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Autore: Fiore di Giada    27/01/2018    2 recensioni
Spara.
Uno. Due. Tre. Quattro.
Il ronzio della pistola risuona nella stanza chiusa.
O forse è una impressione della sua mente provata da un ardente desiderio di vendetta.
In fondo, ha preso una Walther dotata di silenziatore.
Breve flash fic sulla Shoah e sulla vendetta di un prigioniero.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Spara.

Uno. Due. Tre. Quattro.

Il ronzio della pistola risuona nella stanza chiusa.

O forse è una impressione della sua mente provata da un ardente desiderio di vendetta.

In fondo, ha preso una Walther dotata di silenziatore.

L’uomo alza le braccia, in una muta invocazione di sorpresa, gli occhi sbarrati dal terrore.

Poi crolla sul pavimento.

Il sangue sgorga, arrossando le mattonelle bianche.

Hermann osserva quel corpo, lo sguardo gelido. Quell’uomo, per tanto tempo, è riuscito a sfuggire al suo crudele passato.

Si è costruito una nuova identità di uomo rispettabile.

Per quanto possa essere rispettabile uno sporco nazista.

Hermann chiude gli occhi, poi li riapre. Non ha più lacrime.

Non crede più in Dio.

I giorni trascorsi nel campo di sterminio di Treblinka hanno distrutto la sua famiglia e, con essa, la parte più bella del suo cuore.

Sua madre dove è? Cosa ne è stato di suo padre, di suo fratello gemello Franziskus e di sua sorella Hannah?

E la sua fidanzata, la splendida e coraggiosa Alina?

Erano morti.

Tutti.

E le fiamme dei forni crematori avevano trasformato i loro corpi in cenere e fumo.

Hermann crolla, piegato da un accesso di nausea. Sono passati dieci anni, eppure ricorda bene l’odore dolciastro che si sprigionava dal camino.

E in quel fumo grigiastro c’erano i suoi familiari!

Si solleva, con lentezza e aspetta. Quella crisi non è paragonabile a quanto ha dovuto vedere e sopportare a Treblinka.

Ricorda bene le torture, la fame straziante e l’arbitrio brutale dei guardiani.

E tra loro c’era lui, Armin Meyer, che ora giace morto, lo stomaco e il petto perforati da quattro colpi di pistola.

Hermann sorride, beffardo. In parte, giustizia è compiuta.

Tuttavia, non è del tutto soddisfatto.

E lui sa bene perché.

– Non è abbastanza. – pensa. Quante persone erano state torturate da quell’uomo così miserabile e dagli individui come lui?

Hermann si passa una mano tra i riccioluti capelli biondi. No, i quattro proiettili non ripagano le sofferenze di tanti innocenti.

Sono un miserabile contrappasso e ne è ben cosciente.

Il suo stesso desiderio di vendetta non è stata saziato.

– Ma è pur sempre un inizio. – mormora. Certo, quell’individuo non ha patito le medesime sofferenze delle sue vittime, ma non gode più dei piaceri della vita e della carne.

Non befferà più le persone morte, dopo lunghi giorni d’agonia.

Ha cessato di vivere.

Hermann sorride e, con passo rapido, si allontana dalla casa.

   
 
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