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Autore: WhiteRaven_sSR    03/02/2018    0 recensioni
Ero stufa delle solite storie banali di vampiri, quindi ho partorito questa storia..."singolare" spero. Man mano che prosegue dovrebbe assumere sfumature ancora più strampalate, #stay tuned!
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Bryan è un aspirante chef appassionato di fotografia che non perde occasione per divertirsi quando può, dopo essersi trasferito a Madrid, città colorata e allegra piena di locali spumeggianti. In una serata in uno dei club della città fotografa quello che sospetta essere uno fissato con i vampiri, tanto bravo con trucco e interpretazione da sembrare quasi vero. E tanto bello da non poterselo lasciar sfuggire! Ma Javier, questo il suo nome, non è uno che ci va tanto per il sottile, rimanendo comunque avvolto da un velo di mistero all'occasione. Sarà davvero un nerd fissato con il cosplay o la vita di Bryan potrebbe essere in pericolo?
Genere: Commedia, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quel figlio di...vabbè, lasciamo perdere! Ladro oltre che falso vampiro. Doveva averla presa lui la scheda, poco ma sicuro.
Un sospiro fuoriuscì dalle labbra dell'irlandese, seccato più che mai di dover tornare a casa dell'altro per recuperare la propria memory. Se l'avesse fatto di proposito, inoltre, come diavolo avrebbe fatto a convincerlo a restituirla? Non è che il proprio fisico fosse esattamente portato per gli scontri violenti. Per non parlare del fatto che non ne vedeva alcuna utilità in quel gesto. Va bene, forse allo spagnolo aveva dato fastidio essere fotografato al locale, ma andiamo, da lì a rubare le cose altrui...
No, quello era uno sconosciuto e lui si era fatto infinocchiare alla grande. Un po' in tutti i sensi, ma sorvoliamo questo piccolo particolare.
Bryan tornò quindi a stendersi sul letto, osservando il soffitto con aria imbronciata, mille pensieri per la testa sul perché o il per come quello sbandato gli avesse rubato la schedina. Ormai però era andata, non aveva senso rimuginarci troppo sopra e star lì a piangersi addosso: dopo il lavoro sarebbe tornato a casa sua e lo avrebbe convinto a ridargli ciò che gli apparteneva. E gli avrebbe fatto una bella ramanzina. E lo avrebbe preso in giro per la sua stupida fissa. E...insomma, troppi “e” da aggiungere man mano che pensava a tutte le imprecazioni che avrebbe voluto sputargli addosso in toni ben poco carini.
Quindi trascorse quel poco tempo rimastogli a giocherellare con il telefono, di tanto in tanto emettendo qualche mugolio corrucciato, borbottando tra sé e sé parole velenose.
Di per sé Bryan aveva un carattere gentile ed era sempre disponibile con tutti, e a volte sì, i suoi comportamenti prendevano dei connotati ingenui, ma tutto ciò era troppo.
Una doccia veloce poi non glie la tolse nessuno, giusto per calmare i bollenti spiriti, infine dopo aver recuperato la borsa a tracolla sportiva, di quelle che si usano comunemente a scuola, e averci buttato dentro alla buona le chiavi e quelle quattro cose di cui necessitava, si avviò verso il posto di lavoro, non troppo distante. In fondo finchè casa e lavoro si trovavano in centro, non gli serviva poi molto per spostarsi, una ventina di minuti a piedi o in metro e si sarebbe trovato ben presto in tutti i luoghi più trendy della città. Comodo vivere in centro, non si era pentito di quella scelta.
Quartiere Salamanca. Ecco la meta da raggiungere tramite la ormai solita linea 5, che dalla fermata Toledo lo avrebbe portato ad Alonso Martinez senza bisogno di cambi, tra gente di corsa per rientrare al lavoro, mamme con bambini intente ad andare al parco del Reitiro o giovani che saltavano scuola. Nulla sembrava poter disturbare la quiete di Bryan, fatta eccezione per la scoperta di poche ore prima. Ma sì, meglio non pensarci. Avrebbe dovuto lavorare ora.
Sceso alla fermata giusta, Calle de Génova gli sembrò sempre più lunga di quanto ricordasse, ma ormai era all'ordine del giorno. Non avrebbe comunque impiegato troppo ad arrivare in fondo, svicolando poi a destra e a manca per i vicoli del quartiere in stile ottocentesco, sede di diverse figure politiche del passato e del presente. In effetti a pensarci bene quel quartiere aveva tutto ciò di cui lui avrebbe avuto bisogno, a partire dai ristoranti di lusso, fino al prestigioso museo delle cere, per terminare con la stessa architettura in un ampliamento urbanistico portato a termine durante il regno di Isabella II. Un quartiere per ricchi e nobili, insomma, tutto ciò che un ragazzetto di campagna abituato alle mucche al pascolo o quasi, avrebbe sempre desiderato.
Una volta raggiunta la meta eccolo lì, il tanto amato locale: due piani di lusso e sfarzo, nonché cristalleria sui tavoli, imbellettati da tovaglie di ricercato tessuto ricamato in un pattern di fine damascato bianco, a rendere il tutto più luminoso. Anche all'esterno le posate in argento, poste su tovaglioli bordeaux altrettanto fini, risplendevano sotto ai raggi del sole, sempre battente in quella città, nel paese delle spiagge limpide, delle lotte con i tori nello sterrato polveroso, della Sierra selvatica e ostile.
Il sommelier all'entrata stava servendo una coppia, fidanzati a giudicare dagli sguardi romantici, dal risolino di lei in contrapposizione a quella ostentata sicurezza del cavaliere che le sostava davanti, in una scena da cartolina con tanto di perfetto ambiente luminoso e raffinato, dove tutto spende e chissà, forse le avrebbe anche chiesto di sposarlo.
Per un attimo Bryan rimase in contemplazione del locale, come perso nei propri pensieri e in quel velato romanticismo che dava speranza anche a uno come lui. Avrebbe trovato la persona giusta, si sarebbe spostato e avrebbe adottato qualche bambino per rendere la propria famiglia perfetta, dove papà e papà si sarebbero occupati di tutto come una dolce coppia di sposini felici. Un sogno a occhi aperti. Nel vero senso della parola.
Bryan che ci fai lì fuori?! Entra, muoviti!”
La voce di Miguel, il cuoco, nonché proprietario del locale, lo riportò alla realtà. Non che fosse scortese o cosa, solo un po' brusco nell'esprimersi, di tanto in tanto.
Ma quell'essere richiamato all'ordine lo fece voltare nella sua direzione, per far crollare un'altra volta tutti i suoi sogni di giovane venticinquenne in erba, deciso più che mai a farsi una vita decente, invece di passarla in quello che era davvero il proprio posto di lavoro: un tapas bar con tavola calda e piatti tipici della zona. Di fronte al ristorante meraviglioso di due secondi prima, ovviamente.
Perché “El lobo serrano” non aveva proprio niente a che fare con l'eleganza del “Cervantes” lo stesso che dava il nome al famoso istituto di lingua e sì, anche a quel bel locale elegante in cui si vedeva già sposato con figli, fino a pochi secondi fa!
Bryan sospirò, scuotendo la testa qualche istante prima di avviarsi verso il posto di lavoro, entrando nel locale senza troppa enfasi, incontrando i colleghi intenti a finire di sistemare, qualcuno come Miguel uscito a fumare una sigaretta per qualche minuto.
Ciao ragazzi...” salutò, sospirando ancora.
Quel posto non era una topaia o chissà quale strambo locale in cui si mangia male o cosa, Miguel in effetti era molto bravo e sapeva gestire tutto, nonostante ogni tanto gli desse buca per qualche serata, ma all'irlandese sembrava di perdere il proprio tempo in quel posto. Troppo rustico, ecco la verità. Tra tavolini e bancone di legno all'entrata e la saletta più interna, giusto un po' più ricercata nel design e nell'ordine, non era nulla di speciale. Niente damascato e lampadari con cristalli a goccia per il “lobo serrano”, no, solo tanto legno, manco si trovassero all'interno di una nave pirata!
Sentì giusto velatamente i colleghi rispondere al proprio saluto, avviandosi verso il retro dove avrebbe indossato abiti meno ricercati, per quanto jeans e canottiera lo potessero essere, passando a pantaloni scuri e maglia a maniche corte bianca, giusto un po' più formale. Ringraziava Dio ogni volta per non aver fatto venire in mente a Miguel la bella idea di mettere in dotazione una qualche sorta di cappellino con visiera, di quelli stupidi che spesso si vedono nei fast food o cose simili. Già i propri capelli non stavano in ordine di loro, figurarsi se avesse preso l'abitudine di indossare un cappello!
Abiti convenzionali: fatto. Giornata intensa causa lavoro: fatto. Sorriso smagliante per accogliere i clienti...beh, possiamo lavorarci.
Il solo pensiero di iniziare a lavorare gli fece venire voglia di fuggire. Non che fosse colpa del povero Miguel, ci mancherebbe, ma quando lo avevano assunto per aiutare in cucina, tutto si sarebbe aspettato tranne un locale simile. Era stato troppo felice di avere quell'opportunità, all'estero tra l'altro, quindi si era detto che si sarebbe adattato e avrebbe fatto del proprio meglio in ogni circostanza. Nulla di più sbagliato.
Il turno di per sé non sembrò durare molto, per fortuna, tra clienti esagitati per la fretta, le tipiche famiglie in vacanza e i gruppi di ragazzi intenti a passare lì la pausa pranzo, prima di dover poi rientrare a scuola.
Bryan aveva preferito i corsi di formazione, all'università, che già di per sé aveva trovato fin troppo difficile. Quindi si era dato a una serie di corsi e master nelle discipline più disparate, volendo imparare le basi di tante specialità diverse. Prima aveva iniziato nel proprio paese, poi si era spostato a Londra e una volta saputo di Madrid, ne era stato entusiasta. Almeno finchè non aveva messo piede in quel locale e ci aveva lavorato per una settimana.
A volte il turismo e la folla erano talmente tanti da fargli desiderare li lanciare fuori dalla porta tutti i clienti con un paio di scarpate nel sedere a testa. Aveva passato l'inverno precedente a fare un corso di spagnolo avanzato, ma il turismo era talmente aumentato che gli erano capitate persone da tutta Europa e quando nessuno parlava né spagnolo, né inglese, la cosa si era rivelata un problema.
Una volta terminato il servizio, decise di uscire a prendere una boccata d'aria sul retro, prima di cambiarsi. Fu lì che trovò Miguel intento a fumare l'ennesima sigaretta, canticchiandosela con un banjo, o qualcosa di simile, alla mano.
Oh, scusami, non volevo disturbare.” disse Bryan, accorgendosi di lui.
Miguel si limitò a sollevare la mano, per sventolarla a mezz'aria senza troppi problemi, rimanendo seduto sulla cassa di birra, probabilmente appena arrivata.
Un armadio di uomo, ecco come lo si poteva definire. Un metro e novanta buono per due spalle larghe da nuotatore e quella barba perennemente incolta, oltre a un sorriso invidiabile. L'allegria dello spagnolo avrebbe potuto stendere anche la persona più seria, finendo inevitabilmente per farla ridere, facendola aggiungere al gruppo vuoi di lavoro, vuoi di semplice bevute, fosse una giornata normale o nel pieno dei festeggiamenti.
Ragazzo, lasciatelo dire, hai una pessima cera, oltre che un pessimo odore addosso. Ma dove diavolo sei stato?” sbottò Miguel, prima di scoppiare in una sonora risata.
Non era il tipo di Bryan, con tutto il rispetto. Oltre a essere il suo capo.
Ho fatto tardi sta notte, sono rimasto in un club di Chueca fino a una certa ora e poi sono andato via con un tipo.”
Lo stesso imbecille che gli aveva fregato la memory card! Se non altro lavorare gli aveva fatto dimenticare tutto quel caos giusto per qualche ora. Poi gli venne un'illuminazione, come se improvvisamente si fosse ricordato qualcosa.
Conosci un certo Javier? Alto, moro...” riprese.
Un fisico da urlo, per non parlare di quegli occhi magnetici...ah, sì, giusto, crede di essere un vampiro. Meglio lasciar perdere.
Ma chi, quel vampiro? E' conosciuto in città.” chiese l'uomo, scoppiando poi a ridere. “Non dirmi che sei andato a letto con lui! Bryan, sapevo dei tuoi gusti particolari, ma diamine, uno svitato come quello potevi anche evitartelo.”
Un tiro alla sigaretta, mentre le corde dello strumento non vennero mosse di un millimetro. Miguel sapeva bene che a Bryan piacevano i ragazzi, non ne aveva mai fatto un dramma in una città simile, di mentalità molto aperta, ma evidentemente conosceva quella sottospecie di pipistrello succhiasangue e anche lui gli dava dello svitato. A sentirgli dire certe cose, il rossore si palesò sul viso dell'irlandese, vergognoso come poche altre volte.
Che c'è, era un bel ragazzo! Lo so che è scemo e pensa di essere una specie di...di pipistrello con le ali, ma non si può negare che fosse attraente!” sbottò.
L'agitazione lo fece pure straparlare. Pipistrello con le ali...genio, tutti i pipistrelli le hanno! Sospirò poco dopo, cercando di calmarsi, vedendo l'altro ridacchiarsela di gusto.
Ragazzo, fai attenzione a quello lì. Cioè, dicono sia un bravo ragazzo e pare non beva sangue umano, ma sul serio, i tipi come lui non mi piacciono molto. E non perché dice di essere un vampiro, non ho nulla contro i vampiri, ma quello è il tipo di persona che non cambierà mai.”
Normale che usasse quell'appellativo, “ragazzo”, vista la differenza d'età. Un momento, come sarebbe a dire che non ha nulla contro i vampiri?! Pure lui ci si metteva con questa storia? L'espressione di Bryan la diceva lunga, non sapeva se credere di più alle parole premurose del proprio datore di lavoro, o a questo punto, di Javier stesso. Insomma, parliamone, un vampiro gira per la città e tutti ne parlano come se fosse normale? Assurdo.
Miguel sembrò pensieroso e l'irlandese stava per fare l'ennesima domanda, quando uno dei colleghi li interruppe, aprendo la porta che dava sul retro, da cui erano usciti entrambi.
Capo, la settimana prossima vai via tre giorni, giusto?” esordì il collega.
Sì, segnalo pure sul calendario, così ci organizziamo come facciamo sempre e magari...metti Bryan come vice. Sono curioso di vedere che sa fare questo piccoletto.”
Per un attimo al ragazzo mancò un battito. Vice chef, un titolo così importante anche solo per mezza giornata era come ricevere un milione di euro. Oddio, “chef” era una parola grossa. E no, un milione di euro forse era troppo.
Gli occhietti vispi del ragazzo si posarono in quelli di Miguel, che pareva guardarlo come fosse il padre fiero dell'anno, certo di aver riposto la propria fiducia in buone mani, a vederlo così impettito. Altro che armadio, a vederlo da quell'angolazione pareva ancora più imponente. Dallo sguardo dell'irlandese si evinceva tutta la gratitudine che sprizzava fuori dai pori senza freni e lo chef non fece altro che sorridere e sghignazzare poco dopo, scuotendo la testa come se lo trovasse adorabile. Probabilmente era così, ma al momento a Bryan non importava.
Non tornò sull'argomento “vampiro”, tanto sarebbe dovuto andare di nuovo a casa di quel cretino in ogni circostanza, preferendo ringraziare per la possibilità datagli e rientrare a cambiarsi gli abiti, terminato il turno di lavoro. Ovviamente nessuno di loro lavorava troppe ore filate, ma ridendo e scherzando si era fatto pomeriggio inoltrato, quindi avrebbe dovuto sbrigarsi a recuperare ciò che gli apparteneva.
Ricordava ancora la strada, ormai memore delle viuzze più improbabili della città, visti i locali che era solito ricercare per le fotografie e per il proprio piacere personale. L'Irlanda rispetto a quel paese baciato dal sole era totalmente diversa, poco ma sicuro, di conseguenza ogni scusa era valida per andarsene in giro a cercare nuovi scorci e nuovi locali da esplorare.
Aggiungendoci il caos frenetico della vita del sud e l'accoglienza degli spagnoli, non era difficile immaginare come sarebbe andata a finire in ogni caso, per un tipo espansivo come lui. Espansivo, ma pur sempre nel limite della propria privacy e questo non fece che fargli mantenere in testa quel tarlo della memory per tutto il tragitto fino al quartiere Chueca, che trascorse comodamente a piedi, talvolta borbottando tra sé e sé da solo. A chiunque non farebbe piacere, andiamo!
Raggiunto l'edificio in questione, si prese la briga di dare un'occhiata in giro, per assicurarsi di essere nel posto giusto, ma così su due piedi, gli parve di sì.
Cercò quindi il campanello con il nome corretto, senza tuttavia ricordarsi di una cosa: quel tipo gli aveva fornito solo un nome, del cognome non c'era traccia. Senza contare che da buon spagnolo avrebbe pure potuto averne due o tre. C'erano diversi “Ramones” ed “Espinoza”, “Gonzales” e “Sanchez” da far invidia a un'anagrafe!
A pensarci bene, avrebbe potuto premerli tutti e chiedere di Javier, ma nel caso ce ne fosse stato più di uno nel palazzo, sarebbero stati guai. Potè quasi percepire il proprio corpo sudare freddo, la testa permeata di pensieri bui, certo che non avrebbe mai più rivisto la propria scheda di memoria, neanche avesse avuto al suo interno qualche segreto di stato. Ma a giudicare dall'espressione sconsolata dell'irlandese, quella era una tragedia. Una tragedia greca che lo fece imprecare un paio di volte, indeciso sul da farsi mentre avvicinava a un campanello o all'altro il dito, senza tuttavia riuscire a premerne nessuno.
Avrebbero potuto scambiarlo per uno stalker! Sì, uno di quei pazzi depravati che dopo aver conosciuto un ragazzo in discoteca, lo pedinano come fosse una loro proprietà, illudendosi che un giorno lui sarebbe stato loro. La cosa lo fece rabbrividire e arrossire non poco per l'imbarazzo.
Non si accorse di una presenza alle proprie spalle, talmente silenzioso da poter aggredire il più feroce dei predatori, senza nemmeno farsi percepire.
Che diavolo ci fai tu qui?”
Per poco Bryan non fece un infarto nel riconoscere la voce di Javier alle proprie spalle, emettendo una sorta di squittio non ben definito per lo spavento.
Nel voltarsi a guardarlo, avrebbe voluto imprecargli dietro con tutta la rabbia che provava per ciò che lui gli aveva fatto, ma riuscì solamente a fissarlo per diversi secondi, la bocca aperta con le parole morte in gola, lo sguardo a posarsi sul corpo dello spagnolo come si fosse trovato davanti una statua greca. Un respiro, due, tre, tutti nel tentativo di sbloccare gli insulti che avrebbe voluto vomitargli addosso di violenza, ma nulla. Solo un'espressione da pesce lesso e una sorta di bagliore negli occhi per quel corpo stupendo.
Le gambe fasciate dai jeans fin troppo aderenti, a vita bassa, quelle spalle che spuntavano fuori dalla canottiera, costituita da troppa poca stoffa, praticamente un filo accanto al collo, a percorrere dapprima le clavicole sul davanti, poi le scapole dietro, in una X non ben definita che lasciava intravedere praticamente ogni centimetro di pelle possibile almeno fin quando la stoffa non si allargava a coprire il ventre e la parte inferiore della schiena. Perché petto e parte superiore non è che fossero molto coperti visti quegli archi a tratti profondi, dettati da un tessuto morbido, di moda in questo periodo.
Inutile dire che Bryan sentì il corpo fremere. Ma perché si sentiva di nuovo in quel modo?! Forse perché detta molto francamente un tipo del genere non sarebbe passato inosservato nemmeno a un cieco? Che si trattasse di donne o uomini, chiunque lo avrebbe guardato, poco ma sicuro! Una pelle perfetta, addominali scolpiti, ma senza esagerare nel definire il tutto con un asciutto tonico e resistente. Perché ormai il “crash test” lo avevano fatto, sapeva quanto fosse resistente. Più lo guardava e più rimaneva imbambolato, non desiderando altro che l'ennesima notte assieme, come la precedente.
Javier sollevò le sopracciglia, sospirando poi nel scuotere la testa, quasi seccato.
Se sei uno di quegli stalker patetici che credono di essere il mio fidanzato dopo una nottata passata insieme, puoi anche girare i tacchi e andartene.” disse, fin troppo diretto, acido quasi.
Bryan scosse la testa per riprendersi, sfarfallando le ciglia per un istante. Sentì poi la scocciatura, perché di vera rabbia non si trattava, risalirgli lungo la spina dorsale.
Hai preso tu la mia memory card dalla macchina fotografica? E' da sta mattina che è sparita e ieri sera l'avevo lasciata nella macchina”
Ovviamente l'ho presa io”
Come fosse scontato e logico e si stesse beffando di lui. La cosa fece innervosire l'irlandese, che per quanto si arrabbiasse, diciamolo, con quel faccino rimaneva sempre e comunque fin troppo adorabile. Pose in avanti il braccio, la mano aperta con il palmo verso l'alto, diretto al vampiro.
Restituiscimela”
Javier si mise a ridere. La cosa spiazzò non poco Bryan, che per un attimo pensò di aver fallito miseramente nel proprio tentativo di minaccia e non avrebbe mai più rivisto la schedina. Non che si potesse dire il contrario.
Non ridere e restituisci ciò che è mio! Non si rubano le cose alle persone!” alzò la voce l'irlandese.
In risposta l'altro si avviò verso la porta d'entrata, cercando le chiavi per aprirla e poter salire nell'appartamento.
No. Ora tornatene a casa, bimbo.”
Un tono secco, deciso, di chi si oppone senza la minima ombra di dubbio e canzona pure. Sguardo di sufficienza per il vampiro, ancora una volta nel proprio ruolo del bello e tenebroso, tanto per cambiare, ma ripetiamo che lo scherzo è bello finchè dura poco e lui stava iniziando a calcarci troppo la mano.
Bryan tuttavia non si lasciò intimidire. Testardo finchè basta, sapeva a cosa sarebbe andato in contro, ma decise di provare comunque, aggrappandosi al braccio dello spagnolo, provando a strattonarlo più per riflesso psicologico che altro. Non aveva mai messo le mani addosso a nessuno, non era un buon motivo per iniziare.
Ho detto che la rivoglio!”
Javier non si mosse di un millimetro. Non solo per il suo essere visibilmente irritato, ma nemmeno per gli strattoni dell'irlandese, che ci rimase male non poco. Ok, o quello era fatto di piombo o la cosa era inspiegabile. Fosse pesato anche solo 70kg, almeno un po' avrebbe dovuto smuoverlo.
Per una frazione di secondo i loro sguardi s'incontrarono e Bryan ebbe il timore che Javier lo avrebbe aggredito. Cazzate sui vampiri a parte, avrebbe potuto rompergli un braccio o tirargli un pugno sul naso da un momento all'altro. Come sarebbe andato al lavoro con il naso rotto? Ma soprattutto come lo avrebbe spiegato a Miguel?
Chiuse gli occhi alla svelta, incassando la testa nelle spalle, voltando il viso di scatto per non essere colpito in pieno, spaventato dall'idea che avrebbe potuto fargli del male.
Eppure Javier sospirò di nuovo, deciso a salire in casa dopo aver aperto la porta. Bryan fu veloce nel capire che quello stava per defilarsi e s'infilò subito dietro di lui, senza volerne sapere di mollare la presa. In parte sapeva che avrebbe dovuto lasciar perdere, ma dall'altra voleva indietro quella schedina a tutti i costi.
Allora, me la restituisci?” chiese, retorico o quasi.
No”
Vide lo spagnolo avviarsi per le scale e lo seguì senza troppi preamboli, standogli appiccicato come una zecca, a costo di portarlo all'esaurimento nervoso.
Puoi anche provare a lasciarmi chiuso fuori, ma non me ne andrò finchè non avrò recuperato ciò che mi appartiene!”
Ennesima minaccia ed ennesimo sospiro da parte del vampiro. Che nervi quell'idiota, nemmeno la soddisfazione di farlo arrabbiare! Qualsiasi cosa Bryan gli dicesse, sembrava scivolargli addosso come acqua, senza fargli un graffio, rendendolo solamente più sexy ogni secondo di più.
Quando fu il momento di aprire la porta, l'irlandese si frappose davanti, impiegando il proprio corpo come scudo, le braccia allargate come avesse potuto davvero impedirgli di fare qualcosa.
Lo sguardo focoso e deciso per un attimo lasciò perplesso lo spagnolo, che tuttavia non sembrava intenzionato a lasciar continuare oltre quello stupido gioco.
Pensi davvero di potermi fermare?” chiese Javier, in tono di sufficienza.
Eccolo ripartire con quella stupida recita degna di Anne Rice e dei suoi personaggi. Anche uno come lui doveva avere dei limiti a quei giochi idioti e fin troppo fantasiosi, quindi no, Bryan non si sarebbe spostato di un millimetro, rimanendo a fissarlo seriamente, il più possibile minaccioso, per quanto la cosa potesse riuscirgli.
Apri bene le orecchie, vampiro dei mie stivali: il gioco è bello finchè dura poco! Mi sono divertito e se vuoi sfogare le tue voglie di cosplayer represso, non m'interessa, ma non muoverò un muscolo finchè non mi avrai ridato le mie cose! Potresti essere anche Thor in persona, ma non. Mi. Interessa!” rispose l'irlandese, alzando il tono verso la fine.
Bryan aveva notato quell'aria di sufficienza dell'altro e seppur apparisse piuttosto deciso, in realtà dentro sé il cuore gli batteva a mille. Preoccupato a morte che quello potesse fargli del male, le gambe non erano cedute per miracolo. Coraggio da vendere, nulla da dire, un degno rappresentante di casa Grifondoro, se si fossero trovati nel mondo di Harry Potter.
Lo sguardo fisso in quello dello spagnolo non durò a lungo, visto lo sporgersi di Javier nella sua direzione, lento nel piegare appena il busto, cercando con il viso quello di Bryan, arrivando al suo orecchio per mantenere un tono basso e melenso.
Riformulo la domanda: pensi davvero di potermi fermare?”
Era come essere passati dalla trincea della guerra mondiale al bordello più lascivo della città in un nanosecondo. Quel tono caldo, sensuale, misto alla vicinanza dei loro corpi, per poco non lo fece cadere a terra sulle ginocchia. Brividi lungo tutto il corpo nel tentativo di rispondergli a tono, di imporre il proprio volere e di contrastarlo in tutti i modi possibili. Modi che si trasformarono ben presto nei peggiori pensieri lascivi immaginabili. La testa era partita da un pezzo, per non parlare del fisico, già in trazione da quando si erano incontrati al pianterreno. Bryan ci provò a trattenersi, ci provò con tutte le proprie forze fin quando non si ritrovò le labbra di Javier sul collo, intento a baciarlo in modo fin troppo spinto, ansimando qualche parola a caso, non ben definita.
La mossa successiva per il vampiro fu aprire la porta senza la minima difficoltà e senza volerne sapere di staccarsi dalla preda, perché a dirla tutta, il caro Bryan era finito dalla padella nella brace. Senza ormai un briciolo di integrità mentale, il pensiero della memory sembrava lontano anni luce per l'irlandese, che pareva non desiderare nient'altro che il corpo dell'altro, come ne avesse una necessità impellente, aria dopo diversi minuti in totale assenza.
Le proprie labbra cercarono quelle di Javier, più concentrato invece in altre zone del viso e della parte alta del corpo, come stesse decidendo dove soffermarsi, che rispose alla sua ricerca con nervosismo, soffiando come un gatto, mostrando i denti affilati e appuntiti. No, non le aveva tolte quelle dannate protesi, erano ancora lì.
Ovvio che Bryan lo squadrò qualche istante, cercando poi di infilare le mani al di sotto della sua canottiera per poterla levare, se non fosse stato bloccato dallo spagnolo con una salda presa sui polsi.
Perchè la rivuoi? La scheda, intendo.” chiese Javier, senza il minimo accenno di fiatone.
A differenza di Bryan, già perso con la mente, intento a fissarlo tra i sottili ansimi di piacere, come se si fosse ricordato ora della memory.
Ci sono le mie foto. I miei ricordi. Ci sono cose importanti che desidero mantenere vive.”
Perché le fotografie per lui erano vive, come fosse riuscito a intrappolare parte di qualcosa in quelle immagini, avendone catturato l'essenza in modo che nonostante il cambiamento nel tempo, quella parte di anima sarebbe rimasta lì, inalterata. Un pensiero profondo e filosofico, certo, e molto importante per lui che della fotografia ne faceva la propria ragione di vita, assieme alla cucina. La cucina è per rendere felici gli altri, la fotografia per sé stesso.
Per un attimo gli parve di vedere una scintilla negli occhi di Javier, qualcosa che non gli aveva mai visto addosso, come se lo avesse scosso più del previsto.
Facciamo un patto: io ti restituirò la tua roba, se riuscirai a riprenderla con la forza.” riprese lo spagnolo, estraendo dalla tasca memory e custodia in plastica trasparente.
Come la vide, gli occhi di Bryan si sgranarono e ancora peggio fu quando vide l'altro sollevarla sopra alla testa, guardandolo con quell'evidente aria di sfida, più che mai deciso a risolvere la cosa con uno scontro fisico.
L'irlandese era quasi convinto di lanciarglisi addosso, ma sapeva che se non era riuscito a smuoverlo prima, poco ci avrebbe risolto ora. Quindi optò per una mossa intelligente, o almeno così gli era parsa. Cercò non solo di agguantare la schedina saltando, per coprire la loro differenza di altezza, ma di fatto l'idea era quella di arrampicarsi letteralmente addosso a Javier, pur di riprendere ciò che era suo.
Nulla di più sbagliato. Quella vicinanza era una tentazione, sarebbe stato impossibile riuscire nell'intento senza arrossire o ritrovarsi con il corpo bloccato dalla vergogna. Insomma, avere addosso uno che nell'arrampicarsi si struscia addosso in quel modo, non si sarebbe certo potuto dire poco imbarazzante.
Non mi hai chiesto che ti succederà se dovessi perdere” incalzò Javier.
Non ne ho bisogno.”
Talvolta la testardaggine di Bryan lo faceva sragionare. Non aveva accettato che fosse un vampiro, figurarsi fermarsi dal raggiungere il proprio scopo per una persona comune. Va bene, forse Javier non si era mosso di un millimetro quando lui lo aveva provato a tirare per il braccio, ma doveva essere sicuramente un gesto calcolato, qualche impiego particolare della forza come viene insegnato nelle arti marziali o roba simile. Bravo a recitare e abile nelle arti marziali, peggio di così non sarebbe potuta andare!
Provò di nuovo a fargli abbassare il braccio, aggrappandosi con tutto il proprio peso, sollevando le ginocchia per far sì che i piedi non toccassero terra, ma nulla da fare. Così come non risolse nulla nel cercare di porre il piede su una delle sue gambe, ben dritte e fin troppo scivolose. Non voleva arrivare a fargli del male e detta francamente, nemmeno ci sarebbe riuscito.
Bryan iniziò davvero a sentirsi impotente. Quante storie per una stupida memory card da quattro soldi! Si erano messi a litigare come bambini per una questione così futile.
Non gli restava altro da fare. Lo sguardo vittorioso di Javier era qualcosa di talmente irritante, che la propria testardaggine sapeva gli avrebbe fatto commettere cose stupide. Ma quella sottospecie di Batman fasullo voleva la guerra e lui glie l'avrebbe data!
Il corpo si mosse da solo, appiccicandosi a quello dello spagnolo nel tentativo di provocarlo. Gli sarebbe bastato strofinarsi appena contro di lui per ottenere la reazione che voleva, quello era sicuro. Le braccia portate sulle sue spalle, attraversavano la sua figura per far si che le mani poco dietro intrecciassero le dita tra loro, in una posa da quadretto romantico o quasi, come una ragazzina innamorata, mentre i baci successivi vennero elargiti come un cucciolo alla ricerca di attenzioni da parte del padrone. Prima sul collo, sottili, dolci, provocanti, poi sul viso, sempre più vicino alle labbra, ricercando quel contatto flebile, un tentativo di cedimento da parte dell'altro, che a giudicare dalla muscolatura, parve rilassarsi.
Venduto finchè bastava l'irlandese, ma se avesse potuto recuperare i propri averi, sarebbe stato disposto a far cedere l'avversario anche in quel modo.
Sentì il corpo di Javier reagire, nonostante avesse già preso lui stesso ad ansimare sottilmente, la presa delle sue mani sulla propria schiena, come a tentare di avvicinare i loro corpi ulteriormente, salda e passionale a differenza dei gesti di Bryan, quasi timidi in certi punti. Aspetta...mani? Se lo spagnolo le stava impiegando entrambe, la memory doveva essere stata posata da qualche parte, oppure era ancora tra le dita di una delle due.
Con uno scatto, Bryan cercò le mani di Javier con le proprie, facendogliele aprire per controllare dove fosse l'oggetto tanto ambito, ma nulla, nemmeno l'ombra della scheda. Quindi diede un'occhiata in giro, decidendosi infine a tornare a fissare il suo viso e al di sopra.
Rimase paralizzato nel vedere che la memory era ancora lì, a diversi centimetri sopra le loro teste, intenta a levitare come per magia. Ma non fu solo quello a sconvolgerlo, no, la cosa che lo fece immobilizzare, fu il sottile strato di una sostanza rossastra semitrasparente, ad avvolgerla, come un liquido disperso in quella bolla di acqua e aria, dai filamenti ben definiti, che si spostavano a destra e sinistra. Fumo liquido, rosso, ecco cosa sembrava.
Ovvio che così di primo impatto, pensò a un gioco di prestigio. Un sistema di calamite con liquido metallico o qualche vaccata simile, quindi spostò lo sguardo sul viso di Javier, con quell'aria da presa in giro tipica di chi è scettico, con tanto di sopracciglia sollevate.
Lo spagnolo sospirò ancora, socchiudendo gli occhi per qualche secondo prima di riaprirli e fissare Bryan con seria noia. Dal verde semplice che di norma lo caratterizzava, le iridi avevano assunto un colore rosso vivo, luminoso, un effetto mai visto prima nella realtà, solo nei film fantastici con tanto di effetti speciali a portata di schermo. Man mano che lo sguardo si illuminava con maggiore o minore intensità, la sfera di gas e liquido sopra di loro vorticava, facendo assumere forme fluide al pigmento rossastro e conformazioni sempre più strampalate alla stessa sfera, che da tondeggiante diventò prima dotata di punte della stessa trasparenza, poi quadrata, poi piramidale e via dicendo.
Il cervello dell'irlandese impiegò diversi secondi a realizzare che era davvero Javier a modellare quella struttura di natura non ben definita a seconda del suo volere, senza nemmeno aver bisogno di impiegare le mani, ancora ben salde sui propri fianchi.
La reazione fu semplice e più naturale del previsto: Bryan cacciò un urlo degno di una banshee e di lì a poco tutto si fece nero, lasciandolo privo di sensi tra le braccia di quello che ormai aveva realizzato essere davvero un vampiro.
   
 
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