Serie TV > La famiglia Addams
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Autore: j_j_joker90    21/01/2018    0 recensioni
La famiglia Addams non era normale; era risaputo da tutti e dai membri stessi.
La loro diversità era motivo di orgoglio, ma quando questa si trasforerà in un dolore infinitamente peggiore della morte stessa cosa provocherà ai meccanismi che li regge?
Il senso di colpa per essere "diversi" li ucciderà?
Ma sopratutto riusciranno ad essere piu gli stessi o si adegueranno a tutto il resto del mondo?
Genere: Drammatico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Con il termine ira (spesso sostituito da "furia", "collera" o, impropriamente, "rabbia") si indica uno stato psichico alterato, in genere suscitato da elementi di provocazione capaci di rimuovere i freni inibitori che normalmente stemperano le scelte del soggetto coinvolto. L'iracondo prova una profonda avversione verso qualcosa o qualcuno, ma in alcuni casi anche verso se stesso.
 
 
“Ok il piano per ora è andare a scuola a controllare se sono ancora li” Gomez era fermo mentre dava le direttive alla famiglia.
Morticia lo guardava con il cuore in gola e gli occhi lucidi, e non bastava tutta la fiducia e la forza che trasudava per calmarla.
“Seguiremo lo stesso percorso che fanno i ragazzi per tornare a casa, se siamo fortunati si sono semplicemente fermati da...da…” Ma Gomez non seppe mai come continuare.
I suoi bambini erano ragazzini responsabili e, sia per paura che per rispetto non avrebbero mai fatto preoccupare i loro genitori; c’erano poche regole in casa, ma quelle andavano rispettate.
A quel silenzio tanto duro del marito, Morticia scoppio nell’ennesima crisi di pianto, Mammà la prese di nuovo tra le sue braccia cercando di confortare se stessa e la povera donna, inutilmente.
Gomez la guardò con disprezzo, cosa serviva piangere come una bambina?
Loro erano Addams, non hanno paura di nulla, loro sono paura e sconfitta per il resto del genere umano.
Stufo di quei piagnistei, le si avvicino, le prese il viso con una mano e con l’altra la schiaffeggiò.
“Smettila di piangere, sei la capostipite di questa famiglia, sei mia moglie, ma soprattutto sei la loro madre” nonostante il colpo, la riproverò con dolcezza, voleva rivedere il freddo in quegli occhi glaciali e il fuoco in quella sua voce tagliente.
“Non sai come mi sento, tu non sei come me” Gomez sembrava aver sortito l’effetto desiderato, perché Mortizia si disarcionò dalla presa del marito con una rigidità degna di lei.
“Lo so io e lo sai anche tu”, con quelle parole volle comunicare qualcosa all’uomo davanti a lei, ma lui non si scompose, facendo finta di non capire.
Entrambi, dopo aver dato istruzioni al resto della famiglia, entrarono in macchina pronti per andare, ma una persona mancava all’appello.
“Fester!” Urlò Gomez, e non sentendo risposta uscì velocemente dall'automobile, mormorando maledizioni e minacce di morte.
“Perché ogni volta che abbiamo bisogno di te, non ti palesi!”, a Gomez sembrava che il fratello lo stesse prendendo in giro come suo solito.
Morticia impaziente si affaccio al finestrino per chiamare il marito, quando improvvisamente il fastidioso rumore del cancello che si apriva la interruppe.
Era una vecchia cancellata funebre, un rudere appartenente alla famiglia Addams da molte generazioni.
Stava li a raccontare la storia della famiglia, bisbigliandola nei cuori della gente che veniva a visitarli; un oggetto assai caro a tutti, ma in quel momento sembrava urlasse le cose più spettrali alla povera coppia, facendo saltare Gomez e mettendo in allarme Morticia.
Fester era al centro di esso, con il sole dell’autunno dietro di se, che aspettava.
Gomez non si fece ulteriori domande, mentre risaliva in macchina e l’accese.
Raggiunse velocemente il cancello, e una volta che, anche l’ultimo della comitiva fu dentro, riparti.
Neanche Morticia, in un primo momento, diede molta importanza al comportamento strano del cognato, troppi pensieri le galleggiavano nella testa.
E molti si scortavano tra loro.
Cosa farò ai ragazzi quando li troverò?  
Quante persone perderanno la testa?
Come ho fatto a non accorgermene prima?
Perché ho accettato di mandarli a una scuola pubblica?
 
A seguire aveva altri pensieri, ma cercava di cacciarli per non arrivare a una risposta.
Cosa gli sarà successo?
Staranno bene?
E se qualcuno gli avesse fatto del male?
Come madre preferiva pensare a un metodo per punire i propri figli con amore, piuttosto a cosa o chi avesse impedito loro di tornare a casa.
La strada era silenziosa, il che la fece sembrare più lunga di quanto fosse.
Nell’abitacolo l’aria era stagnante e viziata e ogni metro sembrava stringer il cuore di tutti, soffocandoli.
Gomez sentiva come una massa sul petto, e quella portava il peso dello schiaffo dato alla moglie, del silenzio di suo fratello e di quella strada quieta e vuota.
La scuola segnalava il traguardo di quel viaggio, ma non la vittoria.
Scesi dalla macchina diedero subito uno sguardo in giro; Mortizia chiese ad alcuni ragazzi casuali se avessero visto i loro figli.
Il tentativo era inutile, i ragazzi intorno all’edificio erano tutti molto più grandi, infatti a quell’ora di potevano trovare solo pochi ragazzi del liceo, che avevano appena finito le classi superiori o chi partecipava ai club scolastici.
Gomez inizio a urlare i nomi dei figli, con la speranza di trovarli li intorno, ma ogni qual volta che i nomi di Pugsley o Mercoledì uscivano dalla sua bocca senza ricevere risposta,  la sua voce lo abbandonava sempre di più, quel peso diventava sempre più opprimente fino a quando non riuscì più a respirare e dovette accasciarsi a terra per lo sforzo.
Non capiva cosa gli accadesse, non si era mai sentito così fiacco, si sentiva come se la mente volesse abbandonarlo e i polmoni si stessero chiudendo in se stessi.
Solo più avanti capirà di avere appena avuto il suo primo attacco di panico.
Quasi tutti i ragazzi si avvicinarono e bisbigliarono dell’uomo oramai accasciato a terra, davanti all’edificio.
Mortizia e pochi ragazzi dell’ultimo anno lo aiutarono a rialzarsi, nonostante le sue proteste, comunque quella scena attirò l’attenzione di tutti, o quasi.
Solo una persona dava l’impressione di non essersi interessata, solo una sembrava fuori luogo.
Una figura ricurva su se stessa, con pochi capelli grigi che gli circondavano la testa, le mani raggrinzite e le dita lunghe e sottili.
A primo sguardo sembrava aver superato la mezza età, il volto era infossato e gli occhi bassi sul suo lavoro.
I ragazzi lo vedevano tutti i giorni ma nessuno si accorgeva di lui, nessuno lo conosceva.
Era il signor Wilson, uno dei bidelli più anziani della scuola, prossimo alla pensione.
Suo figlio fu un insegnate nella scuola, e quando morì la scuola non se la sentì di licenziare il sig. Wilson, nonostante la perdita accentuo le sue multiple stranezze.
Lavorava in quella scuola da tanto di quel tempo, che nessuno ci faceva caso ormai, solo Fester in quella situazione lo vide, per la prima volta.
Il sig. Wilson per tutto quel breve lasso di tempo non aveva dato attenzione allo spettacolo che si presentava davanti alla scuola; ma nemmeno Fester, che era impegnato a guardarlo.
Il fatto era che, per quell’uomo e ciò che faceva aveva provato un brivido nella sua schiena e non come quando veniva sistemato sulla tavola e gli arti tirati, fino alla quasi dislocazione delle articolazioni da Mercoledì o come quando riceveva dolci  avvelenati in regalo, da ammiratrici segrete finte alle festività, per poi scoprire che era stato Pugsley.
Era un tipo diverso di brivido, uno che non aveva mai provato e così si era fermato a guardarlo lavorare; con una scopa in mano stava stranamente “spazzando” il prato.
“Fester vieni a darmi una pano per piacere, aiutami a portarlo dentro” Morticia lo veglio chiamandolo a se.
Alla donna, questa volta, non sfuggi il comportamento strano del cognato e voltò lo sguardo verso il soggetto dell’attenzione di Fester.
Dalla sua posizione poteva vedere il volto del Sig. Wilson e per un attimo i loro sguardi si incrociarono.
I suoi occhi azzurri la guardarono con disprezzo, dopo di che si girò con una smorfia e continuo a spazzare inutilmente il prato.
Entrati nell’edificio Gomez non volle aspettare di riprendere quel poco colore che normalmente aveva e si diresse direttamente all’ufficio del preside.
Un unico baluardo si prestava tra loro e il suddetto preside: la segretaria, una donna grassottella, con le gote rosse di norma, nulla di eccezionale ma particolarmente imporporate in quel momento per via delle continue insistenze da parte della famiglia di entrare nell’ufficio, nonostante le sue gentili opposizioni.
“Il preside in questo momento non c’è, posso lasciare un messaggio per…?”
“GLI ADDAMS! Noi siamo la famiglia Addams, coloro che l’anno scorso hanno donato una grossa somma di denaro alla scuola per rimettere in piedi il palco per il corso di teatro. Ora si ricorda di noi?”
Gomez era furioso, come osava trattarlo in questa maniera, loro erano una delle famiglie più importanti della città e quel miserabile, inutile del preside non voleva vederlo?
 E proprio mentre Gomez stava per sfogare tutta la rabbia sulla povera donna…
“Cose sta succedendo qui?”.
  
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