Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Hotaru_Key22    29/01/2018    2 recensioni
E se il bambino sopravvisuto non fosse sopravvissuto?
Qui si racconta la storia di una famiglia divisa dalle circostanze, ma unita in un modo che nessuno potrà mai eguagliare...
Molly ricordava ancora quella notte, non l'avrebbe mai dimenticata. Il signore oscuro aveva ucciso i suoi fratelli, più forte che mai, e si era abbattuto anche sulla loro casa. O almeno aveva lasciato svolgere questi compiti ai Mangiamorte. Lei e Arthur erano stati costretti a separarsi, ognuno portandosi dietro alcuni dei figli e non si erano più ritrovati. Costretti a vivere nell'ombra, a non uscire e a far insegnare clandestinamente ai ragazzi la magia.
Genere: Fluff, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Weasley, Fred Weasley, George Weasley, Molly Weasley, Percy Weasley | Coppie: Arthur/Molly, Bill/Fleur, Ginny/Neville, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
C'era una volta una famiglia felice...

E se il bambino sopravvisuto non fosse sopravvissuto?
Qui si racconta la storia di una famiglia divisa dalle circostanze, ma unita in un modo che nessuno potrà mai eguagliare...

 
Molly ricordava ancora quella notte, non l'avrebbe mai dimenticata. Il signore oscuro aveva ucciso i suoi fratelli, più forte che mai, e si era abbattuto anche sulla loro casa. O, almeno, aveva lasciato svolgere questi compiti ai Mangiamorte. Lei e Arthur erano stati costretti a separarsi, ognuno portandosi dietro alcuni dei figli e non si erano più ritrovati. Costretti a vivere nell'ombra, a non uscire e a far insegnare clandestinamente ai ragazzi la magia.
La professoressa McGranitt era fuggita da Hogwarts con tutti gli altri professori quando, morto Silente, avevano ritenuto più sicuro e proficuo continuare ad insegnare ai piccoli maghi di nascosto, senza che nessuno lo venisse a sapere. Per Molly era stato difficile far uscire i suoi bambini, ma era necessario. I suoi figli erano sette, eppure lei ne aveva con sé solo quattro e faceva male quando Bill le chiedeva, in quei rari momenti in cui smetteva di mostrarsi forte solo per proteggerla, dove fosse Charlie, o quando Percy piangeva perché, frustrato, non riusciva a ricordarsi gli occhi del suo fratellino Ron, o quando Fred non capiva da cosa dipendesse quel senso di incompletezza, non ricordandosi di avere perso la sua perfetta metà, o quando Ginny sognava le mille avventure di quel padre che non aveva neanche mai visto.
Molly riusciva ancora ad alzarsi la mattina con la ferma convinzione di dover essere forte per quei suoi bambini, che ormai erano ragazzi, e per quei suoi bambini di cui neanche sapeva più l'aspetto. Pensava che certamente Charlie doveva essere diventato proprio un bel ragazzo, che George era sicuramente identico a Fred anche nel carattere e che Ron...Ron era così piccolo! Troppo fragile per affrontare il mondo, ma era pur sempre un Weasley e non si sarebbe arreso.
La colazione era pronta e Molly scese le scale che portavano ad un piano ancora più basso di quella che era già di per sé una cantina resa accogliente e luminosa con la magia. Bill, ormai ventitreenne, leggeva un libro sul suo letto e sorrise alla madre, alzandosi e dandole un bacio, poi salì sopra. Percy, appena maggiorenne, scribacchiava su un quadernetto e, salutata la madre, seguì il fratello maggiore. Ginny, che da poco aveva compiuto i suoi dodici anni, dormiva tranquilla e Fred...lui era sicuramente fuori, da qualche parte.
Molly aveva imparato a farci l'abitudine. Non sarebbe mai riuscita a trattenerlo in casa, non ora che, nel pieno dell'adolescenza, iniziava a sentire il bisogno di libertà da quel vuoto e dall'oppressione che quella cantina gli dava.
Fred girava per le strade di quella città quasi del tutto distrutta, con poveretti accasciati sotto i portici dei palazzi ancora rimasti in piedi. Tra loro c'erano anche babbani, anche se i babbani poco capivano riguardo a tutto quello che stava succedendo e si fermavano altrettanto poco, altrimenti venivano uccisi. Così come tutti i mezzo sangue e i traditori...proprio come la sua famiglia. Aveva un ricordo sfocato dei Weasley al completo e non ricordava neanche di tutti i suoi fratelli, non ricordava neanche suo padre. Però sapeva che un tempo quel senso di vuoto nel suo cuore non c'era, che un tempo era perfettamente completo, ma non ricordava quel tempo e, in fondo, usciva proprio per cercare qualcosa che potesse aiutarlo a ricordare. Molly non aveva mai voluto parlargli della loro famiglia e aveva pregato anche Bill e Percy di tacere, diceva che a Fred la verità avrebbe fatto troppo male, ma perché? Lui era forte, quasi sempre positivo, come poteva la soluzione a tutti i suoi problemi fargli male?
Alla fine della via scorse una persona, era un ragazzo con i capelli rossi, un fisico slanciato e gli occhi nocciola. Era come guardarsi allo specchio, erano identici. Quando Bill gli aveva raccontato dei sette sosia non gli aveva creduto, ma ora poteva anche dare una possibilità a quella tesi.
Fred camminò verso quel sé stesso e così fece anche l'altro. Due mondi che mai si sono incontrati e che, al loro primo contatto, si accorgono di essere simili, anzi per nulla differenti.
«Chi sei tu?» chiese quel ragazzo sconosciuto, ma Fred credeva di poterlo capire benissimo anche senza bisogno di parlare, improvvisamente quel vuoto si colmava e quel nome gli uscì naturale dalle labbra, come se non aspettasse altro che essere pronunciato «George».
L'altro sorrise divertito e sussurrò «Fred», anche lui in maniera naturale, come se fosse realmente quello il suo nome. E non sentivano neanche il bisogno di dirsi che i nomi erano scambiati, perché entrambi lo sapevano già, come una sorta di telepatia. E Fred non ebbe neanche il sospetto che fosse pozione polisucco, qualcosa dentro gli diceva che non era un’illusione, che era reale al cento per cento.
Entrambi i ragazzi alzarono la mano destra e le loro dita si sfiorarono, provocando una specie di scarica d'energia pura, tutto era possibile in quel momento.
Quel momento magico venne interrotto da un urlo e dal marchio nero che si fece largo nel cielo come il fantasma della morte che si prendeva gioco di loro. Bastò uno sguardo per capire che si sarebbero rivisti e Fred sorrise, mettendosi a correre un attimo dopo e gridò per smorzare tutta quell'adrenalina alla faccia della morte e di tutto quel dolore, perché da quel momento sentiva che il dolore non ci sarebbe più stato.
Molly guardava dalla finestrella sul marciapiede il marchio nero e la paura le attanagliava il petto e le viscere. Non si sarebbe tranquillizzata finché quelle scarpe non fossero passate davanti la finestrella. Fred non tardò più di tanto ed entrò in casa in un impeto di felicità ed euforia che portò Molly a dimenticarsi del rimprovero, conquistata dalla curiosità.
«Hai trovato qualcosa?» chiese Ginny con un cipiglio interessato.
«Sì» esclamò Fred, ma improvvisamente fu colto da mille preoccupazioni: e se Molly, pensando fosse un brutto scherzo di un Mangiamorte, non lo avesse più fatto uscire? Lui doveva incontrare ancora quel ragazzo, doveva parlargli, ne aveva bisogno. Così rise e concluse «Ho fatto uno scherzo niente male al mendicante all'angolo della strada e avreste dovuto vedere la sua faccia!».
La madre andò su tutte le furie, ma il giorno dopo avrebbe rivisto George ed era l'unica cosa importante.
Il pomeriggio passò tranquillo e così la notte. All'alba del giorno seguente, Fred lasciò la casa e si diresse nello stesso luogo della mattina prima, dove George lo salutò con la mano e gli disse «Avremmo proprio bisogno di un posto sicuro dove parlare».
Fred ridacchiò «Stare qui è come dire ai Mangiamorte "Prendeteci, siamo tutti vostri"» e anche George rise.
Andarono dentro un bar abbandonato e si sedettero a un tavolo come se dovessero realmente aspettare una cameriera e ordinare.
«Comincia tu» incoraggiò Fred l'altro ragazzo, che iniziò a raccontare «Prima facevo parte di una famiglia numerosa, ma ne ho perso completamente le tracce e mio padre non mi ha mai raccontato di mia madre o dei miei altri fratelli. Mio padre si chiama Arthur, mio fratello maggiore Charlie e il mio fratellino Ron, viviamo tutti in una casetta abbandonata, resa accogliente con la magia, poco fuori città».
Gli occhi di Fred erano più che affascinati da quel racconto «Ma lo sai che anche io facevo parte di una famiglia numerosa di cui si sono perse le tracce? Io però vivo con mia madre Molly, i miei fratelli maggiori Bill e Percy e la mia sorellina Ginny! Viviamo ai piani sotterranei di un palazzo distrutto qui vicino».
George rise e in quella risata anche Fred riuscì a trovare la più pura ed innocente felicità.
La mattina la passarono a raccontarsi tutta la loro vita, a scoprire quante cose avevano in comune a partire dagli scherzi fatti ai mendicanti fino ad arrivare a quel senso di vuoto e di incompletezza che li aveva da sempre accompagnati.
Intorno alle quattro del pomeriggio, momento in cui i loro stomaci iniziarono a reclamare cibo, Fred si avvicinò all'altro ragazzo e lo abbracciò, sussurrando «Con te quel vuoto si colma fino a scomparire del tutto»
«Lo stesso vale per me» concluse George, ricambiando quell'abbraccio che rimase unito per una buona mezz'ora.
Molly quel giorno lo avrebbe sicuramente ammazzato; ok uscire presto la mattina, ok non farsi vedere per la colazione, ma non presentarsi per il pranzo era davvero troppo! La donna non volle nemmeno contemplare l'ipotesi che qualcosa fosse successo al suo bambino.
Si ricordava ancora di quando era piccolo e le chiedeva di raccontargli qualche storia, allora lei raccontava sempre di una grande famiglia, di tanto amore e tanta felicità, lei raccontava un sogno, un ricordo di una vita felice, strappata via troppo presto...
La porta si aprì. Il suo bambino era sano e salvo, forse un po' infreddolito e sicuramente morto di fame, ma salvo.
«Oh, Frederick» tuonò la donna quando tutte le preoccupazioni si furono sciolte «Spero tu abbia una buona motivazione per aver fatto quest'ora e che sia buona anche per me perché...ora che sei vivo...ti uccido io con le mie mani!».
Fred non sapeva cosa dirle per cui rispose «Ho incontrato una persona e so che lì c'è tutto ciò che mi può servire per essere felice...non che io non lo sia, mamma...ma voglio dire davvero felice».
Molly stava per dirgliene quattro, stava per prenderlo a sberle, quando Bill sbucò dalle scale e annunciò «Ho deciso di andarmene, mamma»
«Scusa?» chiese la madre con gli occhi che andavano dal figlio minore al maggiore in cerca di una spiegazione valida.
«Vado in Egitto a trovare un lavoro» disse infine il più grande, mentre Percy saliva su delle valige e teneva la testa bassa, non era mai stato uno che mostrava spesso i sentimenti lui.
Molly si sforzava di dire qualcosa, ma la sua faccia restava contratta in un’espressione di puro stupore e a tratti dolore. Come avrebbe fatto senza il suo piccolo uomo a badare a tutti i ragazzi? Era naturale per una madre dover lasciare andare via i figli, ma non si poteva fare un'eccezione per quel caso così particolare?
«Se dovesse succederti qualcosa, io...» iniziò con voce rotta la donna, ma venne interrotta dal figlio «So che restando uniti saremmo più forti, o quanto meno potremmo morire sapendo di essere in compagnia dei nostri cari, ma io devo andare, mamma...e non posso neanche chiederti di venire con me. Per me è arrivato il momento di amare una donna che non sia tu...anche se occuperai per sempre il posto più importante nel mio cuore».
Molly sorrise e abbracciò il figlio, sussurrando «In fondo questo non è un addio...».
Bill partì, promettendo che sarebbe tornato prima che ognuno di loro potesse dire Quidditch, anche se Ginny si accorse che era una bugia, perché lei lo sport lo nominò più e più volte, ma il suo fratellone non tornò indietro.
Quando la mattina seguente Fred si diresse al bar abbandonato, trovò George seduto sul vecchio bancone di legno con un sorriso dipinto in volto.
«Che succede?» chiese allora quello che scoprirono essere il minore di tredici minuti.
«Charlie parte domani per la Romania» rispose l'altro, balzando giù dal bancone e porgendo una caramella a Fred.
Quest'ultimo la mise in bocca, ma la sputò subito dopo, gridando «Ma che diamine era!?»
«Non sono sicuro...cacca di topo o uovo marcio?» rise George, schivando il destro dell'amico.
«Comunque...» riprese Fred, fingendo di essere offeso, ma trattenendo a stento una risata «come mai sei così felice? Anche Bill è partito ieri e casa mia è un mortorio...»
«Noi sappiamo che il sogno di Charlie è lavorare con i draghi, così siamo contenti che finalmente possa realizzarlo» annuì soddisfatto George e tramutando in seguito la sua espressione in un ghigno malandrino «però voglio che tu lo conosca. Quindi ora spogliati!».
Per un momento Fred non comprese l'intento dell'altro, così domandò «Spogliati!?», ma, appena capì, non esitò ad eseguire e ad indossare i vestiti dell'altro.
«Ciao, Georgie!» lo salutò George, quando era ormai il momento di tornare a casa, ed entrò in quella piccola cantina, ampliata all'interno.
La prima stanza era una sala spaziosa con un tavolo apparecchiato, una cucina piena di pentole e piatti e una libreria piena di album fotografici impolverati, tomi sulla magia e oggetti vari, poi c'erano un divano e delle scale che conducevano al piano inferiore. Era esattamente come Fred l'aveva descritta.
Dalle scale sbucò la testa di una donna bassina e pienotta con i capelli rossi e un grembiule giallo con i merletti verdi, sorrideva e lo salutò abbracciandolo forte. Odorava di biscotti. George non aveva mai saputo come fosse una madre, così rimase ad osservarla attentamente e in silenzio, tant'è che ad un tratto la donna si voltò e gli chiese «Qualche problema, Freddie?», la sua voce era calda e premurosa.
«Mi chiedevo come stessi...è la prima mattina senza...» mormorò George senza sapere bene come rispondere.
«Sì, caro, va tutto bene, ma ora va da Percy, è lui che ha più bisogno di aiuto anche se non dà a vederlo» rispose Molly con un'espressione compiaciuta e orgogliosa verso quel moto di affetto e preoccupazione.
Ginny corse incontro a quello che credeva suo fratello e lo strinse forte, scoppiando a piangere un secondo dopo.
Fred aveva descritto la sorellina come una ragazzina forte, che non si lasciava scalfire da niente e nessuno e che rimaneva sempre della sua ferma opinione. George non era preparato a quello, quindi lanciò un furtivo sguardo a Percy, il quale fece spallucce e riprese a leggere.
«Cosa c'è?» chiese infine il ragazzo, abbassandosi all'altezza della piccola.
«Mi manca Bill» mugugnò lei con la voce più dolce che George avesse mai sentito, così dolce che lo convinse a prendere in braccio Ginny e a farla sedere su uno dei tanti letti per poi iniziare a parlare «Devi sapere che una persona non può restare sempre ferma dov'è, o finirà per star male e far star male chi le sta intorno. Bill ha il suo sogno ed è quello che deve seguire. Quindi se andare in Ro...in Egitto vuol dire realizzare il suo sogno, allora lui deve andare, ma tornerà, tranquilla! Perché non c'è futuro senza passato...e il suo passato siamo noi».
Era lo stesso discorso che si era preparato per Ron, e Ginny e Ron avevano quell'espressione così simile che adattare il discorso a Bill non era stato affatto un problema, più o meno.
Percy sbuffò e scosse il capo, mormorando «Non vedeva l'ora di andarsene...»
«Questo non è vero!» si alterò George, scorgendo un barlume di insicurezza negli occhi della sorellina di Fred.
Percy rise, una risata vuota, che come una lama tagliava l'aria mortalmente, infine sibilò, acido «Non c'eri quando lui ha deciso di andarsene! Dov'eri, Fred!? DOV'ERI!?» e salì di corsa le scale.
«Ogni tanto Percy fa paura» brontolò Ginny come se la sola, ferma, presa di posizione da parte di George avesse potuto rassicurarla e far tornare in lei un briciolo di speranza.
Fred entrò in quella vecchia casa di campagna, che all'interno rievocava una tipica casa cittadina con una stanza centrale, una cucina, un bagno e due stanze da letto. Ad accoglierlo fu un ragazzo robusto dai capelli rossi, sicuramente Charlie, che gli sorrise radioso.
«Come va?» domandò Fred con curiosità.
«Direi piuttosto bene» rispose Charlie, buttandosi sul divano «Ron è fuori che degnomizza il giardino, mentre papà è di sopra che ti aspetta.»
«Mi aspetta?» sussurrò a fil di voce Fred, insieme deluso dal non poter passare più tempo con Charlie, ma elettrizzato dall'idea di conoscere quel padre.
Salendo le scale, lo trovò seduto su uno dei letti della stanza di George e dei suoi fratelli, sorrise quando lo vide entrare.
«Buon giorno, pa'» lo salutò con energia il ragazzo, adagiandosi sul letto di fianco a lui.
«Ora che Charlie parte» cominciò Arthur «Sarai tu l'unico fratello maggiore per Ron, capisci cosa intendo?»
«Più o meno» sussurrò Fred, pensando alla piccola Ginny e al fatto che lui non fosse lì dove doveva stare ad aiutare la sua famiglia. Improvvisamente gli venne in mente che quel padre non era il suo, che magari aveva lo stesso aspetto di come Molly lo aveva descritto alla sorellina, ma non era suo padre. Per quanto Charlie potesse essere divertente, non era suo fratello, e Percy aveva sicuramente bisogno di lui. Ma lui non c'era...al posto suo c'era un altro sé stesso, ma non quello giusto.
«Hai una ragazza?» chiese con un sorriso indagatorio Arthur e Fred arrossì «Scusa?».
L'uomo rise di gusto, infine spiegò «Esci tutte le mattine all'alba e vuoi dirmi che non c'è qualcuno che vai a trovare in città?»
«Non è la mia ragazza...» mugugnò Fred, che fu costretto a girarsi dal lato opposto per gli occhi che si iniziavano a riempire di lacrime.
«Ma allora qualcuno c'è!»
«Sì...»
«Sono felice per te, ora andiamo a mangiare».
Charlie era molto divertente, ma il fratellino che piacque di più a Fred fu Ron. Lui era buffo, pieno di paure assurde, bravissimo a giocare a scacchi e un asso nel cascare in ogni scherzo.
George invece passò molto tempo con Molly, era una donna forte e lo faceva ridere, anche se non doveva essere lo stesso per Fred, dal momento che lei gli chiedeva spesso il perché di tutte quelle risate.
Uscire di notte era particolarmente pericoloso, ma era necessario se George voleva riuscire a vedere Charlie un'ultima volta prima che questo partisse, così si incontrarono al bar, si scambiarono velocemente i vestiti e ripartirono in fretta.
Arrivato a casa, Fred entrò pianissimo per fare il minimo rumore possibile. Tutti dormivano.
Si mise a letto vestito e osservò le figure dei suoi parenti. Sua madre si rigirava continuamente tra le coperte, Ginny stringeva a sé un gatto di peluche e Percy...Percy lo fissava.
«Ora esci anche la notte?» gli chiese, gelido.
Fred deglutì, poi rispose «Avevo scordato una cosa...»
«Perché non andavi a prenderla domani, tanto esci sempre, no? Troppo facile fuggire e lasciare a me il compito di consolare la mamma e Ginny» si arrabbiò il maggiore, alzando leggermente il tono di voce e svegliando così la piccola Ginny.
«Scusami...» sussurrò Fred, voltandosi verso la sorellina e accarezzandole dolcemente i capelli per tranquillizzarla.
«Bravo...voltati ancora...non imparerai mai ad affrontare i problemi!» gridò Percy, mentre una lacrima gli scendeva silenziosa per il viso.
Molly si svegliò di soprassalto e sentì Ginny stringersi a lei. Fred e Percy si gridavano contro, la pioggia picchiava sui vetri e il buio avvolgeva tutto nella sua fredda morsa di terrore.
«Ma siete impazziti!» li ammonì la madre, mettendosi a sedere «Se gridate così sapranno che qui sotto ci abita qualcuno e ci spediranno solo Merlino sa dove!».
Percy abbassò lo sguardo, Fred salì le scale e sussurrò «Sei tu il fratello maggiore...assumiti questa responsabilità...per una volta, Perce...comportati da tale...», infine l'unico ultimo rumore fu la porta che veniva aperta e poi richiusa.
«Non è troppo tardi?» chiese Ginny, fissando le scale. Percy si mise un cappotto e rispose «Forse sì».
Il freddo era pungente quella notte, o forse era solo il suo cuore ad esserlo. Percy era sempre stato un asso negli incantesimi e in ogni materia che veniva insegnata ai corsi clandestini, ma forse aveva sprecato troppo tempo sui libri per sapere cosa volesse dire essere un fratello, un punto di riferimento e una mano tesa per qualcuno che aveva disperatamente bisogno di un appiglio. Perché Percy sapeva che Fred non era l'unico Weasley nato quell'uno aprile di quindici anni prima.
Il freddo era davvero troppo quella notte, un freddo che si assedia nelle ossa e che ti fa provare emozioni quali angoscia, tristezza, paura...desolazione.
Il rosso cercò in quel buio quasi solido la figura del fratello minore, ma ciò che vide non gli piacque molto. Un dissennatore era di fronte a Fred, che con la testa tra le mani piangeva in silenzio.
«Expeto Patronus!» gridò una voce in lontananza e una donnola argentea ed eterea si frappose tra l'abominevole creatura dal manto nero e il povero ragazzo dai capelli rossi.
«George!» gridò quella voce, ma una nube nera avvolse tutto e risucchiò palazzi, strade e persone in un'immensa voragine senza fine.
Fred si risvegliò nel suo letto caldo e comodo con una pezza bagnata sugli occhi. Quando la alzò vide Percy seduto lì di fianco a lui, a leggere un libro, assorto.
«Perce...» lo chiamò Fred, sentendosi in colpa per il comportamento assunto la sera prima, anche se dubitava che fosse stato tutto uno strano sogno.
«Se non fosse arrivato il patronus di quella persona ti sarebbe stata risucchiata l'anima!» lo sgridò il maggiore, scuotendo il libro in tutte le direzioni.
«Mi spiace...hai perfettamente ragione, sarei dovuto stare più attento alla lezione sui patronus...» sussurrò Fred, preparato alla ramanzina.
«Ma sei scemo o cosa!?» si trattene a stento dal gridare Percy, mentre il minore sbuffava sonoramente «Mi sono preoccupato per te, Freddie...» concluse il più grande, dandogli un colpo di libro in testa «ora vai...la tua persona speciale ti aspetta...io saprò badare alla mamma e a Ginny finché saprò che tu sei...davvero felice».
Gli occhi di Fred iniziarono a riempirsi di lacrime, tanto che abbracciò forte Percy e gli diede anche un bacio sulla punta del naso prima di salire di corsa le scale.
Poi, arrivato sino in cima, esclamò «Sei sempre stato il mio preferito, Perce...comunque...anche quando c'era Bill!». E se Fred avesse dovuto scegliere tra Charlie e Perce, la vittoria sarebbe sempre stata di quest'ultimo.
Percy sorrise e sussurrò «Anche tu sei il mio fratellino preferito...».
George era seduto come al solito sul bancone del bar. Appena vide arrivare Fred, lo strinse per le braccia e gli chiese «Come stai?»
«Bene» rispose il minore, confuso.
George sorrise sollevato e spiegò «Mio padre mi ha detto di avermi visto davanti ad un dissennatore e di avermi aiutato con un patronus, poi io sono svenuto e un altro ragazzo mi ha portato via. Mio padre ha provato a raggiungermi, ma non ci è riuscito, così è tornato a casa e mi ha trovato sotto le coperte. Lui ha pensato che sia stato uno scherzo da parte di quelle mamme pipistrello in quel periodo del mese, ma in realtà ha visto te!»
«Hai proprio ragione...» rispose Fred, puntando lo sguardo a terra, dispiaciuto per aver creato così tanti problemi.
George gli rialzò il viso con la punta delle dita e gli sfiorò il naso con la punta del proprio. Fred arrossì, ma tutte quelle piccole attenzioni e quei gesti affettuosi gli piacevano tantissimo e voleva quasi poter rimanere così vicino a George per sempre.
«Noi siamo due perfette metà di uno stesso universo» sussurrò George, avvicinando di più il suo corpo a quello del ragazzo che aveva di fronte.
Fred chiuse gli occhi e disse «Un'anima scissa in due...».
In quel momento qualcuno fece irruzione nel bar, erano due uomini incappucciati con un mantello nero. Due Mangiamorte.
I ragazzi afferrarono le bacchette e si diedero un solo sguardo, pronti a combattere.
Uno dei due uomini puntò la bacchetta al soffitto e fece partire un incantesimo non verbale.
Fred puntò quasi automaticamente la bacchetta verso George e gridò «Protego!», infine qualcosa lo colpì alla testa e tutto divenne buio.
Molly stava tranquillamente cucinando, Percy non le aveva detto niente di quel che era successo la sera prima e così era serena e tranquilla. I suoi ragazzi si erano riappacificati, Bill aveva mandato una lettera per comunicarle di aver trovato una buona sistemazione in Egitto e tutto sembrava essere nel suo giusto equilibrio, per quanto qualcosa potesse essere in equilibrio quando qualcuno può fare irruzione in casa tua e ucciderti da un momento all’altro. Un rumore di passi la fece voltare, lanciò uno sguardo alla finestrella solo per la pura voglia di vedere le scarpe di Fred correre lì davanti, ma quello che vide fu un mantello nero. Fece cenno a Percy di fare silenzio e gli indicò la stanza da letto dove dormiva Ginny.
«Se ne abbiamo trovati addirittura due, ci dev'essere qualcuno che vive qui. Controllate tutte le case, cantine e ovunque qualcuno possa nascondersi!» disse qualcuno fuori dalla finestra.
Con dei colpi di bacchetta Molly fece tornare la casa a com'era quand'era solo una cantina sporca e logora, sparse degli incantesimi di protezione concentrati nel punto della botola che portava al piano di sotto ed infine scese, chiudendosi giù con i suoi figli. Il marchio nero si stagliava alto nel cielo.
«Fred!» chiamava George che grazie all'incantesimo di protezione era riuscito a rifugiarsi sotto ad un tavolo.
«FRED!»
Fred si risvegliò di soprassalto, le macerie gli premevano contro la schiena e gli bloccavano le gambe, ma non doveva esserci nulla di rotto, non gli facevano male, non quanto la testa ed il polso. La testa pulsava come se qualcuno la stesse ripetutamente colpendo con un martello, ma tra tutto quel dolore l'immagine di George si fece spazio senza problemi, come se fosse l'unica cosa importante. E Fred si disse che in effetti, anche se lo conosceva da così poco tempo, era davvero la cosa più importante ed era come se lo conoscesse da tutta la vita.
«George» chiamò, tossendo appena e fu lieto di sentire la voce dell'altro «Oh, grazie a Merlino! Fred, stai bene?»
«Sì» rispose Fred, sorridendo, farlo preoccupare non serviva a niente «hai qualche via d'uscita?».
George si guardò attorno, dagli spiragli non passava molta luce e se avesse provato a spostare le macerie, gli sarebbe sicuramente caduto addosso qualcosa.
D'improvviso una voce si fece spazio nel silenzio, era una voce maschile, la voce di un adulto; una voce preoccupata e speranzosa «George!»
«PAPÀ!» gridò forte George, per poi sussurrare «Fred c'è mio padre! Ora ci tira fuori lui», ma non ottenne alcuna risposta.
George continuava a chiamarlo, anche mentre Arthur scavava tra le macerie per tirarlo fuori, ma Fred rimaneva in silenzio, senza sapere bene il perché. Voleva che George scappasse al più presto lontano dai Mangiamorte e lui lo avrebbe solo rallentato. Non voleva più che George rischiasse la vita a causa sua...
George venne portato via in lacrime, tutto ciò che aveva avuto di più bello in quei giorni era scomparso, come una meravigliosa illusione destinata a dissolversi. Lui odiava quel mondo di terrore, di morte, di dolore. Qualcuno doveva fare qualcosa perché il sole ricominciasse a splendere su quella terra frustata e dilaniata dalla pioggia.
Arthur stringeva a sé il suo ragazzo senza fare neanche caso al fatto che questo stesse chiamando qualcuno che non si trovava lì, qualcuno che era da troppo tempo scomparso. Era solo una proiezione automatica nella sua mente di un momento traumatico che il cervello aveva incamerato per limitare il dolore e che ora stava tornando ad affiorare. Non sapeva, il povero Arthur, che sotto quelle macerie non c'era solo George, ma anche il secondo bambino nato l'uno aprile, quando nessuno se lo aspettava.
Come Fred fosse riuscito a sgusciare fuori dalle macerie solo Morgana lo sapeva, ma ora era sulla strada di casa, con l'intenzione di andarci.
La porta che conduceva alle scale per la cantina era stata buttata giù, la casa era tornata ad essere quella sporca e logora cantina che era quando l'avevano trovata. I Mangiamorte erano stati lì.
«Mamma?» chiamò Fred con le gocce di sangue che gli colavano sul viso. La botola si spalancò, Molly prese il figlio e lo condusse giù velocemente, richiudendo il passaggio alle sue spalle.
«Oh, Fred...» sussurrò, pulendogli il viso dalla polvere, mentre Percy si alzava preoccupato da uno dei letti e Ginny si copriva il volto con le mani.
Fred raccontò a tutti quel che era successo, ma evitò accuratamente di pronunciare il nome di George, la madre fece qualche incantesimo, poi gli fasciò la testa e il polso con delle garze e disse «Fortunatamente niente di grave, tra qualche giorno leveremo le bende e sul tuo volto non ci sarà neanche l'ombra di una cicatrice!».
Percy si avvicinò al fratellino e sussurrò «Lei...la tua persona speciale...come sta?»
«Sta bene, ma crede che io sia morto...» rispose Fred, pensando a tutto il dolore che George stava provando in quel momento.
«Non dovresti farla preoccupare» concluse Percy, poi si voltò verso la madre «Mamma, perché ora non ti fai una dormita? Ci penso io qui».
La donna ringraziò il figlio, ammettendo di averne proprio bisogno, infine si mise a letto.
«Corri da lei...» ordinò il maggiore a Fred in quella che sembrava più una supplica.
Fred sorrise e mormorò «È un lui...e lui sarà una persona speciale...ma tu sei una persona fantastica, Perce».
E corse Fred, corse perché quella volta non ci sarebbe stato nessuno ad interrompere il loro bacio, corse perché George stava soffrendo ed era inaccettabile che una cosa del genere accadesse. George era meraviglioso e avrebbe dovuto entrare in contatto solo con cose meravigliose.
Quando Fred arrivò sotto la casetta di campagna, controllò che nella stanza di George ci fosse solo lui ed entrò dalla finestra.
George era coperto dal piumone fin sopra la tesa e sussultò non appena vide le coperte abbassarsi piano.
Non voleva che qualcuno lo vedesse piangere così chiuse gli occhi. Una mano gli accarezzò dolcemente i capelli, scendendo poi fino alla guancia e facendolo rabbrividire per il contatto con quel corpo freddo. Sentì il respiro di qualcuno così vicino al suo viso che quasi gli venne voglia di aprire le palpebre e dare un’occhiata. Ma quando lo fece delle labbra si erano già posate sulle proprie. La sua mente andò in tilt, non importava più niente. Se fosse entrato qualcuno, o se fosse morto lì in quel momento non era importante. Neanche la fine del mondo era importante in quell'istante in cui la sua vita cambiava, la sua vita che adesso dipendeva da qualcun'altro, che a sua volta dipendeva da lui. Perché adesso non ci sarebbe stato più George, non ci sarebbe stato più Fred, ma solo Fred e George, insieme.
Fred interruppe quel contatto e fissò gli occhi di George, che sorrise istintivamente.
«Devo andare adesso» sussurrò il minore.
George passò un dito delicato sulla garza che la sua metà aveva sul capo e mormorò «Tornerai?»
«Sicuro» rispose Fred, stringendo la mano dell'altro ancora ferma sulla propria fronte e baciandola come fossero delle labbra.
Quando tornò a casa, Molly dormiva, Percy stava rimettendo a posto la camera superiore e Ginny disegnava, sdraiata per terra.
Vicino a lei c'era un vecchio album di fotografie, che Fred prese tra le mani e iniziò a sfogliare. Si accorse di una cosa curiosa: tutte le sue foto di quando era piccolo erano strappate o ritagliate, chissà perché poi. In quelle di Bill c'era spesso un altro bambino, che gli avevano detto essere il loro fratello maggiore dopo Bill. C'erano tante foto di Ginny tra le braccia di Percy e tante in cui aveva una faccia buffissima e spaventata mentre guardava Fred, anche quelle erano strappate.
Passarono i giorni, Fred era guarito del tutto e con George avevano scelto un boschetto poco fuori la città per incontrarsi. Si raccontavano ogni singola cosa facessero durante il giorno, scherzavano, ridevano e facevano esperimenti per creare nuovi scherzi. Si erano più volte ripromessi che da grandi avrebbero aperto un negozio di scherzi coloratissimo alla faccia del Signore Oscuro.
Dopo circa un mese, George portò a Fred una fotografia; mostrava un bambino che saltellava felice e rideva tantissimo, tutto sporco di gelato. Fred aveva già visto quella fotografia, aveva già visto quel bambino. La foto che George gli aveva mostrato era strappata sul lato sinistro, quella che lui aveva già visto era strappata sul lato destro. Improvvisamente gli venne in mente un uomo che gridava «Molly, prendi i bambini!», la madre che lo afferrava per il polso e lo tirava a sé, mentre lui perdeva quell'unico contatto importante con un'altra manina perfettamente identica alla sua e gridava «George!».
Una fitta alla testa lo fece finire a terra, mentre George gli si accovacciava preoccupato di fronte.
«Stai bene, Freddie?» chiese il maggiore.
Il minore si alzò, ridendo «Scusa non ho visto un sasso e sono caduto come uno scemo», mentre moriva dentro.
Il ragazzo che amava era suo fratello gemello. George era suo fratello gemello.
«Ehi, che ne dici di vedere mia mamma?» chiese ad un tratto Fred e George domandò «Intendi scambiarci di nuovo?».
Il minore annuì e così fu fatto. Arrivato nella piccola casa di campagna prese un album fotografico e iniziò a sfogliarlo. Tutte le foto di George erano strappate, il neonato che credeva fosse Ginny era in realtà Ron e il bambino insieme a Bill era Charlie...come aveva potuto pensare che lui e George fossero solo uguali?


Quella notte pioveva forte, Molly piangeva, delle figure incappucciate fecero irruzione in casa e iniziarono a distruggere tutto.
«Perché!?» continuava a gridare Molly, mentre Arthur e altre due persone cercavano di tenere testa ai Mangiamorte.
«Il Signore Oscuro ha vinto!» annunciò uno degli incappucciati «L'unico che poteva fermarlo è morto e ora è più potente che mai! Tutti i mezzosangue, i babbani e i traditori verranno annientati così che il mondo sia di nuovo pulito!»
«Porta in salvo tua moglie e i bambini, Arthur!» ordinò uno dei due uomini che combattevano al fianco del Weasley.
«Ma Gideon!» provò a protestare il rosso, ma venne interrotto «Ora che James non c'è più e che il bambino è scomparso la nostra unica speranza sono i giovani! Sono quei tuoi bambini, Arthur!».
Arthur corse verso Molly, afferrando Fred e George per i fianchi, mentre loro si tenevano ben saldi per mano. Bill prese Charlie per un polso, mentre Percy prese in braccio Ron, venendo a sua volta preso in braccio da Molly.
Corsero via verso il bosco e lì trovarono altri Mangiamorte ad aspettarli.
«Molly, prendi i bambini!» gridò Arthur, sfoderando nuovamente la bacchetta. La donna afferrò Fred per il polso e lo trascinò via, mentre questo perdeva il contatto con il suo gemello e scoppiava a piangere, invocando il suo nome. Lo stesso fece Bill una decina di minuti dopo, accorgendosi di aver perso Charlie e Ron. E Molly chiamò a sé suo marito e i suoi figli fino a quando il marchio nero non si stagliò nel cielo e allora la madre capì che non c'era più tempo da perdere e corse via.
Quando il trauma è troppo doloroso per la stabilità della mente umana, allora il cervello preferisce rimuoverne il ricordo e limitare il dolore. Fred non si ricordava di quella notte e neanche di tutto ciò che era avvenuto prima, ma ora era tutto più chiaro.
Il gelato che gli zii gli avevano portato qualche giorno prima della loro morte e con il quale lui e George si erano sporcati tutti, ma felici saltellavano di qua e di là, Percy che li sgridava entrambi, ma che sussurrava loro un «Vi voglio bene» prima di addormentarsi, Bill e Charlie che giocavano per il giardino e Ron che piangeva tutto il giorno. Era tutto così naturale che gli sembrava quasi assurdo, la testa gli doleva in maniera inimmaginabile, ma doveva resistere a quel dolore e ricordare tutto. Far riunire la famiglia sarebbe significato perdere quel rapporto con George, ma non farlo sarebbe stato troppo triste e crudele.
Quando si scambiò i vestiti con George non gli fece neanche una carezza e corse a casa. Era proprio come gli aveva detto Percy: doveva avere la forza ed il coraggio di non voltare le spalle al problema.
Arrivato in casa Ginny gli chiese di raccontargli una storia, Molly lavava i piatti e Percy leggeva.
«C'era una volta una famiglia felice» iniziò Fred, attirando così sia l'attenzione della madre che quella del fratello «In questa famiglia c'erano due genitori, due fratelli grandi, uniti come fedeli compagni di avventura, un fratello studioso e diligente, un fratellino piccolo e buffo, una sorellina che ancora doveva nascere e due gemelli identici.».
Molly chiuse l'acqua che scorreva dal lavandino, ma Fred fece finta di niente e continuò «Un giorno questa famiglia fu costretta a dividersi e così i gemelli, dimenticandosi ognuno l'esistenza dell'altro, ma con un vuoto dentro che niente sarebbe mai riuscito a colmare. I due fratelli uniti si cercarono per anni, così la moglie e il marito, ma mai riuscirono a trovarsi. Un giorno uno dei gemelli incontra un ragazzo perfettamente identico a lui, quel vuoto si colma e i due si innamorano. Il gemello solitario scopre che l'altro ragazzo è quella metà che gli è sempre mancata e che loro due sono nati lo stesso giorno di quel lontano uno aprile.».
Il piatto che Molly aveva in mano cadde e si ruppe, anche il libro di Percy finì per terra. Fred si girò verso di loro e concluse «Papà, George e Ron vivono in una casa appena fuori dalla città, Charlie si è da poco trasferito in Romania per allevare i draghi...».
Molly scoppiò in un pianto, mentre Percy si diresse subito giù, ordinando a Ginny di mettere tutte le sue cose in uno zaino, che se ne andavano.
Il viaggio fu piuttosto difficile, dovevano stare attenti a non farsi vedere, ma Ginny rallentava tutti lamentandosi per il suo zaino troppo pesante.
Molly osservò la piccola casetta in pietra, prima di gridare «Arthur!».
George aprì la porta e rimase stupito da quella visione, guardando con cipiglio interrogativo Fred, infine disse «Mio padre è uscito a...cercare una cosa...tornerà più tardi», in quel momento Ron sbucò da dietro il fratello ed esclamò «Miseriaccia, Geogre! Papà ti ha detto di non aprire a nessuno! Chi sono?».
Molly riprese a piangere e corse verso i suoi figli, abbracciandoli e sussurrando «La mamma è qui, la mamma è qui».
George iniziava a capire, eppure quella che sentiva non era solo felicità. Aveva sempre pensato al momento in cui avrebbe rivisto sua madre; era un momento gioioso e spensierato nella sua mente, ma se Molly era sua madre voleva dire che lui e Fred erano gemelli e se erano gemelli non potevano stare insieme. Ma a ben pensarci, perché no? Cosa importavano tutte quelle noiose leggi etiche e morali di fronte all'amore? Proprio niente.
Fred si stupì nel vedere George sorridere come sempre, solare, sincero, ingenuo e dare un colpetto a Ron.
Percy strinse forte i suoi fratelli, mentre Ginny iniziava una fitta conversazione con Ron.
Il pomeriggio lo passarono come una famiglia, raccontandosi le esperienze di tutta una vita, tra gli scherzi dei gemelli, le paure di Ron, le manie di Percy e la contagiosa allegria di Molly e Ginny.
Bill si materializzò lì non appena ebbe ricevuto la lettera con la notizia.
«Dov'è Charles?» chiese con la voce rotta dall'emozione.
«Proprio dietro di te, William» rispose Charlie, appena arrivato sulla soglia della porta.
Bill si voltò con gli occhi pieni di lacrime e strinse a sé quel fratello che da sempre aveva cercato. Finalmente il suo più grande desiderio era stato realizzato, eppure adesso sembrava che non si fossero mai separati, che fossero sempre rimasti uniti tramite un filo indissolubile anche con il tempo, con il dolore e con la morte, un po' come lo era quello che legava Fred a George.
Quella sera Arthur tornò sconsolato, anche nell'ultima casa che aveva controllato non c'era traccia della moglie, o dei figli.
Quando aprì la porta lo raggiunse un odore di biscotti che gli ricordò la sua Molly e lo fece sorridere.
«Buona sera, Weasley!» gridò ai suoi figli, com'era d'abitudine sin da quando i Weasley erano ancora tutti insieme.
Una ragazzina con dei lunghi capelli rossi e gli occhi chiari irruppe nel corridoio, con le lacrime agli occhi.
«E tu chi sei?» chiese l'uomo, sorridendo, leggermente stupito.
«Mi chiamo Ginny» rispose la bambina, sorridendo a sua volta «Ginny Weasley».
«Ben tornato, papà» lo salutarono due voci identiche, perfettamente sincronizzate, precedendo l'arrivo di Fred e George, anche Bill e Charlie arrivarono ridendo e salutando il padre, poi fu il turno di Percy, rigido come un burattino, e di Ron, rosso fino alla punta delle orecchie per chissà quale motivo.
Infine Molly uscì dalla cucina, piangendo dalla gioia e sussurrò «Ben tornato, amore mio».
Arthur corse da sua moglie, dandole un bacio pieno di passione, abbracciò Fred e George, strinse a sé Bill e Charlie e accarezzò il capo a Percy e a Ron, infine si voltò verso Ginny. Le ricordava Molly, con quell'espressione coraggiosa e fiera da vera guerriera e da vera Grifondoro, soprattutto.
Lei si avvicinò a quel padre, di certo meno bello di come la madre glielo aveva descritto, ma ancora più affascinante. Perché lui non era quel principe azzurro, quel supereroe che la madre le aveva descritto, lui era un uomo che piangeva dall'emozione di ritrovare tutte le persone a lui più care, un uomo con i suoi pregi, i suoi difetti, i suoi punti di forza e le sue debolezze. Lui era un uomo e in quanto tale ora era più vicino e assolutamente reale.
E quando lui sussurrò «Vieni qui, bambina mia», aprendo le braccia, lei corse da lui, da suo padre, e iniziò a piangere, così come tutti gli altri membri di quella famiglia, una famiglia felice.
La guerra distrugge ogni cosa, spezza le vite, abbatte le speranze. Sono passati cinque anni da quando la famiglia Weasley è tornata unita ed ora rischiano di separarsi, ancora. La guerra distrugge ogni cosa, ma non ciò che di più importante c'è al mondo.
La guerra spezza le vite, ma non quei collegamenti che si formano tra una persona e un'altra.
La guerra abbatte le speranze...no, non tutte.
Il bambino della profezia è stato ritrovato, ma non è quello che tutti si aspettavano. Lui e Ron sono subito diventati amici, insieme ad un'altra ragazza di nome Hermione Granger, che ora è la fidanzata del più piccolo di casa Weasley. Anche Ginny ha trovato la sua anima gemella in questo Neville Paciock e Bill in una certa Fleur Delacour, mentre Percy in una donna di nome Audrey.
Fred e George non sono fidanzati, non ufficialmente, perché sarebbe immorale agli occhi degli altri, ma a loro due sta più che bene.
Ora combattono per sconfiggere Voldemort, come una vera grande famiglia e ci riusciranno sicuramente, perché sono insieme.
 
George mi prende la mano, oggi è un giorno speciale. Ginny è davvero bellissima, in quel suo abito bianco, sorride e guarda Neville con aria sognante. Oggi Ginny lascia il suo nido, ma non lo fa veramente, mentre Arthur la conduce all'altare e Molly piange in prima fila. Ron è di fianco a Neville e lancia furtive occhiate ad Hermione, che gli sorride soddisfatta.
Bill e Fleur guardano le loro bambine vestite da damigelle, con la figlia di Percy che ha un'espressione contrariata perché non vorrebbe assolutamente essere lì.
«Io odio questi cosi» sussurro a George, indicando con disgusto il mio smoking e lui ridacchia.
«Al nostro matrimonio» riprendo «gli invitati potranno indossare quel che gli pare. Io metterò uno dei maglioni che ti ha regalato la mamma per Natale».
«Ok, Gred» mi risponde George dandomi un bacio candido sulle labbra e facendoci procurare un'occhiataccia da nostra madre che ci intima di non fare queste cose in pubblico.
E George ed io ci alziamo, ridendo e battendo le mani, mentre Neville bacia appassionatamente Ginny.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Hotaru_Key22