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Autore: Himenoshirotsuki    01/02/2018    4 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

18

Il Nome nel Buio

"E’ una vita superficiale quella di una persona non ha almeno un paio di cicatrici."
Garrison Keillor.

Dopo aver cenato ed essere passata dall'infermeria, Nemeria si precipitò subito in camera sua. La minaccia di Roshanai le riecheggiava nelle orecchie e l'adrenalina le gonfiava il cuore per l'emozione d'averle risposto. Nella sua mente turbinavano tutti gli eventi della giornata: Pavona, lo spettacolo, il sapere di non essere più la sola. Aveva bisogno di tempo per raccapezzarsi e mettere in ordine le idee.
Batuffolo la accolse con un miagolio allegro e trotterellò fino a lei. Incurante del fatto che Nemeria fosse ansante sulla porta, cominciò a strusciarsi sulle sue gambe facendo le fusa, la coda che sbatteva ripetutamente contro il polpaccio come a voler richiamare la sua attenzione.
- La tua palla di pelo è più esagitata di te. - commentò Noriko.
Se ne stava sdraiata con le gambe incrociate sul cuscino, il braccio sinistro piegato dietro la testa e un libro con la copertina appena consunta sui bordi che le copriva il viso. Nemeria rimase imbambolata a fissarla sulla soglia per ancora qualche istante, prima di prendere Batuffolo in braccio ed entrare. Dopo tutti i giorni passati da sola in quella stanza, le sembrava strano che Noriko fosse davvero lì.
- C'è qualcosa che non va? -
Noriko abbassò il libro e incrociò il suo sguardo. Aveva gli occhi limpidi e lo sguardo sereno, anche se sopravviveva un accenno scuro di occhiaie che, quasi più dell'incarnato pallido, le smungeva il viso e le infossava le guance. Se già vederla così debilitata, o comunque non nel pieno delle forze, era strano, lo era ancora di più sapere che dall'indomani, quando sarebbe tornata in camera, non sarebbe più stata sola.
- Niente, è che... devo riabituarmi. -
Si sedette sul letto, con Batuffolo che giocava con le sue dita. Ci aveva preso gusto a mordicchiargliele, soprattutto l'indice. Nemeria glielo infilò in bocca a tradimento e il cucciolo, in risposta, le diede una zampata sul polso, come per redarguirla.
- A cosa ti devi riabituare? -
- Al riaverti qui. -
Con una smorfia di dolore, Noriko si mise a sedere. Inclinò il torso di vari gradi e spostò le gambe finché non si piegò su se stessa, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il pugno stretto attorno all'anulare e al medio.
- Senti ancora tanto male? -
La ragazza scosse la testa, ma le labbra serrate e i muscoli rigidi tradivano più della sua espressione sofferente. Nemeria allora si alzò, con tutta l'intenzione di sedersi di fianco a lei. Batuffolo era appena sceso dalle sue gambe quando Noriko riaprì gli occhi.
- Torna a sederti. -
- Ma tu non stai bene, non voglio che ti sforzi. -
- Erano quasi dieci giorni che non mi allenavo e Sayuri non si è risparmiata. -
- Motivo in più per non farti affaticare. -
Piano, molto piano, Noriko raddrizzò la schiena. I capelli strisciarono sulle spalle e si riversarono come una cascata rossa sul petto, coprendo anche parte del braccio destro.
- Te lo chiedo per favore. - insisté.
Nemeria rimase in piedi, avvinta da quello sguardo. L'azzurro si era schiarito e il freddo lo aveva reso una lastra di ghiaccio traslucida, ma non abbastanza spessa da nascondere l'ombra che guizzava al di sotto. Era sottile, quasi spariva nel contorno scuro della pupilla, il riflesso di un sentimento che era quasi impossibile potesse appartenere a Noriko.
- Va bene. - cedette Nemeria e si rimise sul letto.
Noriko trasse un leggero sospiro e si rilassò.
- Lo so che ti preoccupi per me. È gentile da parte tua, ma non ho bisogno di tutte queste attenzioni, ora sto molto meglio. Nande sa fare molto bene il suo lavoro. - le spiegò con più calma, come se avesse a che fare con una madre apprensiva.
Nemeria sospirò e, anche se con una punta d'irritazione, decise di lasciar perdere. Batuffolo, invece, strusciò la testa contro la gamba di Noriko e poi balzò sul letto, accucciandosi con il muso che premeva contro il suo fianco. Quando la ragazza allungò la mano per spostarlo, tentò di morderla, soffiando infastidito.
- Batuffolo! - lo riprese Nemeria.
Il caracal fissò la sua padrona e poi rivolse le sue attenzioni a Noriko che, imperturbabile, lo scrutò di rimando. Sebbene si fosse impegnato per sembrare minaccioso, si rese ben presto conto di essere ancora troppo piccolo per far paura a chicchessia. Offeso per non essere stato preso sul serio, ma determinato a farsi valere, Batuffolo si rannicchiò ostinatamente contro Noriko, scoccandole occhiate truci da dietro la zampa.
- Vuole starti vicino. -
Nemeria pronunciò quella frase carica di significato senza staccare gli occhi da Noriko. Come se bastasse mantenere il contatto visivo perché quelle parole potessero penetrare la scorza di ghiaccio e scendere nelle acque profonde del suo animo.
- Al riavermi qui, dici. -
Nemeria ci mise un momento a riallacciarsi al discorso precedente.
- Al riaverti qui, sì. - ripeté.
- Non ero lontana, non ci vuole molto ad arrivare all'infermeria di Nande.-
- Lo so, sono venuta spesso anche a trovarti. - rettificò e si morse l'interno della guancia, - È solo che tu e lei siete state strane, oggi. Vi scambiavate delle occhiate di nascosto, quando pensavate che non vi vedessi, e ho temuto che mi nascondessi qualcosa. -
Noriko alzò entrambe le sopracciglia.
- Sono stata una sua paziente a lungo e in questi ultimi giorni alcuni ragazzi lì in infermeria sono stati male. Anche se mi sono quasi del tutto ripresa, lei continua a tenermi sott'occhio. -
Nemeria annuì. Aveva senso, eppure si sentiva comunque inquieta. Era la stessa sensazione di quando Rakhsaan si rannicchiava contro la sua schiena senza dirle nulla o Etheram si allontanava per ore senza avvertirla e al suo ritorno adduceva una scusa per sviare le sue domande. Anche se diceva di stare bene, Nemeria sapeva, con una conoscenza viscerale, spogliata del senso critico della ragione, che c'era qualcosa che non andava. Ora come allora, però, sapeva che insistere non l'avrebbe portata a nulla. Doveva solo osservare e stare attenta ai dettagli.
- Gli altri ragazzi cosa avevano? -
- Febbre e vomito. Nande ha detto che se non guariscono nei prossimi tre o quattro giorni, sarà lei a chiamare personalmente Serafim. -
- I loro lanisti non l'hanno ancora fatto? -
- Evidentemente no. Ma loro sono umani, valgono molto meno di noi. -
- Non possono davvero pensare una cosa simile. La vita... tutte le vite hanno un valore. -
- Noi siamo oggetti, “asiri” nella loro lingua. Ormai dovresti averlo capito. -
La bocca di Nemeria era arida. Si passò la lingua sui denti e poi si umettò le labbra, senza sapere che dire.
- È una questione di affari. Niente di più, niente di meno. Il loro padrone è quasi in bancarotta e se non troverà il denaro per pagare le cure dei suoi gladiatori, la faccenda passerà nelle mani di Koosha. -
- E cosa succederà? -
- Non lo so. Non sono qui da abbastanza tempo per dirti come vengono risolte questo genere di situazioni. Non ti crucciare, comunque. Non è un nostro problema. -
- Ma sono i nostri compagni! -
Noriko sospirò e con attenzione tornò a stendersi sul letto. Batuffolo ebbe tutto il tempo di spostarsi e di tornare a squadrarla in modo truce dalla sua cuccetta.
- Vuoi dormire vicino a me stanotte? Il letto è piccolo, ma tu non occupi tanto spazio. -
Nemeria si concesse un momento d'incredulità per quell'invito inaspettato.
- So che non sei una bambina, ma visto che ti sono mancata ho pensato di proportelo. Sentiti libera di rifiutare, non mi offenderò. - precisò Noriko con il viso già di nuovo nascosto dal libro.
- A te non dà fastidio? Intendo... visto che non stai ancora bene, forse non è una buona idea. -
- Devo solo stare attenta a non fare movimenti troppo bruschi. -
- Quindi hai avuto davvero solo i dolori del tuo ciclo di luna. -
Noriko piegò l'angolo della pagina poco prima di girarla.
- Sì, era solo quello. -
- Non mi sembra tanto normale. Anche mia sorella è stata male la prima volta, ma... -
- Nemeria. - Noriko abbassò il libro sotto il mento e si massaggiò la radice del naso, - Sto bene, ora. Preoccuparsi per ciò che è passato non ha senso. -
- E come faccio? Non è un graffio che si rimargina e sparisce. È una cosa che capita tutti i mesi e se già la prima volta sei stata così male, non oso immaginare come sarà poi! -
Si rese conto di aver alzato la voce solo quando vide Batuffolo sobbalzare e nascondere la testa sotto le zampe.
- Perché non vuoi che mi preoccupi per te? Cos'è, ti vergogni che una bambina indifesa come me possa fare qualcosa al di là del piagnucolare e prendere botte? - continuò infervorata, le mani strette a pugno lungo i fianchi, - Sarai più forte di me, sarai anche una Dominatrice, ma rimani un essere umano. Non puoi proteggermi sempre e poi pretendere che io non faccia altrettanto. Non so menare le mani come te, però sono tua amica. Non puoi chiedermi di... di lasciar perdere così, come se non fosse importante. -
Strinse la pietra di luna e trasse un profondo respiro. La sentiva calda contro il palmo, ma non bruciava così tanto da non poterla tenere in mano. Il sussurro dell'elementale, la sua promessa di lealtà, erano braci accese sepolte sotto uno strato sottile di cenere: un soffio e l'incendio sarebbe divampato senza controllo. Come con Ahhotep e Durga, l'unica cosa che la sosteneva dal cadere nel baratro era il regalo di Etheram.
Noriko socchiuse gli occhi prima di riaprirli e spostare lo sguardo sul soffitto. La sua immobilità, quell'apparente calma che lei vestiva come un guanto, contrastava con il vulcano che scuoteva l'anima di Nemeria.
- Uova di almanhira. Sono simili ai vermi mangiacarne, ma più neri e piccoli. - disse con un mezzo sorriso, - Li conosci? -
Sì che li conosceva. Erano il tormento dei pastori nomadi del deserto. La notte intorno al fuoco aveva sentito spesso Arsalan lamentarsi di quanti danni facessero al bestiame. Rendevano le vacche sterili e non c'era erba o rimedio che potesse annullarne gli effetti. Le sovvenne di quando si erano fermati vicino a un'oasi e lui era tornato inveendo contro la stupidità di quel pastore errante che non si era premurato di disinfettare con cura il taglio di quella cavalla.
Fu come un fulmine a ciel sereno. I giorni passati in infermeria, la febbre, la difficoltà nei movimenti. Era stato sotto i suoi occhi per tutto il tempo e Nemeria non se n'era resa conto.
- Noriko, io... io non lo sapevo. - provò a pensare a qualcosa d'intelligente da dire, ma ogni parola, in quel momento, le sembrava stupida, - Davvero, mi dispiace. -
- Meglio così. La scuola è un luogo protetto, ma per quanti controlli ci possano essere, ci sono stati degli stupri in passato. Se mai dovesse accaderci, almeno non dovremo preoccuparci di una possibile gravidanza. -
Nemeria in quel momento realizzò che un giorno sarebbe toccato anche a lei. Che quel sogno infantile di avere una famiglia numerosa come lo era stata la sua non era altro che quello, un sogno destinato a rimanere tale. Improvvisamente, nemmeno il letto sembrava in grado di sostenere il peso della sua anima.
Noriko allungò il braccio al di fuori della sponda, facendole cenno con la mano di avvicinarsi.
- Vieni qui. -
Nemeria si stese al suo fianco con il viso appoggiato poco sopra il suo petto.
- Ti dispiace se leggo un po'? -
- No, fa' pure. -
La luce della candela era una sicurezza. Il fuoco teneva le tenebre lontane, rischiarava le notti più buie e scaldava quando fuori dalla tenda soffiava il vento del deserto.
Nemeria abbracciò Noriko e la strinse piano a sé. Delle due famiglie che aveva avuto, era l'unica che era sopravvissuta, la sola che gli eventi non le avevano portato via. La loro assenza pesava più delle mezze verità e delle bugie che aveva detto a se stessa e a loro per sopravvivere.
"Forse è questa la mia punizione per non aver dato fiducia."
Si morse un labbro e guardò le pagine del libro che Noriko stava leggendo. Gli ideogrammi le scorrevano davanti agli occhi senza che lei li recepisse davvero. Ne riconobbe alcuni, ma non riusciva a ricordarne il significato.
Socchiuse gli occhi, si aggrappò con una gamba a quella della sua compagna e appoggiò la guancia vicino al suo orecchio. I suoi capelli profumavano di sapone ed erba in modo così forte da irritarle le narici. Era diverso dall'odore di creta e frutta che invece permeava la chioma di Etheram.
La sua vita, da quando aveva abbandonato la sua tribù, era stata un continuo susseguirsi di perdite di persone, di speranze e di sogni. E ripensare a sua sorella, al seppur piccolo nucleo familiare che costituivano assieme a Hediye e Rakhsaan, era ancor più doloroso alla luce di ciò che, prima o poi, le sarebbe accaduto. Ma nell'ottica di quello che era diventata, era giusto così: il giorno in cui si era svegliata con quel collare stretto alla gola, la sua esistenza come essere umano era terminata.
"Gli oggetti non si creano una famiglia."
Un singulto le scosse il petto e Nemeria strinse forte le palpebre per non lasciar andare le lacrime.
- Buonanotte, Noriko. - esalò.
La presa attorno alla sua spalla si rinsaldò per un attimo, accompagnandola in un sonno agitato.
 
Quella notte, Nemeria sognò di star camminando sulle spiagge di Chera con tutta la sua tribù.
Hediye era al suo fianco con in braccio il piccolo Rakhsaan, che dormiva con la testa riccioluta appoggiata sulla sua spalla.
Il vento spirava dal mare e cavalcava le onde che si infrangevano sulla battigia. Un lento, costante e roboante sciabordio pervadeva il silenzio vespertino.
Sua sorella camminava davanti a lei con in mano il suo fidato blocco da disegno. Di tanto in tanto si fermava, abbozzava una forma e poi recuperava terreno con uno scatto che faceva schizzare l'acqua da tutte le parti. Il bianco tra i suoi capelli non era ancora così vistoso come poi lo sarebbe stato da lì a pochi anni, ma conservavano il loro color noce naturale. Scompigliati nel vento, sembravano i rami di un giovane albero.
L'Alta Sacerdotessa apriva la strada, assieme a un gruppo di Anziane. Le seguivano le Jinelle, Jinian a vari gradi di Consapevolezza, come diceva Fakhri. Alcune avevano appena un accenno di capelli bianchi, altre invece avevano già la pelle di porcellana, candida quasi quanto la neve che ammantava l'altopiano dello Xīzàng. Gli elementali del fuoco spandevano la loro luce dall'interno delle braccia, della schiena e delle gambe delle Jinelle che ne padroneggiavano la forza, visibili all'occhio come lingue evanescenti attenuate dalla barriera della pelle.
- Mamma, tra quanto arriviamo al santuario? - chiese a Hediye.
La donna le sorrise e le tirò indietro la fascia colorata sui capelli. Arsalan l'aveva barattata per la borraccia che aveva cucito con le sue stesse mani in una delle piccole oasi in cui si erano fermate all'inizio del loro viaggio. Era di un tessuto rosso, cucito con alcune strisce gialle e arancioni.
- Credo arriveremo domani mattina, o forse in tarda serata. Non ci sono mai stata, ma penso che la meta sia vicina. -
Nemeria annuì. Nel suo subconscio sapeva già che a breve si sarebbero fermati per dare la possibilità agli animali di riposarsi, ma decise di far finta di nulla: se quello non era altro che un ricordo trasfigurato in un sogno, non voleva che finisse.
Camminarono ancora, finché la luce della luna e delle stelle non divenne la loro unica guida. Il vento freddo deviava lontano da loro, le circumnavigava come un'isola e continuava il suo avanzare verso le palme dietro le dune di sabbia, lì dove la terra secca si compattava in quella fertile di una grande prateria.
Il barrito di un elefante smosse l'aria immobile e Nemeria tremò quando ne scorse il profilo in lontananza. Con le maestose zanne d'avorio ingioiellate dal lucore chiaro delle stelle, gli elefanti erano i re guerrieri di quella terra, tolleranti con chiunque venisse in pace ma pronti a combattere contro chiunque osasse invaderli. Scomparve prima che gli occhi di Nemeria potessero catturare qualche dettaglio in più della sua forma scura.
Si fermarono a riposare su una scogliera a strapiombo sul mare. Le onde si abbattevano con un ruggito rabbioso in una foga selvaggia e quasi feroce. Era un rumore assordante e Nemeria aveva paura di allontanarsi. Non le piaceva la sensazione di umidità che le entrava nelle ossa, né il sapore di salsedine che le bruciava gli occhi e il naso. A differenza di Etheram, che sembrava capace di adattarsi a ogni clima, lei preferiva il caldo torrido del deserto e la friabilità della sabbia sotto i piedi.
- Sei la mia fifona. - la stuzzicava bonariamente.
Rakhsaan era seduto tra le gambe di Etheram e stava mangiando una frittella di mela. Etheram ne prese una dal sacchetto che aveva in mano e, dopo aver dato una rapida occhiata, porse a Nemeria quella con più zucchero.
- Tra poco arriveremo al santuario. Sono sicura che ti piacerà. -
- Tu l'hai già visto? -
- Molto tempo fa. No, non chiedermi com'è, non me lo ricordo. Ero anche più piccola di te quando lo visitai per la prima volta. -
Nemeria le sorrise, così come aveva fatto al tempo. Rakhsaan allungò le mani e lei lo prese in braccio. Il bambino alzò la testa in alto e aprì la bocca, mettendo fuori la lingua. La settimana precedente, correndo tra i cammelli, era inciampato e si era scheggiato i denti davanti. Dopo un breve pianto, si era specchiato nel fiume che scorreva accanto al loro accampamento e da quel momento non faceva altro che sfoggiarli, come se fosse una cicatrice di guerra.
- Domani fai il bagno con me, Eria? -
- Devo proprio? -
Rakhsaan annuì veementemente.
- Va bene. Basta che non ci stiamo a lungo. -
Etheram scosse la testa. Sfilò il carboncino dall'orecchio e se lo passò tra le dita, osservandolo con aria meditabonda, prima di prendere di nuovo il blocco da disegno dalla borsa. Aveva lo sguardo puntato sull'orizzonte, sulle nubi violacee adagiate sul mare come zucchero filato, mentre la mano vagava sul foglio con sicurezza. Il carboncino le ondeggiava tra le dita e la punta nera produceva un leggero grattare a contatto con la superficie rugosa della pergamena.
- Cosa stai disegnando? -
Nemeria si protese per sbirciare, ma Etheram chiuse il blocco prima che potesse vedere alcunché. Nei giorni seguenti le avrebbe mostrato il bozzetto di quel paesaggio, lo specchio del male offuscato da quelle nuvole sfilacciate, ma in pubblico le diceva sempre...
- Ah! Non spiare. Vedere il lavoro incompleto porta sfortuna. -
Per la Madre, quanto le mancavano quegli sguardi complici. Quelle loro recite improvvisate che si divertivano a interpretare davanti agli altri. E anche se erano rare le volte in cui le mostrava il disegno finito, a Nemeria piaceva stare al gioco.
- Voi due, non litigate. - le riprese Hediye.
Anche Rakhsaan scuoteva il capo, sbracciandosi tutto come se avesse dovuto appianare le ostilità. Etheram le scoccò una finta occhiata risentita e Nemeria si imbronciò. Non passò che un attimo prima che entrambe scoppiassero a ridere.
- Te lo farò vedere dopo. -
Sua sorella si mise la mano sul cuore con fare teatrale, prima di infilare il blocco nella borsa sfrangiata. Nemeria se la ricordava: era stato un regalo di Hediye. Sopra gli inserti d'osso e sulla falda aveva cucito una bussola rossa, contornata da un cerchio di foglie verdi. Anche se non lo aveva dato a vedere, a Etheram era dispiaciuto buttarla quando la fibbia aveva ceduto.
Hediye sospirò e afferrò Rakhsaan prima che sgambettasse via: per lui il mare era un richiamo forte e ancora impossibile da ignorare.
- Siete due pesti. - le apostrofò.
- Siamo sorelle, è normale. - ribatté convinta Nemeria, - Se non litigassimo mai, non saremmo vere sorelle. -
- Sì, è vero. - convenne Etheram.
Un sorriso divertito prese vita sul viso di Hediye. Portava i capelli legati in una crocchia sulla nuca, con i vari ciuffi che le scivolavano continuamente sul viso e diventavano prede delle mani di Rakhsaan. Spezzò l'ultima frittella a metà e gli portò il suo pezzo alla bocca. Bastò quello perché il bambino lasciasse perdere i suoi capelli, ormai sporchi di succo di mela e zucchero.
Ripartirono dopo un paio d'ore, lei, sua sorella e tutte le Jinian del gruppo a parte due Anziane, che rimasero lì con gli uomini e le Ikaelan troppo stanche per proseguire. Anche Nemeria sentiva il peso della giornata di cammino gravarle sulle spalle, ma anche se avesse protestato, sapeva che sarebbe bastato un solo sguardo dell'Alta Sacerdotessa per metterla a tacere.
Arrivarono a un promontorio, un artiglio di pietre nere e aguzze che fendeva le acque. Alcune piante, per lo più rampicanti pelosi con foglie piccole e spesse, ne avevano colonizzato la sommità, mentre le sponde ripide erano diventate il territorio dei cirripedi.
L'Alta Sacerdotessa levò verso il cielo il bastone degli Spiriti. I tatuaggi vennero percorsi da una scarica di blu intenso che si sprigionò dagli occhi in un'aura azzurra. Gli spruzzi delle onde si fermarono a mezz'aria, il tempo del battito d'ali di una farfalla, e poi si ritirarono, aprendosi in un sentiero che percorreva il fianco del promontorio fino alla punta dell'artiglio.
Nemeria sgranò gli occhi. Al suo fianco, Etheram si concesse una bassa risata.
- Chiudi la bocca o si riempirà di sale. - la canzonò con tono bonario.
L'Alta Sacerdotessa si voltò verso di loro e le scrutò tutte con i suoi occhi bianchi e senza luce, prima di avviarsi.
L'acqua costituiva delle mura di un intenso blu cobalto che pareva grondare su uno specchio di vetro trasparente. Incredula, Nemeria le sfiorò con le punta delle dita. Sebbene fosse un sogno, quella sensazione le parve vera, concreta. Ma forse, pensò, era tutto frutto della sua percezione distorta da quella continua immedesimazione e alienazione dalla se stessa in quella dimensione.
- Non rimanere indietro. Il bello deve ancora venire. -
Etheram la prese per mano e la tirò appena per esortarla a muoversi. E Nemeria la seguì, così come aveva davvero fatto.
Nonostante la sua esitazione, era tutto nei tempi. Battute, eventi e gesti erano tutti costretti dall'ineluttabilità del passato.
Il sentiero deviava appena e si connetteva con una mezzaluna sabbiosa. L'Alta Sacerdotessa descrisse un semi arco davanti alla parete di roccia e le pietre ruotarono su loro stesse in una sincronia perfetta e fluida, rivelando un pertugio nascosto. Quindi si incamminò all'interno, seguita dapprima dalle Anziane e poi, solo quando della sua figura non rimase altro che il bagliore latteo dei tatuaggi, la prima delle Jinelle, una ragazza con i capelli corti e quasi bianchi legati in trecce aderenti alla testa. Il suo nome era Asa, ricordò Nemeria, ed entro due anni sarebbe diventata una delle Anziane più giovani.
La grotta era umida e odorava di salsedine e alghe. La sabbia non era calda e friabile come quella del deserto, ma compatta e fredda come la terra dopo un temporale. Tuttavia, l'inquietudine era svanita, spodestata da una sensazione di appartenenza e pace interiore che Nemeria non riusciva a spiegarsi. O meglio, la se stessa fatta di sogno non ne trovava la ragion d'essere, perché invece Nemeria sapeva a cos'era dovuta. Nonostante tutto, quando la vide, la sorpresa fu reale come la prima volta.
La pietra era alta poco più di due braccia, di un nero assoluto, come la tetra oscurità che ammantava gli angoli più remoti della stanza, irraggiungibili dalla luce del bastone degli Spiriti.
L'Alta Sacerdotessa e le Anziane si erano già inginocchiate. Non si voltarono quando Asa e tutte le altre si fecero il segno dei cakra prima di fare altrettanto. Nemeria imitò i gesti da dietro.
Una C con la falce a destra tra coccige e pube: Muladhara.
Palmo aperto sotto l'ombelico: Svadhisthana.
Una C con la falce a sinistra poco sopra: Manipura.
Mano di taglio sul cuore: Anahata.
Mignolo dritto, pollice opposto e le altre dita piegate: Vishuddha.
Pollici sulla fronte e le altre dita con le falangi congiunte: Ajna.
Mano a coppa verso l'alto: Sahasrara.
Pugno chiuso davanti agli occhi: Samagrata.
Dai tempi in cui le Jinian vivevano tra i mortali, quello era l'ultimo luogo di culto dello Spirito del Fuoco sopravvissuto alla devastazione. Ironico, pensarono entrambe le Nemeria, che si trovasse affacciato sul mare.
Perchè è chiamato anche "colui che si veste del mare".
La risposta di Etheram si era infilata tra i suoi pensieri come un sussurro, come se anche quella conversazione mentale fosse un affronto. Ma Nemeria voleva sapere, riesumare dalla cenere della memoria i tasselli di quel discorso che erano andati perduti nello scorrere impietoso degli anni.
"Gli elementali hanno davvero dei nomi?"
Sua sorella socchiuse le palpebre e spostò lo sguardo a destra e a sinistra per assicurarsi che nessuno le stesse guardando.
Tutto ha un nome. Esiste quello che ci viene attribuito dagli altri e che varia da luogo a luogo, da lingua a lingua. E poi c'è quello più importante, il Nome nel Buio, l'unica parola che descrive l'essenza profonda e veritiera di ogni cosa.
"Tu conosci il tuo?"
Sì, è stata la prima cosa che ho appreso, assieme a quello del mio elementale. Quando ti saranno rivelati, comincerai il tuo Primo sentiero.
"E quello dello Spirito del Fuoco? Lo conosciamo?"
L'Alta Sacerdotessa si alzò e l'aria intorno a lei divenne immobile. La luce si fossilizzò in un alone opaco che ingrigiva nel nero agli angoli della stanza. Tutte le donne rimasero pietrificate ai loro posti.
Nemeria avrebbe dovuto sentirsi spaventata, e una parte di lei, quella che dormiva nella scuola accanto a Noriko, lo era. Ma ce n'era un'altra che intuiva non esserci niente di cui preoccuparsi.
L'Alta Sacerdotessa posò una mano sulla pietra e il suo sguardo la colse subito, anche se era tra le ultime file. Quando parlò, i tatuaggi e gli occhi si accesero di una luce rossa, viva.
- Io sono colei che nasce delle acque. Sono Davagni, il fuoco che brucia il legno; Vadavagni, la fiamma che illumina l'ingegno; Jatharagni, l'incendio che divampa e distrugge. Ma il mio vero nome, Cuore di Fuoco, figlia di Chandra, è Agni. -
 
Nemeria si svegliò che il sole era appena sorto. Scorse l'ombra di Noriko che si vestiva piegata sul letto. La osservò con la mente ancora intorpidita dal sogno. Si passò una mano sul viso, si massaggiò le palpebre e poi, in uno sprazzo di vitalità, si mise a sedere.
"Agni... come il mio elementale."
Non sapeva che pensare. Poteva essere una coincidenza che avessero lo stesso nome. E Chandra? Chi era?
"L'ha menzionata anche l'Alta Sacerdotessa, prima di morire."
- Strano che non ti abbia dovuta svegliare io. - commentò Noriko.
Nemeria si passò le dita tra i capelli. L'unica cosa buona dell'averli ancora così corti consisteva nel fatto che non doveva preoccuparsi di pettinarli.
"Non ci sto capendo più nulla."
Si impose di mantenere la calma. Spostò la matassa di pensieri sconclusionati in un angolo della mente e focalizzò la sua attenzione sull'intavolare un abbozzo di conversazione. Mai come prima d'allora le sembrò difficile trovare le parole giuste per le domande di circostanza mattutine.
- Hai dormito bene? -
- Sì. Stanotte non ti sei mossa molto. -
- Tu, invece? Come ti senti? -
- Ho fame. Quando ero in infermeria ho mangiato sempre la solita zuppa d'avena. -
Noriko strinse la cintura poco sopra la vita, in modo da fermare il chitone. Prese quello che aveva usato per dormire e lo piegò sul letto, prima di infilarlo nell'armadio. Invece di chinarsi, si inginocchiò all'altezza del cassetto.
- Non che la nostra dieta sia molto variegata. - puntualizzò Nemeria con una smorfia.
- Vero, ma almeno cambia da giorno a giorno. -
Batuffolo si girò a pancia all'aria e si sgranchì le zampe nel sonno, per poi rotolare di fianco. Nemeria si apprestò vicino alla sua cuccia e lo grattò tra le orecchie e sotto la mandibola, affondando appena le dita nel pelo.
- Noriko, ascolta... che tu sappia, a parte noi, chi altri ha accesso alle nostre stanze? -
- A parte i servi e Koosha, nessuno può accedere alle camere. Nemmeno i lanisti. Perché ti interessa? -
- Curiosità. -
- Pensi che sia uno di loro a occuparsi di Batuffolo? -
Nemeria si dedicò a fargli i grattini sulla pancia. Il caracal si dimenò nel sonno e poi le afferrò la mano con entrambe le zampe, mentre faceva le fusa contento. Il biglietto era ancora lì, nascosto sotto il materasso, poiché si era completamente dimenticata di buttarlo. Non che la preoccupasse molto: se era sempre la stessa persona a occuparsi della sua stanza, e anche se lo avesse trovato non ci sarebbero state ripercussioni.
"Potrei provare a scrivergli anch'io un biglietto, magari per sapere il suo nome..."
- Nemeria? -
- Ah? -
Noriko sospirò e ripeté: - Volevo solo sapere se pensi che sia uno dei servi a occuparsene. -
- Se mi dici che solo loro possono, non può essere altrimenti. Anzi, considerando che ancora non è successo nulla, credo che potrebbe essere la stessa persona. Tyrron non ha avuto il tempo materiale di parlare con Koosha, mi ha detto Morad. -
- Non sarebbe strano: ogni servo si occupa di un'ala della scuola. Comunque, anche si venisse a sapere, dubito che verresti punita. Il massimo che può accadere è che Tyrron debba sborsare dei soldi per aver infranto le regole. -
- E Batuffolo? -
- Non so, dipende da come Koosha decide di gestire il tutto. -
Quello non fece sentire meglio Nemeria. Indugiò in una carezza sotto il mento e poi seguì Noriko fuori fino al refettorio. Al solito tavolo le attendevano sia Durga che Ahhotep, entrambe già intente a consumare la colazione a base di fichi secchi, pane, miele e la sagina, una zuppa d'orzo con lenticchie bagnata con vino acetato. A Nemeria non piaceva granché, ma sapeva che se avesse deciso di non mangiare, non sarebbe arrivata nemmeno a metà della mattinata.
- Tara mi ha detto che stamattina tornerò ad allenarmi con Roshanai. - Durga sorrise, per poi imbronciarsi subito, - Sono contenta, ma vorrei tanto rimanere con voi. -
- Saranno semplicemente nell'altro campo. - le rispose annoiata Ahhotep.
- Sì, lo so, ma non saremo tutte insieme. Mi mancherete molto... -
Noriko non disse nulla e così toccò a Nemeria rimediare.
- Ci vedremo tutte le mattine, a pranzo e a cena. Non ti devi preoccupare di niente, davvero. -
- Se Roshanai è tornata in forze, anche tu dovrai andare. - Ahhotep prese una lenticchia e, dopo averla ripulita da ogni residuo di zuppa, la portò alla bocca, - Quindi io e Noriko ci alleneremo con Sayuri, mentre tu e Durga starete assieme, così come doveva essere fin dall'inizio. -
I pensieri di Nemeria subirono un forte contraccolpo. Non sapeva perché, ma in fondo in fondo lo sguardo della Syad del fuoco la sera precedente era stato molto esplicativo. Era stata lei a non aver preso sul serio quel "domani".
- Oh... - sospirò Durga.
- Non è detto, Ahhotep. Ci sono stati casi in cui Sayuri ha allenato anche Dominatori di altri elementi. - intervenne Noriko.
La ragazza fece spallucce e inzuppò la mollica di pane nel latte. Nemeria notò lo sforzo che ci metteva a mangiare, era palese quasi quanto il sussulto che le contrasse le dita e le braccia.
"Mi teme."
A quella considerazione si accompagnò una piacevole e pungente soddisfazione.
- Non ho paura. - dichiarò, e mentre lo diceva si rese conto che era davvero così.
- Così parla una Dominatrice del fuoco! - Durga batté un pugno così forte sul tavolo da far tremare tutto.
Nemeria le sorrise di rimando e poi cercò gli occhi di Noriko, ma lei non sembrava essere molto interessata alla conversazione. Rimase dritta sulla sedia, anche se era chiaro dalla rigidezza della sua postura quanto le costasse comportarsi come al solito.
- Vuoi che ti accompagni in infermeria? -
La ragazza scosse la testa e si pulì la bocca.
- Vado appena finiamo di fare colazione. -
- Sarebbe meglio andassi ora. Sai com'è Sayuri. - azzardò Ahhotep.
- Lo so, ma... - trasse un profondo respiro e strinse forte il cucchiaio, - Finisco di mangiare, prima. Farò un allenamento diverso dal tuo, ma non per questo meno faticoso. Ho bisogno di energie se non voglio crollare prima di pranzo. -
Nemeria strinse il pugno e represse l'impulso di prenderla di forza e trascinarla da Nande.
Io sono l'incendio che divampa e distrugge, Jatharagni.
Le parole dell'elementale le rimbombarono nelle orecchie, autoritarie e potenti come la voce che le aveva pronunciate.
- Fiammella, eccoti qui. Ti stavamo cercando. -
Abayomi si avvicinò al loro tavolo, seguito da Zahra. Nemeria rimase seduta finché non si ritrovò faccia a faccia con lui e il suo ghigno da iena.
- Se hai finito di fare colazione, vorresti venire un attimo a parlare con noi? -
- Puoi farlo qui. - intervenne brusca Noriko.
Stringeva il cucchiaio come un'arma, così forte da far sbiancare le nocche.
Il sorrisetto di Abayomi si allargò.
- Devi sapere, cara Noriko, che io e Nemeria siamo diventati amici in tua assenza. E da cari amici quali siamo avremmo delle cose di cui parlare. -
- Non ha tempo da perdere. A differenza dei vostri allenatori, i nostri Syad non sono così permissivi. -
- Cos'è, hai perso la lingua, marmocchia? Ti fai mettere le parole in bocca da una sporca tian del cazzo? - ringhiò Zahra.
- Questa sporca tian del cazzo... -
Nemeria le cinse il braccio con una mano per metterla a tacere.
- Ho finito di mangiare. Possiamo pure andare a parlare qui fuori. -
Zahra snudò un sorriso da predatrice che le fece accapponare la pelle: si era fatta segare alcuni denti in modo da renderli affilati come quelli di uno squalo. La rabbia però era lì, a sostenerla, un fiume che premeva contro una diga crepata. Il collare e la pietra di luna cominciarono a surriscaldarsi.
Prese il vassoio quasi stritolandolo e si alzò. Noriko l'afferrò per un polso.
- Vengo con te. -
- No, tu devi andare in infermeria. -
- Allora ti accompagniamo io e Ahhotep. - si propose subito Durga.
- No, non mi serve aiuto, posso farcela da sola. -
- Non devi dimostrare niente a nessuno. - insistette Noriko.
Nemeria la fissò e capì: per Noriko, era una bambina debole e incapace di difendersi. E lei, fino a quel momento, non aveva fatto altro che rafforzare quella sua convinzione. Strattonò il braccio finché non la liberò dalla sua presa, furiosa e amareggiata al tempo stesso.
- Tu ora finisci di fare colazione e poi vai da Nande a farti medicare. Non serve che ti preoccupi per me: se provano a farmi del male, non esiterò a riferirlo a Tyrron. -
Non seppe nemmeno lei come fece a mantenere la calma. Si sentiva in fiamme, come se fosse preda della febbre, eppure il riflesso nel bicchiere d'acqua non mostrava alcun segno di rossore sulle sue guance.
- Durga, tu vai. Io ti raggiungerò quando ho finito. -
- È questione di un paio di minuti. Poi potrai correre libera e felice dalla tua amata Syad che, sono certo, non vede l'ora di rivederti. -
Nemeria ignorò la frecciatina di Abayomi. Senza aggiungere altro, posò il vassoio e uscì con loro.
Si fermarono al limitare del campo centrale, dove già due coppie di gladiatori si stavano allenando a colpi di spade e scudo. Zahra si posizionò alle spalle dell'ex capo dei Cani, mentre questi si appoggiò alla colonna.
- Dunque, in questi giorni ho riflettuto a lungo sulla nostra conversazione avuta nei bagni e credo di aver deciso cosa voglio in cambio delle informazioni che desideri. - fece una pausa a effetto e si mordicchiò l'interno della guancia come se stesse ancora riflettendo sul da farsi, - Quel ciondolo che hai al collo mi piace molto. Dammelo e prometto di dirti tutto quello che vuoi sui tuoi cari amichetti. -
La mano di Nemeria cercò il calore rassicurante della pietra di luna. Il suo regalo più caro, l'ultimo ricordo della sua tribù.
- E chi mi assicura che quello che mi dirai sarà la verità? -
- Nessuno. Però pensaci: se rifiuti a priori, rimarrai sempre col dubbio di aver perso la tua occasione. -
- Se è tutta una presa in giro, io... -
- Tu cosa? - ringhiò Zahra e le mise le mani ai lati della testa, in modo da tagliarle ogni possibile via di fuga, - Vai da Tyrron e gli racconti tutto? Non ti aiuterà perché sei solo una schiava. Finché non ti rompi del tutto, sarai sempre una pedina rara e speciale da buttare in arena. E noi non siamo così stupidi da picchiarti al di fuori di un combattimento ufficiale, anche se mi manca lo schiocco delle tue ossa sotto le nocche. -
Nemeria si morse la lingua a sangue, decisa a trattenersi, ma le parole le scivolarono dalle labbra senza che il suo cervello registrasse il movimento della bocca.
- A me pare che quella che è finita al tappeto fossi tu. - sibilò e inarcò entrambe le sopracciglia, inclinando la testa di lato, - E nell'aria c'era un gran puzzo di carne bruciata. -
Il passaggio d'espressione da balda tracotanza a rabbia incontrollata di Zahra le strapparono un sorriso.
- Calmiamo gli animi, signore. Non è il luogo né il momento adatto per scaldarsi così tanto, soprattutto con così tanti occhi indiscreti puntati addosso. -
Abayomi mise una mano sulla spalla della sua compagna. Zahra mantenne gli occhi puntati su Nemeria ancora un momento, prima di staccare entrambe le braccia dal muro e compiere qualche passo indietro. Le guardie che sorvegliavano il refettorio e il porticato li stavano fissando.
- Facciamo così: hai tempo tre giorni per pensarci. Tanto ci vedremo tutte le mattine, quindi quando hai preso la tua decisione basta che giri la testolina e io sarò lì vicino a te. - ghignò il ragazzo e aprì le braccia con fare teatrale, - Sai qual è la parte divertente delle scommesse, Fiammella? Sai quel che perdi, ma non sai quel che vinci. Ma se non si rischia un po' nella vita, non si può ottenere nulla, giusto? -
Si allontanò in una risata grassa e Zahra si affrettò a seguirlo spedita, salvo poi girarsi per lanciarle un'ultima occhiata truce. Nemeria ne sostenne il peso e rimase immobile finché non girarono sull'altro lato del porticato.
Le fiamme nel suo cuore divennero braci ardenti sotto la polvere della frustrazione.

  
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