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Autore: Ladyhawke83    31/01/2018    3 recensioni
Eccomi qua con una nuova, breve OS, che parla dell'infanzia di Nak'ell e del rapporto fra i suoi genitori: Isabeau e Vargas.
Questa storia è nata male, l'ho dovuta riscrivere due volte, a causa di salvataggi errati.
Spero comunque vi piaccia.
Buona Lettura.
A presto
Ladyhawke83
Genere: Fantasy, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The magician's promise'
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Taglio netto - Clean Cut
 

“Non potete lasciare questa cosa impunita!” Gridò Isabeau, mentre camminava nervosamente avanti e indietro per la piccola stanza del dormitorio in cui alloggiava, in attesa di riprendere le lezioni in Academia.

“Ma non posso fare molto, sono pur sempre bambini, e non hanno usato la magia, né infranto le regole…” le rispose rassegnato Vargas, mentre cercava di capire quale fosse la cosa migliore da dire.

In quel momento avrebbe preferito affrontare un basilisco affamato, piuttosto che aver a che fare con Isabeau e la sua rabbia.

“È di vostro figlio che stiamo parlando, è a Nak’ell che è successa questa cosa! Possibile che vi lasci indifferente? Lo hanno colpito per la sua “diversità”, e credo sia ingiusto e orribile come comportamento” Disse lei gesticolando, sull’orlo di una crisi di nervi. La donna non sopportava la calma, e l’indifferenza ostentata dal mezzelfo che aveva di fronte.

“Certo che mi dispiace, ma proprio perché sono suo padre, nonché l’Arcimago, nom posso fare molto, altrimenti sembrerebbe un comportamento di favore e il bambino si attirerebbe ancora più cattiverie” Sottolineò il mago, mentre con la coda dell’occhio sbirciò il giaciglio di Isabeau, perfettamente rassettato ed in ordine, rammentandosi di come, solo due settimane prima, su quello stesso letto lui è lei, avevano fatto l’amore, silenziosamente, come due clandestini, con la paura addosso e l’eccitazione d’esser scoperti.

Sospirò alzando gli occhi al cielo, quando si rese conto che Isabeau lo stava fissando in attesa di una risposta più soddisfacente della precedente, e Vargas dovette, suo malgrado, scacciare via quei dolci e sensuali pensieri, di mani, di corpi, di gemiti e sussulti.

Non era certo il momento di lasciarsi andare a certe debolezze.

“Anche io sono stato preso di mira, da piccolo, perché ero un Adanedhel, un mezzuomo. La cosa ai miei compagni figli di Alti Elfi, eredi di sangue puro, suggeriva un sacco di modi per umiliarmi e deridermi, ed io dovevo sopportare”. Le confessò lui, anche se lei sembrò non cogliere appieno il significato delle sue parole.

“Questo per dirvi che capisco bene come si sente Nak’ell, ma non posso punire i colpevoli perché in fondo lui avrebbe potuto difendersi in qualche modo...”. Le parole del mago non erano troppo convinte.

“Non avrebbe potuto, Nak’ell è un druido, e i druidi non feriscono mai per primi, se non per gravi motivi. Questo è ciò che gli ho insegnato...” Ammise lei, sentendosi colpevole di aver privato il figlio di qualcosa di necessario.

“E questo è lodevole da parte vostra. Come vi ho già detto non posso fare molto, ma vi prometto che parlerò a Nak’ell e rimetterò in riga quei tre ragazzini dispettosi, ora devo andare… ”. Vargas si congedò da Isabeau in tutta fretta, e lei sentì i suoi passi svelti mentre si allontanava, accompagnato dal tintinnio della scarsella che risuonava lungo tutto il corridoio del dormitorio.

 

Nak’ell se ne stava nell’angolo più remoto e solitario del chiostro, seduto su un muretto, con una gamba a penzoloni, semi nascosto da una colonna di pietra rosata. Il piccolo mezzelfo era intento a togliersi nervosamente le foglie e il fieno dai capelli tutti impiastricciati di resina e inchiostro.

Con un moto di stizza, lanciò una foglia lontano e al tremore della manina, seguirono calde lacrime e singhiozzi, che tentò di scacciare via, non appena vide avvicinarsi l’alta figura dell’Arcimago, suo padre, ammantata di blu scuro e oro.

“Nak Uruite Vargas! Dove credi di andare?” Lo chiamò lui, mentre il bambino cercava di darsi alla fuga, per non affrontare la ramanzina del padre.

“Da nessuna parte... Signore” rispose il piccolo, dando le spalle al mago.

“Non ho intenzioni di sgridarti, perciò vieni qui, fatti vedere...” Lo rassicurò il padre, facendogli segno di sedersi accanto a lui. 

“Chi ti ha combinato così?” Chiese l’adulto inginocchiandosi per essere alla stessa altezza del bambino.

“Nessuno...” mentì Nak’ell, ma a Vargas non sfuggì la lacrima che scivolò sulla sua guancia mentre lo diceva.

L’Arcimago provò un moto di rabbia e di dolore, nel vedere il figlio di solo sei anni, preso di mira così, e capì la collera di Isabeau. Lui, invece, non aveva idea che fossero arrivati così tanto in basso con i dispetti e le umiliazioni i piccoli  compagni dalle orecchie appuntite, nei confronti di Nak’ell. 

“È successo anche a me, tanti anni fa’, sai?” Confessò Vargas, attirando l’attenzione del bambino.

“Davvero?” Gli occhi verde smeraldo di Nak’ell lo guardarono increduli. Il piccolo druido mezzelfo non riusciva a credere che quel mago tanto forte e distaccato, così autoritario nella sua veste scura da Arcimago, potesse aver subito dei torti da piccolo.

“Davvero, e sai cosa ho capito?” Continuò Vargas, togliendo un filo d’erba secca e appiccicosa dalla fronte del figlio, il bambino fece segno di no con la testa.

“Che persone come quelle bisogna batterle con l’astuzia e l’ingegno, solo così smetteranno di infastidirti, devono imparare a rispettarti, e io ti lo posso insegnare come fare”. Disse deciso Vargas mentre metteva le mani sulle esili spalle del figlio.

“Adesso vieni, prima dobbiamo sistemare quello che resta dei tuoi capelli…” il mago alluse al fatto che, non solo quei piccoli elfi dispettosi avevano ricoperto i capelli di Nak’ell di schifezze, ma glieli avevano anche tagliati di netto con un coltello, così che ora il piccolo druido, al posto della chioma nera, liscia e fluente, si ritrovava in testa una zazzera informe, macchiata di inchiostro e resina, piena di pagliuzze prurigginose, che era più simile ad un nido di chiurlo che a una testa ordinata e pettinata.

“Non piangere… vedrai, ricresceranno più belli di prima…” gli sussurrò Vargas mentre con una mano lo spingeva dolcemente verso il lavatoio, per aiutarlo a levarsi via tutto lo sporco di dosso.

Per un attimo l’Arcimago pensò che forse doveva esserci sua madre lì con Nak’ell, poi si disse che lui era suo padre, dopotutto, e quale persona meglio di lui, poteva sapere come comportarsi con certi soggetti viziati e violenti, all’interno dell’Academia?

 

Passarono alcune ore, la maggior parte delle quasi Isabeau trascorse in biblioteca per studiare, senza combinare poi molto, avendo sempre il pensiero rivolto al piccolo Nak’ell e a tutta quella sgradevole situazione.

La druida si rendeva perfettamente conto di non essere ben voluta all’interno del circolo dei maghi dell’Academia. Molti di loro la guardavano con sospetto, intuendo anche il suo coinvolgimento emotivo con l’Arcimago Simenon Vargas, cosa peraltro tenuta ben nascosta da entrambi e smentita in pubblico, dal mago in persona. Di tutto ciò quello che Isabeau proprio non sopportava era l’atteggiamento ostile e denigratorio verso suo figlio che, per quanto dotato e intelligente fosse, era pur sempre ancora  bambino.

Quando si vide venire incontro il figlioletto, per poco non le venne un colpo.

“Amore! I tuoi capelli… sono così corti” disse scuotendo la testa mentre passava la mano tra quello che restava della folta chioma scura di Nak’ell.

Le sottili ciocche nere, pulite e sistemate, ora, a sufficienza coprivano le orecchie, mentre prima cadevano lungo tutta la schiena. 

“Un taglio netto” pensò Isabeau, un po' dispiaciuta per il figlio, il quale però non sembrava più tanto disperato come lo aveva trovato quella stessa mattina, anzi negli occhi aveva un certo ardore.

“L’Arcimago dice che ricresceranno, e comunque ora so cosa fare. Barbara e Gaia mi aspettano, posso restare da loro a dormire?” Chiese il mezzelfo tutto agitato.

“Certo amore. Ci vediamo domani mattina, prima delle lezioni. Non fate disperare Barbara voi due!” Lo ammonì la madre che già sapeva cosa combinavano quei due, la piccola Gaia e Nak’ell, quando erano insieme.

“Faremo i bravi… buonanotte mamma!” Giurò il bambino, incrociando le dita di nascosto, mentre salutava la madre con un timido bacio sulla guancia.

“Quel bambino mi farà venire tutti i capelli bianchi!” Si disse ad alta voce Isabeau, quando ebbe raggiunto la propria stanza. La druida sfinita fece per lasciarsi cadere sul giaciglio, quando intravide una sagoma nell’ombra che la fece sussultare.

“Scusami tesoro, non volevo spaventarti. Avrei usato anche l’ingresso principale, ma sai qui gli stregoni non sono graditi…” Si scusò l’elfo, uscendo dalla penombra.

“Callisto, sei un idiota! Mi hai fatto prendere un accidente!” Lo sgridò lei, fingendo di colpirlo con un pugno.

“Scusa, scusa…” Lo stregone alzò le mani in segno di resa, sorridendo.

“Come mai sei qui, e soprattutto, non potresti smetterla di passar dalla finestra?” Chiese lei, infastidita da quella sua intromissione nei propri spazi, desiderosa solo di dormire per lasciarsi alle spalle quella giornata storta.

“Ecco, come ti dicevo prima, non che mi stendano il tappeto di fiori qui, quando mi vedono arrivare… Comunque sia, ti ho portato questo” Callisto porse ad Isabeau un libro sottile, avvolto in un panno  color azzurro slavato.

“Questo è per il ragazzino…” sottolineò serio “E non vale sbirciare!”. Le disse serio, bloccandole le mani che già stavano frugando tra le pieghe del tessuto spesso.

“Grazie, non so cosa sia, ma sono sicura che Nak’ell ne sarà felice. Non ha avuto una grande giornata oggi…”. Isabeau si passò una mano fra i capelli, sospirando.

Proprio in quel momento irruppe nella stanza l’alta figura di Vargas, circondata da un’aura scura, ed uno sguardo ostile che il mezzelfo puntò direttamente verso l’elfo dai capelli bianco-azzurri, che se ne stava tranquillo lì accanto alla druida, senza scomporsi minimamente alla presenza dell’altro.

“Vi ho interrotti per caso?” Commentò il mezzelfo con sarcasmo.

“Tranquillo mezzorecchie, stavo giusto andando via… Ma dovresti scegliere meglio gli incantesimi di protezione dell’Academia, è molto facile eluderli, direi quasi divertente…”. Lo provocò lo stregone, fin troppo altezzoso.

“Sparisci dalla mia vista, insolente che non sei altro, se non vuoi che ti incenerisca, o che ti faccia arrestare per aver infranto i sigilli magici della scuola. Anche se, in questo momento, propendo per la prima ipotesi” Disse il mago, con gli occhi ridotti a due fessure, e scintille di fuoco nella mano sinistra.

“Ehi, ehi, non ti scaldare… me ne vado, me ne vado! A presto tesoro…” Callisto con un sorriso sornione, poco prima di balzare giù dalla finestra di Isabeau, le sfiorò le labbra con le dita, in un gesto eloquente.

“Cosa voleva?” Ruggì Vargas, con voce bassa.

Lei non rispose subito al mezzelfo, se ne stava lì a fissarlo, con il libriccino in mano e un’espressione sorpresa ed emozionata sulla faccia.

“I vostri capelli…” disse piano, quasi sussurrando, mentre un leggero rossore le colorò le guance, facendo risaltare anche le piccole efelidi che aveva sul viso.

“Ero adirata con voi, per aver conciato Nak’ell in quel modo, ma non credevo vi sareste accorciato i capelli anche voi…” Isabeau lo guardò perplessa, ma con segreta ammirazione.

“Sono solo capelli, in fondo, non mi è costato granché… Volevo far capire a Nak’ell di non abbattersi e di non farsi intimidire da sciocche cattiverie. Insomma, che lo appoggio, anche se non posso intervenire apertamente”. Vargas sembrò sincero, tanto che la druida pensò che il mezzelfo avrebbe potuto pian piano riscattarsi come padre, dopotutto.

“Come mai siete arrossita? E perché quel becero mezzodrago era nelle vostre stanze?” Chiese Vargas, insistendo per avere da lei una risposta immediata.

“Callisto ha portato un regalo per Nak’ell… tutto qui…”. Isabeau sentì la bocca impastata mentre mostrava il pacchetto al mago, cercando di non intercettare il suo sguardo.

Vargas le si avvicinò accarezzandole i capelli, e togliendole il libro dalle mani.

“Capisco, ma avete risposto solo alla seconda domanda…” puntualizzò lui, malizioso, sapendo perfettamente dove portare il discorso.

“Sono io a mettervi a disagio? Ditemelo e io me ne andrò subito…”. Il mezzelfo avvicinò il proprio viso a quello della druida, tanto che i loro respiri si scontrarono, disperdendosi in caldi sbuffi, l’uno sull’altro.

“Allora? Avete perso la lingua?” Incalzò il mago, sorridendo, mentre percepiva il battito del cuore di lei accelerare.

“No… cioè… siete identico a quella sera”. Isabeau incespicò sulle parole, mentre l’intero corpo di Vargas fremeva per varcare la soglia dello spazio vitale di lei, e la confondeva con la propria vicinanza.

“E questa cosa vi dispiace?” Continuò, senza pietà il mezzelfo, sapendo perfettamente l’effetto che suoi capelli tagliati corti, facevano su di lei.

“No… ma potreste smettere di torturarmi, baciandomi e basta?” Si fece coraggio lei, ricordandosi che non era più la ragazza di otto anni prima, una druida intimorita, che era stata ammaliata da un mago, in quella loro prima notte. 

Ora era una donna adulta e consapevole, e lui era soltanto un mezzelfo, il suo bellissimo mezzelfo.

“Ai vostri ordini, Mia Signora...” Rispose lui infilando una mano tra le soffici onde dorate di lei e inclinando lievemente il viso per fare aderire le loro labbra.

A quel primo bacio caldo e languido, ne seguirono molti altri, quella sera, in quella minuscola stanza, trasformata in un’alcova, finché nell’aria non risuonarono solo dolci sussurri, gemiti e passione trattenuta già fin troppo a lungo.

Ai piedi dei due amanti, dimenticato, stava il regalo per il piccolo Nak’ell, sulla copertina, ormai non più celata dal tessuto, svettava il titolo in caratteri semplici, grandi, ma finemente decorati: “Il mio primo Alphabetiere. Creature magiche, rare e spaventose”.

   
 
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