Anime & Manga > Killing Stalking
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Autore: _Black or White_    22/01/2018    1 recensioni
Brevissima one shot, e mia prima ff su Killing Stalking, in cui i protagonisti sono i pensieri di Yoon Bum, e le sensazioni che prova nell'avere come amante uno psicopatico assassino.
[Sangbum]
[Parole: 1531]
[Lievi descrizioni sessuali e di violenza fisica]
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dolce e premuroso.
Paziente e delicato.
È tutto ciò che non sei.
Una voglia bruciante che non sai tenere a freno, una bellezza d'ambra che la furia sa come portarti via.
Mi fai male, perché sei un superdotato del cazzo. Mentre io? Io sono piccolissimo in confronto a te, e fragile, e così maledettamente facile da spezzare, lo so.
Sono un pezzo di vetro nelle tue mani di metallo.
Abbi pietà, te ne prego.
Non serve che ti agiti, che mi penetri con tutta questa violenza, da dietro, come due animali; tanto non vado da nessuna parte. Non posso.
Perché mi hai spezzato per davvero, alla fine… e le mie ossa hanno fatto crack come due grissini, ridicolmente deboli contro i colpi del tuo martello.
Non ti porto rancore per questo, ma vorrei che fossi più delicato: accarezzami come faresti con una di quelle tue donne ignare, trattami come tratteresti le tue numerose amanti, scioglimi come fai sciogliere loro.
Fammi sentire il fuoco che hai dentro, perché ho l’insopprimibile desiderio di scottarmi.
Ecco... è così che ti vorrei.
E invece sai essere insopportabile, con le tue mani pesanti e la tua insistente voglia di me.
Sei pesante e mi fai caldo. Il tuo odore sa di pulito e, insieme, di polvere e sudore.
Non avremmo dovuto scegliere questo lubrificante da quattro soldi.
Sollevando gli occhi, posso raggiungere la finestra piccola e umettata dalla condensa: fuori, sta cadendo la neve.
È dolce, è fredda, è piccola.
L'esatto contrario di quello che sei te.
Mi sento soffocare, Sangwoo, sotto questo tuo corpo muscoloso e sudato, ma tu non ti preoccupi certo di quello che provo io.
I tuoi capelli sono ancora impastati di gel, pettinati all’indietro. V’infilo le dita attraverso: sono fini, morbidi e mossi.
Li amo... una delle poche cose che amo di te.
Il tuo viso madido si solleva per guardarmi: dentro a quei pozzi di catrame mi ci vorrei perdere, vorrei non dover mai battere le palpebre.
Le tue labbra beffarde si stirano.
«Cosa c'è?»
La luce che irradia appena dalla neve si posa sui tuoi lineamenti fieri ed eleganti, ma già da tempo ho imparato che il tuo aspetto da angelo non è altro che un dolce, spietato inganno.
«Posso scioglierti i capelli?» chiedo a fior di labbra, perché il tuo peso vigoroso mi schiaccia la cassa toracica.
Quelle belle labbra sorridono e ammiccano.
Le mie dita pettinano arricciati steli color del grano maturo, il profumo del tuo gel va perdendosi tra le pieghe delle lenzuola, e quei capelli che tanto amo scivolano sui tuoi occhi, nascondendomi in parte lo sguardo della bestia; come una tigre che si acquatta tra la selva della giungla.
Adesso la tua maschera da nobile è un po' meno accurata, e sembri tutto, fuorché un angelo: i ciuffi ribelli e ritorti come volute d'ombra solcano una pelle bruna che ha la lucentezza del bronzo.
Oh, dio… tutto questo sudore, questo piacere selvaggio che non voglio condividere, questo dolore sanguinoso, questo sapore sulla lingua... è tutta colpa tua, stupido.
E so che alla fine, quando riaprirò gli occhi, tu te ne sarai già andato, lasciando quel maledetto spazio vuoto nel letto.
«Ti odio.» mormorano le mie labbra secche, a fior del tuo orecchio, «E odio quel maledetto spazio vuoto.»
Non avrei dovuto dirlo, però è la verità.
«Lo so.» risponde quella voce bassa e scandita, tra i miei capelli, «Odiami quanto vuoi.»
E lo farò, lo giuro su Dio.
Posso solo assaporare il sangue che sgorga dalle tue ferite, la pelle della tua poderosa schiena che si lacera sotto le mie unghie, il brontolio roco che esce dalla tua gola quando tutto ciò che sei, e tutto ciò che hai, si riversa nei miei intimi angoli segreti.
E il rosso del piacere, il rosso della morte, mi acceca e mi assorda per un lungo istante.
«Sangwoo… Sangwoo… oh dio…»
Non sono un bambinetto verginello senza alcun tipo di autocontrollo, nonostante quello che potresti pensare di me; so come si fa a scaricare il piacere dell'orgasmo senza dar troppo spettacolo.
Il mio succo può essere caldo, sul tuo ventre, ma quello che ora è dentro di me è decisamente bollente.
Con le tue mani lisce raccogli i miei capelli, riversi di traverso sulla fronte umida e sul letto sfatto, e me li pettini quasi con passione, come se fossi una bambola di porcellana che sta per rompersi.
Non voglio guardarti… non voglio riflettere il mio viso sfinito e ardente in quegli abissi d’inchiostro dalle ciglia lunghe e di seta.
«Tutto bene, Bum?»
«S-sto… bene…»
Il petto mi si gonfia e sgonfia, si comprime sotto al tuo, e siamo belli e ridicoli insieme, come il latte e caffè.
La neve, fuori dai vetri, continua a cadere, implacabile.
«Sangwoo, per favore… non riesco a… respirare bene…»
Ti prendi tutto il tempo del mondo per toglierti di dosso -tanto che mi viene da chiedermi se non hai sperato di vedermi morire soffocato- ma, alla fine, tutto quel peso focoso si sposta, lasciando traspirare la luce della luna e il candore del ghiaccio, e facendomi sentire stupidamente solo e nudo.
Sollevandomi, vedo che ti sei appollaiato sul bordo del letto, mentre ti accendi una sigaretta post-scopata.
“Sangwoo, ti prego, non fumare qui” te lo dico tutte le volte, giusto? Questa volta, però, non lo dico.
Non dirò niente fino a quando non mi guarderai in faccia.
La tua schiena è vasta e sinuosa, le scapole sono spigolose e la colonna vertebrale traccia un’ombra più scura, al centro di quel deserto perfetto.
Oh bé… sarebbe stato perfetto, se non vi fossero tutti quei graffi gonfi e cremisi.
«Ti fanno male?» chiedo a bassa voce, sfiorandone uno con l'indice.
Il tocco inaspettato crea una serie di brividi sulla superficie della tua pelle bronzea.
«E di chi credi che sia la colpa, se adesso bruciano?» borbotti in risposta, passandoti una mano tra i capelli dorati.
«Perdonami, non volevo…»
Non sarai un fenomeno della galanteria a letto, però non hai mai cercato di uccidermi sul serio.
Chino la faccia in avanti e passo la lingua umida su uno dei tagli più gonfi. I brividi sulla tua pelle diventano peli dritti di eccitazione.
«Bum, direi che per stasera può bastare.»
«Mi hai frainteso.» replico dolcemente, leccandone un altro.
La tua schiena diventa così lucida di saliva, il sapore del tuo sudore è stranamente piccante.
«Va meglio, no?» sorrido sedendomi accanto a te, sul bordo del letto.
L'odore della tua sigaretta è decisamente disgustoso, ma in compenso lo sguardo nei tuoi occhi è impareggiabile.
«Devo andare.»
Le parole che detesto. Ma perché me le dici sempre dopo avermi umiliato?
«Resta.» ti prendo una mano e la stringo.
«Non posso, Bum. Devo uscire, lo sai.»
Lo so, sì; perché tu hai una vita, oltre quella dannata porta.
Io, invece, sono prigioniero di queste quattro mura, e fino alla fine sarò destinato a strisciare come un verme, a vagare come un’anima in pena, tra i suoi segreti di sangue e morte.
È questo il mio destino, dunque?
Non sono un semplice giocattolo, Sangwoo: voglio essere qualcosa di più.
Voglio diventare speciale e insostituibile per te, come l’aria che respiri, come il battito che ti tiene in vita.
Voglio essere l’unico, in questo mondo maledetto, a conoscenza del tuo vero volto.
«È da tanto che non dormiamo insieme. Mi sento sempre… troppo solo.»
Distogli lo sguardo e ti levi la sigaretta dalle labbra, per soffiare una nuvola di fumo.
«Sangwoo…»
All'improvviso, i miei occhi si fanno ardenti, «Tu mi riempi con qualcosa, e poi mi lasci vuoto di qualcos’altro. Non fai mai tutte e due insieme. Per una volta, mi piacerebbe che restassi.»
Il tuo silenzio è inscalfibile; nemmeno la neve, oltre i vetri, è silenziosa quanto te.
Vorrei che mi parlassi. Vorrei che mi guardassi negli occhi.
Per favore, per favore, dimmi solo questo, e non ti chiederò più niente.
Non ho bisogno di altro…
«Vieni qui.»
Le tue dita schiacciano il mozzicone in un piccolo portacenere di ferro, posato sul pavimento accanto al letto. Ti sdrai sul materasso e, con le braccia aperte, mi inviti a stendermi sul tuo petto largo e bronzeo.
«Allora resti?» soffio contento, posando il mio corpo sottile su queste dune lucide e brune.
«Finché non ti addormenti, Bum.»
La mia testa trova un punto comodo sulla tua spalla, la mano destra si chiude sopra al tuo pettorale e la gamba corrispondente si attorciglia intorno alle tue.
Vorrei restare così per tutta la vita, fino alla fine, con l'ombra fredda dei fiocchi di neve che solca i vetri appannati, il ritmo profondo e regolare del tuo respiro che mi solleva la mano, l'odore buono e forte dei tuoi capelli, la sensazione calda e scivolosa del tuo seme che cola via tra le mie natiche…
Se non fossi stato un semplice orfanello, un ragazzino povero e malato, forse non ci saremmo mai incontrati. Almeno non così.
Se adesso gli occhi mi si fanno pesanti, le ciglia fremono e il cielo sparisce dalle mie pupille, è perché ti sono accanto…
Sei la mia rovina, ma il tuo amore mi ha salvato la vita.
Grazie, Sangwoo.
Per una volta, rimani con me finché non mi addormento.





Ed eccoci qua, con la mia primissima Sangbum.

Ehi, non è ridicolo il fatto che la mia prima arancione sia proprio su Killing Stalking?!
Ah, e mi dispiace di non aver preparato alcun disegnino per questa ff (chi già mi conosce sa di cosa sto parlando…) ma l’ho scritta in una nottata e pubblicata all’istante praticamente.

In realtà, ho un po’ barato: questa ff l’ho scritta anni e anni fa (forse avevo 15 anni, non ricordo nemmeno…) ed era originariamente una TykixAllen, di D. Gray-man!

Cioè, no, rendiamoci conto del disagio mentale che mi perplime…

Chissà se, nel momento in cui la scrissi, avrei mai potuto immaginare che praticamente sette anni dopo l’avrei resa una Sangbum.
Chissà se avrei mai potuto immaginare di arrivare a leggere un manwha come Killing Stalking.
Chissà se avrei mai potuto immaginare di arrivare a odiare il gelato al pistacchio, o le gonne, o avrei potuto indovinare che sarei diventata una darkettona malata di mente, o che sarebbero mai potuti piacermi i robottoni tamarri, o i mostri alieni horror, o che il sangue e la violenza non mi avrebbero fatto più tutto questo effetto…

Assolutamente bho.

Rileggere, e riscrivere, questa vecchissima ff mi ha fatto ragionare e porre molte domande.
Sono cresciuta da allora? Sono migliorata nello scrivere? Sapevo quanti dolori e gioie avrei provato, quanti problemi avrei dovuto affrontare? E se l’avessi saputo, avrei pensato di potercela fare?

Scusatemi, sto diventando pallosa.

Era giusto una piccolissima ff per far sapere, a chi già mi conosce, che non sono morta! E che non smetterò mai di scrivere, quindi non spaventatevi se ogni tanto sembro sparire nell’etere mistico ;)

Spero tanto che questo piccolo pezzo di memoria di anni or sono abbia lasciato qualcosa anche a voi.

  
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