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Autore: RLandH    29/01/2018    0 recensioni
[The promised neverland][The promised neverland][Un certo spoiler su capitolo 72| Future!fic| what if | la ship/incontro è un volo pindarico è non è spoiler]
[That Guy/ Lucas]
Aveva passato una mano sul pettorale di Lucas, lo aveva sentito sotto la maglietta, aveva risalito la mano fino alla spalla e poi l’aveva fatta scendere, lungo il braccio, fino a che non era mancata la carne sotto.
“Io sono qui, dopo tutto questo tempo, ma tu guardi quello che non c’è più” la voce di Lucas era stata letale da ascoltare, perché era spezzata.

Insomma io che mi illudo che non solo avrò la gioia dell'incontro tra Bunkerman e Lucas, ma che sopravviveranno anche ... Ingenua!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lucas, The Bunkerman
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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(Spoilerissimo capitolo 72, spoiler in generale) Per celebrare la prossim(issim)a uscita di The Promised Neverland in Italia, ho deciso di scrivere una ff. Volevo farla su Isabella ed invece è uscita una future!Fic su Lucas e ThatGuy (E tanto lo so che non avrò gioie, ma sto comunque agognando il loro incontro).
Spero che qualcuno possa apprezzarla, nonostante io stessa mi renda conto di aver fatto molto di meglio in passato.
Baci
RLandH



 
La parte che manca


 
Il piano era stabilito. Era stato studiato fino allo sfinimento.
Forse, una recondita parte di lui, pensava pure che avrebbero potuto avere successo. Era tutta colpa del fottuto positività di Antennina – Emma, sapeva di doverla chiamare così, ma non ci riusciva.
Si era anche abituato a loro. A tutti i loro.
Ai bambini di Grace Field e a quelli di Goldy Pond.
Non credeva che avrebbe potuto provare di nuovo affetto. Lo schifava, lo odiava. Perché l’ultima volta ne era rimasto così distrutto che non credeva che sarebbe mai riuscito a provare di nuovo affetto. Non credeva che avrebbe voluto.
Avrebbe voluto tornare ad essere un cinico, realizzare che quel piano era fin troppo utopistico e che alla fine sarebbero morti tutti. Avrebbe anche voluto sdegnarsi di tutta quella storia.  
Ma non riusciva a guardare Lucas negli occhi ed arrendersi. Non dopo tutto questo tempo.
Lucas era invecchiato.
Come lui.
Un uomo.
L’ultima volta che l’aveva veduto, Lucas era un ragazzo, spaventato si, ma che lo spingeva con coraggio ad andare avanti. Perché stava per sacrificarsi per lui.
Aveva sanguinato per anni, pensando che aveva vissuto per tanto tempo al posto di Lucas. Che non era giusto. Perché l’altro lo avrebbe meritato di più. Lo pensava ancora, anche in quel momento.
Lucas però era lì. Che lo guardava.
Dalla fuga da Goldy Pond non erano mai riusciti a rimanere da soli, a parlarsi. Lui non sapeva neanche da dove iniziare ed era certo che Lucas condivideva la sue emozioni.
Erano rimasti così, silenziosi a fissarsi, soli.
“Ho odiato per anni William Minerva, invece era morto” aveva borbottato lui, “Direi che è stata una buona giustificazione per non essere mai venuto” c’era comunque un certo sarcasmo nella sua voce. Difficile perdere certe abitudini. Difficile soffocare un odio che aveva provato per oltre un decennio, per tutto quel tempo William Minerva era stato il suo capro espiatorio.
“Mi dispiace di non essere mai tornato da te” Lucas aveva rotto il silenzio che era caduto, la sua voce era di vetro ed i suoi occhi erano bassi. Non che lui fosse riuscito a sostenere lo sguardo, non riusciva a farlo, si fermava prima, sulle cicatrici sul viso.
Non le aveva fatte lui, ma era come se fosse stato la sua mano a squarciare la pelle.
“Mi dispiace di non essere tornato per te” anche lui aveva detto qualcosa. Forse Lucas avrebbe potuto acquietare il suo senso di colpa se fosse venuto a cercarlo, una volta sopravvissuto, ma lui era corso via sapendo di sacrificare il suo amico, il suo unico amico, suo fratello.
Dopo quello scambio, il silenzio era tornato imponente tra di loro. Deleterio.
“Non riesci a guardarmi in faccia” Lucas lo aveva detto con un certo distacco, posandosi meglio al bastone. “Penso che sia colpa mia” sputa fuori lui.
Il viso, il braccio, la camminata.
Lucas avrebbe portato per sempre la sua codardia come un marchio addosso.
“Pensare che io, invece, ho sempre creduto di non aver fatto abbastanza” aveva confessato lui, l’attimo dopo s’era posato al lungo tavolo, abbastanza per abbandonare il bastone. Con l’unica mano aveva cominciato ad armeggiare con il mantello.
Lui gli era andato incontro, aiutandolo, “Tu hai fatto di più” ripeté deciso, guardandolo negli occhi.
Il modo di scrutare, quello, era completamente diverso, così come il suo, più adulto, più cupo, ma erano un colore così famigliare ed erano gli occhi di Lucas.
Per un momento era parso come se tredici anni non fossero mai passati. Era come se avessero raggiunto il bunker la prima volta. Come allora.
Ragazzini ingenui e pieni di gioia, sopravvissuti fuori nei boschi, pronti a raggiungere Goldy Pond, pronti a raggiungere un eden …
Lucas si era sporto verso di lui e lo aveva baciato. Era stato un bacio innocente ed impacciato. Non somigliava a quelli che si erano scambiati da ragazzi, affamati e frementi. Giovani.
Lui si era staccato lentamente, tremante. Spaventato.
Aveva passato una mano sul pettorale di Lucas, lo aveva sentito sotto la maglietta, aveva risalito la mano fino alla spalla e poi l’aveva fatta scendere, lungo il braccio, fino a che non era mancata la carne sotto.
“Io sono qui, dopo tutto questo tempo, ma tu guardi quello che non c’è più” la voce di Lucas era stata letale da ascoltare, perché era spezzata.
Lui aveva posato la fronte su quella stessa spalla, con le sue braccia aveva circondato il busto di Lucas, “Perché è così bello” aveva sussurrato piano, “Perché lo ho desiderato per così tanto tempo” aveva ripreso, “Che ho paura di svegliarmi e scoprire che non è mai successo”.
   
 
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