< Aprire il fuoco! >> ordinò il capitano.
Un pioggia di plasma piovve sui piccoli gregari e sui loro centurioni, vomitato da migliaia di fucili e cannoni, e subito si consumò il massacro.
 
L’esoscheletro d’assalto atterrò pesantemente in mezzo all’androne di un palazzo di tre piani, sfondando un soffitto dopo l’altro.
<< Fate attenzione ai pretoriani e avvisate se individuate gli auctor. >> comunicò il suo pilota al resto della squadra.
<< Ricevuto, khorsik. Siamo dietro di te. >> rispose la radio.
Ruotò la piccola testa del suo esoscheletro fino a farle fare un giro completo, scansionando l’intera stanza.
Zona libera.
Abbatté un altro muro e ripeté l’operazione, cercando il suo bersaglio, da qualche parte davanti a lui.
<< Khorsik, ho trovato la covata. >> comunicò un suo sottoposto alla radio.
<< Convergiamo sulla tua posizione. >> rispose il pilota azionando i reattori dorsali dell’esoscheletro e uscendo dall’edificio con un lungo balzo.
Attraversò la strada planando e atterrò alla base di un alto grattacielo ormai distrutto e crollato su sé stesso.
Tre gregari gli vennero incontro, correndo sulle loro sottili zampe, i due lunghi artigli alti sopra le teste deformi.
Spostò la mano destra sulla cloche sferica e la sua armatura alzò immediatamente un braccio, puntando automaticamente contro la creatura più vicina. Una leggera pressione e il suo getta-plasma a fusione infiammò l’aria davanti a lui, avvolgendo nel fuoco i due mostri, che crollarono al suolo squittendo e crepitando. Il terzo e ultimo gregario saltò in alto, superando indenne le fiamme e lanciandosi verso il suo braccio meccanico.
In un attimo lui ruotò il torso e alzò il braccio sinistro, mollando un pugno in pieno volto alla creatura in volo, che si schiantò a terra, davanti ai suoi piedi. Alzò una gamba meccanica e schiacciò l’orrendo essere, ponendo fine alla sua breve vita.
Carne da macello, nient’altro, ecco cosa erano i gregari, carne da macello spinta avanti dai centurioni, i loro fratelli maggiori, per espandere il dominio del loro signore, il rex, l’essere che dominava quel branco, un orrendo mostro subdolo, maligno e dannatamente intelligente.
L’unico essere che competeva in quanto a intelligenza e malvagità con una tale mostruosità era il solitario venator, un mastodontico verme che nessuno avrebbe mai voluto incontrare.
Il Khorsiano sfondò il muro davanti a lui e penetrò nel grattacielo, dirigendosi rumorosamente verso il seminterrato buio.
Dove avrebbe dovuto trovare il vano di corsa dei grandi ascensori che attraversavano tutto il palazzo scoprì invece una larga voragine, profonda chissà quanto, sul cui bordo lo attendevano altri tre suoi compagni, sigillati all’interno delle loro corazze meccaniche.
<< Andiamo, khorsik? >> arrivò alla sua radio.
<< Affermativo. >> rispose l’alieno saltando all’interno del pozzo.
Atterrò alcune centinaia di metri più in basso, rallentando la caduta coi suoi propulsori, e attivò i sensori notturni, guardandosi rapidamente intorno.
<< Pretoriani! >> avvertì, mentre il visore termico mostrava un ingente numero di fonti di calore non troppo lontane, proprio sulla loro strada.
I mostri corazzati il caricarono muggendo, sicuri della protezione dell’oscurità.
Le loro mitragliatrici dimostrarono che si sbagliavano.
<< Khorsik, è una mia impressione o questi esseri stanno diventando più resistenti? >> chiese uno dei suoi soldati respingendo con un pugno una di quelle creature e crivellandola di proiettili.
<< Inspessiscono le loro corazze, si adeguano alle nostre armi. >> osservò il comandante. << Non sono per niente stupide. Andiamo, il rex non è lontano. >>
Un tentacolo volò rapido verso di loro, afferrando la testa di uno degli esoscheletri e staccandola di netto.
<< Auctor! >> urlò il comandante, attivando la gondola di missili agganciata alla spalla della sua armatura e sparando contro l’oscurità.
<< Non vedo più niente! >>
<< Khorsik, dietro di noi! >>
Un altro tentacolo volò contro di loro, afferrando il braccio destra della sua corazza, tirando per staccarlo.
Il Khorsiano puntò i piedi e tirò verso di sé, resistendo all’attacco.
<< Per l’Impero! >> urlò, mentre gli enormi quadrupedi che li avevano attaccati uscivano dall’oscurità e sollevavano il carapace, espellendo dalle loro schiene centinaia di bozzoli viscidi.
Altri pretoriani si lanciarono contro di loro, protetti dalle lingue uncinate dei compagni più grandi.
I bozzoli si schiusero, liberando orribili larve vermiformi che zampettando sui loro minuscoli artigli, scalarono gli esoscheletri da guerra Imperiali e iniziarono a roderne le corazze lucide con gli affilatissimi denti, accecando i piloti ormai alla mercé del travolgente nemico.
 
L’enorme ductor arretrò, circondato dai fanti Imperiali, ruggendo feroce contro i suoi cacciatori e schiantando uno dei suoi possenti artigli sullo scafo di un trasporto che cadde pesantemente al suolo.
Un carro poco distante fece fuoco, aprendo uno squarcio di venti centimetri di diametro nel petto della creatura, che si alzò in tutta la sua statura e portò i quattro arti anteriori al petto, vacillando per poi cadere all’indietro e schiantarsi al suolo.
<< Notizie dei suoi soldati in città? >> chiese il delegato Volosiano scendendo dal trasporto sul quale si trovava e avvicinandosi al cadavere del mostro.
<< No, ma ho inviato rinforzi. >> rispose il capitano Khorsiano, subito dietro di lui.
<< Devo forse far intervenire i miei militari? >> continuò il Volosiano, chinandosi a guardare meglio la testa della bestia.
<< No, possiamo benissimo gestire da soli la situazione. >> sbottò burbero il capitano schiacciando la zampa recisa di un gregario sotto il piede ungulato. << Il sistema Verris può considerarsi disinfestato, ormai. >>
<< Non canti vittoria troppo presto, maut khorosh. >> disse il Volosiano alzandosi. << Ci sono due pianeti minerari che non abbiamo ancora controllato. >>
<< Pianeti inospitali. Se la Piaga li ha raggiunti, si sarà estinta da sola per mancanza di cibo. La Federazione Terrestre può già tornare a riprenderseli. >> osservò il Khorsiano incrociando le braccia.
<< Mi perdoni se dubito di ciò che dice, ma le Locuste hanno più volte dimostrato di poter autosostenersi senza problemi. >>
<< Vedremo allora. >>
<< Vedremo. >>
 
Jaco aprì gli occhi e inspirò a fondo.
Di nuovo un incubo.
Si alzò dalla cuccetta e si tolse la maglia intrisa di sudore, dirigendosi zoppicante verso il bagno della loro cabina.
Camminare senza un muscolo non era per niente facile, ma o quello o si faceva amputare la gamba infetta, e non avevano abbastanza soldi per permettersi una protesi decente.
Si sciacquò il viso al lavandino e si guardò nel piccolo specchio rettangolare posto sopra di esso.
Diamine se era invecchiato in tre anni.
Certo, vedere la Galassia trasformarsi in un inferno non ti aiuta certo a rimanere giovane.
La Piaga aveva imperversato per il braccio di Orione e oltre come la peste aveva fatto secoli prima sulla Terra, divorando lune, mondi e sistemi, obliando per sempre interi settori.
Nell’Impero non se la passavano meglio, dato che quella razza di mostri era arrivata dal braccio Esterno, oltre i loro confini, e anche all’interno dell’Unione Volosiana c’erano stati focolai d’infestazione.
Quanti danni erano riusciti a fare, e tutto senza nemmeno poter viaggiare più veloci della luce.
Bastava una meteora scambiata per stella cadente, o un’astronave con una larva nascosta nella stiva, e addio pianeta, ricoperto di nidi di Locuste in meno di trenta ore, nidi che per giunta entravano come niente in competizione per cibo e territorio.
Erano stati messi in ginocchio da degli esseri che assomigliavano più a dinosauri o a formiche che a loro, era quasi ironico.
Quasi.
Se ne sarebbero mai liberati? Forse no, considerando quante spore dormienti potevano esserci ancora a fluttuare nello spazio, in attesa che qualche campo gravitazionale le attirasse.
Si sgranchì le scapole e tornò sempre zoppicando verso il letto, aprendo prima un piccolo stipo metallico accanto ad esso per cercare una maglietta pulita.
Virgo dormiva ancora, accoccolata contro la parete, i piccoli piedi nudi lasciati scoperti dalle lenzuola bianche. Jaco scivolò con lo sguardo sulla curva creata dal suo fianco, godendosi lo splendore della sua bellezza.
Un ticchettio attraversò il muro, facendolo voltare.
Era solo nella penombra che pervadeva la stanza, se si escludeva la ragazza che stava dormendo nel suo letto.
Il ticchettio passò di nuovo, seguito da un impercettibile gorgoglio.
Qualcosa camminava nelle tubature.
Forse stava diventando paranoico, forse si stava semplicemente immaginando tutto.
Forse stava ancora dormendo e quella era soltanto un’altra tortura dei demoni dei suoi incubi.
Un altro gorgoglio.
No, qualcosa c’era, non se lo stava immaginando.
Aprì silenziosamente la porta che dava sul corridoio e uscì dalla cabina, dirigendosi silenzioso verso la guardiola di quel ponte.
Una giovane soldatessa dal naso schiacciato e dai folti ricci ramati, legati in una voluminosa crocchia, sedeva stravaccata davanti agli schermi delle telecamere di sicurezza, prossima ormai a cedere al sonno.
Scosse la testa e si stropicciò un occhio non appena lui bussò alla porta spalancata della sua postazione.
<< Che c’è? >> chiese lei poco cordiale, cercando di trattenere uno sbadiglio.
<< Ho sentito qualcosa muoversi all’interno della parete. >>
<< Per l’ultima volta, signore, la nave è sicura. Non ci sono né larve, né secutor, né venator, può stare tranquillo. Torni a dormire, il viaggio per Rigel è ancora lungo. >>
<< Quando è stato fatto l’ultimo controllo? >> chiese Jaco, insistente.
<< Una settimana dopo la partenza, a questo punto se ci fosse stata davvero una larva a bordo l’astronave sarebbe già stata spezzata in due da un venator troppo cresciuto, non crede? >> replicò lei, stanca ormai di quella discussione.
<< E se si fosse introdotta una spora durante il viaggio? È già successo. >> continuò Jaco.
<< Va bene, signore, chiederò al comando di controllare. Torni a letto ora! >>
Signore.
Era davvero così vecchio?
Tornò in camera poco convinto e si rimise a letto, infilandosi sotto le leggere lenzuola e poggiando il braccio sul fianco dell’amante, cercando di riprendere sonno, cullato dal lieve ronzio dei motori della grande astronave militare dove si trovavano, in viaggio verso una nuova casa, verso una nuova vita nel Nucleo interno, dove sarebbero stati al sicuro finché Umani, Khorsiani e Volosiani non fossero stati certi di aver debellato per sempre la Piaga.
“E chissà…” pensò Jaco socchiudendo gli occhi e lasciando che i suoi demoni tornassero a sussurrargli dolci parole. “Forse è la volta buona che i Tre Imperi mettano da parte le divergenze e trovino il modo di convivere in pace.”
E nel freddo siderale dello spazio profondo, accompagnato dalla luce di infinite stelle, Jaco si addormentò. E ormai abbandonato alla nebulosa nebbia del sonno, ripensò a tutto quello che gli era successo nel corso della sua ancora breve vita, e reputò di essere un uomo molto fortunato.
   
 
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