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Autore: CelestialBody    01/02/2018    1 recensioni
Dal primo capitolo.
‹ ‹ Hai disobbedito, Sirius. › › Il fuoco che bruciava attorno all'esile figura prese a tremare, come sospinto da un vento troppo forte. Il giovane protetto da quel caldo abbraccio temeva la voce che sembrava rimbombare nella sua testa. Gli occhi di Sirius erano di un argento acceso e freddi raggi azzurri e diamantini splendevano attorno alla pupilla, piccola come la punta di uno spillo.
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo primo
 
  I piedi affondavano nella neve fino alla caviglia ed i suoi fianchi erano avvolti dalla coltre bianca fino quasi alla vita. Le ossa sporgenti del ragazzo erano perfettamente visibili sotto la pelle nuda; non indossava abiti di alcun genere ma non pareva neppure soffrire il freddo.
Era stretto, raggomitolato con le gambe al petto, in una piccola rientranza di un secolare albero morente. Tutto attorno a lui era bianco e non si vedeva neppure un solo animale, la sua pelle lattescente si mimetizzava perfettamente nell’ambiente circostante, così come i suoi capelli di un pallido bianco ed i suoi occhi, dello stesso colore dell’argento fuso. C’erano dei riflessi azzurrati nelle grandi iridi del giovane ma queste sembravano spente e a tratti apparivano nere, in particolar modo quando le abbassava sulle dita intrecciate delle mani. 
Si teneva le ginocchia sotto al viso abbracciandole con decisione con le braccia, quasi temesse potesse spezzarsi in caso contrario. Non cercava di scaldarsi, non sembrava sulla soglia dell’ipotermia, era solo stanco ed estremamente triste.
 
  ‹ ‹ Hai disobbedito, Sirius. › › Il fuoco che bruciava attorno all’esile figura prese a tremare, come sospinto da un vento troppo forte. Il giovane protetto da quel caldo abbraccio temeva la voce che sembrava rimbombare nella sua testa. Gli occhi di Sirius erano di un argento acceso e freddi raggi azzurri e diamantini splendevano attorno alla pupilla, piccola come la punta di uno spillo. 
Fluttuava in un fuoco che pareva liquido e rendeva la visuale leggermente più densa e celestina. Sentiva gli occhi di tutte le stelle dell’orsa maggiore su di se nonostante fossero lontane centinaia e centinaia di chilometri. Persino le stelle della cintura di Orione avevano puntato i loro accesi occhi d’oro su di lui. 
‹ ‹ Innamorarsi di un umano non è consentito. › › Ma non era consentito da chi? Sirius se lo era sempre chiesto, erano divinità, astri che illuminavano il cammino degli uomini e plasmavano il loro destino a proprio piacimento. Polaris aveva nei secoli aiutato gli uomini a raggiungere il nord, li aveva guidati nelle tempeste ed era diventato il loro punto di riferimento. Sirius, dal canto suo, aveva portato terrore tra gli esseri umani in tempi antichi; i greci temevano che potesse distruggere i loro raccolti o seccare i loro fiumi e i romani sacrificavano alla stella un cane ed una capra per gli stessi timori.
 
  Uuuuuuuuh!
  Gli occhi del ragazzo si alzarono verso la distesa bianca che gli stava dinanzi. Era una piccola radura dalla forma grossomodo circolare, era contornata da enormi sequoie, abeti più sottili e diversi alberi meli selvatici ricchi di frutti, in primavera. Da qualche parte gli occhi di Sirius avevano persino colto le fronde di un pino ma erano giorni che non si muoveva dal suo nascondiglio. La separazione dalla calda corona che possedeva lo aveva distrutto, ed anche la luminosa sfera di fuoco che per centinaia di migliaia di secoli lo aveva accolto, era andata sgretolandosi.
Aveva aperto gli occhi proprio in quella gelida radura di chissà quale posto sperduto e sopra di lui, oltre le fronde degli alberi e le nuvole aveva visto sottili scie brillanti. Lui aveva dovuto decorare la volta celeste con le stesse luminose code argentee durante la sua caduta. La corona che lo aveva protetto era andata perduta e Sirius, una tra le più luminose stelle del cielo terrestre si stava spegnendo, scheggiandosi come uno scoglio che colpito dal mare diventa lentamente sabbia.
Quando il ragazzo riuscì finalmente a mettere a fuoco una singola figura nascosta nell’ombra scorse due brillanti occhi d’oro, come quelli di Sol. Sempre giudiziosi ed altezzosi quando si posavano sui suoi fratelli. Sirius non ebbe paura, anche se avrebbe dovuto averne sorresse lo sguardo dell’animale che si avvicinava a muso basso e scapole strette verso l’incavo dove la stella era nascosta.
Il lupo non sembrava in condizioni di salute particolarmente disastrose ma doveva avere molta fame per come i suoi occhi scivolavano sulle ossa sporgenti di Sirius. Per un istante la stella volle scivolare nella neve, nascondersi, ma non si mosse, tenne gli occhi in quelli della bestia e quando lei mostrò i denti le iridi della stella si accesero di un azzurro zaffiro coronato da un alone lattescente. Il lupo portò tra le gambe la coda che fino a quel momento aveva portato raso terra e con un guaito appena percettibile si voltò per correre nel bosco.
Quasi volesse seguirlo, anche la stella si alzò. Uscì dal suo nascondiglio instabile sulle proprie gambe, il primo passo fu tremante. Si alzò, piegato sulle ginocchia, utilizzando la forza che aveva nelle braccia e a schiena inclinata in avanti fece del suo meglio per non farsi del male uscendo dalla stretta fessura dell’albero. Le sue forze erano risicate e anche un trucco semplice come quello era un dispendio enorme della propria forza. Si portò una mano alla testa, Sirius, stringendo con forza il pugno senza preoccuparsi del dolore delle ciocche che stava involontariamente tirando.
Le sue ginocchia tremavano, così come la mano sinistra abbandonata lungo un fianco. Si concesse un secondo passo in avanti ma anche quando compì questo rischiò di cadere a terra. Si mantenne in piedi afferrando il ramo cadente di un abete accasciato sotto il peso della sua folta chioma.
Sembrava che non riuscisse a mantenersi sulle proprie gambe, magro com’era nessuno probabilmente si sarebbe stupito se si fosse spezzato sotto il proprio peso. Sirius alzò il viso, sopra di loro la volta celeste si stava tingendo di nero e le prime stelle si stavano accendendo come lontani diamanti. Guardava con odio i suoi fratelli, lontani eppure così vicini.
 
  Sirius indossava un incredibilmente ricamato chitone. Il colore della veste ricordava l’argento dei suoi capelli ma era riccamente decorata di disegni d’oro che raffiguravano la creazione della prima stella. Sull’orlo inferiore si poteva notare un uomo, indossava a sua volta un Chitone molto simile a quello della stella ed era circondato da raggi densi, a rappresentare la sua importanza. Aveva i capelli ricci e folti, nonostante le  raffigurazioni fossero monocromatiche si poteva dedurre il colore scuro di quella ribelle chioma che diventava una spessa barba attorno alla mascella.
Nella prima scena la figura era ferma e teneva le mani l’una sull’altra davanti al petto, come se volesse mantenere un invisibile sfera di vetro; nell’illustrazione seguente però tra le sue mani si era formato un globo, luminoso proprio come il suo creatore. Le scene si susseguivano con la creazione di stelle piccole e grandi, costellazioni e pianeti, galassie e l’intero universo. I ricami si diramavano in forme astratte fino alla cinta d’oro che Sirius teneva stretta alla vita.
Guardava davanti a se, la stella, come se stesse sfidando in silenzio un’entità che non poteva in realtà vedere. La voce di Polaris arrivava su di lui come un vento caldo che pareva riscaldare persino la corona stessa dell’astro. Il fuoco azzurrato tremava e si dibatteva, sospinto dalla rabbia e dal dolore del suo custode, di Sirio. Lui, con occhi gelidi nonostante il calore sproporzionato che lo cullava, guardava il denso universo oltre il globo luminoso che lo cullava. Sentiva gli altri copri celesti voltati verso di lui e lo sguardo giudizioso della stella polare che lo squadrava.
‹ ‹ Conosci la punizione. › › La voce dell’astro raggiunse le orecchie di Sirius. Si sentiva piccolo dinanzi allo sguardo caldo e materno di Polaris.Sembrava vedere i suoi capelli biondi fluttuanti nel denso fuoco della sua corona d’oro ed i suoi occhi dello stesso colore, accesi di un rosso tramonto, puntati nei suoi. Non ebbe la forza di rispondere e non lo fece. Si sentì gelare quando quello che sembrava lo scoccare di una freccia lo raggiunse. Non fu doloroso ma lentamente si sentì spegnere; dischiuse labbra e si afferrò il caldo tessuto che lo avvolgeva stringendolo con forza negli apparentemente esili pugni.
Gli occhi di Sirius si spalancarono in un urlo muto di spavento e sconcerto. Fece del suo meglio per mantenere una certa compostezza ma quando si sentì mancare il fuoco tutto attorno e percepì la propra stabilità mancare cadde nel panico. Non riusciva più a fluttuare nella propria corona, la pelle iniziava ad impallidire e perdere la sua tipica lucentezza.
Quando infine il fuoco che lo sorreggeva iniziò a spegnersi Sirius scivolò oltre la corona, attratto da una forza che non poteva controllare lontano dalla sua calda dimora.
 
  Camminava da ore nel buio più totale, la luce che lo guidava era quella flebile e scostante degli astri suoi fratelli. Il sole, così tanto visibile di mattina a quell’ora della notte era nascosto sull’altro lato di quel pianeta sconosciuto. I piedi gli facevano male ma camminare sulla neve soffice appena caduta era più comodo che camminare sulla dura terra e si teneva lontano dal sentiero anche se, a sua volta, era così poco percorso che un soffice manto traslucido vi si era depositato.
D’improvviso un dolore acuto allo stomaco precedette quello che sembrò un ringhio soffocato dalle delicate piume di un cuscino. Sirius arrestò il proprio cammino afferrandosi con una mano tremante il ventre piatto, sopra l’ombelico. Dalle sue labbra era sfuggito incontrollato un gemito tra il sorpreso ed il dolorante ma quello che parve come un crampo sparì presto, lasciando la stella con un senso di vuoto. Quasi non riusciva a camminare ed ogni passo era un’odissea, la gola era secca e le labbra screpolate.
Il corpo del giovane iniziava a raffreddarsi ed la sua pelle a rinsecchirsi, tanto che quella delle mani e dei piedi, così come quella della bocca si stava spaccando. Aveva bisogno di mangiare ed abbeverarsi ma a mano a mano che avanzava le forze lo abbandonavano sempre di più. Per secoli gli uomini lo avevano pregato di non mandare su di loro la disgrazia della carestia e in quei giorni Sirius non aveva pensato all’eventualità di dover cercare una fonte di energia simile.
 
  La neve aveva iniziato nuovamente a cadere dal cielo ed ora scivolava sul corpo nudo dell’astro bagnando di bianco i suoi capelli della stessa tonalità, mimetizzandosi tra le ciocche e volando via quando i fiocchi cangianti divenivano troppi. Ben presto, senza che la stella potesse accorgersene la vista iniziò ad annebbiarsi per il sonno e la fame. La fonte del suo potere era la corona di fuoco bianco che lo custodiva come un prezioso gioiello ma lì, sulla terra, non era diverso da un comune umano per quanto riguardava il bisogno di sonno, cibo ed acqua.
Davanti a lui un luminoso cerchio di un arancione brillante sorse da dietro una collina proiettando una flebile luce tutto attorno a se. Era forse Sol? Stava sorgendo nuovamente la mattina? Si lasciò cadere con la schiena contro un albero e non sentì neppure la corteccia che gli graffiava la pelle; il calore del fratello era certo che lo avrebbe aiutato a rimettersi in forze.
Socchiuse gli occhi, Sirius, lasciandosi avvolgere dal calore di quei raggi; calore che però non arrivò forte come l’abbaio di diversi cani. Provò a mettere a fuoco il branco ma gli fu impossibile e riuscì a scorgere solo otto figure indistinte che si mordevano e giocavano. Uno degli animali provò ad avvicinarsi al giovane avvolto di nuovo dalla neve ma una nona figura lo tirò indietro afferrandolo dall’imbracatura che lo legava alla slitta.
 
  ‹ ‹ E’ vivo! › › Urlò una voce femminile, era così vicina eppure distante chilometri. Le forme indistinte dei cani ora si accalcavano le une sulle altre diventando un’unica massa informe agli occhi stanchi dell’astro. Riuscì a spostare le iridi sul viso della donna che aveva sentito urlare ma non riuscì a scorgere i suoi tratti, dietro di lei vi era un’accesa luce che le scuriva il viso. Accanto a lei apparve la figura che doveva sicuramente appartenere ad un anziano leggermente curvo sulla propria schiena, quest’ultimo disse qualcosa a voce sostenuta ma Sirus, che neppure riusciva a sorreggere in alto il capo, non capì cosa fosse. 
La giovane si voltò di scatto e corse verso i cani e la stella la vide tornare verso di lui con una coperta dispiegata. ‹ ‹ Non vogliamo farti male, come ti chiami? › ›  La ragazza era così vicina a Sirio che lui riuscì a distinguere persino il colore dei suoi occhi, erano di un azzurro tendente al grigio decorato di raggi verdi e dorati che accendevano il suo sguardo come una moltitudine di pietre preziose colpite dai deboli raggi del sole tramontante. Adrenalina iniziò a scorrere nelle vene del giovane che con un impeto di improvvisa forza scattò in piedi.
 
  ‹ ‹ No! › › Gridò in un gemito a quel suono uscì dalle labbra stanche della stella attutito ed acuto, non aveva mai sentito la propria voce in quel modo. Gli graffiò la gola e gli rimbombò nelle ossa, le sue parole erano sempre stati soffi nella mente dei suoi interlocutori ma erano divenute tangibili e umane, tanto da lasciare destabilizzato Sirius. Ora la stella era premuta con la schiena all’albero, in piedi sta volta, ed osservava la ragazza come se volesse intimidirla. Lei aveva fatto qualche passo indietro e teneva la coperta distesa davanti a se. Le sue sottili dita pallide stringevano due lembi opposti della lana, nonostante fosse aperta l’orlo inferiore ricadeva nella neve ma sembrava calda.
‹ ‹ Non toccarmi. › › Gemette ancora l’astro che però scattò ad afferrare il plaid. Strinse il pugno così forte da percepire le unghie penetrare nel doppio tessuto. Si avvolse immediatamente e si godette la sensazione di calore, così familiare, ad occhi chiusi. La ragazza era ancora ferma dinanzi a lui e Sirius sentì la voce maschile del vecchio sbraitare qualcosa che suonò come un ‟ Cosa aspetti, ragazzo? Sali sulla slitta! „ Cos’era una slitta? Il corpo celeste questo di certo non lo sapeva. Vide la ragazza avvicinarsi di un altro passo ma lui scivolò oltre il tronco dell’albero.
‹ ‹ Non avvicinarti. › › La minacciò e lei tornò a fermarsi. ‹ ‹ Congelerai.  › › Disse lei con voce dura, il giovane non si reggeva in piedi, forse doveva andare con loro. Il vecchio borbottò qualcosa che Sirius non capì seguito da un “ Sali, se hai la forza di ribellarti! „ a voce più alta. Ora non vedeva bene il viso dell’uomo nascosto dalla benombra dovuta alla luce della lanterna ma dalla postura sembrava piuttosto irritato.
 
  Sirius provò a fare un passo in avanti ma sentì il ginocchio cedere e lanciò uno sguardo truce alla donna quando questa provò a correre verso di lui per aiutarlo. Non voleva che si avvicinasse, sentiva una sensazione di estremo disagio nascergli nel petto quando il solo pensiero lo sfiorava. Poche ore prima si sarebbe lasciato morire, non era nulla, una stella senza la sua corona era paragonabile ad un corpo senz’anima, un contenitore vuoto.
La testa batteva così forte che quasi non sentiva i morsi della fam ma quando si avvicinò alla slitta riuscì a ringhiare qualcosa all’anziano. Non si rese neanche conto di avergli intimato di stargli lontano. Si raggomitolò su quella che sembrava una pila di altre coperte, era il corpo vero e proprio della slitta, la parte oblunga a cui erano poi legati i cani sul davanti. Un paio di animali alzarono la testa verso il nuovo arrivato ed abbaiarono fino a quando l’uomo non intimò loro di zittirsi.
Non seppe precisamente quando cadde nel sonno ma sentì distintamente la voce maschile ordinare ad Maeve(1) di guidare la slitta prima che qualcuno si sedesse davanti ai piedi di Sirio.
 
  La stella si svegliò dopo forse qualche ora, la slitta aveva inchiodato e sentiva la giovane discutere con quella che era certamente una seconda donna. La voce era delicata come quella di Polaris ma allo stesso tempo decisa, esattamente come quella dell’astro. Gli occhi del giovane si spalancarono preoccupati, ancora non riusciva a mettere perfettamente a fuoco e non aiutava il fatto che il sole non fosse ancora sorto da oltre le montagne innevate. Gli piaceva quel posto però, era immerso nella natura seppur gelida. Scorgeva le forme di varie piccole casette in lontananza, oltre quella davanti cui si era fermata la slitta e davanti cui ora stavano parlando la ragazza; Maeve, gli parve di aver capito.
‹ ‹ Io e il nonno lo abbiamo trovato ricoperto dalla neve, nudo. E’ strano che sia ancora vivo. › › Era davvero strano per un essere umano ma lui, caldo com’era avrebbe potuto sopravvivere per giorni nella neve, come aveva in realtà già fatto. ‹ ‹ E cosa state aspettando? Per l’amor del cielo, portatelo subito dentro! › › Sirio, che stava cercando di liberarsi dall’intrico di coperte e fili finì con l’inciampare, lasciando la lana del plaid che cadde scoprendo il suo corpo nudo. Si guardò in torno spaesato ed alzò nuovamente la coperta, raggomitolandosi dentro.
Aveva lo sguardo di entrambe le donne addosso e non se ne spiegava il motivo. Sbatteva perplesso le palpebre, anche se aveva dormito per un paio d’ore al massimo aveva recuperato abbastanza energie da riuscire a mettere a fuoco il volto delle due dame —ora che si era completamente risvegliato dalla dormi-veglia di poco prima. La più giovane tra le due donne sembrava in imbarazzo e le sue guance erano leggermente colorate di rosso, l’astro dai capelli argentei si chiese se fosse per il freddo —sapeva che capitava di cambiare colore agli uomini in casi estremi. I suoi capelli erano nascosti da un cappuccio contornato di pelliccia che nascondeva ancora parte dei suoi tratti; indossava un paio di occhiali e sotto un cappotto molto pesante si intravedeva il collo ampio di quello che sembrava essere un accogliente maglione decisamente doppio. Aveva anche una sciarpa, doveva avere molto freddo. Anche la signora accanto a lei era vestita così da far fronte al freddo ma a differenza della ragazza era palese si fosse dovuta vestire all’ultimo. Sotto indossava una semplice tuta che sicuramente non aveva utilizzato per camminare fuori con quelle temperatura e sopra aveva una semplice giubba che doveva essere del marito per quanto grande.
 
  Tutto attorno a lui c’era un piacevole profumo che Sirius non sapeva decifrare —aveva però la sensazione di aver giò sentito quell’aroma da qualche parte—; proveniva dalla casetta dinanzi a lui. Era convinto che gli uomini quando le stelle erano alte e visibili il cielo dormissero ma a quanto pareva per loro non era così, o forse si sbagliava. A quell’odore così accogliente se ne aggiunse un secondo, più tenue ma in ugual modo delizioso, erano verdure arrosto, zucca e finocchi che fecero borbottare di nuovo lo stomaco della stella nonostante si chiedesse ancora cosa fossero quelle nuove sensazioni a cui il suo corpo reagiva come se le conoscesse da sempre. Si leccò le labbra involontariamente, doveva avere parecchia fame ma non se ne rendeva neppure conto. Tutto ciò che sentiva era un sordo dolore allo stomaco.
Quando alzò lo sguardo per incrociarlo con quello delle due donne, il viso della signora di mezz’età accanto ad Maeve gli apparve rilassato ma allo stesso tempo sorpreso. Sirio non avrebbe saputo dire da cosa. Assomigliava molto alla signorina che le stava accanto, doveva essere sua madre o forse una sorella molto giovane, gli occhi delle due avevano lo stesso colore, teneva i capelli biondo cenere raccolti solo in delicati boccoli che le ricadevano dalle spalle attorno al viso. Si chiese se anche la chima della giovane fosse di quel colore.
Solo quando la stella si rese conto dei lobi estremamente dilatati della giovane che apparve dalla casetta anche il vecchio. Indossava una giacca nera, non era certo che  fosse la stessa che aveva anche poche ore prima. Serrò le labbra, l’uomo aveva portato con se una ventata tiepida che proveniva dall’abitazione e con questa arrivò al naso del giovane anche l’aroma di cibo cotto e di legno. La baita era interamente o quasi formata da assi, abete e quercia.
‹ ‹ E’  il caso che entri, devi farti un bagno caldo e vestirti, › ›  Fu il vecchio a parlare, le due donne erano troppo occupate ad osservare l’astro che cercava di comprendere cosa stesse accadendo nella propria bocca, esplorandola in ogni suo centimetro con la punta della lingua. ‹ ‹ Dopo una bella cena ci racconterai come hai fatto a ritrovarti lì. › › Lui si congelò sul posto e squadrò tutti perplesso prima di fare un passo in avanti, poi un altro ed un altro ancora fino a quando Maeve non entrò in casa seguita dai suoi parenti ed infine dall’astro stesso.
   
 
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