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Autore: you are my sunshine    01/02/2018    0 recensioni
Morgan Brown ha ventotto anni, vive una vita tranquilla e monotona con Bill, a Londra.
Non torna a Livingston,Montana USA, il suo paese natale, da quando ne aveva venti.
Il motivo, ha un nome e un cognome: Tristan Parker.
Quando però suo padre ha un incidente, Morgan è costretta a tornare, rivivendo così ricordi che pensava di aver rimosso dalla sua mente, tra le persone a lei care e luoghi indimenticabili.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Morgan sorseggiava distrattamente una tazza di caffè, guardandosi intorno. Il locale era pieno per metà, la musica dolce del pianoforte accompagnava le chiacchiere dei turisti che si erano rifugiati in quel piccolo bar in centro Londra, cercando di sfuggire alla pioggia incessante che si abbatteva sulla città dalla sera precedente. La cameriera passava tra i tavoli servendo caffè nelle tazze vuote, ricevendo sorrisi di gratitudine da parte dei clienti. Una seconda cameriera, con i capelli completamente scompigliati di un rosso scuro, passava con espressione arrabbiata uno straccio sul pavimento bagnato, guardando malamente chi camminava sopra la parte appena pulita. Non poteva biasimarla, in effetti stava svolgendo quel lavoro da quando era arrivata, un ora prima. Posata sul tavolino la tazza di caffè ormai vuota, Morgan si portò le mani al viso lentigginoso, massaggiandosi le tempie. Non aveva dormito. Il turno in ospedale era durato 24ore in più del previsto, e la stanchezza si stava facendo sentire. Per di più, i suoi capelli erano un disastro, sporchi e arruffati, sistemati in una crocchia fatta di fretta quando era uscita dall'ospedale. Nonostante la stanchezza, però non era subito tornata a casa. Bill era nell'appartamento, a quell'ora, e lei voleva evitare di vederlo almeno fino a quando le acque non si fossero calmate, il che dubitava sarebbe avvenuto presto. Tuttavia, prima o poi sarebbe dovuta tornare. Dopo aver rifiutato gentilmente altro caffè dalla cameriera mora, Morgan si alzò dalla sedia, recuperando la borsa e il borsone, in cui aveva infilato le divise verde acqua ormai sporche. Per fortuna, l'indomani avrebbe avuto il giorno libero. Prescott, il responsabile di pediatria, aveva apprezzato il fatto che lei fosse rimasta così tante ore in più per aiutarlo, così che aveva informato il capo di tale generosità, ed era stata ricompensata. Dopo aver pagato lasciando anche una piccola mancia, Morgan si immerse nel traffico delle strade londinesi, saltando pozzanghere e stringendosi nel suo piumino scuro, cercando di non bagnarsi più di quanto non avesse già fatto. La pioggia non era ancora cessata, e non sembrava neanche voler diminuire. Accellerando il passo salì sul primo autobus diretto ad Hackney Downs, sospirando di sollievo quando senti il calore del mezzo. Le luci dei negozi illuminavano la sera scura, e Morgan si chiese se una qualche luce avrebbe illuminato anche l'oscurità dentro di lei.
 
Bill non era esattamente il genere di uomo che ti prestava molte attenzioni. Sempre scrupoloso e dedito al lavoro, erano rare le volte in cui le proponeva una cena galante, o una semplice uscita durante una sera della settimana. Le uscite, le poche, erano fissate per il sabato, mentre il venerdì -di cui ormai Morgan aveva fatto tesoro come unica sera per il suo svago-, era per gli amici del football dei tempi della scuola. Si riunivano in un qualche bar a parlare- o meglio sparlare- delle rispettive fidanzate, e Morgan lo sapeva bene perchè una sera a Bill era partita una chiamata e aveva ascoltato un bel pezzo di conversazione. Oltre a quello, Morgan poteva sospettare cosa facessero fino alle 3 di notte, ma nonostante tutto, non le importava. Una certa rassegnazione l'aveva invasa, e si chiese come aveva fatto a ridursi in quel modo. Aveva 28 anni, era una bella ragazza-certo si era lasciata un po' andare per colpa del lavoro e del poco tempo a disposizione-, ed era anche molto intelligente e simpatica, eppure, era stata talmente tanto stupida da imbattersi in quella situazione. Bill era....Bill. Non c'erano altre parole per descriverlo. Era un agente immobiliare-che non è che fosse poi questo super lavoro-, ma a Morgan era subito piaciuto, con i suoi vestiti alla moda, il sorriso malizioso e la battuta sempre pronta. Stavano insieme da cinque anni e convivevano da quattro, eppure Morgan giorno dopo giorno, nonostante gli anni, scopriva cose di Bill che la lasciavano esterefatta. Se nel primo periodo ci faceva caso, adesso lo ignorava bellamente. Imboccando la via di casa, Morgan potè vedere la luce della cucina accesa. Accellerò il passo, togliendosi le scarpe prima di fare il suo ingresso in casa. Un leggero tepore la inondò, iniziando a riscaldarle le guance e il naso freddo. 
<< Sono a casa >>urlò, appendendo il piumino umido all'attaccapanni accanto alla porta, permettendosi finalmente di guardarsi allo specchio: due profonde occhiaie scure le incorniciavano gli occhi nocciola, le labbra secche erano piene di taglietti dovuti al freddo invernale, per non parlare dei capelli. Rassegnata, avanzò verso il corridoio, trovando il suo fidanzato semi sdraiato sul divano, con un bicchiere di vino rosso in mano, intento a guardare un episodio di Breaking Bad, su Netflix. Il salotto era stranamente in ordine, e ringraziò mentalmente la donna delle pulizie per essere passata nonostante il brutto tempo.
<< Ciao >> disse ancora, mettendosi accanto al divano. Bill alzò gli occhi grigi su di lei, alzando poi un sopracciglio biondo. Le ricordava molto Draco Malfoy. Il paragone la fece sorridere leggermente. Da grande fan di Harry Potter qual era, doveva ammettere che il fatto che Bill avesse qualche somiglianza con la sua cotta adolescenziale, l'aveva aiutata ad innamorarsi più in fretta.
<< Hai un aspetto orribile >>
Ovviamente il Draco Malfoy oggetto dei suoi sogni da ragazzina non le avrebbe mai detto una cosa del genere.
 Serrò la mascella, evitando di rispondergli. Scosse la testa nevosa, avanzando verso la camera da letto, togliendosi i jeans bagnati e la camicia bianca, prendendo dall'armadio un comodo pantalone della tuta e un maglioncino multicolor. Bill lo odiava.
Ricordandosi di un particolare che avrebbe potuto rallegrarle la serata, Morgan si sporse sul corridoio, ascoltando il professor Walter White parlare con la sua voce sensuale.
<< E' venerdì sera, non esci con i tuoi amici? >> gli urlò, chiudendosi in bagno.
Lo sentì borbottare qualcosa, ma non capendo, fece finta di nulla. Aprì il getto d'acqua della doccia, togliendosi gli ultimi indumenti rimasti e infilandosi dentro. Si permise di sospirare, sfinita dalle ultime ore.
Oltretutto, l'idea che Bill non uscisse -il che comportava passare la serata insieme e affrontare l'ennesima questione-o meglio discussione- con il suo fidanzato le metteva il nervoso. Tutto era partito con una domanda innocente da parte di Morgan, la settimana prima. In ospedale, durante la pausa pranzo, lei e Katie, un infermiera della terapia intensiva, si erano ritrovate nel bar dell'ospedale, parlando del più e del meno. Erano diventate amiche quando Morgan aveva iniziato a lavorare come specializzanda, e la loro amicizia era cresciuta giorno in giorno. Katie, che era sposata da un paio di anni, le aveva confidato che quell'anno lei e il marito sarebbero andati in crociera, proponendole esaltata di chiedere a Bill di andare con loro,promettendole che si sarebbero divertite un mondo tra le spiagge delle Hawaii. Morgan aveva annuito entusiasta, perchè lei era sicura che si sarebbe divertita insieme all'amica e al buffo marito, sapendo comunque quale sarebbe stata la risposta di Bill. Infatti, non appena aveva aperto la questione, Bill aveva iniziato uno sproloquio su quanto fosse necessario risparmiare e non spendere soldi per quelle cazzate, quando sarebbero potuti andare in vacanza dai genitori di lui, ad Oxford. Morgan, per quando adorasse l'Inghilterra e i suoi suoceri, non ne poteva più di trascorrere le sue uniche settimane di ferie con loro, a giocare a scacchi e andare alle feste di paese. Aveva 28 anni, voleva ancora divertirsi! Alla fine, come si era aspettata, Bill si era arrabbiato, accusandola di essere un ingrata, e che non meritava l'affetto che i suoi genitori provavano per lei. 
Strinse le labbra, innervosita dai ricordi di quel litigio. Si insaponò per la quarta volta le braccia, fregando rabbiosamente. Maledetto Bill.
Un leggero bussare alla porta interruppe i suoi pensieri.
<< Morgan c'è tua madre al telefono, è urgente >>
<< Dille che la richiamo tra cinque minuti >> urlò, spegnendo il getto dell'acqua e avvolgendosi nell'accappatoio bambino rosa che aveva comprato il weekend scorso.
Si avvolse i capelli in un asciugamano, asciugandosi lentamente e infilandosi i vestiti caldi.
Quando uscì dal bagno, Morgan trovò Bill seduto al tavolo della cucina, una sigaretta alle labbra e il telefono di casa davanti a se.
<< Bill quante volte ti ho detto che non devi... >>
<< Chiama tua madre >> la interruppe lui, aspirando dalla sigaretta e buttando fuori il fumo. Le si strinse per un attimo il cuore, sentendo il tono che aveva usato. Continuando a guardarlo in cerca di spiegazioni, Morgan afferrò il telefono, sedendosi sulla sedua libera accanto a quella del fidanzato. Rispose dopo pochi squilli, e la prima cosa che Morgan sentì, furono le lacrime di sua madre.
  
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