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Autore: Steboh6    24/01/2018    0 recensioni
Settantotto anni prima l'inizio di questa storia le sei città del regno di Raula trovarono la pace tra loro. Ci vollero secoli per mettere da parte il rancore, dimenticare i conflitti passati e la creazione di una nuova città, Silka, che potesse fungere come nucleo della loro unione. A capo di essa venne messa una figura superiore ai Re delle città chiamato ravuo. Pur non essendo considerato un sovrano egli è l'uomo importante del regno, l'unico vero giudice e protettore.
L'attuale ravuo Maki e la figlia Irakua. Il generale supremo Hammerstone e un giovane la cui famiglia è caduta in disgrazia... nessuno di loro sarà preparato alla minaccia che sta arrivando, una forza esterna nata anni prima e che metterà alla prova la città intera.
L'era del dominatore è alle porte.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TRE 2 _2

Anche se la maggior parte delle guardie stava gestendo i prigionieri nel cortile, le due occupate a sorvegliare le camere di Irakua erano rimaste davanti alla porta. Asa si era seduta sul bordo del letto, inquieta. Dall'incidente Irakua l'aveva pregata di stare con lei ogni notte, richiesta a cui aveva accettato senza indugi. Le piaceva poter passare del tempo in quella parte del castello, la casa che divideva con la madre non erano così confortevole. Inoltre sapeva che c'era qualcosa che non andava. Bastò qualche giorno per rivedere la solita Irakua, serena e gioviale, ma alcuni dei suoi gesti mostravano un flebile sforzo, come se volesse nascondere quanto l'episodio l'avesse scossa.

- Asa… - Ancora assopita Irakua non aprì nemmeno ad aprire gli occhi. - Lo senti anche tu? -

- Di che parli? -

Senza la minima prova di cosa stesse parlando Asa provò a cercare un suggerimento tra le ombre sui muri. Ci volle un po' per accorgersi del tiepido calore sotto di loro. Sempre più velocemente il materasso diventò incandescente. Stranita, Irakua si sollevò con le mani mentre i timori di Asa la fecero destare completamente. Cercò di prendere Irakua per un polso per spingerla via ma le sembrò di provare a spostare un macigno. Spinta via da una forza estranea lasciò la presa, cadendo pesantemente sul pavimento.

- ASA! - Irakua cercò di raggiungerla ma i suoi piedi rimasero bloccati tra le lenzuola. - ASA! -

La porta della stanza si spalancò fragorosamente. Le guardie avevano sentito le urla. Vennero colpiti da un forte vento anche se le finestre erano chiuse. Sia Asa che gli uomini cercarono di raggiungere il letto, bloccati.

- ASA! AIUTAMI TI PREGO!!! -

Per quanto spingessero le loro mani non oltrepassavano una distanza di pochi centimetri. Come trovarsi davanti ad un muro invisibile.

Continuarono a provare fino alla colonna di luce. Irakua sparì all'interno dello stesso bagliore. Continuò  a gridare fino a quando tutto cessò.

Il respiro di Asa si alternò ai singhiozzi. Poi la vide. Ancora nella stessa posizione, Irakua era totalmente incolume.

Ringraziando Silk Asa la raggiunse, piangendo ancor più forte. - Oh, aim…aim… -

Non riusciva a fermarsi. Il senso di impotenza, mischiato alla preoccupazione, la stavano soggiogando. Fortunatamente Irakua stava bene.

Cercò le sue mani, capire cosa fosse successo...

...ma Irakua non reagì. Teneva lo sguardo fisso sul materasso. Nuovamente le speranze della damigella crollarono. 
- Come Stai Ika? Ti prego, risp... -

Il gesto fù improvviso. Continuando ad ignorarla Irakua appoggiò i piedi a terra e si mise in piedi. - Devo andare. -

La sua voce uscì era così tenue che a stento riuscirono a sentirla.

- Dove? Cosa succede Ika? Dimmi qualcosa, ti prego... -

Forse non poteva sentirla. Provò a chiamarla ancora, senza risultato, mentre una delle due guardie si mise tra Irakua e la porta. - Cerchi di capire, ci è stato dato l'ordine di non farla uscir... -

Le parole gli si bloccarono in gola. Non riuscì vedere da dove fosse uscito quel braccio ma solo cosa gli appoggiò sul collo: Un coltello abbastanza largo da squarciargli la gola con un solo movimento.

Asa gridò per lo spavento. Tutti i presenti si immobilizzarono.

Incurante della scena, Irakua continuò il suo cammino. 

Verso il salone nei sotterranei.


Hammerstone riaccese tutte le torce, riportando l'illuminazione nella sala ad una tenue penombra.

- Ommanion, io non capisco… - balbettò Maki.

- Porti pazienza. Presto dovremmo conoscere i risultati dei nostri sforzi. -

Spazientito, il ravuo provò a mettersi il cuore in pace. Nell'attesa poteva risolvere un altra questione. Si avvicinò a Grifon. Senza un adeguata sorveglianza, il comandante non aveva provato alcun gesto avventato.

- Chiamerò qualcuno che li scorti in una cella. - dichiarò Hammerstone.

Il ravuo lo ignorò. - Solo gli uomini che sono venuti al castello verranno imprigionati. Per quanto riguarda il comandante Grifon, la punizione sarà diversa. Avrei potuto anche comprendere i motivi che l'hanno portata qui, ma ha ignorato una mia richiesta e cercato di ferire un fedele servitore del regno... questo è tradimento. -

Il cuore del generale iniziò a battere irregolarmente.

Dopo la magia, anche una condanna a morte?

Ed è proprio a lui che Maki si rivolse. - Sarai tu, Greguar, a eseguire la sentenza. -

La sua risposta arrivò repentina. - Mi rifiuto. Grifon verrà messo a processo. -

- VUOI FORSE DISOBBEDIRE AD UN MIO ORDINE??? -

- Fermatevi tutti. -

Anche se tenue, Maki riconobbe subito la voce. Non appena la vide scendere le scale la rabbia lasciò spazio ad una cieca paura. Aveva espressamente ordinato ai suoi uomini di non fare uscire Irakua dalle sue stanze e, in cuor suo, che non scoprisse mai ciò che stavano facendo. Invece era lì.

Precipitosamente la raggiunse. - Irakua, che cosa… -

Bastò guardarla negli occhi per capire che c'era qualcosa di strano in lei. Appariva stanca ed assonnata, da più vicino completamente assente. Inoltre, chiunque avrebbe fatto domande dopo aver sentito l'allarme o vedendo i prigionieri nel cortile. Irakua no. Non mostrava la minima preoccupazione.

- Non uccidetelo. - disse lei. - Ci servirà. Come tutti gli altri. -

Senza nemmeno che Maki se ne accorgesse, i ruoli si erano invertiti. Non più colui che nascondeva la verità, ma quello che non capiva.

- Gli uomini che sono stati catturati. Falli portare qui. -

- Perchè? - la voce di Maki si fece quasi disperata. - Irakua, ma che sta succ... -

- Sarò io ad avverare il tuo desiderio, padre. Riporterò la sicurezza a Raula, esattamente come tu vuoi. -

E lì fù chiaro. Hammerstone ed Ommanion rimasero incerti sul da farsi, Grifon confuso. Il ravuo devastato. Abbattuto, abbassò lo sguardo. - Sarà fatto... -

Si incamminò verso le scale. Hammerstone lo raggiunse, camminando al suo fianco. - Dove stai andando? La questione non è finita. -

Il ravuo si fermò di soprassalto, lanciando all'amico uno sguardo affranto.

Irakua era stata coinvolta. Il resto non aveva più senso.

- Volevo fare la cosa giusta. -

Ricominciò a camminare. Fermo, Hammerstone lo seguì con lo sguardo mentre saliva le scale. Sarebbe stato bellissimo fare lo stesso; chiudere quella faccenda come se non fosse mai avvenuta. Non poteva. Vedere coi propri occhi le intenzioni di Irakua aveva la priorità.

- Generale Hammerstone? - nel silenzio della sala, la voce di Irakua era ancora comprensibile.

- Dimmi Irakua. -

- Prenda quattro uomini. Insieme, portate ogni prigioniero. -

Hammerstone ebbe un attimo di esitazione. - Ha intenzione di ucciderli? -

- Nessuno di loro morirà. Non questa notte. -

Ancora titubante Hammerstone seguì gli ordini. Poco dopo ritornò con quattro soldati che controllavano la fila di prigionieri.

I sentimenti di Grifon sbalzavano velocemente tra il fallimento e ciò Irakua poteva avere in serbo per loro. Nonostante ciò, fù un sollievo vedere ogni partecipante alla missione camminare sui propri piedi. Le esche del ponte non parevano ferite, Jojer, Kimistro e Garen avevano macchie di sangue e lividi su braccia e testa.

Quando tutti furono fatti inginocchiare nei pressi della scala, Irakua si fermò a pochi passi dal contenitore di metallo. Tracciò una linea per aria. Il suo movimento parve lineare e preciso, proprio come la luminosa incisione quadrata che si delineò sul pavimento. Si sollevarono sottili pareti trasparenti, il cubo si completò. La superficie si fece densa, fino a diventare completamente nera.

La scena lasciò sia i soldati, che gli uomini di Grifon increduli. In pochi trovarono il coraggio di commentare.

La parete si dissolse. Al suo interno non vi era più nulla; il contenitore svanito insieme al pavimento su cui era appoggiato.

Gli occhi spenti della ragazza si soffermarono su uno dei prigionieri.

- Portatelo qui. -

- Io sono il responsabile di ciò che è accaduto! - esclamò Grifon. - Abbiate clemenza con i miei uomini. -

Un paio di guardie continuarono a procedere verso Smer.

- AVETE VISTO?? - gridò Smer. - PIETà VI PREGO!! -

L'uomo cercò disperatamente di divincolarsi. Dopo un paio di tentativi riuscirono a sollevarlo di peso e portarlo nelle vicinanze di Irakua. Le suppliche di smer non portarono alcun risultato, amplificandosi quando venne gettato nel fosso. Anche gli uomini che lo avevano portato lì rimasero agghiacciati. Si trovarono davanti ad un fosso di almeno venti piedi di profondità. I mattoni perfettamente intagliati come se il foro per terra fosse sempre sato lì. Un perfetto cubo. Si allontanarono velocemente, senza il coraggio di alzare gli occhi.

Irakua sollevò entrambe le braccia. Bastarono tre parole in un irriconoscibile lingua ed una grande fiamma purpurea si sollevò dal fondo della fossa. Le urla di Smer si fecero disumane.

- Lo sta bruciando! - esclamò qualcuno.

Un minuto, forse due e le sofferenze di Smer finirono. Il fuoco si affievolì, lasciando solo una densissima coltre di fumo che si espanse nell'aria circostante. Le torce rimasero alte ad illuminare il centro della sala. Molti dei suoi compagni distolsero lo sguardo, altri pregarono per il compagno caduto.

Poi sentirono i colpi.

Un primo tonfo, seguito da un altro. La nebbia si era propagata per gran parte della sala. Nonostante la densità una figura si sollevò in piedi, crollando sulle proprie ginocchia dopo un paio di passi. Metà del suo corpo fù ben visibile. Apatica, Irakua rimase ad ammirare la sua creazione. - Accogli la tua nuova natura. -

Non poteva essere Smer. La sua figura era imponente, almeno cinque volte l'uomo più grosso nella sala. Il volto si era allungato come quello di un felino, la muscolatura ingigantita ed un paio di grosse ali ossute erano comparse dietro la schiena. Il corpo era interamente cosparso di peli, fatta eccezione del petto muscoloso. Esclamazioni di orrore echeggiarono per le mura. Irakua le appoggiò una mano sulla fronte. - D'ora in avanti il tuo unico obbiettivo sarà quello di proteggere la città e i suoi cittadini. -

Mentre parlava una forte luce si manifestò sul petto della bestia che ruggì ferocemente.

- Sadarac. Così ti chiamerai. -

Non appena quella luce sparì la creatura crollo a terra, inerme.

- Portatelo via. - ordinò Irakua.

Dinnanzi a quell'orrore Hammerstone non riuscì più a rimanere impassibile. Fece qualche passo verso Irakua ma le grida di Grifon sovrastarono ogni commento, facendolo fermare.

- SMER! CHE TI HANNO FATTO? RISPONDIMI SMER!!! -

Irakua indicò proprio il comandante Grifon come prossima vittima. Debole e disperato, non oppose nemmeno resistenza. 

- CHE SIGNIFICA HAMMERSTONE? CHE SIGNIFICA TUTTO QUESTO? -

Per il generale la mancanza di una risposta fù la pietra tombale sulle sue ultime forze. Rimase a guardare mentre lo trascinarono. Grifon venne buttato nella fossa ed Irakua ripetè le stesse parole, ricominciando il ciclo di urla e ruggiti. Nulla era cambiato, nemmeno le sembianze del Sadarac che venne fuori o l'ordine che gli venne impartito prima che perdesse conoscenza.

Uno alla volta gli uomini di Grifon subirono la stessa sorte, alimentando la durata del processo. Impotente, Kimistro piantò lo sguardo a terra, ascoltando i denti di Garen digrignare.

Dovevano essere finiti in un altro regno. In una lontana era dove l'uomo non aveva ancora imparato cosa fosse il rispetto per la propria specie.

- Maledetti… -

Solo Kimistro sentì il suo compagno mentre Jojer, al fianco di Garen, venne alzato da terra. Come altri il giovane provò a chiedere pietà, ottenenendo solamente il dispiacere degli uomini incaricati di trasportarlo. Secondo Kimistro non provavano nemmeno a nascondere la paura che li stava muovendo. Erano schiavi di ciò che avevano appena assistito e loro un manipolo di traditori. Al loro posto non si sarebbe ricoperto d'onore.

In quel momento Garen fece esplodere la sua rabbia. - POTETE BRUCIARE LE NOSTRE ANIME E FAR FINTA CHE NON SIAMO MAI ESISTITI. IL NOSTRO ESSERE ALIMENTA IL FUOCO DELL'ORGOGLIO DI SILKA. -

Ogni uomo presente finì per guardarlo. Non Irakua. Da quando era scesa in quella sala sembrava aver perso il dono dell'ascolto.

- MI VERGOGNO PER ME STESSO E PER TUTTI QUELLI CHE HANNO DATO LA VITA PER VOI. NON SIETE MERITEVOLI DI SILKA! NON SIETE MERITEVOLI DI RAULA! ED UN GIORNO QUALCUNO VE LA FARà PAGARE... -

Si zittì, accasciandosi al suolo. Pensò a Grifon e ai compagni che aveva appena perso. Pensò alla sua famiglia e a ciò che sarebbe potuto accadere alla città in futuro. Quali speranze potevano avere ora?

Sentì le ginocchia staccarsi dal suolo e i piedi strisciare sul pavimento. L’impatto con il terreno fù doloroso ma ormai superfluo. Gli rimase solamente la forza di alzare gli occhi al cielo e dire poche parole. - La città vi punirà. -

Una vampata di calore gli salì dalla bocca della stomaco. Le fiamme si propagarono fino a consumarlo.

Dolore. Devastante e cieco dolore.


Venticinque, giganteschi, corpi erano stati ammassati su un angolo esterno della stanza. Quando ebbe finito, Irakua si rivolse al generale e alle guardie che avevano appena finito di spostare l'ultimo Sadarac. - Portateli nelle prigioni. Per molto tempo non dovranno avere alcun rapporto con un altro essere umano, il loro cuore deve dimenticare la malvagità con cui si sono macchiati. Durante tutto il processo ho fatto in modo che nessuno sentisse alcun rumore proveniente da qui. Al momento la verità porterebbe nuovo caos, perciò vi invito perciò a non parlarne in giro. Se lo farete io lo saprò e verrà considerato tradimento. Abbraccerete la causa dei Sadarac. -
Nel vedere la paura nei loro occhi Irakua proseguì. - Questi traditori rinasceranno e daranno a Silka una protezione mai avuta prima. Credete in me e non dovrete temere più nulla. -

Una volta concluso li abbandonò nel sotterraneo.

Lo sguardo delle guardie si focalizzò su Hammerstone.

- L’avete sentita? - disse freddamente. - Portateli nella prigione. -

- Ma signore… -

- Se fossi in te non direi altro. È un ordine e va rispettato. -

Il soldato provò a ribattere ma si bloccò in tempo. - Come desidera. -

Quando il generale lasciò il sotterraneo gli uomini avevano appena finito di organizzare lo spostamento. Ipotizzando quanto le creature pesassero, ci avrebbero messo tutta la notte.

Resistette fino al cortile prima di fermarsi, tremante e con la fronte completamente sudata. Più volte aveva vacillato nel cammino, sentendo lo stomaco rivoltarsi su sé stesso.

Come poteva poteva Irakua considerarli traditori quando erano gli unici ad aver fatto la cosa giusta? Come avrebbero spiegato la presenza dei Sadarac alla gente? E alle altre città?

Ormai ne era assolutamente certo. Le urla che aveva sentito in quel sotterraneo lo avrebbe tormentato per tutta la notte. Forse per sempre.

Proprio come le conseguenze.




La festa andava avanti da ore. Nessuno dei banditi si preoccupò della confusione che stavano facendo, sapendo che non vi erano persone nella regione di Numura col coraggio di avvicinarsi al rifugio. Figurarsi interromperli.

Lurcas sbucò da una delle siepi vicino all'accampamento. Era rozzo, si riconosceva tale, ma le cicatrici sul corpo gli avevano insegnato ad essere cauto, gli amori finiti a mantenere un briciolo di classe.

Vantavano cinquanta uomini, numero in costante incremento come le loro ricchezze. Pensando a quella inimmaginabile lussuria quasi si commosse.

Era stato il destino a volerlo. Solo un Dio benevolo li aveva salvati dalla miseria a cui erano abituati.

Raggiunse il focolare centrale, il più maestoso che avevano disposto. La sua dama lo stava attendendo con un malizioso sorriso. Non poteva rilassarsi con lei, non ancora. A causa del vino che cominciò a farsi sentire, dovette cercare tra tutte le brutte facce presenti. Si era allontanato, come sempre.

Imperdonabile. Anche se aveva giurato con evidente controvoglia, aveva promesso. Avrebbe partecipato!

- Bond! - esclamò.

- Cosa c’è? - chiese un bandito seduto al cerchio del focolare.

- Che fine ha fatto Kuro? -

- L’ho visto passare tra gli alberi, non so cosa sia andato a fare… -

Al pensiero di addentrarsi nella foresta, la vista di Lurcas vorticò in anticipo. Prima però guardò la sua dama. Non aveva di certo dimenticato le buone maniere. - Perdonami, amore mio. Devo chiederti di pazientare ancora un pò. Il ragazzo è giovane, deve imparare a godere delle gioie della vita. -

Non sembrò essersi offesa, mandandogli un bacio per aria.

Con un sorriso smagliante il capo dei banditi passò tra i suoi uomini. Quando l'oscurità lo avvolse fù facile perdersi nei ricordi.

Come fosse ieri. Dieci anni erano già passati.

Lo avevano incontrato solitario nel passaggio di montagna, con occhi pieni di disgusto e malvagità. Diceva che stava cercando uomini e non mostrò la minima paura, nemmeno quando Ragae scese da cavallo con la mazza tra le mani. Il bambino non sembrò gradire quello sguardo sprezzante. Lurcas considerò la mossa di Kuro un vero tocco di classe: Con qualche strano potere lanciò Ragae contro un grosso masso nelle vicinanze.

Gli uomini rimasero terrorizzati, così come Lurcas, prima che realizzasse il potenziale di quell'incontro. Qualsiasi cosa volesse, qualsiasi cosa fosse, valeva la pena tenerselo stretto. Mai una scelta nella sua vita si era mai rivelata così azzeccata.

Più uomini. Più guadagno. Più forza.

Kuro insegnò a quel gruppo senza destino la sua mentalità. Condivise con loro il potere, li rese unici. In cambio chiese tempo per diventare più potente e che tutti loro desiderassero diventare migliori, superiori.

Anche dopo aver superato la foresta, il fracasso della festa era altissimo. Lo trovò qualche metro più avanti, seduto su un albero crollato. Lo sguardo fisso all'oscuro orizzonte.

- Le parole hanno un valore, Kuro... -

In ogni loro conversazione il rispetto rimarcava ogni parola, un aspetto del loro legame che entrambi amavano fortemente. Dall'alto delle sue capacità Kuro non aveva mai trattato nessuno con superiorità e Lurcas non si era mai comportato come schiavo.

Troppo preso dai suoi pensieri, il ragazzo non gli diede retta.

- Kuro… - riprovò Lurcas.

- Ho sentito qualcosa.. -

- Certo che si, con tutta la confusione che stiamo facendo... -

- Non qui... -

Lurcas fece un passo avanti. - Lo sai che certe cose devi spiegarmele bene... -

Si portò al fianco di Kuro, vedendogli nello sguardo tutto l'odio che stava provando. Sprizzava voglia di uccidere.

Capendo che stava provando emozioni unicamente umane, Kuro cercò di ritrovare la calma. - Ho trovato qualcun'altro. -

Anche se ci provava, rimase sempre una nota di risentimento.

- ...Qualcun'altro? -

- Qualcun'altro come me, Lurcas, non sono più solo. -


Ritornata alla stanza, sia Asa che le guardie erano sparite. Irakua si sedette sul letto, passando qualche minuto a guardarsi le mani. Avrebbe avuto il tempo di maneggiare quel corpo, imparare ogni cosa. Faceva parte degli accordi.

- Come ti senti? -

La voce alle sue spalle non la sorprese. Sapeva che molto presto si sarebbe presentato a lei. E già sospettava di chi si trattasse.

- Non ha alcuna importanza. - rispose.

Si girò a guardarlo. Rispetto agli altri uomini che aveva visto quella notte lui non aveva né una chiara forma o dettagli, trovandolo comunque bellissimo.

- Molto bene. - l'uomo ombra svanì nel muro. Nello stesso punto comparì un largo cerchio da cui uscirono tre uomini legati ed imbavagliati. Il foro nel muro si strinse abbastanza per far passare nuovamente il busto dell'uomo ombra. - Proprio come vi avevo spiegato: quattro comandanti. Questi tre non hanno voluto credere alla nostra storia e ora sanno troppo. Come avete intenzione di procedere? -

- Verranno trasformati in Sadarac, come le guardie che sono scese nel sotterraneo e tutti quelli con cui hanno parlato. Una volta liberi per la città nessuno potrà scoprire quanti sono. - Irakua si interruppe un attimo. - Non possiamo farlo qui. -

- Non è un problema. Posso riportarli dove li tenevo fino a domani mattina. Come preferisci, mia regina. -

La ragazza si alzò, guardando il cielo notturno da dietro la tenda.

- è andato tutto a meraviglia. - affermò l'uomo ombra.

- Spero solamente che il dominatore capirà... -

- Certo che si. Il futuro è dalla nostra parte. -

Un mugolio fece girare Irakua verso uno dei corpi. Due erano incoscienti, il terzo la osservava, cercando di parlare. Non riuscì proprio a capire cosa stesse provando.

- Risolvo io. - Allungandosi dalla sua postazione l'uomo ombra strinse l'uomo per le caviglie, trascinandolo dentro al buco.

Urlare non servì a nulla.




   
 
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