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Autore: Feni_rel    28/01/2018    2 recensioni
[Gundam Iron-Blooded Orphans]
La vista del Flauros impegnato in una battaglia contro lo shiden bianco pilotato da Eugene fu come una zannata dritta sul cuore. Il suo cuore, che era già stato lacerato dalla morte di Shino e che ora Arianrhod si stava divertendo a ridurre a brandelli.
“Se proprio dovevate usarlo…” nemmeno lui si riconosceva in quel tono basso e grave “almeno dovevate cambiargli il colore!”
What if della serie Gundam Iron blooded Orphans
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci nuovamente! Scusate se la storia procede a rilento, ma non abbiamo dimenticato Shino&Yamagi <3
Pian piano cercheremo di portarla avanti e concluderla, grazie a voi che ci seguite!!!


Capitolo VII


“È uno scherzo, vero?” Domandò Eugene, quando il suo Shiden si trovò di fronte al Flauros. La gioia e il sollievo che aveva provato nel sentire che dentro quel Gundam ci fosse davvero il suo amico più caro erano però state fatte a pezzi nell’istante in cui si era dovuto difendere dall’affondo di una delle sue lame. L’amico che avevano dovuto abbandonare nello spazio, che si era sacrificato per loro era davvero diventato un nemico? Benché l’evidenza fosse davanti ai suoi occhi, il vice di Tekkadan non voleva crederci.

“Ti hanno costretto, vero?” Domandò, aprendo la comunicazione interna fra i mobile suit, che nessun altro avrebbe potuto udire. “Devi fingere, altrimenti…”
“Non devo proprio fingere niente, Eugene. E nessuno mi ha costretto. È stata una mia decisione.” La risposta che arrivò fu secca e perentoria e Eugene raggelò.

“Tu… sei diventato un traditore?”

Eugene non contò i secondi che passarono perché, nonostante ne fossero trascorsi diversi, per lui contò solo la risposta ricevuta: “Sì.” Allora capì che non c’era più tempo per chiarire le cose, poiché la battaglia imperversava intorno a loro e il tempo scorreva divorandosi via via i suoi compagni in campo. Alcuni erano già caduti, altri stavano provando a sopravvivere, quelli rimasti alla base dovevano fuggire e davanti a lui c’era soltanto un nemico.

“Va’ all’inferno!” Gridò, lasciandosi travolgere dalla rabbia che ormai stava cancellando la delusione, puntando il fucile contro il Flauros per sparargli a distanza ravvicinata. “Cos’è, sei tornato indietro perché non ti volevano laggiù?” Sputò astioso.

Il Ryusei-go evitò i colpi balzando indietro e sparò a sua volta con l’armamento montato sulle spalle. “Senti un po’, Eugene…” Riprese Shino, dopo che l’altro si era abilmente difeso, proteggendosi dietro lo scudo. La sua voce distaccata fece incazzare ancora di più il vicecapo di Tekkadan. “Si può sapere perché stai pilotando tu lo Shiden di Orga?” Una pausa, prima di aggiungere poche parole per dipanare quel dubbio che l’aveva sfiorato non appena aveva udito la voce di Eugene su quel mobile suit. “Lui Non ha intenzione di scendere in campo?”

E fu quell’improvviso tono sprezzante a mandare in frantumi le ultime remore di Eugene Sevenstark. “Scendere in campo? Orga?” Stava ridendo, ma lo stesso Shino comprese l’amarezza di quella risata. “Orga è morto!” Gridò tutto a un tratto. “Qualcuno lo ha ammazzato come un cane, quando lui è andato a cercare un modo per salvare Tekkadan, la sua famiglia.” Non calcò volontariamente su quell’ultima parola, ma la voce seguiva le forti emozioni che turbavano il suo cuore. “La stessa famiglia che tu hai abbandonato!”

Silenzio, dall’altra parte. Né un commento, né un respiro, ma Norba Shino sentì qualcosa avvolgersi nello stomaco e diventare pesante, molto pesante. Se il Ryusei-go fosse stato vivo, avrebbe avvertito con dolore la stretta sui comandi.

“Non dici nulla? Cos’è, i primi segni di rimorso?” Lo provocò Eugene. “È perché ti hanno salvato che ti sei schierato dalla loro parte?” Domandò senza aspettare le sue risposte. “È per riconoscenza che abbandoni la tua famiglia? Cosa ti hanno promesso? Di salvarti la vita? Soldi? Donne?” Le parole scorrevano veloci come le sue dita sui comandi. “Se avessi saputo che saresti diventato un simile bastardo, non avrei consolato Yamagi, alla tua presunta morte. Gli avrei detto che era stato un bene che tu ti fossi disintegrato nello spazio. Non hai rispetto neppure per lui, non hai idea di quello che ha passato!”

Shino inflisse un morso secco al proprio labbro inferiore, spingendo i denti con forza sulla carne. Solo così poteva evitare di far uscire le parole che aveva ferme in gola.
L’aveva notata la reazione di Yamagi poco prima e il solo vederlo scendere in campo in quel modo gli aveva fatto capire tutto… ma quello non avrebbe cambiato le cose. E anche se sentire pronunciare il nome di Yamagi da parte di Eugene era stato un vero colpo basso, lui non si sarebbe tirato indietro.

“Hai perfettamente ragione.” Disse poi al vicecapo di Tekkadan. “Avresti fatto meglio a dirgli che sono solo uno sporco traditore! Gli avresti risparmiato inutili sofferenze…”

“Ad averlo saputo prima…” Ringhiò Eugene.

“Eugene, attento!” Il richiamo di Dante lo fece voltare giusto in tempo per parare il colpo di un mobile suit nemico in avvicinamento, ma il compagno fu più veloce a raggiungerlo col suo UGY, riuscendo ad abbatterlo. “Non distrarti, può essere fatale. Lui… non è più uno di noi.” Pronunciò Dante con amarezza. “Dobbiamo aiutare Mikazuki e Akihiro, il grosso dei nemici è su di loro…”

“Non andrete da nessuna parte!” Facendo balzare il Flauros davanti a loro, Shino ostruì la via.

Eugene serrò i denti e gli puntò il fucile addosso. “Non eri tu quello che voleva proteggere tutti?” Il suo grido dimostrava che, nonostante le parole espresse un istante prima, il vicecapo di Tekkadan non riusciva a capacitarsi di quell’amaro risvolto.

“Proteggere tutti? Forse un tempo…” Rispose Shino. Poi il un sibilo strano, come quello di una risata, raggiungse le orecchie dei suoi compagni. “Ora, ascoltatemi bene, perché vi dirò cosa siete veramente...”


Alla base, Yamagi non riusciva ancora a rimettersi in piedi. Sapeva che non c’era tempo per riposare, dovevano al più presto fuggire per il tunnel sotterraneo, ma Kassapa gli aveva detto che poteva prendersi ancora qualche minuto. Così, accovacciato ai piedi del mobile suit dal quale era appena sceso, la testa nascosta fra le gambe, tentava di calmarsi. Aveva il corpo a pezzi, il dolore sulla schiena, all’altezza dell’innesto dell’Alaya Vijnana, non era ancora svanito del tutto. La testa gli scoppiava e avrebbe voluto vomitare. Il tremore del corpo si era calmato, ma vedeva ancora le esplosioni sul campo, udiva nelle orecchie i fragori della battaglia, nel cuore percepiva la paura di non poter più tornare. L’odore animalesco, misto a quello di sangue e sudore che più volte aveva sentito impregnare i mobile suit rientrati dalla battaglia, ora lo avvertiva anche su di sé e lo spaventava.

Shino e gli altri avevano sempre affrontato tutto quello?

Ora cominciava a capirlo un po’ di più, a comprendere perché lui stesso fosse stato scartato come pilota molti anni prima e il motivo per cui molti dei suoi compagni erano stati invece scelti. Perché Shino era stato capace di diventarlo. Ogniqualvolta era sceso in campo, lui aveva affrontato con freddezza la paura della battaglia, mettendo in conto la possibilità di non tornare. Adesso… lo capiva molto di più. Eppure, nonostante avesse fatto finalmente un passo verso di lui, Shino si era allontanato ancora.

Il tempo trascorso sul campo di battaglia era stato così veloce e frenetico che non aveva avuto il tempo di realizzare, anche se ancora non riusciva lo stesso a crederci: Shino era vivo. Gli scoppiava il cuore solo a pensarci. Fino a una manciata di ore prima l’aveva ritenuto morto nello spazio, dilaniato dalla flotta di Arianrhod, ora invece se l’era appena trovato di fronte… come nemico? Quella era la cosa più scioccante, che lo stava turbando da quando aveva messo piede alla base. Non aveva nemmeno avuto il tempo di gioire del fatto che fosse ancora vivo, che i cannoni del Ryusei-go lo avevano puntato minacciosi.

Shino era passato dalla parte dei nemici? Si chiedeva quale fosse il motivo, trovando più plausibile quello dell’essere stato salvato da loro. Gli sembrava però strano che voltasse le spalle a Tekkadan in quel modo. Dopotutto, contro di lui aveva esitato. Avrebbe potuto sbriciolarlo con quei cannoni, invece… gli aveva chiesto di ritirarsi. Lo aveva supplicato e il ricordo della sua voce lo faceva desistere dal ritenerlo seriamente un nemico. Sembrava stesse soffrendo. Anche se intorno a lui i compagni erano in fermento e udiva le loro parole chiamarlo traditore. La situazione era confusa, non c’era tempo per riflettere, diceva qualcuno. Eppure, Yamagi pensava che ci doveva essere una ragione per il suo comportamento e non erano solo i sentimenti a muovere i suoi pensieri, ma anche i ricordi. Lui conosceva il modo di pensare di Shino.
Quando, poche settimane prima, casco contro casco, si erano guardati negli occhi, in quello sguardo aveva visto la risolutezza di chi è disposto a tutto per proteggere gli altri, la volontà incrollabile di proteggere la propria famiglia. Non ne conosceva i motivi, ma di certo per comportarsi così lui...


… se, però, per qualche motivo che non riusciva a comprendere, Shino fosse realmente passato dalla parte di Arianrhod e avesse deciso di distruggere quella che un tempo era stata la sua famiglia, lui stesso cosa avrebbe fatto? Dopotutto, si era trovato quasi per caso dentro Tekkadan. Sì, era vero, anche lui era uno degli oppressi alla CGS, uno di quelli che aveva legato con il gruppo di Orga, soprattutto con Takaki e Ride. Ma il suo sguardo era sempre stato rivolto a Shino. Se aveva seguito i compagni in quel viaggio folle era stato perché Shino si era unito a loro sin da subito, anzi, era stato proprio uno di quelli ad aver caldeggiato la rivolta. Yamagi aveva intuito che le loro azioni sarebbero state rischiose, aveva sempre avuto il terrore di non poter tornare indietro e di essere distrutto da Gjallarhorn. Ma Shino lo aveva più volte rincuorato, dicendogli che ce l’avrebbero fatta. Che avrebbero avuto un futuro migliore… e lui ci aveva quasi creduto.

Invece, i suoi timori iniziali avevano avuto ragione.

Gjallarhorn non avrebbe dato alcuna via di scampo e se anche una parte di loro stava per fuggire, molti altri sarebbero morti sul campo. Però, Shino era dalla parte del nemico. Quel nemico contro il quale si era gettato giorni prima, rischiando un’azione suicida. Ed ora, Yamagi, cominciava a chiedersi chi fosse il nemico di chi e la risposta alla domanda ‘che cosa avrebbe fatto lui’, cominciò a farsi strada nel suo cuore.

Il giovane meccanico trasalì, nel comprendere la propria risposta.


L’improvviso rumore degli altoparlanti che si accendevano lo distrasse da quei pensieri: qualcuno aveva aperto la comunicazione con la base e quel “Ascoltatemi bene, ratti di Tekkadan” lo fece sobbalzare. Era la voce di Shino.

“Siete solo dei topi di fogna, non dimenticatevelo. Soltanto quello. Non potrete mai rialzarvi, potete solo cadere più in basso e strisciare nelle fogne, mentre i gatti vi inseguiranno per annientarvi. Quindi strisciate ancora più a fondo, fino all’inferno, così da non farci più preoccupare della vostra misera esistenza.”

In un primo momento, nessuno osò fiatare, i ragazzi rimasti alla base di Tekkadan erano senza parole. Poi, le prime che si sollevarono furono epiteti come “bastardo”, “maledetto”, “schifoso traditore”. Negli stessi occhi di Kassapa, Yamagi vide l’impulso di chi voleva dire qualcosa, ma comprese che il vecchio non parlava per rispetto nei suoi confronti. Così come comprese il suo stupore nel vederlo abbozzare un sorriso.

“Voi…” Yamagi fece un profondo respiro, trovando finalmente la forza di alzarsi. Ora gli era tutto molto più chiaro. Sapeva da che parte doveva stare.

“…voi non avete mai capito nulla di Shino!” Gridò a pieni polmoni.






Gli insulti di Eugene gli riecheggiavano ancora nelle orecchie, così come quelli di Dante e degli altri compagni. Shino li aveva incassati senza ribattere. In fin dei conti, pensava davvero di meritarseli. Solo Mikazuki e Akihiro non avevano fiatato. Proprio loro, che ormai erano gli unici rimasti sul campo di battaglia, dopo aver chiesto agli altri di ritirarsi.
Aveva udito benissimo Mika spronare Eugene, dicendogli di fare il suo dovere di vicecapo. Lo stesso aveva fatto Akihiro con Dante, chiedendogli di portare a termine gli ordini di Orga. Così i due avevano obbedito e insieme al gruppo dei piccoli come Elgar e Hirume, avevano lasciato la battaglia per aiutare i compagni rimasti alla base. Conosceva troppo bene Eugene per non immaginare con che stato d’animo si fosse ritirato, costretto a dare le spalle a parte della famiglia.

Di fronte, aveva ormai solo il Gusion e il Barbatos. C’era stato un tempo in cui avevano avuto lo sguardo rivolto nella stessa direzione ma, ormai, si ripeté a malincuore, quel periodo era finito da un pezzo.

“Fa’ quello che devi, Shino.” Quel richiamo greve lo fece sussultare. “…ma fallo il più lentamente possibile.”

“Mikazuki!” Chiamò Shino, ma il compagno aveva già chiuso la comunicazione fra i gundam.
Per la prima volta da quando pilotava mobile suit, Norba Shino avvertì un brivido gelido percorrergli la schiena. Una sensazione sconosciuta, che cominciava però a riconoscere come angoscia e rammarico.

Aveva fatto male i suoi calcoli… non c’era più alcuna soluzione. Mikazuki e Akihiro… avevano seriamente intenzione di morire?


FINE 7 Capitolo
   
 
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