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Autore: whitemushroom    21/01/2018    3 recensioni
Quanto dura la felicità? Per alcuni soltanto una storia della buonanotte ...
Storia partecipante al contest "Tredici storie per tredici fratelli" per festeggiare l'ottavo compleanno del mitico thexiiiorderforum
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elliot Nightray, Gilbert Nightray, Vincent Nightray
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Broken Clock'
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Voci nel buio
 

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Personaggi: Vincent Nightray (a sinistra), Elliot Nightray (al centro), Gilbert Nightray (a destra)
Fandom: Pandora Hearts
Rating: giallo
Avvertenze: state per leggere una fanfic su Pandora Hearts. Seriamente vi aspettate qualcosa di allegro??? Comunque questa storia contiene qualche citazione volante ad una serie di romanzi molto famosa. Sapreste indovinarla?


“E dai, Gilbert, soltanto una!”
Vincent alza gli occhi al soffitto. Il soltanto una di Elliot ha il potere magico di trasformarsi in cinque, se non anche sei storie di seguito. Fissa Gil nella speranza che sia troppo stanco per cedere alle suppliche di quella minuscola zanzara fastidiosa, ma Gil –il suo Gil- è troppo buono per dire di no a chiunque, men che mai al loro fratellastro.
Con un grido di vittoria Elliot, sette anni e già una faccia da schiaffi come tutti i Nightray, atterra nel loro letto –il letto suo e di Gilbert- e vi si piazza al centro.
Vincent vorrebbe tanto scoprire quale membro dello sconfinato albero genealogico della famiglia Nightray abbia deciso di regalare ad Elliot il volume “Storie ed imprese dei grandi cavalieri” solo per piantargli le forbici in gola.
Il moscerino sceglie la sua preferita che, casualmente, è anche la più lunga.
“C’era una volta una bella principessa, nata dalla tempesta e dal fuoco dei draghi …”
Con uno sbuffo Vincent si sistema il cuscino, preparandosi al peggio. Perché se conosce Elliot –e lo conosce- sa che non permetterà loro di sbrigare la pratica in quindici minuti di lettura veloce saltando le righe. E infatti, dopo nemmeno dieci secondi di narrazione, il piccolo serpente piazza il suo colpo basso preferito. “Dai, Gilbert, facciamo le voci?”
Prima che Vincent possa elaborare una scusa decente per tamponare il danno in arrivo, un sorriso attraversa il volto di suo fratello. Si avvicina ancora di più ad Elliot, stringendolo sotto un braccio. “Ed immagino tu voglia fare Jon”.
“Certo. È lui il cavaliere! Tu invece sarai Tyrion, il servitore leale e brutto!”
Può tollerare tante cose, ma non un insulto simile rivolto a suo fratello. Il suo Gilbert è la persona più bella che ci sia: sembra un corvo nero pronto a spiccare il volo, con i suoi capelli scuri simili a piume e quegli occhi dorati sempre pieni di buoni pensieri. Dovrebbe essere lui a dare la voce a Jon, il cavaliere solitario che affronta orde di nemici tra le lande ghiacciate, e non quello sgorbietto di Elliot, che sarebbe perfetto per il nano petulante e rumoroso. Sta per protestare quando la mano di Gil si poggia sulla sua spalla. “E quindi tocca a te fare Daenerys”.
“Ma io non voglio essere la principessa!”
“Suvvia, Vince …”
Sa di essere in trappola nel momento in cui suo fratello lo stringe a sé, avvicinandolo al libro maledetto. Può sentire perfino il profumo della sua camicia da notte. “Fallo per me”.
Quelle parole, accompagnate dal ghigno abissale di Elliot, segnano la sua capitolazione.
Le pagine iniziano a scorrere. E sembrano infinite.
Lui e Gil non dovrebbero essere in quella casa, trattati come degli avanzi, costretti a scodinzolare davanti al primo Nightray che desidera sentirsi raccontare una favola della buonanotte. Li ucciderebbe.
Tutti quanti.
Tutti quei nobili che li hanno accolti in casa loro solo per sfruttare il retaggio di Gil. Tutti quelli che li spintonano per le scale, che mascherano l’invidia per suo fratello con continui insulti e frecciate velenose.
Tutti quelli che non gli si prostrano davanti, incapaci di riconoscere la divinità che sarebbe dovuta diventare.
La storia prosegue, intossicandolo con le sue righe; la voce in falsetto gli sta graffiando il fondo della gola, mentre Elliot prosegue senza fermarsi. Si gonfia tutto quando trascina i suoi soldati al galoppo, gridando come se fosse davvero nel libro ad uccidere i mostri. E Gilbert, chino sulla sua spalla, sorride.
È il sorriso di Gil, quello vero. Non quello delle feste in maschera, quando le ragazze lo supplicano di danzare con loro, o quello con cui si congeda dagli altri Nightray. È il sorriso che Gil ha regalato solo a lui ed al signor Jack, quello che squarcia la notte come una lama d’argento.
Vincent farebbe qualunque cosa per quel sorriso. Ha spalancato le porte di Abyss per lui una volta, e lo rifarebbe ancora ed ancora. Ha giurato di salvarlo, proteggerlo, venerarlo. Credeva di averlo smarrito, eppure eccolo lì, richiamato da quel moccioso invadente nel prestare la voce a dei personaggi delle favole.
“Coraggio, Vince, adesso arriva il mio momento preferito!” supplica Elliot.
E, senza pensarci ancora, Vincent si concentra. La principessa Daenerys sale sul suo drago, pronta ad incenerire tutti i nemici e salvare il suo adorato Jon.
Quando ordina alla creatura di sputare fuoco Vincent pensa che forse, quando ucciderà tutti i Nightray, Elliot sarà l’unico ad essere risparmiato dalla sua furia.


Per Vincent l’odore del sangue non è mai stato un problema. In fondo se lo senti vuol dire che sei ancora vivo.
L’assalto a Villa Yura non è andato esattamente come lui ed i Baskerville avevano preventivato; anzi, se possibile gli eventi si sono sforzati di capovolgersi tutti insieme contro ogni sua predizione.
Ai piani alti la gente continua a gridare. Tavoli rovesciati, spari, gli invitati fuggono dalla Villa in preda al panico. Tende l’orecchio alla ricerca di qualche voce familiare, ma le urla si mescolano mentre la carneficina continua ad incalzare. Se avesse un po’ di buonsenso se la darebbe a gambe insieme agli altri Baskerville prima dell’arrivo della polizia di Pandora, ma Vincent ed il buonsenso hanno smesso di frequentarsi ormai da molti anni.
Là sotto, in quella cantina impregnata di muffa e vini rancidi, sono soltanto loro due.
“Sai … lì dentro eri l’unico che mi piacesse”.
Elliot non gli risponde.
Però sorride, sorride come non faceva da tempo. Il rumoroso Elliot Nightray, quello che voleva averla sempre vinta, che alzava la voce e puntava i piedi quando le cose non andavano come desiderava. Il moccioso petulante che si era trasformato in un ragazzo in grado di sfilarti gli schiaffi dalle mani.
“Quando c’eri tu, Gil era felice. E, per me, non vi è mai stato nulla di più importante”.
La furia che sente montargli in petto è sbagliata.
Cerca di controllarla, di ricordare a se stesso che essa va diretta solo contro i nemici del suo prezioso Gil, eppure la mano gli va sulla pistola e Abyss, darebbe qualsiasi cosa per trovarsi qualcuno o qualcosa davanti solo per svuotare il caricatore e sentirsi meglio. E potrebbe anche averne cento, mille, duemila pallottole e sarebbe tutto inutile, perché Elliot non si sveglierà. Il suo fratellastro dorme, accasciato nel suo stesso sangue. Eppure continua a sorridere, la spada ancora in mano come un vero cavaliere. “So che non ci crederai, ma non ho mai voluto che tu morissi”.
Vorrebbe un nemico da odiare, un assassino da mettere sulla propria lista nera. Un uomo, una donna, una bestia feroce, una qualsiasi cosa.
Ma anche quello è un lusso.
Ciò che ha spezzato la vita di Elliot se ne è andato con lui. E dovrebbe andarsene anche quel fastidioso groppo alla gola, ma quello rimane. Rimane a metà, tenuto insieme dalle melodie che suo fratello tirava fuori dal pianoforte anche nel cuore della notte, dalle odiose lezioni di scherma e da quel maledetto libro sulla vita dei grandi cavalieri, quel tomo intessuto delle loro voci che chissà come gli è tornato alla mente dopo tanti, tantissimi anni. All’epoca lo odiava così tanto, chissà perché.
La verità è che non ha più nessuno a cui raccontare una storia della buonanotte.


 

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