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Autore: marielou    29/01/2018    0 recensioni
Isola di Grímsey, 12 Luglio 2007. Daníella Johannsdóttir, 23 anni, si butta dalle scogliere dell'isola, a mezzanotte esatta. Tutta la cittadina di Akureyri, nell'Islanda settentrionale, rimane sconvolta dalla notizia. La polizia conduce le indagini per anni, per poi archiviare il caso come suicidio. Ma Ingileif, sorella di Daníella, non si dà per vinta. E' convinta che dietro il suicidio di sua sorella ci sia dell'altro. Il ritrovamento di misteriose foto scattate dalla ragazza il giorno prima delle sua morte riapre improvvisamente le indagini, questa volta guidate dal detective Magnús Thorsson. Qualcuno perseguitava Daníella. Ma chi? E perché?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ljósmyndir

Akureyri. 12 luglio 2017.

Magnús sbuffò impaziente, fermo al semaforo sulla Pórunnarstæti, e si accese una sigaretta.

«Ti avevo detto che era tardi, Ari. Porca puttana!» sbraitò, abbassando il vetro del finestrino e appoggiando rassegnato la schiena sul sedile.

«Rilassati, per una buona volta, Magnús. Dofri ha avuto da fare, ieri sera all' Ölstofa, sarà in ritardo tanto quanto noi.»

Magnús ignorò lo sguardo allusivo del collega e staccò immediatamente la frizione allo scattare del verde.

Non intendeva farsi fregare da Dofri. Non quella volta. Sin da quando aveva messo piede al distretto di polizia di Akureyri, tre mesi prima, aveva capito che non sarebbe stato facile. Ma non aveva avuto molte alternative, eccetto quella di rimanere a Reykjavik.

E lui, a Reykjavik, non aveva proprio voglia di restarci.

L'ispettore Dofri Haraldsson non aveva visto di buon occhio l'ingresso di un altro detective nel team investigativo. Soprattutto quando si era reso conto che il detective in questione era in gamba, competitivo e ambizioso come Magnús.

Il livore nei confronti del nuovo arrivato, in effetti, era piuttosto condiviso al distretto. In quei pochi mesi di permanenza, Magnús era riuscito a legare soltanto con Ari. Sapeva di non avere un carattere facile e la condiscendenza non era esattamente il suo forte: più gli altri pensavano che fosse un bastardo, più lui dava loro pretesti per crederlo davvero.

Ari, lì dentro, era stato l'unico a capirlo e a destreggiarsi egregiamente nel mare dei suoi continui sbalzi d'umore. Accettava i silenzi cupi e tesi senza fare obiezioni, e quella era la cosa che più Magnús apprezzava di lui.

Nessuno, alla sezione Omicidi, aveva gradito il fatto che il novellino trasferito da Reykjavik pestasse loro i piedi definendoli, senza mezzi termini, una massa di incompetenti.

Ma Magnús era così. Qualcosa non andava bene? Doveva dirlo. Azionò i tergicristalli quando vide che l'onnipresente coltre di nubi stava per rovesciare su di loro un manto argenteo di pioggia.

La verità era che i colleghi di Magnús 
non erano degli incompetenti, anzi. Nonostante gli costasse una fatica immane ammetterlo, Magnús sapeva che perfino Dofri aveva un ottimo potenziale. Il problema consisteva nel fatto che fossero del tutto inesperti. L'Islanda stava cambiando e il volto del crimine cambiava con lei. Reykjavik era stata la prima a subire il contraccolpo dello sbarco della mafia lituana sulle sue coste, e a seguire tutte le sparute cittadine  meridionali.

E poi c'era stato il caso di Birna  Brjánsdóttir, nel gennaio precedente. Magnús se lo ricordava bene, dato che aveva attratto l'attenzione dell'intero emisfero boreale: Birna era stata trovata morta nella spiaggia vicino al faro di Selvogsviti, circa sessanta chilometri a sud di Reykjavík.

Era toccato a lui  risolvere il caso e  riacciuffare, insieme agli unici reparti armati specializzati Vikings della polizia islandese, i due marinai groelandesi, rei di aver ucciso la ragazza a causa di una notte brava di alcol e baldoria. Erano intervenuti prima che i due potessero salpare per altri porti con il loro peschereccio.

Magnús aveva raggiunto l'apoteosi della sua carriera. Tutta Reykjavik lo osannava come una sorta di giustiziere divino. Peccato che il suo ultimo successo gli fosse costato il matrimonio. A quel punto aveva deciso di andarsene e il sovrintendente Erik Axelsson gli aveva spalancato un'unica porta: quella di Akureyri.

"Ci servi qui, Thorsson gli aveva detto al telefono. "Siamo a nord, quindi più isolati, ma lo schifo prima o poi arriverà anche ad Akureyri. E vogliamo essere preparati."

«Sveglia, collega! Devi svoltare a destra!»

Il suono della voce di Ari distrasse Magnús dal suo sciame di pensieri. Azionò le frecce e parcheggiò nella zona riservata alle volanti. L'edificio era molto più spoglio e minimalista rispetto a quello di Reykjavik: aveva soltanto tre piani, e la facciata dipinta di blu sembrava quasi incastonarsi fra i pilastri bianchi esterni e le grandi finestre.

Magnús spense la sigaretta, scese dall'auto e seguì rapidamente Ari attraverso le porte scorrevoli dell'ingresso; fu allora che si ricordò di qualcosa.

«Ari, scusa... ma cosa dicevi prima, a proposito di Dofri?» chiese.

Ari gli rivolse un sorriso sgembo, prima di prendere la parola.

«Ero all' Ölstofa ieri... con Sandra Thorkelldóttir, non so se hai presente, la bomba strafiga che ho rimorchiato al Record due settimane fa... »

Magnús alzò gli occhi al cielo e sbuffò. 
«No, non ce l'ho presente, Ari. Ne cambi quattro al giorno, come potrei saperlo? Vai avanti...»

Ari apparve piuttosto compiaciuto dell'osservazione di Magnús: si passò una mano fra i capelli, in un atto di fulminea vanità, e proseguì.

«Beh, insomma, ero seduto con Sandra a prendere una birra, quando a un certo punto indovina chi salta fuori? Dofri, con Árveig.»

Magnús spalancò la bocca per la sorpresa.

«Il sostituto procuratore?» chiese e il sorriso di Ari si allargò.

«Sì, proprio lei» confermò.

Magnùs emise un ghigno.

«Però» commentò, ironico. «Non credevo che Árveig fosse capace di farsi imbambolare da Dofri.»

Ari annuì alla sua affermazione, poi si fermò al distributore automatico, inserì alcune monete e digitò la combinazione di tasti per regolare la quantità di zucchero.

«Ci sarà anche lei questa mattina. A sentire il sovrintendente Axelsson, ci sono elementi più che sufficienti per riaprire le indagini.»

Ari estrasse i due bicchieri dal distributore e ne porse uno a Magnús, che lo ringraziò.

****

L'ufficio riunioni di Axelsson era poco più grande di un bugigattolo, ma offriva una vista spettacolare sulle variopinte e rade case circostanti, adornate quasi tutte da porte e infissi bianchi.

Árelía, Magnús, Ari, Dofri e il sovrintendente Axelsson con Árveig erano tutti stipati alla meno peggio, seduti sparsi fra il mobilio in ciliegio e il piccolo tavolo. Magnús cominciò ad avvertire la consueta dispnea che faceva da spia ai suoi attacchi claustrofobici.

«Magnús» lo gelò Axelsson. «La prossima volta, vedi di arrivare puntuale. Vi stavamo aspettando già da dieci minuti.» 

Magnús maledì mentalmente Ari, ma si contenne alla vista del sorriso viscido che si stava dipingendo sul volto di Dofri.

«Certo, Erik» rispose e, per sua fortuna, Axelsson parve rilassarsi.

«Bene così...Árelía, facci un riassunto» disse.

La donna trasalì visibilmente: poteva avere al massimo l'età di Ari, attorno ai trenta, e non le piaceva affatto trovarsi al centro dell'attenzione, considerando la sua natura piuttosto riservata. Magnús capiva il suo disagio: come lui, si era trasferita da poco. Poi prese coraggio, si schiarì la voce e cominciò:

«Daníella Johannsdóttir, ventitré anni, studentessa di economia all'università di Akureyri. Si è buttata dalle scogliere di Grímsey esattamente dieci anni fa, nel luglio 2007.»

Magnús ascoltava con attenzione. Ari, invece, guardava con insolita intensità il volto di Árelía.

«Siamo stati chiamati dall'attuale inquilina del vecchio appartamento dei Johannsson, Katrín Agnardóttir. Stava facendo rimodernare il parquet e ha trovato questi sotto gli assi della vecchia stanza di Daníella.»

Árelía gettò sul tavolo alcuni fascicoli, ancora imbustati. Sia Dofri, sia Magnús si sporsero all'istante per prenderli. Ari, suo malgrado, non riuscì a trattenere un sorriso e Dofri cedette di malumore il materiale a Magnús.

Árveig, da parte sua, osservò in silenzio tutta la scena e Axelsson fece cenno ad Árelía di continuare.

«La scientifica ha analizzato il materiale: ci sono due serie di impronte. Una è quella di Daníella, l'altra non è stata identificata, non è nei nostri database.»

Magnús stava analizzando il materiale: si trattava di almeno una trentina di foto, ma molte ritraevano lo stesso soggetto: Daníella che abbracciava una ragazzina, proprio sulle scogliere di Grímsey. Il resto delle foto aveva una prospettiva strana: era come se Dan. ella fosse stata fotografata a sua insaputa mentre fissava le vetrine dei negozi.

«E questa, chi è?» chiese Magnús, indicando la giovane sconosciuta.

«È la sorella di Daníella, Ingileif. Attualmente vive in Italia, ma è stata avvertita dalla madre. Rientrerà ad Akureyri fra tre, massimo quattro giorni.»

Magnús passò le foto ad Árveig e Doffri si precipitò a osservarle insieme a lei. Árelía deglutì: aveva la gola secca.

«C'è dell'altro» disse. «Non abbiamo voluto aprirla, ma se la destinataria non torna in fretta...beh, saremo costretti a farlo.»

Árelía estrasse dai fascicoli una lettera, anch'essa imbustata. Stavolta Dofri fu più rapido: allungò la mano e prese il piccolo plico marrone avvolto dalla plastica.

«È indirizzata alla sorella» mormorò e Árelía annuì.

«Bene» commentò il sovrintendente Axelsson. «Questo è quanto. Resta da decidere chi si farà carico di tutta  questa bella storia.»

Nella stanza calò un silenzio tombale; la tensione si irradiava fra Magnús e Dofri con la stessa intensità dei fili della corrente ad alto voltaggio.

«Dofri» iniziò Axelsson, e l'ispettore gonfiò il petto per orgoglio.

«Ricontatta i genitori delle ragazze e fatti dire di preciso quando questa Ingileif tornerà. Ari, Árelía, parlate con Katrín. Voglio sapere chi era Daníella e anche che tipo è la sorella... quanto a te, Magnús» Erik parve esitare un attimo guardando Dofri, poi proseguì. «Studia le foto e la lettera. Árveig ti fornirà tutto il materiale relativo a dieci anni fa. Poi vai da Ingileif, consegnale la lettera, fai una chiacchierata con lei e dimmi che ne pensi. Il caso è affidato a te.La riunione è finita, ci aggiorneremo fra quattro giorni.»

Dofri poggiò con rabbia la lettera sul tavolo e uscì fuori prima degli altri, verde d'invidia.

Magnús, rimasto solo, si sedette sulla sedia di Axelsson e iniziò a studiare le immagini.

Aveva vinto, il caso era suo. Però il senso d'ansia, la fitta che trafiggeva il suo fianco ogni volta che il suo malsano istinto di competizione si palesava, non era ancora passata.

Tolse le immagini dall'involucro e andò alla finestra. La pioggia scoloriva e ingrigiva il paesaggio con la stessa intensità con cui spegneva il suo ardore. Fissò lo sguardo sui visi sorridenti delle due ragazze. Chissà se imparerò mai a non scottarmi, pensò.


NOTA D'AUTORE.

Ciao a tutti, ragazzi! Arrivati a questo punto, suppongo che molti di voi potrebbero avere problemi a gestire i nomi e i cognomi un po' ostici, per cui ho pensato di rendervi un po' più chiaro il sistema onomastico islandese con questa nota. In Islanda non esistono cognomi, ma patronimici: ovvero, ciascun soggetto viene a essere riconosciuto come figlio di un altro.

Per esempio:

"Daníella, figlia di Johanns" diventa: "Daníella Johannsdóttir".

"Magnús, figlio di Thor" diventa "Magnús Thorsson".

Un' altra cosa che tengo a precisare, in vista di altri capitoli futuri, è che in Islanda non esistono titoli come "signore" o "capo". Questo vale anche per le cariche pubbliche più importanti, dove si utilizza comunque  il nome proprio. Questo vi spiega come mai Magnús si rivolge al suo capo chiamandolo Erik.

Detto questo, spero che non ci siano difficoltà ulteriori e vi ringrazio se siete arrivati fin qui!

A presto,

Mary.


   
 
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