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Autore: _Darkqueen_    24/01/2018    0 recensioni
Nausicaa è sempre stata una ragazza con i piedi per terra e con un grande senso del dovere e del pudore. Quando si ritroverà in una casetta di montagna dove il suo rapinatore la tiene in ostaggio, tutte le sue difese crolleranno lascandola debole e vulnerabile.
E sarà proprio questo suo essere a portarla sul filo del rasoio, tra la realtà e l'immaginazione, tra l'odio e l'amore.
E' presente la patologia Sindrome di Stoccolma.
Genere: Avventura, Erotico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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“Tesoro sveglia, è pronta la colazione” dice mia madre mentre apre le persiane. Ancora con gli occhi chiusi mugugno qualcosa e mi rimetto a dormire. “Devi alzarti, su, le ferite fanno male” mi scuote leggermente e la guardo “Le… ferite?” Il suo volto assume un’espressione malvagia “Ma come, te ne sei già dimenticata? Se vuoi te lo faccio ricordare” Ed improvvisamente degli occhi neri prendono il sopravvento su quelli verdi di mia madre.
Apro gli occhi e scatto in avanti. Uno scoiattolo a pochi metri da me corre nascondendosi dietro un albero lasciando incustodita la sua ghianda. Caccio un lungo sospiro. Era un sogno. Un fottuto sogno. Mi alzo e pulisco quel che ne rimane del vestito, ormai non più bianco. I polsi e le caviglie mi duolono ancora, mentre i tagli alla gamba sembrano essere già guariti, o almeno smettono di sanguinare. Alcuni raggi di sole filtrano fra i rami degli alberi, segno che è mattina.
Inizio a camminare con una meta non precisa, ma in direzione opposta alla casetta di legno. Tanti crac crac risuonano ad ogni mio passo ogni qual volta calpesto una foglia. Dopo la mia pseudo fuga di ieri, tutta l’adrenalina presente nel mio corpo mi ha abbandonato lasciandomi esausta e con le gambe tremanti. Il tempo di trovare un posto comodo accanto ad un albero e mi sono addormentata profondamente nel tardo pomeriggio. Posso dire di non aver mai dormito così tanto, ma soprattutto cosi scomodamente. Eppure Katniss faceva sembrare così facile dormire su un albero. Improvvisamente mi ritrovo a faccia a terra e il ginocchio scorticato. Se ci si mettono anche i sassi contro la mia libertà, davvero non so cosa ne sarà di me.
E chi l’avrebbe mai detto che da un giorno all’altro la mia vita cambiasse così radicalmente. A quest’ora ieri ero a fare colazione con una delle mie amiche prima di entrare all’università. Come mi mancano i cornetti al cioccolato! L’università un po’ meno invece, come darmi torto. Diciamo che la scelta non è stata propriamente frutto del mio sacco. Mi affascinava molto l’indirizzo biologie marine; i miei genitori non la pensavano allo stesso modo. Ovviamente venendo entrambi da professioni abbastanza importanti nella società volvano per me un futuro degno di loro figlia. La scelta è ricaduta su giurisprudenza. Bella tosta. Nonostante ciò me la cavicchio, se la vogliamo mettere così.
Una luce più forte attira la mia attenzione, ridestandomi dai miei pensieri. Proviene da poco più avanti da dove mi trovo io. La raggiungo con una piccola corsetta ed il sole mi acceca gli occhi. Non ci sono né alberi né foglie in questa parte di bosco, sembra quasi di trovarmi in un luogo diverso dal quale fino a poco fa mi trovavo. Un risolino improvviso esce dalle mie labbra, senza prima avvisare il mio cervello. Un altro risolino, ancora e ancora, fino a trasformarsi in una vera e propria risata. Il sole mi ha sempre messo di buon umore e vederlo ora, dopo svariate ore passate in oscurità, mi ha fatto liberare di tutta la tensione che avevo accumulato. Con ancora il sorriso sulle labbra, mi stendo, chiudo gli occhi e mi beo della sensazione di calore che trasmette.
Un lampo di coscienza fa scoppiare, però, la bolla di illusione nella quale accidentalmente mi ero rinchiusa. Non sono libera, non completamente. Una paura improvvisa che il mio rapinatore possa trovarmi da un momento all’altro mi mette in agitazione. Scatto in piedi e con tutti i sensi in allerta. Devo andarmene da qui. Riprendo il cammino seguendo la direzione di prima.
Dopo vari minuti passati sotto il sole, la mancanza d’acqua inizia a farsi sentire. In questo momento mi sembra qualcosa di così irraggiungibile, un miraggio. Un luccichio poco distante da me mi distrae da i miei bisogni primari. Corro subito verso di esso, attirata da una possibile uscita. Quando capisco da cosa si tratta tutte le mie possibilità vanno in frantumi come vetro.
Metallo, acciaio e un’altezza di almeno cinque metri mi separa dalla mia agognata libertà. Una spessa recinzione circonda la parte del bosco visibile ai miei occhi. Non ho dubbi che lo circondi interamente. In teoria lo dovrei scavalcare ed il gioco è fatto. In pratica quel pazzo che mi ha rapito, non contento, ha messo vari fili al di sopra di essa. Potrebbero essere elettrificati. Magari sono spenti.
Nel mentre penso sul da farsi, un passerotto, volando da queste parti, va ad appoggiarsi proprio su quei maledetti fili. Inizialmente non succede niente, tanto che mi inizio a preparare mentalmente ad una bella scavalcata. Cinque secondi dopo il passerotto, abbrustolito, giace per terra senza vita. Un urletto esce dalla mia gola e mi allontano continuando ad osservarlo, quasi ipnotizzata. Smetto solo quando sento la bile risalire su per fare la sua uscita. Con l’espressione fra il disgusto e il terrorizzato, mi giro avvicinandomi al bosco, dal quale volevo tanto uscire prima.
Un unico pensiero affolla la mia testa mentre guardo, ai confini del bosco, la casetta di legno dalla quale esce un rivolo di fumo: sono fottuta.
   
 
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