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Autore: alessandroago_94    25/01/2018    8 recensioni
Altra raccolta di componimenti poetici molto semplici.
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni mattina mi alzo che son già stanco,

ogni mattina mi alzo già fiacco,

a ventiquattro anni mai avrò autonomia,

alla mia età l’autonomia è solo una bugia,

che poi parlano di matrimoni,

e chi vuoi che si sposi

se gli affitti sono esosi,

se la gioia ha il sapore dei sogni,

se sembra appartenere al mondo dei sogni.

La nostra generazione sarà

l’ultima a ricevere qualcosa dai propri genitori,

ma dimentichiamoci i valori,

tutto il resto cos’è, forse verità?

Una verità è che la mattina ci si alza

e prima ancora di bere il latte dalla propria tazza

il padrone già ti chiama.

Ho un padrone che mi chiama,

ad ogni ora bussa nella mia testa,

la mente mi sta andando in fissa, lesta,

che non sei indispensabile per nessuno,

tutti ti butterebbero nel cestino di turno.

La paranoia

come compagna, nella noia

di una società in cui non mi pare di rispecchiarmi,

in cui non sono capace di adattarmi,

poi cominciano a parlarmi di elezioni,

puntuali come se fossero lezioni,

tanto il mio voto a cosa conta?

Ogni politico che ha un vizio

poi se ne fa un bel vitalizio,

pago le tasse per incrementare la rendita

di gente che vive a spese degli altri,

a spese dello Stato,

a spese di ogni povero malcapitato

che alla mattina si alza con gli occhi che sono come fari,

dal tanto che sono allucinati,

dal tanto che sono frustrati.

Il giorno in cui compio ventiquattro anni

è anche quello in cui mi prometto di non fare più danni,

che poi tanto non ho modo di firmare un contratto di sei mesi,

sei mesi a cinquecento euro mensili,

come missili,

come il tempo necessario a far crescere le messi,

e pensare che mi sento così solo,

che non ho voglia di fare niente,

che il mio sesto senso è così solo,

e non ho voglia più di fare un accidente.

Alla mattina non mi vorrei svegliare,

a letto me ne vorrei restare,

ad ogni ora vorrei osservare il cielo,

che di notte è così nero, bello,

limpido,

livido.

Il giorno che compio ventiquattro anni

è anche quello in cui scopro i miei limiti;

sono come cani,

nella mia mente si rincorrono e scodinzolano, vani,

sono i miti

di un’esistenza pura e sincera,

quando il mio cuore è già una pozzanghera di cera,

sciolta al calore delle menzogne,

che piovono dal cielo come castagne,

profumo di caldarroste,

carine e toste,

profumo di bignè

mentre si sorseggia un tè.

Ho il corpo da uomo e la mente da ragazzino,

una testolina da ronzino,

da ronzio,

meriterebbe subito un vitalizio,

anzi, due vitalizi,

perché ho molteplici vizi,

e per mantenerli bisogna spendere,

 e non lasciare sempre da pagare.

Quando mi sveglio

mi sembra suoni l’adunata,

radunata

nella mia testa

tutta la frivolezza del silenzio,

e se apro bocca mi dicono che devono studiare,

e al loro futuro devono pensare,

e pure se mi viene da sbadigliare

sembra che il mondo intero si debba arrabbiare.

Non suono alcuno strumento,

non mieto il frumento,

convivo solo con la noia esistenziale,

che ha un sapore micidiale,

giuro che sa di bile.

Mi fa star male,

mi fa inabissare

nel mio dolore personale,

mi cullo su un dondolo,

tanto sono solo,

gli altri li ignoro

per il giorno intero.

Vorrei solo saper uscire

dal mio limbo di inerzia,

avere ogni tanto una buona letizia

che possa anche solo farmi rallegrare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Una poesia davvero triste, che ho scritto qualche giorno fa, durante un momento di profondo avvilimento. Siccome oggi è il giorno del mio ventiquattresimo compleanno, pensavo stesse bene pubblicarla oggi, anche se non mi rispecchio già più nella valanga di parole senza speranza di questo componimento.

Spero solo vi abbia tenuto compagnia, a modo suo… grazie di cuore ^^

 

   
 
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