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Autore: Scaramouch_e    19/01/2018    1 recensioni
Indil, la figlia di Thranduil, e sorella di Legolas Greenleaf, è andata a Gran Burrone, con il fratello gemello, sotto l’ordine del padre per sentire ciò che il consiglio di Erlond ha da dire sulla minaccia portata dallo hobbit Frodo Baggins. La principessa di Bosco Atro si unirà alla compagnia dell’anello per proteggere suo fratello, e inconsciamente anche un altro componente.
Amore, avventura e coraggio serviranno alla giovane per riuscire nell’impresa nell’aiutare il giovane Frodo e i suoi amici.
Seguendo la trama dei libri e dei film, anche se modificata in alcune parti, accompagnerete le prodezze di Indil e della nuova compagnia dell’anello nella loro lotta contro Sauron e nel loro viaggio verso il Monte Fato.
[Boromir x nuovo personaggio + altre ship + accenni di Aralas (Legolas x Aragorn)]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aragorn, Boromir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn, per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio capitolo...
Buona lettura.
Capitolo VI

Indil e Legolas furono i primi elfi a mettere piede a Moria dopo tanto tempo e i loro cuori erano in tumulto.
Avevano paura. Gravemente 
e a lungo i nani avevano scavato nelle miniere risvegliando esseri che non si vedevano da ere, e questo ai due elfi non faceva per niente piacere. Si guardarono dunque prima di addentrarsi nei recessi della terra.
“Tutto bene la spalla
, Aragorn?”, domandò Legolas all’uomo che annuì, toccandosi la spalla che era stata scalfita dalla lama nera dei Nazgul.
“È meglio tacere, Legolas. Ci sono molte cose nella caverna e qui non voglio dire nulla di compromettente”, bisbigliò il ramingo del Nord fissando le tenebre.
Intanto si avvicinarono ai tre compari Gimli e Boromir. Gimli, il cui volto era bianco come  quello di un cadavere, disse togliendosi il cappuccio che portava da quando erano partiti da Gran Burrone: “Mi dispiace amici miei… Non sapevo delle gravi disavventure della mia famiglia, e ora ho timore di vedere Balin... Non avrei consigliato a Gandalf di intraprendere questa via, se avessi saputo”.
Fu Legolas che, sorprendendo tutti e se stesso per primo, si chinò a livello del nano e mise la mano sulla sua spalla: “Non ti angustiare mastro nano, non 
potevi sapere nulla di quello che è capitato.”
Nel mentre Gandalf
, che si era fermato a riflette sulla via da prendere a un bivio, esclamò alzandosi in piedi: “Ah! Ho trovato la strada. Seguitemi amici miei.”
“Ti sei ricordato?” chiese curioso Merry.
“No, ho semplicemente seguito il mio naso
. Quando non sai che strada prendere, mastro Merry, è il caso di seguire gli odori”. Gandalf fece l’occhiolino e si toccò il grande naso sotto gli sguardi sorridenti della compagnia.
Proseguirono il loro cammino con animo più leggero anche se Legolas, che chiudeva la fila dei dieci compagni assieme a Aragorn, guardava continuamente 
a destra, a manca, sotto e sopra per vedere se c’erano pericoli.

 

Dopo molto cammino, una grande sala circolare fu offerta alla vista dei compagni e Gandalf notò una tomba al centro della stanza.
Si chinò a leggere e il cuore dello stregone tremò. “Qui giace Balin, figlio di Fundin, signore di Moria. È morto dunque” bisbigliò, e Gimli si piegò sulle ginocchia urlando di disperazione.
Indil si avvicinò al nano e gli mise una mano sulla
 spalla. Rimasero così, Gimli in singhiozzi ormai silenziosi e l’elfa in silenzio a confortare il compagno di viaggio.
Gandalf, che stava esplorando la caverna, trovò un libro posto vicino a un cadavere di un nano che si trovava seduto accanto alla 
tomba, lo prese e lo adagiò vicino a un pozzo dove si trovavano Merry e Pipino.
Cominciò a leggere la scrittura stretta dei nani: “Hanno preso il ponte, e il secondo salone… Abbiamo sbarrato i cancelli, ma non possiamo resistere a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli abissi. Non possiamo più uscire. Un'ombra si muove nel buio. Non possiamo più uscire. Arrivano.”
Senza volere, Pipino fece cadere un cadavere nel pozzo, sbattendoci contro con la schiena.

Dum, dum, dum.
Rumori di tamburi si fecero sentire facendo rabbrividire la compagnia dell’anello, e Gandalf si gettò sull'hobbit, che era rimasto immobile pieno di paura e vergogna . “Idiota di un Tuc! Gettati tu la prossima volta!”
All'improvviso Frodo lanciò un urlo di terrore: Pungolo, la spada che gli aveva regalato Bilbo, baluginava nel buio della stanza. Voleva dire solo una cosa, orchi.
Legolas, con l’aiuto di Boromir, riuscì a chiudere il cancello. Il legno però sotto il peso degli orchetti vacillò e infine si spezzò, facendo entrare la mandria di orchi e un troll enorme che subito si gettò sui compagni.
Gimli, la faccia bianca ma decisa
 con l’ascia in pugno uccise un orchetto.
“Che vengano pure! Troveranno che qui a Moria c’è ancora un nano che respira” disse, e si inserì nella mischia.
 Aragorn e Boromir combatterono gli orchetti uccidendone a frotte con le spade, e persino Sam usò i pugnali per abbattere quanti più nemici poteva. Gandalf, leggiadro, uccideva i nemici con il suo bastone e Legolas aiutava con le sue frecce.

Ben presto gli orchetti si rintanarono da dov’erano venuti, lasciando solo il troll.

Il troll colpiva duro e ci vollero i fendenti di Merry e Pipino, e le frecce di Indil  per abbatterlo; ma la creatura, prima di morire colpito da una freccia di Legolas, individuò Frodo e lo fece andare a sbattere contro la parete.
Fu Sam il primo ad avvicinarsi a Frodo.
“Dovrebbe essere morto” bisbigliò Boromir sul corpo riverso 
dello hobbit.
Indil armeggiava per togliere il tappo di sughero che ricopriva il cordiale che le aveva dato Arwen, quando lo hobbit tossì e si svegliò, mettendosi seduto.
Indil respirò di sollievo, mettendo la boccettina di nuovo alla vita. Si chinò per vedere se la bianca pelle di Frodo avesse subito danni, ma trovò che a proteggerla c’era una cotta di maglia di Mithril molto simile a quella che anche lei portava e subito sorrise.
 “Bene, sono contento che Bilbo ti abbia fatto un dono tanto utile” disse Gandalf sorridendo e Merry urlò: “Evviva Bilbo!”.

“Ora però proseguiamo per l’ultima parte: il ponte di Khazad-dûm”.
Gandalf si alzò e andò verso la porta con i membri della compagnia dell’anello che lo seguivano.

Dum, dum, dum.
Altri colpi di tamburi fecero fermare la compagnia, e Gandalf si voltò: dietro di lui un mostro enorme, con lunghe corna aguzze e circondato di fuoco stava per raggiungerli.
Persino gli orchetti avevano paura di lui: se ne tenevano a distanza, difatti, suonando i loro maledetti tamburi.
“Cos’è questa nuova diavoleria?” domandò Boromir, gli occhi sgranati.
“È un Balrog. Un demone del mondo antico. È al di là delle nostre forze, dobbiamo fuggire!”. Le parole accorate di Gandalf gettarono sconforto alle orecchie di Aragorn. “Gandalf!” esclamò.
“Andiamo Aragorn!” urlò lo stregone, dirigendosi verso il ponte seguito dal resto dei compagni e dalla creatura di fuoco.
Il ponte era mezzo crollato ma videro, con un certo sollievo, la luce al di là di una stretta apertura. Legolas saltò per primo e atterrò con grazia dall’altra parte, subito seguito da Indil. I due elfi si fissarono e poi guardarono gli altri membri della compagnia: Aragorn era assai in bilico e faceva fatica a reggere tutti, Gandalf invece era rimasto indietro lanciando incantesimi a bassa voce verso il Balrog.
Senza esitazione a Legolas venne un’idea. “Aragorn, lanciaci Merry, Pipino e Sam” pronunciò l’elfo e Aragorn ubbidì, lanciando i tre hobbit che atterrarono fra le braccia di Legolas e Indil.
“Io vado fuori, a controllare che non ci siano pericoli dall’altra parte. Seguitemi, giovani hobbit” furono le parole di Indil che uscì fuori dal buco chinandosi appena per non urtare la testa, seguita prontamente da Merry, Pipino e Sam.
Gimli fu il secondo a lanciarsi, ma senza bisogno d’aiuto, e atterrò pesantemente vicino a Legolas uscendo all’aria aperta. Boromir lo seguì atterando vicino all'elfo e rimase in attesa di Frodo e Aragorn, fissando attentamente i movimenti del ponte che stava per crollare sempre di più.
“Aspetta, Frodo” bisbigliò Aragorn e, in quel momento, il ponte dove stavano lo hobbit e l’uomo crollò, rovinando sull’altra metà.
Aragorn fu accolto dalle braccia dell’elfo, che arrossì quando si rese conto di stare abbracciando l'uomo 
e lo lasciò andare. Anche Frodo riuscì a passare indenne dall’altra parte. Solo Gandalf rimase e, agitando il bastone e la spada, lo stregone grigio urlò: “Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor! Il fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udun! Ritorna nell'ombra! Tu non puoi passare!”
La forza dell'incantesimo fece inabissare il mostro e Gandalf sospirò di sollievo tentando di raggiungere il resto della compagnia, ma una stoccata della frusta che il Balrog aveva in mano trasportò Gandalf nell’ombra. Prima di inabissarsi, lo stregone tentò di aggrapparsi alla roccia, ma era debole - troppo debole - e fu trascinato nelle tenebre della miniera.
Poco prima di cadere riuscì a sollevare il viso e a guardare Aragorn, Legolas, Boromir e Frodo che lo fissavano sconvolti a loro volta.
“Fuggite, sciocchi!” furono le ultime parole che rivolse loro.
Frodo urlò sconvolto e tentò di divincolarsi dalle braccia di Boromir che lo tenevano ancorato al suo petto. Il Gondoriano non mollò la presa e uscì dalla caverna con l'hobbit piangente.
“Andiamo, Aragorn!”. Legolas chiamò l’amico che era rimasto interdetto a fissare il vuoto. L’uomo si riscosse seguendo l’elfo fuori.

La bella giornata colpì forse più di tutto il resto i nove membri della compagnia dell’anello.
Frodo e pure gli altri hobbit piansero per parecchio tempo, Legolas e Indil rimasero silenziosi ma pure sconvolti e sembravano due statue di marmo mentre si abbracciavano, calde lacrime che scivolavano dai loro occhi. Boromir e Gimli piangevano anche loro, il nano seduto a terra ormai troppo sconvolto e l’uomo di Gondor chinato vicino a lui, come spezzato. L’unico che sembrava esser fermo e impassibile era Aragorn che con un sospiro, dopo un poco che erano usciti, disse senza mezza termini: “Legolas, falli alzare.”
L’elfo fissò l’uomo sconvolto ma non disse niente. Al suo posto parlò Boromir: “Concedi loro un momento, per favore. Sono sconvolti.”
Ma Aragorn non si fece intimidire: aveva ricevuto lui l’incarico di guidare la compagnia verso la salvezza e così avrebbe fatto, così disse sbottando: “Queste colline brulicheranno di orchi da qui a qualche ora. Dobbiamo arrivare ai boschi di Lothlorien. Su, dobbiamo andare, Boromir. Legolas.”
Si avvicinò ai compagni facendoli alzare con uno scossone, e loro borbottando obbedirono. Andarono via da Moria lasciando dietro di loro solo lacrime, mentre davanti avevano speranza, perché i boschi di Lorien erano assai protetti dagli elfi silvani guidati da dama Galadriel e lord Celeborn.

 

   
 
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