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Autore: Arwen297    21/01/2018    2 recensioni
[ SEGUITO DI "IL VENTO DELLA LIBERTA']
Presente la coppia Seiya x Michiru
Sono passati 13 lunghi anni da quando Haruka è partita per gli USA nel tentativo di salvare la famiglia dalla rabbia della famiglia Kaioh, la sua carriera ha preso il volo e ormai è famosa nell'ambito delle corse. Il suo rientro in territorio nipponico per la laurea della sorella Usagi le donerà un incontro sperato per tutto il tempo passato lontana da casa.
Michiru ha una carriera ormai solida a fianco di suo marito, Seiya, con il quale si esibisce in concerti di musica moderna senza abbandonare le sue composizioni classiche.
Le due si troveranno a fare i conti con il loro passato e i loro sentimenti più forti e prorompenti che mai, entrambe ne usciranno cambiate e segnate e anche per Seiya non si prospetta nulla di buono, entrambe dovranno lottare per trovare la loro felicità.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Note dell'autrice: Dopo mesi di attesa posso finalmente dire "Habemus Capitolo" scusate l'attesa, ma ho avuto tempo molto discontinuo per scrivere. Vi auguro buona lettura!
 


Capitolo 9: Dubbi e ripensamenti?
 
Era rientrata a casa quel pomeriggio, dopo aver ricevuto la chiamata di Seiya che l'avvisava che stavano partendo per rientrare in città.
In quel momento era sdraiata sul letto, in totale confusione per ciò che era successo nei giorni precedenti. Non si capacitava di come poteva essere andata a letto con Haruka per più di una volta, lei che aveva sempre fatto della fedeltà uno stile di vita fin da piccola, era venuta meno a uno dei suoi principi senza troppe preoccupazioni.
Ma a mente fredda aveva dei dubbi sull'aver fatto la scelta giusta, forse si era fatta trasportare dalle emozioni, dal bisogno di essere confortata e il bruno era fuori dal lavoro. Le sensazioni che aveva sentito, però, erano state forti e intense.
Lo sguardo della bionda non l'aveva ancora lasciata del tutto, anzi, era un tormento ben presente, così come il ricordo delle sue labbra che le sfioravano qualsiasi parte del corpo.
Era se possibile ancora più confusa per il contenuto di quella cartellina di cui le aveva fatto dono l'altra. Tutto ciò che aveva letto le sembrava assurdo da una parte, ma i documenti che provavano il tutto erano contenuti insieme alla relazione quindi non c'era proprio via di scampo. Ed erano documenti autentici, non copie ne manomissioni.
Non sapeva cosa pensare, non sapeva come comportarsi nel momento in cui Seiya sarebbe arrivato in casa. Non era sicura di riuscire a fingere che andasse tutto bene, non ne era mai stata capace e lui la conosceva troppo per non accorgersene.
Cosa si sarebbe inventata?
E poi c'era Nari, vittima senza colpe di tutto ciò che sarebbe scoppiato nel momento in cui lei stessa avrebbe parlato con i suoi genitori prima, con Seiya poi.
Sospirò profondamente per cercare di regolarizzare il respiro ormai controllato dall'ansia che le provocava la situazione che si sarebbe delineata da li a breve tempo. Era perfettamente in grado di provvedere ai bisogni della figlia, problemi economici non ne aveva e quindi sicuramente le sarebbe stata affidata; lo scandalo mediatico però non sarebbe stato indifferente.
Se possibile aumentato ancor di più quando avrebbero saputo che lei e Tenou si erano iniziate a frequentare.
Due personaggi di spicco pubblico non potevano tenerlo nascosto troppo a lungo. La verità sarebbe presto venuta a galla anche se avrebbe fatto il possibile per tenere i media lontano da tutto.
Suo marito però, non era sicuro che avrebbe fatto la stessa cosa, anzi, era probabile che cogliesse la palla al balzo per marciarci su e ottenere qualche ritorno economico. Dopo ciò che aveva letto, nulla le vietava di pensare una reazione del genere da parte di lui, nessuno le vietava di pensare che Kou iniziasse una battaglia legale per cercare di portarle via la bambina.
Si era spacciato per totale estraneo per anni, quando in realtà erano fratelli, perché avrebbe dovuto ancora fidarsi di lui?
Anche se avesse voluto non le sarebbe stato comunque possibile.
Odiava profondamente se stessa per essersi lasciata ingannare dalla sua famiglia, nonostante fosse totalmente consapevole del fatto che era troppo piccola per poter fare realmente qualcosa, almeno all’inizio…negli anni successivi però, se avesse cercato di capire cosa fosse realmente successo sarebbe stato meglio.
Per lo meno non si sarebbe sposata suo fratello. E Nari non sarebbe nata con la croce dell’Anemia. Sarebbe stata un’altra bambina, forse, ma almeno avrebbe trascorso una vita fuori dagli ospedali e non tra le corsie come in quel preciso momento.
Seiya poi non si era preoccupato di nulla, era totalmente sparito, come sempre. Ben sapendo il cagionevole stato di salute di quella che, fino a prova contraria, era anche sua figlia.
Alle sue orecchie giunse chiaro il rumore delle chiavi nella serratura di casa, il bruno aveva fatto dunque il suo rientro, puntuale come aveva detto.
Sospirò profondamente nel tentativo di calmarsi un poco, sarebbe riuscita a fingere per non farlo accorgere di ciò che aveva scoperto?
«Michiru ci sei?». La voce di lui ruppe il silenzio dell’appartamento costringendola a rispondere.
«Si, sono in camera». Rispose con tono sufficientemente alto per farsi sentire, ma con entusiasmo inesistente. Sentì i suoi passi avvicinarsi alla loro stanza, seguiti poco dopo dalla sua figura sull’uscio della porta.
«Come stai? Come sono andati questi giorni? Nari?». Si sentì chiedere mentre il bruno si sedeva sul lato del letto dove era sdraiata. Cosa poteva rispondere? Avrebbe voluto urlargli contro tutta la sua delusione, il dolore provocato da ciò che aveva scoperto e dalla situazione precaria in cui era la sua bambina. Ma lui non avrebbe capito, non avrebbe capito come al solito.
«Sono solo un po' stanca, Nari è ricoverata in ospedale da due giorni perché mentre era con la baby-sitter ha avuto una crisi molto forte, è in terapia intensiva». Si fermò un attimo. «Sai, abbiamo cercato di chiamarti ma tu come al solito cellulare spento, perché ti sembra normale che con tua figlia così tu spegni il telefono!». Gli rispose gelida.
«Tesoro, lo sai che quando faccio i concerti gli ultimi giorni sono di fuoco, lo sai meglio di me, ne organizzi anche tu spesso e volentieri». Si giustificò lui. «Il lavoro è il lavoro e richiede sacrifici».
«Ascolta, anche io sono una musicista, anche io faccio mille prove prima dei concerti, anche io sto organizzando un concerto con la scuola di musica, ma ho sempre il cellulare acceso. Si tratta di tua figlia non di un’estranea, possibile che non la capirai mai questa cosa? Quando mi hanno chiamata dal reparto pediatrico io ero a scuola, stavo finendo di mettere a posto delle cose; mi chiedo perché se io riesco a farlo da dipendente, tu che sei datore di lavoro di te stesso non riesca a farlo». Sbottò, cercando di controllare il nervoso: non poteva permettersi di lasciarsi scappare qualcosa di troppo a causa della rabbia.
«Hai ragione Michiru, sbaglio a fare così ma non posso fare altrimenti». Le disse. «Mi aspettavo un’accoglienza un po' diversa a dire il vero, visti i giorni fuori, ma credo proprio che tu non sia in grado».
«No infatti stasera non sono proprio in grado di accoglierti come vorresti, scusami tanto». Si sollevò dal letto per andare dritta in quello che era il suo studio, si rifugiava li quando aveva bisogno di pensare. Prima però raccolse la custodia del violino abbandonato nel momento in cui aveva messo piede in casa. Suonare le avrebbe fatto sicuramente bene, sfogare le emozioni con le corde e l’arco l’aveva sempre aiutata in passato.
Prese dalla borsa anche il suo smartphone, onde evitare che arrivassero messaggi importanti o chiamate improrogabili e non sentisse.
 
***
 
Dopo aver lasciato Michiru davanti al portone, aveva deciso di tornare a casa, era preoccupata per le evoluzioni che avrebbero potuto seguire al farle leggere il contenuto della cartellina.
Era sicuramente una donna forte, lo aveva intuito da ciò che lei stessa le aveva raccontato, ma quel Seiya non le piaceva, non le era piaciuto fin dal primo momento: ciò che temeva più di tutte era proprio la reazione del bruno.
Saperla a casa alla mercé di quell’uomo la innervosiva parecchio, non aveva idea di come avrebbe reagito e se la violinista aveva intenzione di parlargli quella sera stessa.
Avrebbe preferito esserci anche lei, ma non sarebbe stato giusto. Doveva contare anche il riverbero che la situazione avrebbe avuto sulle televisioni nazionali e internazionali, non sarebbe sicuramente stata una situazione simpatica.
Doveva assolutamente informare il suo manager della situazione e sentire cosa era meglio fare, se aspettare che i giornali scoprissero tutto da soli o se, al contrario, fosse meglio dichiararlo loro stesse.
Lo scandalo che ne sarebbe derivato si sarebbe espanso sicuramente a macchia d’olio. Per non parlare poi dei molteplici inviti che avrebbero ricevuto insieme dalle reti televisive dietro profumato compenso.
Non hanno proprio un cazzo da fare, che mettere il naso negli affari altrui.
Pensò innervosita. Ciò che detestava di più dell’essere famosa era proprio l’essere costretta a partecipare a programmi di cui sostanzialmente non aveva interesse alcuno.
Ancor di più, la preoccupava la reazione dei coniugi Kaioh: dopo tutto la sua carriera era partita per mezzo di una raccomandazione del padre della musicista fatta per allontanarla dalla ragazza senza destare scandali.
Ora, per ripicca, avrebbero potuto benissimo tirar fuori questa storia minandone la credibilità e i risultati che aveva faticosamente costruito da sola. Perché quello aveva fatto: essere una donna con la passione per le moto non era affatto semplice, specie se devi spacciarti per uomo quasi sempre.
Anche quando hai un diavolo per capelli a causa dell’appuntamento mensile.
Sbuffò pesantemente.
In che guaio si era cacciata consapevolmente? Eppure da Michiru non riusciva proprio a star lontana, era diversa dalle altre ed era riuscita a vedere oltre la maschera che si portava sempre dietro.
Aveva sempre sostenuto che il cuore porta a fare delle sonore cazzate e che con se porta anche il cervello. Tutta quella situazione era l’ennesima conferma del suo pensiero.
 
Gli avvenimenti di quei giorni erano sicuramente una conferma a tutto ciò.
Avrebbe dovuto pensare alla cena, ma non aveva assolutamente fame. Aveva voglia di sentirla, di sapere come stava andando. Ma non voleva rischiare che Kou intercettasse il messaggio mandandola così nei guai.
In fondo al cuore aveva anche paura che lei cambiasse idea e che, nonostante tutto ciò che vi era dietro al suo matrimonio, scegliesse di continuare la sua vita con il bruno in tutta tranquillità solo per salvare quella facciata a cui i suoi genitori tenevano tanto.
Non lo aveva messo in conto fino a quel momento, ma era un ipotesi reale.
Avrebbe dovuto lasciarle tempo per pensarci, senza ombra di dubbio.
Ma quanto sarebbe durato tutto questo tempo? Presentarsi alle prove per accompagnare Usagi sarebbe stata la cosa giusta? O sarebbe stato meglio che lei rimanesse a casa?
Il marito di Michiru l’avrebbe accompagnata alle prove oppure no? Doveva mettersi in contatto con la pittrice il prima possibile per cercare di capire come comportarsi, magari chiedendole direttamente.
 
 
«Che cosa?!?». Gli occhi quasi amaranto di Setsuna la stavano fissando incredula dopo che lei le aveva raccontato gli avvenimenti di quel fine settimana.
«Sets, quante storie era giusto così, è giusto che lei sappia che razza di uomo ha affianco… ha già vissuto abbastanza nella menzogna, non lo merita ed è anche colpa mia che non ho avuto i coglioni in passato per impormi non posso lasciarla in una situazione che in parte è stata causata anche da me». Prese un sorso di birra dal boccale che si era fatta portare poco prima, ne aveva proprio bisogno.
«Ma dovevi proprio farlo? Hai la minima idea di che puttanaio verrà fuori? Soprattutto - oltre a questo - dovevi pure scopartela più di una volta? Il passato non ti è servito da lezione? Cazzo Ruka!». La bruna era allibita da ciò che avevano sentito le sue orecchie, il passato aveva parlato chiaro, possibile che fosse così testarda la bionda? A quanto pare si! Avrebbe messo a repentaglio la sua carriera per una donna che molto probabilmente non l’avrebbe nemmeno presa in considerazione.
«Non me la sono scopata, lo voleva anche lei fidati. Io se le donne non vogliono del sesso non le tocco…per chi mi hai presa?». Sbottò infastidita per quella insinuazione.
«Non ho detto che l’hai costretta! Sicuramente ci sarà venuta di sua spontanea volontà, ma tu potevi benissimo rifiutare!! Ti stai infilando di nuovo in un casino più grande di te, tua madre e tua sorella almeno lo sanno?».  Chiese, mangiando due tartine che avevano portato con i bicchieri ordinati.
«Ma ti pare che le dico di no? Ti pare che io possa far cadere una figa gentilmente offerta? A parte che lei non è come le altre, quindi a prescindere non la lascio cadere la sua. E no! Mia madre e mia sorella non sanno nulla ancora, non del tutto. Qualcosina Usagi ma poca roba, le ho chiesto di non parlarne con nessuno perché la situazione è molto delicata e te lo chiedo anche a te. Non voglio girino voci prima del tempo». Il suo tono cambiò in serio mentre puntava i suoi occhi in quella dell’altra.
«Ah già..si in effetti Haruka Tenoh che lascia cadere una figa… solo quando sta male e ha la febbre, effettivamente ha un senso. Ma stai attenta per favore, non buttare la tua carriera per una donna». Le disse, non sapeva che altro dirle, l’altra sembrava sicura e ben convinta di ciò che stava facendo, lei da amica apprensiva quale era, invece, aveva dei dubbi su tutta quella situazione. Aveva sincera apprensione per come si sarebbe evoluta quella storia e sull’impatto mediatico, Tenoh non ne aveva proprio bisogno di impatti mediatici, non aveva proprio bisogno di niente che potesse affondarle la carriera come nulla.
E i genitori della violinista erano perfettamente in grado di farlo, come gliel’avevano data erano perfettamente in grado di togliergliela.
D’altro canto conosceva perfettamente la sua amica e sapeva quanto fosse inutile tentare di farla ragionare quando si poneva uno scopo da raggiungere, era testarda ogni oltre misura; finché non sbatteva il muso contro il muro non dava retta a nessuno. Anche in passato aveva ignorato tutti i loro consigli, fondatissimi, e alla fine era stata costretta a partire per gli Stati Uniti.
«Setsuna, sta tranquilla questa volta non accadrà, andrà tutto bene … Michiru non è più una ragazzina succube dei genitori, è una donna». Cercò di rassicurarla la motociclista, capiva perfettamente tutti i dubbi della sua amica, ma l’istinto le diceva che, con la dovuta pazienza, si sarebbe risolto tutto nel migliore dei modi.
«Si sto tranquilla proprio come lo ero in passato, credo che poi alla fine l’altra volta abbiamo avuto tutte più che ragione». Ribatté piccata l’altra, senza nascondere il nervosismo che le aveva provocato la sua testardaggine.
«Il passato è passato». Commentò la pianista. «Rimanere incatenati al passato non serve, il presente e il futuro bisogna pur viverli, non lo fai pensando a ciò che è stato». La sua voce assunse un tono piatto e quasi distaccato. «Te comunque sentimentalmente parlando come sta andando? Non mi hai più detto nulla».
«Sempre uguale Ruka». Era la verità non era poi cambiato molto nella sua relazione dall’ultima volta che loro due si erano viste.
«Cerca di farla durare, non che poi mandi a cagare anche lui perché ti stufi o perché quel povero cristo ha mille difetti che prima non ti accorgi e all’improvviso si». Sorrise al ricordo della scusa che aveva utilizzato per mollare il suo precedente fidanzato.
«Non è colpa mia se poi fanno sempre qualcosa per cui scadono ai miei occhi, per ora ho beccato solo teste di cazzo». Tirò un sorso con la cannuccia.
«Semplice, dovresti provare a uscire con le donne, tanti problemi di comprensione si risolverebbero». Le fece l’occhiolino. «Se vuoi provare l’esperienza, lo sai, sono sempre disponibile per il bene comune».
Gli occhi della bruna la fulminarono li sul posto.
«Vaffanculo Haruka».
 
***
 
Passare due ore nel suo studio a suonare prima, a riordinare i colori poi, l’avevano aiutata a rilassarsi un poco, complice il fatto che Seiya si era messo a guardare la televisione e non era andata a cercarla.
Non si era mosso nemmeno nel momento in cui lei si era trasferita in cucina per preparare qualcosa per cena, si era fatta accompagnare da Haruka a fare la spesa per fare prima. Sempre nell’ottica di non destare sospetti con il frigo quasi totalmente vuoto indice di una casa disabitata per qualche giorno.
Stava ora osservando la pasta bollire, il sugo era quasi pronto, mentre suonava si era delineato sempre più persistente in lei la necessità di prendere una pausa e allontanarsi da quella casa per un po'.
Il suo istinto le diceva di farsi ospitare dalla pianista per qualche tempo, ma la realtà era che aveva bisogno di lucidità per ragionare su tutto e a casa dell’altra non avrebbe trovato la calma che cercava.
Una parte di lei però in quella casa ci voleva tornare, come se si sentisse al sicuro tra quelle mura, doveva valutare bene la situazione. Sicuramente ne avrebbe parlato con Seiya di questo suo bisogno di staccare la spina da tutto, compreso lui.
Scolò la pasta velocemente e la buttò nella pentola dove aveva cotto il sugo, attese qualche minuto girandone il contenuto a fuoco basso e poi tolse il tutto da sopra il fuoco per portarlo a tavola.
«Seiya è pronto». Urlò dalla cucina, dopo fece un respiro profondo per cercare di distendere i nervi al pensiero di aver davanti il volto di quello che era il suo fratellastro.
Lui non tardò a sedersi, l’accoglienza che gli aveva riservato lo aveva fatto pensare, non capiva per quale motivo avesse avuto una reazione così: non era la prima volta che la bambina stava male quando lui era impegnato in qualche concerto, eppure sua moglie non aveva mai accusato di nulla.
Probabilmente era solamente stressata per i preparativi del concerto alla scuola di musica, se non ricordava male non mancava troppo tempo all’evento.
Il ricovero della piccola aveva sicuramente inciso su un quadro già abbastanza nervoso. «Cosa hai cucinato di buono?».
«Pasta al sugo e li». Indicò il ripiano della cucina con lo sguardo. «Ci sono dei pomodori e della mozzarella se vuoi». Si limitò a dire, con il pensiero volto al dirgli o meno che aveva bisogno di una pausa riguardo al loro rapporto.
Non aveva in realtà ben chiaro se parlare prima con il marito o se affrontarlo dopo aver parlato con coloro che l’avevano messa al mondo.
Parlare con lui, poteva metterli sicuramente in allarme prima che lei riuscisse ad andare dando loro tempo di costruirsi una versione accettabile e convincente, li conosceva troppo bene. Sapevano come insabbiare certe informazioni e girarsele a loro favore, dopo tutto erano una famiglia di spicco che in mezzo a presunti scandali ci passava da anni.
Il parlare prima con loro però, poteva mettere in allarme lui, perché ne era sicura: i suoi lo avrebbero chiamato non appena avrebbe lasciato la villa per avvisare di tutto. Dopo tutto si erano messi d’accordo chissà quanto tempo prima per mettere in atto tutta quella sceneggiata.
«Michiru ma sei sicura che vada tutto bene?». Il vederla mangiare svogliata e immersa nei suoi pensieri aveva fatto sorgere in lui molti dubbi. Cosa era successo in sua assenza?
«Si, non è niente sono solo preoccupata per Nari, non era mai successo che avesse una crisi così importante a così poco tempo da una trasfusione, credo che stia peggiorando». Rispose, dopo tutto non era poi sbagliato quello che gli aveva detto, certo non era tutta la verità.
«Vedrai che sarà solamente un caso, non è detto che peggiori drasticamente». La sua preoccupazione, unita alla consapevolezza che lui era stato assente lo faceva sentire in colpa. Forse sua moglie non aveva tutti i torti ad essere così nervosa nei suoi confronti.
«La dottoressa Mizuno non era del tuo stesso parere, anzi era molto preoccupata. E’ giovanissima ma molto in gamba, ha fatto l’ultima trasfusione a Nari ed era di turno quando l’hanno ricoverata, alle spalle ha il primario che segue la piccola». Sorrise al pensiero di quella strana ragazza dai capelli blu e lo sguardo dolce anche nel dare notizie non troppo positive. Doveva amare tantissimo il suo lavoro, per quanto duro e crudele.
«Capisco..suppongo che tu non abbia molta fame per questo». Indagò ancora.
«Si non ho molta fame per questo, ma comunque mangerò qualcosa, come vedi lo sto facendo quindi niente problemi». Rispose secca lei, ci mancava solo che lui le facesse la predica sul mangiare. Non era più una ragazzina, se in passato aveva avuto problemi in quel senso, non era detto che doveva averli anche a distanza di anni per ogni minima cosa. Era ormai acqua passata, superata e non aveva intenzione di tirare di nuovo fuori quel lato di se stessa.
«Si lo vedo che stai mangiando, ma non mi piace sentirti così giù tesoro, andrà bene come tutte le altre volte vedrai». Prese un’altra forchettata di pasta senza smettere di osservarla attentamente, si aspettava di vederla scoppiare in lacrime da un momento all’altro. Era forse l’unica reazione possibile da parte della violinista arrivati a quel punto.
«Sapessi quante cose non piacciono a me, sapessi quante cose ho dovuto affrontare nella vita che non mi sono piaciute e non puoi immaginare quante altre cose dovrò affrontare che non mi piacciono. Eppure sono qua e sono ancora viva, più combattiva che mai, nonostante tutto». Quel discorso la stava iniziando a far innervosire parecchio.
«Si può sapere cosa ti prende?». No non era una risposta molto normale quella che le aveva appena rifilato l’altra.
«Nulla, la mia è solo una constatazione oggettiva dei fatti, più che altro mi tocca affrontare tutte queste cose che non mi piacciono per colpa di altre persone sicuramente, non so ho questa sensazione per il futuro». Prese con la forchetta l’ultima porzione di pasta che le era rimasta nel piatto. «In ogni caso io ho finito di cenare, quando hai finito se avanza della mozzarella per favore mettila in frigo». Si alzò dunque per lavare l’unico piatto che aveva sporcato insieme alla forchetta e al suo bicchiere. «Se puoi lavare le cose che sporchi mi faresti un piacere, ho solo bisogno di dormire adesso».
 
***
 
Entrò in aula professori come erano rimaste d’accordo via messaggio quella stessa mattina, aveva preparato tutte le fotocopie del fascicolo che custodiva gelosamente dentro alla panca della sala in mezzo agli spartiti di suo padre. Michiru le aveva detto che subito dopo le prove voleva recarsi a casa dei suoi genitori, non aveva nessuna intenzione di perdere tempo. Aveva urgenza di parlarle con loro a quanto le aveva fatto capire.
Haruka non era molto tranquilla, era abituata ad avere sempre tutto sotto controllo nelle situazioni che le si presentavano, quella era la prima dopo tanto tempo in cui nulla dipendeva da lei, era totalmente in mano agli altri.
Il suo sguardo si posò sulla violinista che finiva di controllare gli ultimi fogli burocratici che servivano per il saggio di fine anno, la penna tra le labbra e lo sguardo concentratissimo mentre leggeva attentamente tutti i fogli prima di firmarli.
Vederla lavorare e muoversi in quello che era il suo mondo era meraviglioso.
Si appoggiò al muro in silenzio, per non disturbarla, attendendo che lei le rivolgesse la sua attenzione.
I rumori delle pagine girate dall’altra le sfiorarono delicatamente le orecchie. 
La osservò firmare veloce a fine delle tre pagine per poi voltare gli occhi verso di lei.
«Posso avere la tua attenzione finalmente». Si staccò dal muro per avvicinarsi al tavolo presente nella stanza.
«Direi di si». Sorrise appena. «Hai i documenti con te?». Si alzò per mettere i fogli dell’Accademia laddove glieli avevano lasciati, se tutto andava come avrebbe dovuto era l’ultima parte burocratica dell’organizzazione, mancavano tre settimane scarse all’evento e ormai dovevano iniziare a correre tutti i preparativi, per fortuna Usagi le stava dando molte soddisfazioni.
«Hai intenzione di andare adesso?». Chiese senza nascondere un velo di preoccupazione nel porgerle la cartellina che aveva comprato appositamente quella mattina.
«Si non posso aspettare troppo, non ho nessuna intenzione di mandare avanti tutta questa falsità ancora a lungo, Nari è in ospedale ed è il momento giusto per litigare in casa senza che lei senta. Quando la dimetteranno voglio essere fuori di casa». Notò l’espressione leggermente preoccupata dell’altra, sembrava sincera sia nei toni che nello sguardo. «Ti preoccupa tutto questo?».
La domanda arrivò a bruciapelo, come se ne era accorta? Di solito non faceva trasparire questo genere di emozioni, o almeno credeva di riuscire a farlo bene. Probabilmente quella volta non era riuscita.
«Devo essere sincera? Si un po' lo sono, perché non so come potrebbero reagire i tuoi e soprattutto Seiya, mi preoccupa molto lui. Non riesci a parlargliene fuori? Ho paura che possa reagire in modo violento e possa farti del male, non mi sono mai fidata di lui dalla prima volta che i nostri sguardi si sono incrociati. Almeno posso intervenire se la situazione degenera Michi». Avanzò quell’idea sperando che l’altra accettasse di buon grado.
«Se vado ora dai miei stasera dovrò per forza affrontare lui, non posso aspettare domani, rischio già che loro lo avvisino nel frattempo…andrà tutto bene vedrai. Non permetterò loro di far nulla che possa nuocerti». Le sorrise interrompendo il contatto con gli occhi dell’altra per guardare l’ora. «Sarà meglio che vada altrimenti arrivo li troppo tardi e il discorso è davvero troppo lungo».
«Mi raccomando, fai attenzione». Concluse l’altra ottenendo un accenno che interpretò come un si. «Fammi sapere poi come è andata non farmi preoccupare che sto in pensiero». Aggiunse un attimo dopo.
«Si non ti preoccupare appena posso ti scriverò un messaggio, non vedo l’ora di aver fatto questa cosa. Voglio capire perché hanno fatto una cosa del genere nei miei confronti, tanta cattiveria è tutto fuorché umana. Nei confronti di una figlia poi…». Si interruppe perché quel discorso le faceva male.
«Lo so Michiru, spero che tu riesca a ottenere tutte le risposte che cerchi questa sera». Sorrise aprendo la porta dell’aula. «Prego»
«Grazie». Le rispose, prima di afferrare la borsa e uscire dalla stanza.
 
***
 
L’edificio che era davanti ai suoi occhi non era la villa dove era cresciuta, era arrivata con la sua macchina esattamente davanti al cancello, ma poi il dubbio che dire tutto subito fosse sbagliato e controproducente si era insinuato nei suoi pensieri.
Aveva così deciso di inserire la retromarcia e cambiare meta, sperando che Tenoh fosse in casa a quell’ora del pomeriggio. Non l’aveva chiamata e nemmeno avvertita del suo passaggio, aveva deciso praticamente all’ultimo.
I pensieri su come agire erano fortemente cambiati e voleva parlarne con qualcuno, la bionda era l’unica opzione disponibile. La sua manager per quanto fosse ormai un’amica da tanti anni, non le dava fiducia in quel frangente: aveva paura parlasse troppo presto sbandierando tutto a chi doveva rimanerne fuori fino all’ultimo.
Sospirò pesantemente dopo essersi appoggiata al muro vicino al citofono, aveva suonato più di una volta senza in realtà ottenere risposta.
Probabilmente Haruka era fuori, o forse impegni di lavoro o chissà che altro. Dopotutto era passata così all’improvviso e l’altra sapeva che fosse a casa dei suoi genitori in realtà.
«Michi… cosa ci fai qui?!?». Il suo tono era sorpreso, non si aspettava proprio di vedere la violinista sotto casa sua, possibile che aveva già finito con i suoi genitori? Le sembrava al quanto improbabile, troppo tranquilla e rilassata per aver parlato con loro.
«Scusa il disturbo, ma all’ultimo ho pensato che fosse uno sbaglio andare subito da loro e raccontare tutto, credo che io debba agire con molto sangue freddo e senza essere impulsiva… ma ho bisogno di parlarne con qualcuno per vedere come muovermi, tu puoi aiutarmi?!?». Le rispose l’altra abbandonando l’appoggio del muro. La osservò meglio in viso, aveva il naso sporco di nero, quello che sicuramente era grasso per automobili, le mani nelle stesse condizioni. Sorrise a vederla così, la maglia in origine bianca e ora di un colore indefinito. «Cosa stavi combinando?»
«Certo che posso aiutarti, mi do una ripulita e poi mi dici tutto...stavo giocando con la mia moto, ogni tanto mi piace fare cambiamenti». Le fece cenno di seguirla all’interno del portone e in seguito dall’ascensore.
 
Un quarto d’ora più tardi erano entrambe sedute sul divano della sala, la motociclista con una birra in mano, l’altra poco lontana con un bicchiere d’acqua.
«Dicevi che avevi pensato a un altro modo di agire? Spiega». Haruka ruppe il silenzio, era curiosa di sentire cosa si era inventata il suo angelo.
«Ho intenzione di pensare soprattutto anche a come evitare di rimanere senza patrimonio, devo prima creare un conto-corrente bancario tutto mio e non condiviso con lui. Ma mi serve una mano, credo che usare il mio nome e cognome sia troppo rischioso, stavo pensando di crearmi un’identità falsa da usare fino a quando non ho finito di fare queste cose, in modo da non attrarre particolarmente l’attenzione della mia famiglia. Stasera parlerò a Seiya e gli dirò come deciso che ho bisogno di una pausa, ho il pretesto giusto da utilizzare e userò quello…devo solo trovare una scusa plausibile per spostare buona parte del mio patrimonio sul conto intestato alla mia identità falsa».
«Posso aiutarti io per i documenti falsi, so a chi chiedere, un tempo quando ero ragazzina non ero certamente nel giro ma so chi contattare per questo genere di favori, certo non costano poco economicamente parlando». Le disse la bionda.
«Non ho problemi di denaro, anzi! Basta sia un lavoro fatto molto bene e qualsiasi cifra chiedano avranno». Rispose lei.
«Va bene Michi, credo che sia un piano che possa funzionare, con la piccola come hai intenzione di fare? Hai deciso da chi andare alla fine?». Prese un sorso dalla bottiglia.
«La piccola verrà con me una volta dimessa, avrei deciso di.. venire qui se per te non è un disturbo troppo grosso, amiche non mi fido conoscono anche Seiya mi inventerò che vado da qualche collega. Ne ho talmente tante che non riuscirà a capire dove sono e comunque gli chiedo di non cercarmi… quando poi sarà tutto pronto vedrò come fare».
«Nessun problema ad ospitarvi qui…ecco però ti avviso… io con i nani non mi ci so rapportare». Alzò un sopracciglio. «Credo che siamo proprio su un altro universo, effettivamente tra giganti e nani non ci si comprende molto». Disse grattandosi il mento in una finta espressione pensierosa.
«Quanto sei stupida! Vedrai che Nari ti piacerà, la prendono tutti in simpatia quelli che la conoscono, si fa voler bene». Mormorò pensando alla figlia. «E per le crisi eventuali che può avere ti spiegherò come fare così se io non ci sono sai come agire».
«Mhm..». Annuì pensierosa. «Se è come la mamma non metto in dubbio che sia capace di farsi voler bene, la mamma si fa proprio amare». La guardò con la coda dell’occhio per vederne la reazione.
Un leggero rossore tinse il viso dell’altra che si affrettò a distogliere lo sguardo da lei, nel tentativo poco riuscito di far finta di niente.
Un sorriso compiaciuto per quella reazione comparve sul viso della motociclista.
«Hai impegni? O puoi fermarti un po'?». Le chiese dunque.
«Devo tornare a casa tra poco, Seiya sapeva che dovevo passare dai miei per una cosa ma non voglio fare troppo tardi, se poi chiama e non mi trova li può essere un problema e non voglio insospettirlo prima del dovuto». I suoi occhi si posarono sull’orario nello schermo del cellulare. Era più tardi di quanto in realtà pensava.
«Mi correggo devo andare, immediatamente!». Scattò subito in piedi, posando il bicchiere sul tavolino davanti al divano.
«Ti faccio allora sapere quando sono pronti i documenti?». Si sentì domandare.
«Si mi faresti un grosso favore a occupartene tu, fammi sapere l’importo che ti devo dare, in contanti, perché se verso sul tuo conto se ne accorge sicuro Seiya». Le spiegò.
«Come farai a giustificare il prelievo di una somma così alta dal conto se lo avete in comune?». Chiese l’altra dubbiosa.
«Non mi chiede mai per cosa spendo cifre così grosse, in ogni caso è intestato anche a lui il mio conto ma non controlla tanto. Lo abbiamo fatto solamente per una questione di comodità, io ho i miei soldi e ci faccio quello che voglio e lui altrettanto». Si infilò il leggero copri-spalle che indossava quel giorno prima di avviarsi verso la porta dell’appartamento. «Voglio solo evitare che mi chiuda l’accesso al conto una volta che saprà tutta la verità e che chiedo il divorzio. Voglio tutelare me stessa ma prima di tutto mia figlia. Non voglio che dipenda dal padre il suo mantenimento e io posso provvedere perfettamente a tutto ciò che le serve con tutto ciò che guadagno».
Sentì i passi dell’altra seguirla poco dopo. Arrivata dalla porta si sentì improvvisamente tirare per il braccio sinistro verso la figura longilinea alle sue spalle, costretta a girarsi, si ritrovò in pochi istanti con le labbra dell’altra a contatto con le sue e la schiena aderente alla porta.
Il respiro che le aumentò velocemente a quel contatto inaspettato.
«Michi, per favore, presta attenzione a tutto ciò che fai, non voglio che ti faccia male di nuovo a causa mia». Le disse in un sussurro a fior di labbra. Prima di lasciarla andare. La vide annuire prima di allontanarsi dalla superficie verticale contro la quale l’aveva costretta per qualche istante. «A domani».
Concluse, prima di aprile la porta.
   
 
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