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Autore: Shanley    01/02/2018    23 recensioni
In questa one-shot racconterò un incubo fatto da Vegeta dopo la disfatta di Majin Buu. I sensi di colpa per aver risvegliato la malvagia creatura lo tormentano ancora impedendogli di fare sonni tranquilli.
Buona lettura!!!
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incubo dell’anima
 
 
Erano ormai passati due mesi dalla sconfitta definitiva di Majin Buu, la creatura più malvagia e potente che avessero mai dovuto affrontare e che erano riusciti a sconfiggere per un soffio dopo che il mostro rosa aveva già sterminato tutti gli abitanti della Terra senza mostrare alcuna pietà. Nei cuori dei guerrieri Z, albergava ancora l’angoscia e la paura che la rinascita di Majin Buu aveva insinuato nelle loro anime. Erano stati uccisi, mangiati o assorbiti, e ognuno di loro sentiva ancora il disagio che quell’orribile situazione li aveva costretti a vivere. Non faceva eccezione nemmeno il piccolo Trunks. Il bambino, forse troppo giovane per riuscire ad affrontare una situazione del genere, era tormentato dagli incubi e ormai sempre più spesso si svegliava in lacrime durante la notte, correndo a rifugiarsi nel lettone dei genitori dove riusciva ad addormentarsi solo dopo essere stato stretto dalle braccia protettive di sua madre. Quella sera era successo proprio quello. Il piccolo Trunks si era svegliato gridando e pochi istanti dopo si era fiondato ancora in lacrime nella stanza dei genitori e si era addormentato soltanto dopo le numerose rassicurazioni di Bulma sul fatto che andasse tutto bene e che non ci fosse più nulla da temere dalla creatura di Babidi. Vegeta dal canto suo non era molto d’aiuto in quella situazione. Non era mai stato bravo a rassicurare gli altri e, onestamente, non aveva mai dovuto farlo. Era felice quindi che fosse Bulma a gestire la cosa. Non aveva nemmeno avuto il coraggio di sgridare Trunks per quegli insensati piagnistei notturni. In circostanze normali gli avrebbe detto che i sayan non piangono e specialmente lui, che era il figlio del principe dei sayan non doveva mai farsi vedere in sciocchi atteggiamenti da femmine. Ma quella situazione era molto diversa. Il piccolo aveva perso prima suo padre e poi sua madre nel giro di pochi giorni trovandosi orfano e in compagnia soltanto di un altro moccioso e di un inutile namecciano, con il peso dell’intero universo sulle spalle a dover sconfiggere quell’immonda creatura, e la colpa era soltanto sua.
Vegeta sospirò esausto spostando lo sguardo su moglie e figlio abbracciati come se solo quel contatto potesse salvaguardarli dal non crollare. E guardando i loro volti non del tutto sereni, Vegeta non poté non rimproverarsi ancora pensando che fosse stata tutta colpa del suo stupido orgoglio e della sua smania di dimostrare di essere migliore di Kakaroth ad aver dato nuova vita a Majin Buu e portato l’universo sull’orlo della fine. Chiuse gli occhi cercando invano di dormire. Non fu facile per lui lasciarsi andare. I sensi di colpa continuavano a tormentarlo ma ad un certo punto, senza sapere quando fosse accaduto, Morfeo era arrivato e lo aveva cullato nel mondo dell’incoscienza, anche se poi, man mano che il sogno che gli era stato concesso avrebbe mostrato la sua trama contorta, il principe si sarebbe reso conto di essere finito nella rete di Fobetore, il padre degli incubi.*
 
Vegeta aprì gli occhi. Gli era sembrato di aver dormito appena pochi minuti da quanto si sentiva stanco invece il sole era già alto nel cielo e quindi lui aveva decisamente dormito troppo. Spostò lo sguardo alla sua sinistra e con un tuffo al cuore vide che non c’era più nessuno nel letto con lui. Si mise seduto col cuore in gola. Uno strano presentimento si insinuò mellifluo nel suo cuore portando sgomento nella sua anima. Perché Bulma e Trunks non erano lì? Perché non lo avevano svegliato? Balzò in piedi constatando con crescente fastidio di non essere in piena forma. Non era in grado di muovere il suo corpo come invece avrebbe voluto e ciò non fece altro che accentuare il senso di disagio che aveva provato dallo stesso istante in cui aveva aperto gli occhi. Col cuore in gola si fiondò in ogni stanza della casa alla ricerca della sua famiglia che sembrava scomparsa nel nulla. Sentiva le gambe pesanti e faceva fatica a muoversi ma non si arrese continuando la sua sfrenata ricerca in ogni angolo della grande abitazione. Dopo parecchi minuti di incessante ricerca, Vegeta capì che non c’era nessuno in casa con lui. Era solo. Deciso a trovare la sua famiglia, nonostante non ne percepisse nemmeno l’aura, il sayan si precipitò all’ingresso e spalancata la porta il suo cuore perse un battito. All’esterno, un portale oscuro era apparso nel grande giardino della Capsule Corporation e, Vegeta lo sapeva, aspettava solo che lui vi entrasse. Il ricordo della sua visita, anche se breve, nel corpo di Majin Buu gli provocò un brivido lungo tutto il corpo e lo fece tentennare appena. Strinse i denti. Lui era il fiero principe dei sayan e non aveva paura di nulla! Deciso a porre la parola fine a quella assurda follia, Vegeta si avvicinò al portale oscuro che emanava all’esterno così tanta negatività che il sayan temette di venir sopraffatto. Strinse i pugni così forte da far sbiancare le nocche. La sua famiglia era lì dentro. Percepiva distintamente la loro presenza in quell’inferno di tenebra. Deglutì. Non aveva scelta. Doveva entrare. Senza pensarci troppo saltò all’interno di quell’oscurità sapendo che solo lui, in qualche modo, avrebbe potuto salvare le due persone più importanti della sua vita.
Tap… tap… tap… Vegeta camminava in quel mondo di tenebra senza sapere dove andare con il solo rumore dei suoi passi a fagli compagnia. Il senso di angoscia che gli attanagliava le viscere da quando si era svegliato da solo nel suo letto, lo lasciava in un costante stato di allerta che il principe non riusciva a comprendere del tutto. Quel luogo privo di qualsiasi cosa lo faceva sentire solo e vulnerabile, intaccando la sicurezza che da sempre lo aveva caratterizzato. Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, che gli facesse capire dove fossero finiti Bulma e Trunks, ma nulla a parte l’oscurità più assoluta erano in grado di scorgere i suoi occhi. Qualcosa spezzò quel silenzio assordante che albergava in quel luogo infernale. Un rumore ritmico e costante. Assomigliava quasi al rumore dell’acqua che si infrange su qualcosa. Senza conoscerne il motivo, il principe dei sayan ne fu attratto e mosso dall’inconscio, decise di seguire quel suono sempre più insistente. Camminava con fatica, ogni passo un’agonia ma nonostante si sforzasse non riusciva ad aumentare il ritmo dei suoi passi. Sentiva le gambe goffe e pesanti e il tormento crescere ogni istante di più nel suo cuore. La permanenza in quel luogo oscuro diventava passo dopo passo un’agonia sempre più grande. Il levarsi di una voce spezzò il pesante silenzio che albergava in quel luogo misterioso. Una voce che al solo udirla Vegeta sentì il terrore diffondersi fin dentro le ossa. Il suo cuore iniziò a battere all’impazzata minacciando di esplodere dal dolore. Si bloccò. Paralizzato in quel luogo oscuro, con la speranza che le sue orecchie gli avessero fatto solo un brutto scherzo.
-Papà aiutami! Ti prego papà!-
La voce disperata del suo piccolo Trunks gli rimbombò nelle orecchie trafiggendogli il cuore come una lama e riempiendogli l’animo di terrore. Provò a chiamare il piccolo sayan per rassicurarlo sul fatto che lui fosse lì, che era venuto a prenderlo e riportarlo a casa e che questa volta lo avrebbe salvato, ma si rese conto di non poter parlare. La voce non usciva dalla sua gola, lasciandolo muto e terrorizzato. Vegeta iniziò a correre a perdifiato nonostante le sue gambe continuassero a remagli contro ostacolando la sua avanzata. Sentiva il suo bambino piangere, disperato e spaventato allo stesso tempo, e lui doveva fare qualcosa. Correva con tutta la forza che aveva in corpo ma come prima si sentiva incapace di muoversi come invece avrebbe voluto. Era lento, troppo lento. Lo scrosciare dell’acqua aumentava ad ogni suo passo ma di Trunks non c’era traccia. Tentò ancora di gridare il nome di suo figlio nonostante avesse ormai capito di non poter emettere alcun suono, prigioniero di quel frustrante mutismo, ma la paura di perdere di nuovo Trunks era troppa per permettergli di pensare lucidamente. Poi tutto accadde in un attimo. Un grido lacerò l’aria violentandogli le orecchie e fermando il cuore del principe per un istante.
Vegeta si fermò tremante, incapace di proseguire oltre. Lo sguardo perso nell’oscurità incapace di reagire a quell’assurda situazione. Con la coda dell’occhio intercettò una luce. Lontana ma ben visibile da dove il sayan si trovava in quel momento. Era Trunks. Non ne conosceva la ragione ma il suo istinto gli diceva che quello era suo figlio nonostante non ne percepisse l’aura. Vegeta riprese a correre e questa volta corse con tutta la sua rapidità rallegrandosi appena per la ritrovata mobilità. Col cuore in gola si avvicinò al suo bambino che se ne stava riverso a terra privo di sensi in una macabra pozza di sangue. Vegeta lo raggiunse e cadde in ginocchio al suo fianco. Con una delicatezza che non gli apparteneva, sollevò il corpo inerme di Trunks ruotandolo in modo da vedere il suo viso. Se avesse potuto gridare, Vegeta lo avrebbe fatto. Il suo cuore si era lacerato non appena aveva visto gli occhi vitrei del figlio ancora colmi della paura che aveva provato qualche istante prima. Il viso tumefatto e ricoperto di sangue del bambino lo colpì come uno schiaffo in piena faccia. Non ce l’aveva fatta. Nemmeno questa volta era riuscito a salvare suo figlio. Aveva fallito ancora come con Majin Buu. Lacrime amare scesero calde sul suo volto contratto dal dolore della sua perdita. Era così concentrato sul corpo privo di vita del suo unico figlio da non accorgersi che l’ambiente circostante fosse cambiato. Il rumore dell’acqua che si infrangeva ritmico su qualcosa era aumentato sensibilmente e la tenebra che lo aveva avvolto fino a qualche istante prima aveva lasciato il posto ad un altro tipo di paesaggio.
-Lo hai ucciso tu!- Il cuore di Vegeta perse un battito. Quella voce… -E’ colpa tua!-
Il principe dei sayan alzò lo sguardo ancora devastato dal dolore, rendendosi conto in quel momento che tutto fosse cambiato intorno a lui. Si trovava in ginocchio sull’erba alla sommità di una grande scogliera. Sotto di lui il mare agitato si infrangeva sulle rocce provocando il rumore che lo aveva accompagnato fin dall’inizio di quell’orrendo incubo. Nonostante la pioggia cadesse fitta e riducesse di molto la visibilità, Vegeta scorse qualcuno in piedi immobile sul bordo del dirupo che si affacciava sul mare in tempesta. Senza pensarci due volte, raccolse il corpicino inerme di Trunks stringendolo forte al suo petto, deciso a non separarsene mai più nonostante non ci fosse più nulla da fare, e con passo deciso si avvicinò alla figura che sembrava attendere proprio lui. Quando si trovò a pochi metri da lei, finalmente la riconobbe e il suo cuore, già provato dalla recente perdita, minacciò di cedere dal dolore. Bulma se ne stava immobile a fissarlo con sguardo vacuo a pochi passi dal bordo di quel dirupo. I capelli inzuppati dalla pioggia le stavano attaccati al viso rendendo ancora più straziante la sua immagine. La donna tremava. Vegeta avrebbe voluto correre da lei e stringerla al suo petto, rassicurarla e dirle che andava tutto bene ma non riuscì a muoversi. Il suo corpo era paralizzato per chissà quale dannato scherzo del destino. Provò a gridare ancora, invano, finché la voce glaciale di sua moglie non frantumò il suo animo in mille pezzi.
-Hai portato solo dolore nelle nostre vite!- Urlò la donna. -È morto ancora per colpa tua!-
Il viso della donna, deformato dalla rabbia, esprimeva tutto il dolore che le stava lacerando l’anima. La turchina si guardò alle spalle ammirando l’imponenza del mare agitato vari metri più sotto. Dopo alcuni istanti che a Vegeta parvero infiniti, Bulma tornò a posare l’attenzione su di lui. Lo sguardo vuoto privo della vitalità che l’aveva da sempre caratterizzata lo fece rabbrividire. La donna fece un passo indietro palesando le sue intenzioni. Vegeta cercò in tutti i modi di correre da lei e fermare quel suo gesto folle ma il suo corpo continuava a non obbedirgli costringendolo a rimanere immobile.
-Preferisco togliermi la vita piuttosto che continuare a vivere in questo modo.- Bulma chiuse gli occhi e allargando le braccia si lasciò cadere all’indietro.
La paralisi che aveva immobilizzato il suo corpo fino a quel momento si sciolse e Vegeta si fiondò verso sua moglie nel disperato tentativo di riuscire a salvarla. Non poteva fallire ancora. Non se lo sarebbe mai perdonato. Gli istanti che Bulma ci mise per cadere furono eterni. Vegeta vide come al rallentatore il corpo della donna cadere all’indietro. Non sarebbe riuscito a salvarla. Era troppo lento. La pioggia che cadeva copiosa aveva reso l’erba umida rendendogli difficile l’avanzata. Scivolò e cadde. Frustato gridò senza emettere alcun suono. Doveva farcela. Doveva salvarla. Ancora pochi passi e sarebbe giunto da lei. Stringendo più forte il corpo esanime di suo figlio, Vegeta si alzò e ricominciò a correre. La fiamma della speranza si accese nel suo petto quando fu a pochi centimetri da Bulma. Una distanza irrisoria li separava ormai. Allungò il braccio e tentò di afferrarla. Sgranò gli occhi sgomento. Il suo braccio era passato attraverso il corpo di sua moglie come fosse incorporeo. Tentò di nuovo. Stesso risultato. Senza poter fare più nulla per lei, la guardò cadere da quel maledetto dirupo e schiantarsi inerme sulle rocce sottostanti, inghiottita poi dalle onde selvagge del mare…
 
Vegeta si svegliò di soprassalto. Il fiato corto e il cuore che batteva all’impazzata così forte da fargli male. La penombra della stanza gli fece intuire che il sole stava appena sorgendo. Terrorizzato da quello che avrebbe visto, il sayan spostò lo sguardo al suo fianco e trasse un sospiro di sollievo. Bulma e Trunks, le sue uniche ragioni di vita, dormivano accanto a lui ancora abbracciati l’uno all’altra. Accarezzò i capelli del suo bambino più per avere la conferma che le due persone al suo fianco fossero reali che per un vero gesto d’affetto. La paura e il dolore che quell’orrendo incubo gli aveva fatto provare bruciavano ancora nella sua anima. Con un gesto che mai aveva fatto prima, infilò con estrema delicatezza il braccio sotto la testa di Bulma e l’avvicinò a sé stringendola al suo petto e gioendo interiormente per il caldo contatto con il corpo della moglie. Con lei si era avvicinato pure Trunks che ora se ne stava in mezzo tra i suoi genitori. I sensi di colpa lo tormentavano ancora regalandogli quelle infauste visioni ma lui non avrebbe più permesso a nessuno di far loro del male. Lo giurò a se stesso. Lo giurò a qualsiasi dio lo stesse ascoltando in quel momento. Li avrebbe protetti a qualunque costo. Vegeta baciò loro i capelli e per un attimo gli sembrò che l’espressione tesa dei due si fosse rilassata appena. Rasserenato da quella consapevolezza seppur illusoria, Vegeta tentò di dormire ancora. Sapere che la sua famiglia era al sicuro tra le sue braccia conferì pace al suo cuore e gli permise di lasciarsi andare nel mondo dell’inconscio e questa vola fu davvero Morfeo il fautore dei suoi sogni.





 
 
 
 
*Personaggi tratti dal poema epicoLe Metamorfosi” di Ovidio. Secondo la leggenda Morfeo è il Dio dei sogni ed entra nella mente dei dormienti assumendo la forma delle persone sognate. Morfeo porta sempre con sé un bouquet di papaveri, con il quale tocca lievemente gli occhi di chi è addormentato per donargli le illusioni realistiche che caratterizzano i sogni. Morfeo ha anche due fratelli, Fobetore e Fantaso. Generalmente a Fobetore viene attribuita la responsabilità di far apparire figure di animali. Per alcuni però Fobetore è, per estensione, anche il padre degli incubi: quelli a cui dà forma non sono semplici animali, ma bestie e mostri spaventosi. Fantaso invece crea nella mente paesaggi e oggetti inanimati, il che lo rende onnipresente in ogni sogno.
   
 
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