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Autore: Shichan    30/01/2018    0 recensioni
In giardino, i girasoli piantati mesi prima fanno un movimento lieve, senza essere notati.
[IzuHori]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Horikawa Kunihiro, Izuminokami Kanesada
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N/A: scritta per la terza settimana del cow-t.
Il fūrin
è una campanella a vento giapponese, caratteristica della stagione estiva.
Lo shōji, invece, è la porta scorrevole delle case giapponesi tradizionali.

 

 

I giorni d’estate nella cittadella hanno quell’odore di terra secca misto a quello un po’ acre del sudore di chi lavora nei campi, incurante del caldo afoso, e si trasforma poi in quella leggera umidità che si sente più sulla pelle ma che, lenta e quasi inosservata, lascia una traccia anche nell’aria che si respira. Horikawa a volte sente il calore bruciante sulla pelle, quando a dispetto dei piccoli accorgimenti non può davvero pretendere di coprire ogni centimetro di pelle dai raggi del sole; tuttavia, proprio per quello, riesce ad apprezzare i brevi momenti in cui il vento gli dà sollievo, prendendolo alla sprovvista con una folata leggera che si porta dietro la frescura del mare.
In estate, quando i suoi lavori quotidiani nella cittadella sono conclusi e lui può godersi una meritata pausa, sono due i luoghi di riposo che predilige: l’ombra degli alberi, dove il vento sembra durare di più, quasi trattenuto dalle foglie verdi che offrono riparo dalla luce troppo forte, oppure la soglia dove si fa scorrere lo shōji per frapporre niente più di legno e carta di riso tra una stanza e l’altra. Si posiziona lì, la schiena contro lo stipite, a metà tra la luce e l’ombra. A occhi chiusi, la pace interrotta dal tintinnio occasionale dei fūrin, a volte lascia la mano nella zona dove il sole batte, fino a sentire la pelle divenire bollente. Quando riapre gli occhi azzurri e la guarda, senza vederla davvero, sorride. In quella mano a volte gli sembra di catturare tutto ciò che desidera, vedendo nel sole ogni parte dell’essenza di Izuminokami: il calore con cui a volte si rischia di bruciarsi, ma che si anela senza poter fare diversamente, che si desidera ancora di più quando si è conosciuto il freddo delle notti più buie; la guida dell’astro più importante e il tratto distintivo delle estati giapponesi - a volte capricciose, quando lasciano sfogare piogge inaspettate che però non durano mai a lungo, prima di dare di nuovo spazio al sole.
Izuminokami è la luce che non può fare a meno di seguire, il punto cardine nelle battaglie, il centro di un mondo che Horikawa non saprebbe pensare diversamente.
Il
fūrin si muove, tintinnando una melodia che è sempre diversa; apre gli occhi, lasciandoli vagare finché la voce di Kane-san non risuona, poco distante e in avvicinamento, e Horikawa si ritrova a voltare la testa in quella direzione.
In giardino, i girasoli piantati mesi prima fanno un movimento lieve, senza essere notati.


La natura umana delle loro nuove forme, a volte, li influenza in modi incomprensibili. Come è proprio degli uomini ogni stagione è accolta con impazienza e, quando è ormai oltre la sua metà, ci si stanca di essa e si attende con sempre più impazienza la seguente. L’estate porta con sé troppo calore, l’autunno troppe cose da fare, l’inverno alla lunga si trascina dietro un gelo impossibile da apprezzare; Izuminokami, che d’impazienza e impulsività a volte ne sa anche troppo rivedendole in sé, è sicuro che della primavera non ci si possa stancare mai.
Quando i ciliegi fioriscono, espressione di un Giappone che ormai forse non ritroverà mai più davvero, il gelido vento invernale si trasforma in una brezza che promette temperature più miti. La neve sciolta ha restituito il colore al mondo e, mentre ogni cosa sembra tornare al proprio posto, in cielo si riaffaccia un sole timido che fa da compagno ai profumi dolci nell’aria.
A volte in giorni come questo Izuminokami si concede il vizio di un riposo placido e morbido, fatto di rumori ben più discreti dei grilli dell’estate e della pigrizia di una carezza tiepida e impalpabile. Quando alza gli occhi verso il cielo, ritrovando spesso nuvole dalle forme astratte, rivede nell’azzurro gli occhi di Horikawa – diversi dal blu di quelli di Yasusada e persino dai propri - e quel calore lieve che gli sfiora la pelle rende difficile non associare all’altro anche il sole primaverile. Più delicato e conciliante di quello estivo, timido nel suo farsi spazio nel cielo, eppure forte nel lasciarsi alle spalle il ghiaccio e il vento freddo, nel fare da supporto a una stagione di passaggio fra la letargia dell’inverno e la frenesia bollente dell’estate. Horikawa, come quel sole, è stato il sostegno dal primo istante, la ragione nella follia, la carezza discreta nella necessità.
Sotto gli alberi in fiore Horikawa – poco distante da lui – dorme un sonno leggero fatto di respiri regolari; un petalo si muove, spinto dal vento che appena si sente, fino a posarsi sulla sua divisa. Izuminokami non si muove, sentendo il peso della testa dell’altro sulla spalla. Alza solo gli occhi verso le fronde, spiando il sole che fa capolino laddove i fiori di ciliegio più timidi non sono ancora sbocciati.

   
 
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