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Autore: MonicaX1974    31/01/2018    1 recensioni
Raccolta di storie brevi che parlano d'amore ispirate ad una canzone.
Potete trovare la raccolta completa su Wattpad, intitolata Decibel
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Vieni, abbattimi,
Seppelliscimi, seppelliscimi
Ho finito con te, con te, con te
Guardami negli occhi
Mi stai uccidendo, mi stai uccidendo
Tutto ciò che volevo eri tu.

The Kill

Thirty seconds to Mars

********************************

Mi guardo allo specchio.
Fatico ancora a riconoscermi.
L’immagine che lo specchio riflette, è solo una brutta copia di ciò che sono stato fino a poco tempo fa.
Il ragazzo dai capelli scuri e gli occhi chiari che vedo, è solo un estraneo, qualcuno che mi somiglia, che indossa i miei abiti e che ha preso il mio posto nella mia vita.
È così, da ormai troppo tempo, tanto che ho perso di vista ogni cosa che non riguardi lei.
Ho trascurato i miei amici, la mia famiglia, il mio lavoro, persino la mia corsa al parco, per ritrovarmi con un pugno di mosche in mano, e delle occhiaie che sembrano ormai far parte di quel viso stanco che stasera non riesco a smettere di fissare. Quello che dovrebbe essere il mio viso, che però sembra quello di uno che non ha più voglia di lottare, di uno che si è arreso, e serro di più la presa delle mani sul bordo del lavandino mentre guardo quegli occhi spenti dicendomi che è arrivato il momento di dire basta a tutto questo.
La telefonata di oggi pomeriggio di Nate, il mio migliore amico, è stata l’ultima di una lunga serie di telefonate che hanno avuto come unico scopo, quello di farmi tornare alla normalità, alla vita che ho dimenticato di vivere a causa della mia infondata convinzione che sarebbe stata lei, e lei soltanto il mio futuro.
Forza Danny… è arrivato il momento” dico mentalmente al mio riflesso.
Stacco le mani dal lavandino, vado in camera e infilo la prima camicia che mi capita in mano sopra la t-shirt nera che sto già indossando. Recupero un paio di jeans puliti, appuntandomi mentalmente che è ora di fare un paio di lavatrici se voglio continuare ad indossare abiti con cui posso stare in mezzo alle persone.
Afferro le chiavi della macchina, quelle di casa, cellulare e portafoglio, poi spengo tutte le luci ed esco. Scendo i pochi gradini che mi portano fino alla macchina parcheggiata in strada, infine salgo sistemandomi alla guida per poi mandare un messaggio a Nate, dicendogli che sto arrivando. Mi ha scritto poco fa, dicendo che lui e gli altri mi aspettano al nostro solito pub per ‘farmi uscire dal guscio’. Sorrido appena, alle parole che ha utilizzato, ma so che non sono del tutto sbagliate.
Questa serata di fine estate è strana.
È strano uscire di casa da solo. È strano non dover spostare dal lavandino tutti i suoi trucchi per cercare la spazzola. È strano ritrovare il sedile del passeggero vuoto. È strano sentire questo silenzio, e non la sua risata a riempire l’abitacolo. È strano prendermi del tempo per me, fare qualcosa solo per me, perché negli ultimi mesi ho vissuto solo per lei.
Arrivo al locale, parcheggio vicino all’entrata principale, ed entro, guardandomi intorno alla ricerca dei miei amici che però non vedo. Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e invio un messaggio.
 
Dove cazzo siete?
 
Sono sicuro di aver capito bene il luogo dell’appuntamento e anche l’orario, ed è decisamente strano che nessuno di loro sia passato a prendermi come hanno fatto ultimamente, e che non siano nemmeno già arrivati.
 
La vedi quella ragazza con i capelli lunghi e scuri
Occhi scuri
Dovrebbe indossare una camicia rossa
 
Alzo gli occhi con aria confusa dopo aver letto il suo messaggio, ed effettivamente c’è una ragazza che corrisponde perfettamente alla descrizione, seduta da sola ad un tavolo, mentre sorseggia birra.
 
Mi avete organizzato
Un cazzo di appuntamento al buio?
 
Sono arrabbiato, furioso. Nate e gli altri sanno perfettamente a che livello sia arrivata la mia avversione per il genere femminile in questo periodo, e loro che fanno? Me ne fanno trovare un esemplare con un’espressione che è il ritratto della felicità, senza neanche parlarne con me!
E, improvvisamente, flash del nostro primo incontro, scorrono veloci nella mia mente.
 
 «Dai Danny, ti vuoi muovere?» La voce di Nate arriva forte, nonostante sia dietro la porta del bagno che sto tenendo ben chiusa perché non ho assolutamente voglia di uscire stasera.
«Nate, lasciami in pace, sono ancora sfatto da ieri sera.» La festa di laurea di Tom è stata solo alcool e, nonostante siano passate più di ventiquattro ore, la nausea mi sta ancora distruggendo.
«Non ci penso nemmeno, vieni fuori di lì o vengo a prenderti personalmente.» Potrebbe essere capace di farlo, quindi mi decido ad aprire la porta e lui è lì, ad osservarmi con il suo sorriso compiaciuto. «Ora vestiti che andiamo… a meno che tu non voglia uscire con quell’asciugamano.» Gli mostro il dito medio con la peggiore espressione di disgusto che riesco a fare. «Ti aspetto di là. Hai tre minuti, dopodiché uscirai così come ti trovi.»
Mi vesto di malavoglia, lasciando l’asciugamano a caso sul letto. Esco dalla mia stanza con la faccia più scoglionata che riesco a fare, ma sembra che il mio metodo di dissuasione non abbia effetto.
Sono costretto ad uscire.
Arriviamo al pub dove troviamo le solite facce. Sarà la solita serata ed io avrei fatto meglio a restare a dormire. Ci facciamo strada tra le persone, ed arriviamo al tavolo dove ci sono già gli altri ad aspettarci e, quando sto per sedermi, tutto assume una luce diversa.
Tutto sembra molto più interessante, non appena i miei occhi si posano su di lei. Credo di non aver mai visto niente di più bello in vita mia. Non riesco a toglierle gli occhi di dosso, nemmeno quando Nate mi chiede qualcosa a cui non presto la minima attenzione, e nemmeno quando lei si accorge che la sto fissando.
Non ho fatto altro in quest’ultima mezz’ora che consumarla con lo sguardo. Se fossi capace di disegnare, sarei in grado di riprodurre ogni dettaglio del suo viso. Dal colore dei suoi capelli, alla forma degli occhi, passando per il modo in cui muove le sue labbra, con cui sorride, proprio come sta facendo adesso, e lo sta facendo nella mia direzione, ed io non posso più restare qui a guardare.
Istintivamente, mi alzo per andare da lei, ignorando i miei amici che continuano a chiedermi dove stia andando. Arrivo al suo tavolo, e ignoro ogni persona seduta con lei, guardandola dritto negli occhi facendole capire che per me c’è solo lei qui dentro.
«Ciao, io sono Daniel» le dico allungando una mano nella sua direzione. Lei sorride di più, poi afferra la mia mano, ed è in quel momento che sento come se una scarica elettrica mi avesse attraversato il corpo.
«April.»
Pronuncia solo il suo nome, ed io non riesco a lasciare la sua mano che continuo a stringere nella mia.
«Vieni con me» le dico senza nemmeno rendermene conto. Stringo un po’ di più la sua mano e, dopo un attimo di incertezza da parte sua, si alza e mi segue fino al bancone dove ci sediamo ordinando da bere.
In un attimo la nausea e la malavoglia di uscire sono scomparse, per lasciare spazio alla serata che mi ha cambiato la vita.
 
La vibrazione del mio cellulare che ho ancora in mano, mi riporta alla realtà.
 
Non te la devi mica sposare
Devi solo rilassarti e pensare a te stesso.
E divertiti una buona volta cazzo!
 
Un altro messaggio di Nate che osservo per qualche secondo per poi riportare lo sguardo su quella ragazza che sembra non voler smettere di sorridere, anche se è da sola.
 
Fottiti
Anzi no, fottetevi tutti quanti
 
So che ha ragione. Ho smesso di sorridere sinceramente da quando lei se n’è andata chiudendo la nostra storia come se avesse chiuso l’ultima pagina di un libro che ha finito di leggere, per riporlo da qualche parte in una libreria e dimenticarselo, lasciandolo lì a ricoprirsi di polvere. La stessa polvere che i miei amici continuano a dire che dovrei togliermi di dosso.
«Fanculo!» Mormoro a denti stretti per poi avvicinarmi al tavolo dove la ragazza con la camicia rossa è seduta.
«Ciao» le dico quando le sono praticamente davanti.
«Oh, ciao. Tu devi essere Danny!» Il suo sorriso si fa ancora più ampio e il tono gioioso della sua voce, mi porta spontaneamente a sorriderle.
Spontaneamente… ho sorriso spontaneamente.
«Sono io.»
 Prendo posto sulla sedia accanto a lei che sembra presa da un entusiasmo che non ho mai visto.
«Ciao io sono Josephine, ma preferisco Josie e dalla tua espressione deduco che non sapessi niente di questo appuntamento.» Mi guarda con aria divertita e di nuovo non posso evitare di sorridere.
«Già…» Romperò la faccia uno ad uno a quei pezzi di bravi ragazzi.
«Ascolta, non è un problema per me. Se vorresti essere da qualsiasi altra parte sulla faccia della terra, piuttosto che qui, tranquillo, possiamo anche salutarci.» Non lo dice con cattiveria, in qualche modo lo percepisco anche non conoscendola.
«Non importa…» Se me ne andassi ora, quegli stronzi dei miei amici me ne organizzerebbero un altro.
Cerco di sorridere, cerco di farlo sul serio, ma non è facile quando i ricordi prendono il sopravvento come stasera.
 
Non ho la minima idea di che ore siano. Fuori è ancora buio, anche se intravedo le prime luci dall’alba. È una delle rare mattine in cui mi sveglio presto, e ne conosco anche il motivo.
Lei sta dormendo qui, accanto a me, per la prima volta da quando ci siamo conosciuti e la sensazione di svegliarmi al suo fianco, supera di gran lunga le mie aspettative.
È distesa su un fianco, mi dà le spalle, ed io posso ammirare la sua schiena magnificamente nuda, ma non resisto alla tentazione, devo toccarla. Allungo una mano, sfioro la sua pelle candida, facendo scorrere le dita sulla linea delle spalle, avanti e indietro. Le prime luci del mattino entrano dalla finestra e la illuminano appena, rendendola ancora più bella.
Ho voglia di guardarla, di vedere il suo viso, i suoi occhi, di vedere di nuovo il suo sorriso, di sentire la sua voce, ed è per questo che la mia carezza leggera, diventa un po’ più insistente. Uso l’intera mano, facendola scorrere sul suo braccio. Inizia a muoversi, la sto svegliando, e non m’importa se è troppo presto, ho bisogno di guardarla negli occhi per avere la conferma che non sto sognando, che ieri sera abbiamo fatto l’amore per la prima volta e che lei ne è felice quanto lo sono io.
«Buongiorno» le sussurro piano all’orecchio.
Lei si volta lentamente verso di me. Sorride, ma tiene ancora gli occhi chiusi. «Ciao… che ore sono?» mi chiede stringendosi a me. Non riesco più a vedere il suo viso, che ora è sul mio petto, ma non importa, perché il contatto del suo corpo sul mio, è decisamente piacevole.
«Non lo so.» La sua mano scivola sul mio fianco, e la sensazione che provo è la stessa di ieri sera. Un piacere intenso, che non ho mai provato con nessun’altra.
«Possiamo restare così tutto il giorno?» Parla direttamente sulla mia pelle, e trovo incredibilmente sexy la sua voce assonnata.
«Possiamo restare così anche tutta la vita.»
 
Lo pensavo davvero. Ero certo che sarebbe durata per sempre. Ho combattuto per lei, come non ho mai fatto per nessun’altra.
«Danny mi stai ascoltando?» Stavolta è la voce di Josie a riportarmi alla realtà.
«A dire la verità no… scusa…» Mi succede spesso di estraniarmi dal mondo e affogare nei miei ricordi.
Non esco con una ragazza da tre mesi.
A dire la verità, non esco e basta. Da quando lei mi ha lasciato, ho messo la mia vita in stand by. L’ho fermata a quel giorno, in quella stanza d’albergo dove credevo avrebbe avuto luogo un nuovo inizio, quando in realtà, stava per arrivare la fine.
«Nate mi aveva detto che saresti stato piuttosto distratto.» Il sorriso di questa ragazza non si ferma solo alle sue labbra. Sorridono anche gli occhi, l’intero viso è illuminato dall’allegria che sembra fuoriuscire da ogni poro della sua pelle.
«Nate è un coglione… Com’è che lo conosci?» Josie sorride scuotendo la testa. Non risponde subito perché la ragazza che prende le ordinazioni è arrivata al nostro tavolo. Lo fa solo dopo che entrambi abbiamo posato i menù e la cameriera se n’è andata.
«Ci siamo conosciuti la settimana scorsa. Avresti dovuto esserci anche tu, ma Nate ha detto che hai dato buca all’ultimo momento.» Me lo ricordo. Il mio migliore amico aveva insistito per andare in un nuovo locale che avevano appena aperto, ma io ero troppo concentrato a crogiolarmi nel mio dolore e, dieci minuti prima di uscire, gli ho mandato un messaggio dicendogli che non sarei andato. «Quella sera abbiamo riso un sacco e, quando è stata ora di salutarci, Nate mi ha detto che conosceva un ragazzo talmente depresso che nemmeno un miracolo sarebbe riuscito a tirarlo fuori dalla sua tana. Così l’ho sfidato ed eccoci qui.» Sorride ed è irritante nella sua sincerità, ma chiara e trasparente nelle sue intenzioni.
«Così sarei oggetto di scommessa tra te e Nate?» Alzo un sopracciglio dimostrando incredulità per la sua affermazione, anche se sono quasi certo che il mio migliore amico sarebbe capace di qualsiasi stronzata pur di tirarmi fuori da casa mia, quella che lui ormai chiama tana.
«Sì, e anche un bell’oggetto aggiungerei. Il tuo amico mi aveva detto, cito testuali parole “non che sia più bello di me, ma non è male”, e per il mio modesto parere, sei decisamente meglio tu.» Questa ragazza mi spiazza, non so come comportarmi con lei, ma forse è solo perché sono diventato una sorta di eremita da qualche mese a questa parte e mi trovo in difficoltà per un semplice complimento.
E comunque ero più abituato a farli io i complimenti piuttosto che a riceverli.
 
Mi sento un idiota con questo completo, in giacca e cravatta. L’abbiamo comprato insieme un paio di giorni fa quando mi ha chiesto di andare a casa sua a conoscere i suoi. Sono sei mesi che stiamo insieme, le cose stanno andando in fretta, molto in fretta – non ho mai fatto niente del genere in vita mia – ma va bene perché io voglio lei e solo lei, e se andare a casa dei suoi genitori per presentarmi ufficialmente la rende felice, allora lo farò.
Esco di casa cercando di tenere più ferme possibili le mani quando mi metto al volante per raggiungere la mia destinazione. Una volta arrivato, scendo dall’auto che ora sfigura davanti a questa villa da almeno un milione di dollari, asciugo le mani sui pantaloni, porto le dita sul pulsante del campanello e suono, aspettando che si apra l’enorme porta in ferro battuto.
«Desidera?» mi chiede un uomo ingessato nel suo completo da pinguino che viene ad accogliermi.
«Buonasera sono Daniel Ross…» L’uomo non mi lascia terminare la frase.
«Prego signor Ross, si accomodi…» Si sposta lateralmente per farmi entrare ed io resto fermo a guardarmi intorno per un attimo. Ho quasi timore a calpestare l’enorme tappeto al centro dell’ingresso. Alla mia destra c’è una scala che porta al piano superiore, e ogni dettaglio di questo ingresso – grande quanto la metà di casa mia – è decisamente al di sopra delle mie possibilità. «…mi segua.» La voce del pinguino ingessato mi fa voltare verso di lui, e mi accompagna in quello che credo sia il salotto dove c’è lei, con i suoi genitori che mi stanno aspettando.
 
Ho fatto questo ed altre cose per lei, come passare serate con amici di cui non m’importava nulla, solo per farla contenta, ho provato con tutto me stesso ad essere qualcun altro, qualcuno con cui lei voleva stare, o forse, ad essere qualcuno di sua creazione, ma per quanto mi sia impegnato, non è bastato a mantenere in piedi quel rapporto che ormai era a senso unico.
«Sei un gran pezzo di ragazzo, ma sei una compagnia terribile!» Non credo sia veramente offesa. Il suo sorriso trasmette spensieratezza e, anche se il mio animo non è molto predisposto a sorridere, riesce a contagiarmi.
Sorrido.
Inaspettatamente.
«Gran pezzo di ragazzo non me l’aveva mai detto nessuno» le dico prendendo il bicchiere pieno di birra e alzandolo nella sua direzione. Lei prende il suo, lo avvicina al mio e aspetta che io continui a parlare. «A te.» Il tintinnio dei bicchieri è solo accennato, ma il sorriso non lo è affatto.
«E che sia l’ultima» mi ammonisce portandosi il bicchiere alle labbra per bere un gran sorso di birra.
«L’ultima cosa?» le chiedo non capendo a cosa si riferisca.
«L’ultima volta che vedo quell’espressione da zombie sulla tua faccia. Hai un bel sorriso… quando sorridi.» Bevo anch’io dal mio bicchiere perché non so cosa rispondere.
Non sorrido da tanto tempo, ha ragione.
 
Credevo che questo week end fuori città sarebbe stato diverso, credevo che le cose si sarebbero sistemate, ma mi sbagliavo. Lei è di là, sta facendo la doccia, da sola, cosa che succede ormai da tempo. Ormai fa quasi tutto da sola, ed è proprio per questo che avevo organizzato questo fine settimana, per riavvicinarci.
Sono quasi due mesi che non si lascia toccare, riesco a baciarla a malapena. Nate continua a dire che secondo lui ha un altro, ma io non posso crederci.
Non voglio crederci.
Speravo che in questi due giorni, l’amore che ci ha avvicinato in quest’ultimo anno di frequentazione, potesse essere sufficiente a farci ritrovare, che non mi sono sbagliato sul fatto di convivere, e nemmeno sul fatto di accontentarla ogni volta in cui mi chiedeva qualcosa, perché l’ho sempre fatto con il solo scopo di renderla felice, anche a costo di andare contro me stesso.
Mi sono seduto sul bordo del letto, aspettando che lei finisca, per tornare alla nostra routine fatta di falsi sorrisi, di falsi baci, di tutto falso, ed è proprio in questo preciso momento che ho deciso di mettere un freno a tutto questo, che voglio parlare chiaramente perché non posso più continuare a fingere.
Il rumore dell’acqua cessa, e comincia a salire l’agitazione in maniera vertiginosa. So che corro il rischio di perderla, e per me non è una soluzione possibile, ma davvero non posso più far credere ad entrambi che tutto mi stia bene.
La porta del bagno si apre, si è già rivestita. Sono mesi che non la vedo senza un vestito addosso, ma il mio cervello rifiuta categoricamente l’ipotesi che mi ha suggerito Nate.
«Dobbiamo parlare» le dico facendola voltare verso di me.
«Di cosa dobbiamo parlare Danny?» Sono talmente agitato che non riesco nemmeno ad interpretare il suo tono di voce.
«Del fatto che sono mesi che non facciamo l’amore, non mi guardi quasi in faccia. Pensavo fossi stressata, o stanca, o qualsiasi altra cazzata, ma è evidente che ci sia dell’altro. Perché non parli con me?» Ho anche creduto di aver fatto qualcosa di sbagliato, qualcosa che l’avesse offesa, o qualche altra stronzata, ma potrei sempre sistemare tutto se solo lei si confidasse con me. Lei, che resta in silenzio anche ora, con quell’aria inespressiva che ha da troppo tempo a questa parte. Mi alzo per andarle vicino, però, fa un passo indietro. Continua ad allontanarsi, metaforicamente e fisicamente. «Ti prego…» La supplico, ormai non so cos’altro fare.
«Sono andata a letto con Joe.»
 
Se mi avessero sparato in faccia, avrei sentito meno dolore.
Joe è sempre stato uno dei miei amici più cari. Siamo cresciuti insieme, abbiamo frequentato le stesse scuole, siamo stati molto legati, ma in quel momento avrei solo voluto che sparisse dalla faccia della terra, ingoiato, insieme a lei da un enorme buco nero.
Quando me l’ha confessato – così, come se fosse niente – non sapevo se stavo per scoppiare a riderle in faccia, o se stavo per svenire lungo disteso sul pavimento. È stato uno di quei momenti in cui non capisci se stai vivendo in un incubo o se è la peggiore delle realtà, ma mi sono ben presto reso conto che mi aveva appena confessato la verità. Ha iniziato a sistemare le sue cose nella valigia, senza aggiungere altro, ed io non ho avuto la forza di fermarla. È uscita da quella stanza d’albergo, e non l’ho più vista.
So che il mio rapporto con lei non era sano, ma era tutto ciò che avevo. Ho lottato per lei, ho pianto, ho riso con lei, mi sono umiliato e sono andato contro me stesso. Tutto per lei, e ora, anche se non so come farò, so che devo rialzarmi dalle ceneri in cui sono sprofondato mesi fa.
«La prossima volta decido io dove andare.» Il sorriso furbo di Josie è come un balsamo per la mia anima indurita.
«Prossima volta?» le chiedo con aria interrogativa.
Ha ragione quando dice che sono una pessima compagnia, non capisco quindi il motivo per cui stia parlando di una prossima volta.
«Certo, ho tutta l’intenzione di vincere la scommessa con il tuo amico.» Sorrido scuotendo la testa mentre mi porto di nuovo alla bocca il bicchiere.
Non lo so se ci sarà davvero una prossima volta, non so nemmeno cosa farò domani mattina, ma una cosa la so. Non ho più alcuna intenzione di lasciarmi abbattere. Ora so che è davvero finita, ho finito con lei e, anche se era tutto ciò che volevo, non avrà più alcun potere su di me. Non sono mai scappato da niente, e non lo farò nemmeno ora. Non scapperò davanti alla mia vita e alla possibilità di essere di nuovo felice.
Non so se sarà Josie o qualcun’altra, ma sono certo che ho voglia di sorridere di nuovo.


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SPAZIO ME

Storia nata da "The Kill" dei Thirty seconds to Mars.

Inizialmente avevo in mente altro, ma quando ho iniziato a scrivere è stato come se
Danny si fosse raccontato da solo, come se lui stesso mi avesse detto cosa fare.

Eeeee niente, grazie per essere qui, e buona lettura.


 
   
 
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