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Autore: apple92    28/01/2018    6 recensioni
Quell'abbraccio era come una parentesi che racchiudeva le loro menti e i loro cuori. Una parentesi di qualcosa, che col tempo, sarebbe divenuto molto più grande. Una parentesi che aveva permesso loro di capire che, se lo avessero voluto entrambi, sarebbe stato facile.
In fondo, nessun amore è impossibile.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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PARENTESI DI UN AMORE

 
La neve si stava posando lieve sulle strade del piccolo quartiere satellitare di Tokyo, Nerima-ku. Poco a poco, le case, gli alberi, le macchine e tutti gli spazi aperti s’imbiancarono, come se una fatina dispettosa si fosse posata su ognuna di queste cose e, con il suo passo leggiadro e volteggiante, avesse donato loro un po’ di polvere magica. C’è sempre qualcosa d’incantato nella neve che, con il suo spettacolo, stupisce continuamente i passanti di ogni età.
                                                                                                                              
- Akane! -
Eccola, una di queste passanti.
- Sì, Yuka? - rispose lei, riscuotendosi dai propri pensieri.
- Ti eri bloccata. Tutto bene? -
- Scusa, ero sovrappensiero; stavo guardando la neve e mi sono distratta. -
- Ti capisco, è una visione paradisiaca. Quando la guardo, trovo sempre sfumature nuove, che me la fanno amare ancora di più. Non c’è niente di più affascinante. - affermò la compagna di classe, dimenticando così la ragione per cui l’aveva chiamata.
- Già. - concordò Akane, sorprendendosi ad associare quella sensazione a quella che spesso provava quando ammirava il fidanzato allenarsi nel dojo.
 
Passarono qualche minuto immerse nei propri pensieri, incantate dai giochi creati dai piccoli cristalli che cadevano al suolo e totalmente estraniate dalla realtà. Rapite dal potere di quella visione, come da un morbo contagioso.
- Yuka, Akane, siete ancora qui? Muovetevi o faremo tardi a scuola! - le richiamò Sayuri.
- Arriviamo! - risposero in coro le due giovani, rompendo l’incantesimo.
 
***
 
Era l’ultimo giorno di lezioni al liceo Furinkan prima dell’inizio delle vacanze natalizie e i festosi studenti avevano passato la mattinata a scambiarsi gli auguri, assistere alle varie esibizioni delle band dei musicisti della scuola, mangiare e ballare, lasciandosi intorno il disordine più assoluto. Tra canti, danze, karaoke e giochi vari si era fatto pomeriggio inoltrato. Il palco era stato smontato, la musica era terminata e molti erano in procinto di andarsene.
 
- Everybody, alt! È il vostro headmaster che vi parla. - la voce del preside stridette dagli altoparlanti, assordando le orecchie dei presenti. Le cose non si stavano mettendo affatto bene per gli studenti, che già si aspettavano il peggio da quell’annuncio improvviso.
- Merry Christmas students! .-
Forse erano salvi, pensarono all’unisono i ragazzi, nell’utopia che quello scellerato volesse solo augurare loro buone vacanze, ma... – But, dove state andando tutti quanti?! Che party is if then non mettiamo tutto in ordine together?! -
Con questa frase si chiusero i cancelli dell’edificio, con un sonoro “SBAM”.
Le violente rimostranze degli allievi risultarono inutili contro la figura del preside, proiettata su uno schermo gigante apparso sulla facciata dell’istituto e protetta dai migliaia di chilometri che dividevano il Giappone dalle Hawaii. Presi com'erano dall’euforia del Natale, nessuno si era infatti accorto della fuga del suddetto “headmaster” e dei suoi eccentrici figli, che ora li salutavano con i loro beffardi sorrisi dal caldo arcipelago del Pacifico.
Un boato contrariato si levò dall’affollato cortile e le teste degli studenti si ricoprirono di un'aura cupa simile a un grosso nuvolone grigio, composto da puro odio, frustrazione, nervosismo e impotenza. Più scura e imponente delle altre era la nuvola sul capo di un arrogante ragazzo con il codino, che sembrava fumare di rabbia. Non lasciava alcuna speranza di perdono al preside; era chiaro che, se avesse potuto stringerlo tra le mani, lo avrebbe fatto a pezzi. Con le sue violente minacce bisbigliate a denti stretti lasciava chiaramente intendere che avesse altri progetti per quella giornata festiva.
 
Consuetudine dei giorni invernali era che, con il calar del sole, il freddo si facesse sempre molto pungente e tutta la neve che li aveva accompagnati nei giochi mattutini ora era diventata solo un impiccio. Yuka si sbagliava, pensò Akane, che ora non vedeva più nulla di romantico in quella situazione. Tutto quel gelo nelle ossa non le faceva desiderare altro che il tepore del focolare domestico.
 
In pochi minuti, i ragazzi si organizzarono alla bell’e meglio per le pulizie della scuola. La maggior parte di questi stava riordinando il campo sportivo e riponendo gli attrezzi ginnici utilizzati durante i vari tornei. Un altro folto gruppo di studenti era intento a spegnere il falò appiccato nel cortile intorno al quale le focose ragazze del Furinkan avevano danzato con i loro cavalieri, non sempre nel pieno delle loro facoltà mentali. Quest'accorta suddivisione permise ai giovani di sbrigare in fretta il proprio compito, quasi fosse un proseguimento dei festeggiamenti, e di svignarsela poco dopo, col sorriso sulle labbra.
Un gruppetto nettamente più esiguo di sfortunati era impegnato a sistemare l’interno della scuola, decisamente più disordinato del solito.
All'ultimo piano dell'edificio, una ragazza scorbutica e musona spazzava mestamente il pavimento, mentre uno strafottente ragazzo col codino sedeva su un banco osservando indifferente il lavoro della compagna.
 
-Vuoi ricordarmi perché stai facendo lavorare solo me? - sbottò lei, interrompendo il lavoro e poggiandosi le mani sui fianchi larghi.
-Perché hai perso la gara! - rispose lui convinto, anche se in animo suo sapeva di aver approfittato come sempre della situazione. Aveva proposto lui quel “chi arriva prima non alza un dito” ed era partito in vantaggio di una rampa di scale rispetto a lei.
-Ma quale gara? La gara è annullata, imbroglione che non sei altro! Sei stato sleale, sei partito prima di me. -
-In amore e in guerra tutto è lecito. -
-…e il nostro non è amore. - disse lei tra sé e sé, intingendo lo spazzolone nell’acqua.
L’aula ripiombò in un silenzio tombale. Ranma fissava ostinato fuori dalla finestra e Akane lucidava i banchi. Passavano i quarti d’ora, i ragazzi si spostavano di aula in aula, ma il lavoro, lungo e pesante, sembrava non finire mai.
-Sai, maschiaccio… l’ultima volta che mi hai spedito dal dottor Tofu, lui… ecco, mi ha confessato che per Natale aveva intenzione di dichiararsi a tua sorella…- disse, un po’ impacciato, per allentare la tensione. Akane sembrava non averlo nemmeno sentito e continuava a spolverare con un piccolo sorriso sulle labbra; ricordava i giorni in cui quel nome le faceva battere il cuore e in cui una notizia come quella glielo avrebbe lacerato. Ora, invece, era un’altra la persona che tormentava il suo cuore, ed era lì con lei, in quella fredda aula di liceo la sera prima di Natale. Si sentiva disprezzata da quel ragazzo che le avrebbe potuto donare la felicità.
Imbarazzato da quel silenzio e forse dalle sue stesse parole, il ragazzo in questione abbassò lo sguardo, afferrò un panno e l’aiutò in quel noioso compito.
-Non lo faccio per te, sia chiaro. È che di questo passo, trascorreremo la notte qui. Ed è un’idea che non mi va proprio giù. -
-Nemmeno io ci tengo a passare la nottata a scuola, e per giunta con un maniaco come te. - mentì Akane.
Mentre la litigiosa coppia lavorava lenta e solitaria nel grande edificio, gli ultimi gruppi di alunni lasciavano il cortile della scuola.
 
Ora Akane camminava dietro Ranma sul terreno ghiacciato alle spalle della scuola, diretta al capanno degli attrezzi. Calpestava il terreno sul quale i suoi passi avevano lasciato una traccia nella soffice neve posatasi durante la giornata. Lo seguiva ormai da troppo tempo come un ombra, una costante di cui non si capisce la presenza; e nemmeno lei sapeva perché continuava a stare con lui. Era così difficile imporre la propria volontà su quella del padre? No, lo sapeva bene, ma sapeva anche di non voler ferire quell’uomo che da solo si era preso cura di lei e delle sue sorelle. Come poteva privarlo di un’altra figura maschile in casa? Un vecchio amico, quale bastone migliore per farsi accompagnare in quei giorni che erano così lontani dalla gioventù. Ma non era solo questo; indagava ancora l'origine di quei sentimenti che le attanagliavano le viscere ogni qual volta si trovava in sua presenza: rabbia, frustrazione, odio, oppressione…
 
Rabbia. Per il suo modo di trattarla. 
Frustrazione. Per gli scoraggianti risultati delle proprie proteste.
Odio. Per quello spavaldo egoista.
Oppressione. Per quella prigionia a cui si era costretta.
 
No. Nulla di tutto ciò; o forse tutto.
 
Rabbia. Per i continui litigi.
Frustrazione. Per la mancanza di sex-appeal e la sua inettitudine ai fornelli.
Odio. Per quelle galline che lo perseguitavano.
Oppressione. Per quei sentimenti sbarrati nel cuore.
 
Lo scrutava di spalle, quelle così robuste e larghe, il passo sicuro, il portamento fiero e altezzoso. Ma lei sapeva che Ranma non era solo questo. Continuava a fissargli il codino svolazzare sulla nuca come un pescatore osserva il galleggiante della propria canna senza mai levare lo sguardo, aspettando che il pesce abbocchi.
Solo che lei non aveva gettato nessun esca, l’amo era vuoto e la sua attesa vana. Il mondo aveva perso le sue sfumature; sopra di lei un cielo grigio e minaccioso in bilico su una candida lastra di ghiaccio. Ai suoi occhi però Ranma era indistruttibile, estraneo dal mondo reale. Nulla scalfiva la sua autostima, feriva la sua anima, gli procurava un balzo al cuore. Non sarebbe mai stato tanto ingenuo da farsi adescare da una ragazzina che lo trattava sempre sgarbatamente. Lui non sarebbe mai capitolato all’amore, era un artista marziale troppo concentrato sui propri obbiettivi e, per quanto giovane fosse, non si sarebbe lasciato distrarre.
Chi avrebbe detto che a farlo abboccare sarebbe stato un semplice scivolone?!
 
Nel ripostiglio delle scope, in un'area un po' isolata del complesso scolastico, Ranma stava riponendo gli strofinacci e lo spazzolone che avevano appena finito di usare e Akane, immediatamente dietro di lui, stava sistemando alcuni scatoloni in un ripiano più alto. Il freddo intenso di quella giornata invernale aveva però reso ghiacciato e instabile il pavimento su cui poggiavano i piedi e un’artista marziale, ritenuta da qualcuno alquanto “pasticciona”, aveva appena perso l’equilibrio e, tentando di recuperarlo, si era aggrappata stretta alla porta facendola sbattere dietro di sé. Con il sedere sul pavimento, osservò la porta chiusa ed ebbe il presentimento che non si sarebbe aperta tanto facilmente.
 
Il codinato sbatté violentemente i pugni contro la porta senza aprire nemmeno uno spiraglio.
-Sei la solita stupida, ma vedi un po’ se non sarò davvero costretto a passare la notte a scuola, in questo gelido sgabuzzino! - sbraitò Ranma.
“Davvero molto consolatorio” pensò Akane, già in imbarazzo.
-Non essere così pessimista, sicuramente Nabiki si sarà accorta della nostra assenza e presto qualcuno verrà a tirarci fuori di qui. Non ci resta che aspettare. -
In piedi, uno di fronte all’altra, stavano in silenzio scambiandosi sguardi truci e talvolta imbarazzati. Lo spazio era davvero ristretto.
 
I minuti passarono come ore, lentamente si lasciarono scivolare al suolo per la stanchezza. Ognuno chiuso nel proprio mutismo, i due trascorrevano il tempo persi nei loro pensieri.
Akane rifletté su come le sue compagne di scuola, a differenza di lei, erano cresciute in quegli anni. Era il loro ultimo anno di liceo e come coppia non scatenavano più lo stesso interesse di un tempo. Le sue amiche stavano vivendo i primi amori e numerose coppiette si stavano formando all’interno dell’istituto Furinkan. Talvolta veniva interrogata in quanto amica “più esperta”, se così si può dire, e lei, sempre imbarazzatissima, tergiversava, borbottando qualcosa sul fatto che la sua vita sentimentale fosse privata. Intanto, ascoltare i racconti emozionati delle sue amiche, delle loro avventure estive, delle cotte per i compagni di classe, dei loro appuntamenti e primi baci le provocava un moto di invidia.
 
Persa in questi pensieri, evitava rigorosamente lo sguardo del ragazzo di fronte a sé. Osservava la luna attraverso la piccola finestra che a malapena illuminava l’ambiente. Di certo era troppo piccola come via di fuga.
Fermi da parecchio tempo, rannicchiati sul suolo gelato, cominciavano a sentire veramente freddo. Le labbra di Akane stavano diventando viola e aveva incominciato a tremare.
 
Chissà per la volontà di quale kami quello che non era altro che un fugace incontro di sguardi divenne qualcosa di più. Ranma, predisposto in cuor suo a regalare alla fidanzata un irritato sguardo in cagnesco condito da qualche improperio riguardo la sua colpevolezza per la loro prigionia, non si aspettava di vedere Akane tutta tremante, più piccola che mai.
In quella vita di disordine, il tempo aveva concesso loro solo un attimo, un’oasi di tranquillità, per fermare la loro frenetica corsa verso l’annientamento. Ranma colse quel prezioso istante, così insolito nel loro mondo. Con i muscoli ancora indolenziti per il lungo star fermo, si alzò per sedersi più vicino alla ragazza. Le pose un braccio dietro la schiena e con l’altro tirò le gambe di lei sulle proprie.
Stupita da quell’iniziativa, Akane sgranò gli occhi e cercò di dire qualcosa, ma il ragazzo, già abbastanza imbarazzato, le fece segno di tacere e spinse con la mano la testa di Akane sul proprio petto. Senza parlare, senza voler spiegare a tutti i costi quella situazione, i ragazzi si abituarono poco a poco l’uno al corpo dell’altra.
Akane si sentiva molto meglio. Un po’ per il calore del corpo di Ranma, un po’ per l’emozione, non sentiva più freddo e le sue guance si stavano infiammando.
 
Quell’angolo di paradiso sembrava perfetto per raccontarsi finalmente per quello che erano, ma preferirono il silenzio. Come due sconosciuti che si incontrano per la prima volta erano un foglio bianco sul quale cominciare a scrivere la loro storia. In un solo momento sparirono tutti gli scontri, i dissapori e le incomprensioni dovute al matrimonio combinato e alla maledizione.
C’erano solo loro e quello strano silenzio.
 
Era un vero sogno senza disturbatori di alcun genere. Akane non solo si sentiva difesa e protetta da qualsiasi attacco o minaccia, ma si accorse anche che le ferite del suo cuore si stavano rimarginando.
Quell’abbraccio era come un balsamo per le loro anime.
 
Ranma si sentiva rinvigorito da quel contatto, percepiva il corpo della ragazza come fosse il proprio. Morbido, vicino e sempre più caldo. Una sensazione di felicità e onnipotenza lo pervase mentre trovava il coraggio di fare quello che aveva sempre desiderato fare. Se solo Akane fosse stata sempre così docile e silenziosa!
 
In quello sgabuzzino, bloccati dalla neve, si scioglievano tutti gli epiteti e gli stereotipi della loro vita insieme.
 
La mano di Ranma era poggiata sul fianco di Akane. Il ragazzo cercava di restare immobile, come se temesse di bruciarsi. Infine, vinto dalla tentazione, decise di giocare col fuoco. Lenta e titubante la sua mano risalì, carezzando tutto il corpo di Akane fino a sfiorarle la guancia. Inaspettatamente, non si sentiva ridicolo o meno virile ora che aveva messo via la maschera. Un’aria nuova sembrò invadere il ristretto volume di quell’invaso quando i loro occhi nuovamente si incrociarono. Occhi rossi, lucidi e desiderosi; sembravano specchi che si aprivano a un mondo completamente nuovo. Erano sempre stati così chiari e profondi? Le cose da scoprire erano molte, ma in quel frangente la cosa migliore era trovare una scorciatoia, una via dritta per il cuore; non sapevano quanto tempo era stato messo loro a disposizione.
In quello sgabuzzino all'apparenza poco romantico, si incontrarono per la prima volta. Come due estranei in mezzo alla folla che, riconoscendosi, si sorridono, scoprirono di appartenersi l’un l’altra da sempre. Era strano affrontare finalmente quell’imbarazzo che avevano evitato per tanto tempo.
 
Lei era quella di sempre. Lei che l’aveva insultato, picchiato, sostenuto, incoraggiato, amato.
Lui era quello di sempre. Lui che l’aveva insultata, offesa, sostenuta, difesa, amata.
 
Ora lo sapevano. Coraggiosi e fragili, unirono le loro labbra in un piccolo bacio. Per un istante, sembrò loro di essere una cosa sola, confusi l'uno nell'altro scoprirono la dolcezza del perdersi completamente l’uno nell’altra, percepirono i sentimenti dell’altro e si stupirono di riconoscerli come propri. Fu un attimo prima di tornare in sé.
 
Quell'abbraccio era come una parentesi che racchiudeva le loro menti e i loro cuori. Una parentesi di qualcosa, che col tempo, sarebbe divenuto molto più grande. Una parentesi che aveva permesso loro di capire che, se lo avessero voluto entrambi, sarebbe stato facile.
In fondo, nessun amore è impossibile.

Ma non era quello il giorno.

Separarono appena le labbra, il viso godeva ancora di quello sfioramento reciproco, gli occhi vagavano veloci tra il pavimento, le loro mani intrecciate e gli occhi dell’altro. Stavano per aprir bocca, per esprimere tutta la gioia di quel gesto inaspettato quando un rumore metallico accompagnò la fragorosa apertura della porta.
 
Appena si spalancò, un’ondata di luce bianca invase l’oscurità dell’ambiente ristretto, dietro l’abbagliante torcia elettrica si stagliavano tutti i componenti della loro famiglia allargata. Come una valanga di neve che scende precipitosamente verso di loro, aumentando progressivamente di dimensioni e trascinando con sé quanto incontra sul cammino; la loro famiglia, massa imponente che, precipitando, fa danni. Li osservarono sbigottiti, poi si fissarono per alcuni interminabili istanti e infine le loro bocche ancora impastate del sapore di quel bacio fugace si spalancarono, per inveire non contro quell’inopportuna invasione, ma l'uno contro l’altra.
 
-Akane, levami le mani di dosso! -                                                                               
-Ranma, levale tu piuttosto! -
-Sei tu che mi stai appiccicata. -
-Ma sei impazzito?!-
-Finiscila! - *
 
***


Lungo il tragitto che li avrebbe ricondotti a casa si ritrovarono a camminare lentamente, distanziati da quella bizzarra carovana di persone di cui facevano parte.
Ranma per tutta la vita se l'era sempre cavata da solo e, senza troppe difficoltà, avrebbe potuto continuare così per molto tempo ancora, eppure, senza farsi notare si avvicinò con cautela ad Akane più determinato che mai. Cercava disperatamente il suo sguardo, un contatto che gli consentisse di farle sapere che lui c’era e la voleva ancora. Come prima, più di prima.
Aveva osato, si era messo in gioco quando erano da soli, sul tetto della scuola, e anche ora che distavano appena pochi metri dal resto della loro famiglia.
Gli occhi di Akane brillarono, quando capì che lui la cercava. Sorrise, pensando che quel piccolo miracolo di Natale poteva essere un buon inizio.
Fitte di delusione alternate ai battiti accelerati di un cuore che pulsa sulle ali di un tempo passato. Sorrise. Non poteva essere arrabbiata con lui. Non dopo tutto il coraggio, non dopo tutta la paura, non la vigilia di Natale.


 
Ti amo.
Scrisse Ranma durante la notte su un fazzoletto di neve sotto la camera di Akane. Un desiderio inciso sulla neve che si sarebbe sciolta prima dell’alba.
 
Fine
 

Note dell’autrice:
 
(*) Le battute riprendono il finale dell’episodio #145 – “Il tempio dei funghi”.
 
 
Fan fiction revisionata da Orange. Molti anni fa...
 
   
 
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