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Autore: Ormhaxan    02/02/2018    3 recensioni
George Plantageneto, Duca di Clarence (1449 - 1478) è stato il fratello di due sovrani, cugino di sovrani, discendente di sovrani eppure non fu mai sovrano a sua volta.
Isabelle Neville, Duchessa di Clarence (1451 - 1476), fu moglie di George Plantageneto, sorella di una regina d'Inghilterra, ma non fu mai regina.
Questa è la loro storia narrata attraverso una raccolta di One-shots, partendo dall'infanzia, proseguendo con il matrimonio, le guerre che imperversarono e distrussero la loro stessa famiglia e i loro figli, fino alle loro tragiche e violente morti premature.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Royals


 

«And we'll never be royals
It don't run in our blood.
»

Lorde
– Royals







Londra, Settembre 1461
 
 
 


Isabel stava raccogliendo delle margherite nel vasto giardino del Castello di Baynard quando George la raggiunse per porgerle i suoi omaggi.
Si conoscevano da sempre loro due e, nonostante i suoi sforzi per nasconderlo, segretamente il biondo la considerava la sua più cara amica — i suoi fratelli e sorelle da sempre lo prendevano in giro per questo, mettendolo in imbarazzo e facendolo puntualmente arrossire.
Era una mite giornata di fine estate e il sole le baciava il viso candido, mentre il tiepido vento proveniente da Est scompigliava i neri capelli lasciati morbidamente sciolti e alleviava il rossore sulle gote rosse come un frutto maturo.
Non mancava molto allo scoccare della dodicesima ora e, come sempre quando c’erano delle giornate così miti, George era certo di trovarla là, immersa nella natura e intenta a raccogliere fiori di campo com’era da sempre stata solita fare anche nei prati adiacenti all’imponente castello della sua famiglia e di suo padre Richard Neville, Conte di Warwick, soprannominato da qualche mese – da quando suo fratello maggiore Ned aveva preso il potere ed era stato incoronato Re d’Inghilterra e Irlanda – il “Creatore di Re”.
Era passato solo qualche mese dal suo ritorno dalla Borgogna, dal suo forzato soggiorno presso la corte di Filippo1 eppure per George sembrava essere passata un’eternità.
Era stato mandato in quella terra straniera insieme a suo fratello minore Richard, il più piccolo e taciturno della famiglia, per ordine della sua stessa madre e lì aveva passato lunghe settimane fatte di solitudine e incertezze, durante le quali si era più volte chiesto se avrebbe mai rivisto la sua terra natia, le sue sorelle e suo fratello Edward.
Suo fratello era da sempre il suo modello, ma adesso che stava combattendo per vendicare il proprio padre perito in un manto di neve insanguinata insieme ai proprio uomini, al sangue del suo sangue2, era divenuto il suo eroe.
Notizie frammentarie erano giunte alla corte di Borgogna in quei mesi, notizie contrastanti, incerte, come incerta era stato l’esito della guerra tra cugini che da troppo tempo stava mettendo il paese in ginocchio.
Giorno dopo giorno la speranza si era alternata all’angoscia e alla miseria, ma poi la notizia era giunta e tutto era cambiato: tre mesi dopo il momento più buio della breve vita di George e dei suoi fratelli, la ruota era girata e i cittadini di Londra avevano offerto la corona a Edward, Duca di York, acclamato il loro nuovo sovrano tra le mura di Westminster Hall.
La rosa bianca di York aveva in fine vinto, prevalendo sul rosso3 che aveva insanguinato i loro animi e i loro corpi, permettendo a quelli che ben presto sarebbero divenuti Clarence e Gloucester4 di tornare a casa.

Vedendola in quel prato, George tentò di ricordare il loro primo incontro, ma non ebbe successo: conosceva Isabel da tutta la sua breve vita, per lui era sempre stata una figura presente al suo fianco, così come lo era stato Edward, come lo era stato suo fratello Edmund.
Isabel c’era sempre stata, così come Anne, secondogenita del Conte di Warwick, ma a differenza di quest’ultima tra lui e Isabel c’era sempre stato un rapporto speciale, una complicità nonostante la sua passione nel tormentarla, tirarle le trecce e fare scherzi che alcune volte avevano finito per farla piangere – lui odiava, odiava vederla piangere — e farlo sentire come il peggiore bambino del mondo.
Con un sorriso compiaciuto stampato in viso – un sorriso che Isabel avrebbe definito sfacciato e insolente – si avvicinò di soppiatto a lei, ancora intenta a raccogliere fiori e annusarne il buon profumo, e da dodicenne dispettoso qual era si avventò sui suoi fianchi infantili non appena fu ad una distanza giusta, solleticandoli dispettosamente e facendola sobbalzare sia per la sorpresa che per la paura.

«George!» esclamò impettita e offesa, riservandogli un’occhiataccia di rimprovero «Sei impazzito per caso, cosa…»
Isabel sbarrò gli occhi verdi, rendendosi conto solo in quel momento che lui era di fronte a lei, che quello non era uno dei suoi sogni: sebbene lo avesse intravisto tra la folla di nobili tre mesi prima, impettito ed estremamente serio durante l’incoronazione del sovrano presso San Paul, quella era la prima volta che era data loro la possibilità di parlare faccia a faccia.
 «George!» esclamò per la seconda volta, scattando in piedi e avvicinandosi di qualche passo «Sei qui, sei tornato!»
«Aye, siamo tornati.» le disse a sua volta il ragazzo annuendo, nonostante quella domanda fosse alquanto sciocca: dopo tutto, era in Inghilterra da mesi e si erano visti di sfuggita all’incoronazione «Ti avevo promesso che sarei tornato, ricordi? Te l’ho scritto più volte nelle nostre lettere».
«Nessuno mi ha informata del vostro ritorno, non mia madre e neppure la Duchessa Cecily.»
Isabel storse il naso, seccata: anche quella volta l’avevano trattata come una bambina, l’avevano tenuta all’oscuro di tutto, l’avevano ignorata deliberatamente: «Perché non mi hai detto che saresti tornato?»
«Mi dispiace, Izzybel,» si scusò George, grattandosi nervosamente la nuca e fissando la punta dei piedi «Non ne ho avuto il tempo: un secondo prima eravamo in Borgogna, alla corte di Filippo, e un secondo dopo nuovamente in Inghilterra, a Londra».
Isabel arricciò le labbra, ponderò sulla possibilità di credergli o meno, ma quando vide nei suoi occhi nocciola dalle venature verdi il sincero dispiacere capì che era stato sincero, come sempre quando erano insieme.
«Scuse accettate, ma…» Isabel prese un profondo respiro e, coraggiosa, si lanciò tra le sue braccia e lo strinse forte.
«Non andartene mai più!» proseguì singhiozzando quando le parole tornarono, ricordando la solitudine, la disperazione che per giorni le aveva fatto temere il peggio, creduto che il suo migliore amico, come suo padre, fosse morto e perso per sempre «Non ti azzardare, capito?»
«Non preoccuparti, Izzybel, non ho intenzione di andare da nessuna parte.» la rassicurò, asciugando con il polpastrello un lacrima dispettosa che stava rigando la sua guancia arrossata: «Ora che Ned è stato incoronato e i nemici in fuga la pace non è distante; vedrai, presto potrai tornare a casa, ritornare alla tua vecchia vita e quando potrò verrò a trovarti e…»
George si zittì improvvisamente. Il suo sguardo, senza volerlo, era caduto sulla spilla a forma di rosa bianca appuntata sul vestito dai colori pastello e broccati di sera all’altezza del cuore, una spilla che non molto tempo prima era appartenuta a lui.
«La conosco quella spilla!» esclamò, indicando il suddetto oggetto «È un dono che mi ha fatto mia sorella Anne per il mio decimo compleanno».
«Oh!» la piccola mano di Isabel corse automaticamente alla spilla, coprendola quasi completamente, e imbarazzata si morse il labbro inferiore «Mi dispiace, non volevo rubarla, è solo che…»
Isabel tentennò nel timore che quel gesto potesse essere visto come l’ennesima marachella di una bambina; fugacemente lo guardò sottecchi per accertarsi che lui non fosse arrabbiato e poi dichiarò: «L’avevi lasciata nella tua stanza e dato che Anne aveva il libro di Richard anche io volevo qualcosa di tuo, per tenerti sempre vicino.»
 George sorrise: in quel momento si sentì trionfante, onorato e il suo ego si espanse al pensiero di essere sempre nei pensieri di qualcuno, nei suoi pensieri.
«Ma ora che sei tornato posso ridartela, posso…» Isabel iniziò ad armeggiare con l’apertura della spilla, cercando di sganciarla, ma si bloccò immediatamente quando percepì la mano calda di George fermare la sua.
«No, tienila.» disse, continuando a sorridere e a stringere la sua mano «Io non ne ho bisogno e poi devo ammettere che dona molto più a te che a me».
«D-davvero George, davvero posso tenerla?» chiese sbalordita e lo abbracciò nuovamente quando lui annuì: «Oh, grazie! La conserverò come il più prezioso dei tesori, non me ne separerò mai!»

Isabel gli diede un veloce bacio sulla guancia, compiendo un gesto impulsivo, non da lei e George percepì il suo cuore perdere un battito, il suo viso andare a fuoco — era tutto così nuovo per lui, che di solito si limitava a nasconderle i giocattoli o dirle parole spesso cattive.
Forse, si disse, in Borgogna era davvero cambiato come sosteneva da qualche giorno la sua nobile madre.
Isabel rise divertita e, colte dal prato le margherite che precedentemente aveva fatto cadere per abbracciarlo, lo superò senza aggiungere altro e se ne tornò spensierata all’interno del castello.
 

*



1. Filippo di Borgogna noto anche come Filippo III il Buono è stato duca di Borgogna, conte di Borgogna, Artois e Fiandre dal 1419 fino alla morte avvenuta nel 1469. Suo figlio, Carlo il Temerario, sposò la sorella di George, Margherita.
2. Nella battaglia in cui perse la vita Richard, Duca di York, perse la vita anche il suo secondogenito Edmund, Conte di Rutland.
3. E' un richiamo alla rosa rossa, simbolo dei Lancaster.
4. Una volta divenuto sovrano, Edward IV conferì ai suoi fratelli il titolo di Duca di Clarence e Duca di Gloucester.





Angolo Autrice: Hello, folks! Forse alcuni di voi ricorderanno questa storia pubblicata tempo fa in un altro mio fandom.
Ho deciso di modificarla, ampliarla e renderla prettamente storica, allontanandomi così della prima versione. Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e che tutto sia stato il più chiaro possibile. Se vi va lasciatemi una recensione, ne sarei contenta.
Alla prossima,
V.
  
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