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Autore: dilpa93    24/01/2018    6 recensioni
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questo dolce non s'ha da fare

Poggiò sul rullo la bottiglia di latte parzialmente scremato, le uova, le albicocche accuratamente pesate ed etichettate, il burro ed infine le ciliegie.
Aspettava paziente che il suo turno arrivasse tamburellando con le dita sulla tasca dei jeans. Si guardò intorno osservando i colori sgargianti della frutta e della verdura estiva. Il rosso più vivo delle fragole si ammorbidiva fino ad arrivare al dolce e succoso arancione delle pesche mature; le insalate lasciavano una scia di verde dalle incredibili sfumature.
Appena entrato aveva provato refrigerio, dal caldo soffocante della New York in estate, vicino ai banchi frigo. Ripensò all'aria fresca sulla pelle e gli parve di sentirla nuovamente; abbandonandosi totalmente a quella sensazione non si accorse nemmeno quando arrivò il suo turno.
"Ha la tessera? Signore... Signore?"
La voce nasale e acuta della ragazza fischiò nelle sue orecchie come una mosca che ronza incessantemente intrappolata contro il vetro opaco di una finestra.
"Come?"
"Chiedevo, ha la tessera?"
"No, no."
"D'accordo." Sospirò facendo scoppiare il palloncino verde acqua della cicca alla menta che stava sospeso tra le sue labbra come per magia, cominciando a passare ogni singolo prodotto sul laser.
Le unghie perfettamente curate e laccate di rosa della commessa picchiettavano incessantemente sui tasti. La cassa non sembrava volerne sapere di collaborare.
Svogliata e accaldata squadrò il complicato marchingegno, fino a che non si rese conto che il mal funzionamento dipendeva dalla mancanza del rotolo di carta.
Arricciò le labbra spazientita, puntando lo sguardo sul soffitto cercando una possibile soluzione.
"C'è qualche problema?"
"È che... È finita la carta", sbuffò, "vado a prendere un nuovo nastro. Aspetti un istante."
Annuì debolmente sentendo su di lui le occhiate annoiate degli altri clienti.
"Eccomi, proviamo così." Premette per l'ennesima volta sul pulsante di invio, e finalmente si sentì il lieve ronzio dell'inchiostro che veniva impresso sulla carta lucida.
"Sono 19 dollari e 75."
Frugò nelle tasche, ma sembrava non avere moneta con sé. Estrasse il portafogli prendendo due banconote da dieci dalla tasca centrale; gliele porse con un sorriso smagliante a rallegrargli il volto.
Per la terza volta da quando si era messo in coda la sentì sbuffare.
"Non ho moneta per il resto, scusi tanto. Se può aspettare ancora qualche minuto vado a prenderla."
La giovane sparì prima che avesse il tempo di ribattere che non importavano affatto 25 centesimi.
"Non poteva lasciarglielo il resto?" Domandò irritata una signora dal fondo e, come se non bastasse, il docile cagnetto che teneva nella borsa gli ringhiò contro, quasi a voler dimostrare il suo accordo con la padrona.
Lui scrollò le spalle sinceramente dispiaciuto, senza sapere che dire. Quando si voltò verso la cassa, la ragazza era riapparsa.
"A lei e..."
"Oh no!" La sua esclamazione, accompagnata dal suo viso impaurito, preoccupò la cassiera facendole bloccare le parole 'buona giornata' in gola.
Lo scrittore teneva tra le mani un foglietto, prima piegato in quattro parti, trovato in uno scomparto del portafogli. La calligrafia pulita e ordinata della detective si leggeva perfettamente, e ciò che lo allarmò erano otto semplice lettere: zucchero. Si era completamente dimenticato di prenderlo. Come pensava che sarebbero riusciti a fare una torta senza lo zucchero?
"Ho dimenticato una cosa, prometto che faccio in un lampo!"
Una lamentela generale si sollevò in un coro poco soave - in cui fu certo di sentire distintamente la parola 'coglione'- da parte dei poveri clienti costretti in fila da oltre mezz'ora.
Vagò tra gli scaffali in cerca dello zucchero.
Ce n’era di ogni tipo: di canna, vanigliato... Dove era finito il semplice e comunissimo zucchero bianco?
Finalmente lo trovò, in un angolo remoto della mensola più alta. Si aiutò con una piccola scaletta in metallo. Poggiò il piede sul primo piolo, le viti sui bordi cigolarono arrugginite quando sollevò anche il secondo. Si allentarono lentamente, non dandogli il tempo di accorgersene; lo scalino reggeva a stento la sua mole, e fu nell'esatto momento in cui scese vittorioso dalla scala che il piolo, con stridio metallico, si staccò.
Prese tra le mani la confezione assicurandosi che fosse quello giusto; nel leggere gli occhi gli caddero sull'orologio tenuto al polso destro, un regalo di compleanno di Kate.
"Kate!" Urlò, ma solo nella sua testa. L'aveva lasciata chiusa in macchina senza neanche un finestrino che fosse, anche solo, a malapena aperto. Erano arrivati di corsa al supermercato, i posti auto erano tutti occupati, l'unico vuoto l'aveva trovato sotto il sole cocente. Aveva guidato lui, cosa che raramente succedeva. "Scendo io, tu resta qua" le aveva detto convinto che non ci sarebbe voluto molto. "D'accordo, pur che sia una cosa rapida, si muore".
L'aveva baciata e si era catapultato dentro, dimenticandosi di lasciarle uno spiraglio per l'aria.
Era dentro da oltre trenta minuti ormai.
Corse verso la cassa preoccupato per le sorti della compagna, non accorgendosi della grande chiazza di succo di more lasciata da un bambino a cui era scivolato il cartone che teneva tra le mani minute. Cadde rovinosamente a terra, e con lui anche lo zucchero che ricoprì gran parte del corridoio e della sua camicia scura, su cui ora risaltavano i microscopici granuli bianchi.
Si alzò spolverandosi, cercando di togliere alla meglio ogni traccia della polverina bianca.
"Accidenti, devo assolutamente prenderne un altro, ar-"
Non completò la frase che, dal fondo della fila, un ragazzotto ben piazzato che doveva da poco aver superato la ventina prese dal cesto alle sue spalle un grande ananas lanciandoglielo contro. Un gemito strozzato uscì dalle sue labbra quando il ciuffo di foglie rinsecchite ed indurite per il caldo gli si conficcò nel petto.
Nel silenzio generale cadde nuovamente a terra; ad impregnargli la camicia questa volta non era succo di more, ma il suo stesso sangue.
 
 
Kate sentiva la fronte madida, le goccioline scivolarle lungo l'esile collo. La sua pelle era divenuta ormai un tutt'uno con il rivestimento dei sedili.
Non avrebbe resistito lì dentro ancora a lungo, le sembrava di essere in un forno, i finestrini bollivano a contatto con i raggi del sole.
Cercò disperatamente le chiavi, accorgendosi con un sospiro sofferto che non c'erano.
Gli diede ancora tre minuti.
I numeri sull'orologio digitale scorrevano con una velocità innaturale; scattati i tre minuti volse lo sguardo all'entrata del supermercato.
Di Castle nemmeno l'ombra, neanche la sagoma sfocata.
Si guardò intorno in cerca di qualcosa che potesse esserle utile, ma l'unica cosa che trovò fu la custodia degli occhiali da sole.
Maledisse l'estate per non avere le maniche lunghe a proteggerle il braccio da quello che stava per fare.
Contrasse il braccio destro e, dopo un ampio respiro, colpì con forza il finestrino.
Non ottenne nulla, almeno le prime due volte, alla terza una lieve crepa comparve sulla superficie prima liscia.
La quarta fu quella decisiva. Le schegge di vetro colpirono come grandine l'asfalto, e come fiocchi di neve pungenti alcune le si conficcarono nel braccio ora sanguinante.
Non parve neanche sentire il dolore quando finalmente un alito di vento le si posò sul viso.
Trafelata, fradicia e ferita si trascinò, sempre con indosso i suoi immancabili tacchi alti, dentro al supermarket.
Lo trovò riverso sul pavimento con l'ananas accanto. Si posizionò davanti a lui, riuscendo a proiettare l'ombra sul suo corpo.
Lo guardò sbuffando come un toro nell'arena.
"K-Kate, lo so, ci ho messo tanto."
Gli si accovacciò a fianco, lo vide tenderle le mani in cerca di aiuto; gli sorrise, un ghigno di vendetta e sadismo. Lo prese per l'orecchio trascinandolo verso le porte scorrevoli dell'uscita.
"Ahio Kate!" Riuscì appena a sentirlo mormorare.
"Ahio? Beh, ringrazia che ti abbia già colpito un ananas, io di sicuro non ti avrei lasciato vivo. Forse ora capirai come si deve sentire la frutta ogni volta che l'affetti giocando a fruit ninja su quello stupido telefono."
Erano quasi fuori, quando la commessa, rimasta inerme e silenziosa ad assistere alla scena, la fermò.
"Scusi, ma la spesa?"
La detective lanciò una breve occhiata ai prodotti, "li tenga, li dia ai poveri, li rimetta a posto, non fa nulla, ma lui con il dolce ha finito."
E così, lo scrittore e la sua musa lasciarono lo store sotto il suono di fischi, di 'finalmente' urlati anche dai clienti appena entrati, sotto scroscianti applausi per quella che ora sembrava, a tutti gli effetti, una messinscena architettata fin dall’inizio.
 
 

 



DILETTA'S CORONER:
I'm back!
Solo per ora, solo con questa fanfic demenziale che stava facendo la muffa nel mio hard disk.
Riccardone sbadato è uno dei miei preferiti, ma questa volta la sua sbadataggine l'ha pagata cara!
Nient'altro da dire, se non...
Baci baci, gossip girl
  
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