Question! - System Of A Down
Deserto
Cammino,
un passo dietro l'altro, senza un ritmo. Le mie gambe si muovono
veloci, quasi a voler fuggire dai miei stessi pensieri.
Il sole
splende nel cielo, irreale, incapace di scaldare l'aria gelida di
gennaio.
La strada si srotola davanti a me, deserta; l'unica mia
compagnia sono le auto parcheggiate e le poche foglie secche che,
sopravvissute all'inverno, arrancano sul marciapiede trasportate dal
vento.
Mi sento proprio come una foglia: in balia degli
eventi.
Auricolari alle orecchie; la musica rimbalza sulla mia
anima senza scalfirla. Non può niente contro il fiume
impetuoso dei miei pensieri.
Ho sbagliato tutto anche stavolta.
Non mi dovrei sorprendere: io stessa sono uno sbaglio.
Chissà
cosa si aspetta la gente da me. Dovrei essere una ragazza sorridente,
allegra, gentile e aperta; forse è proprio così che
tutti mi vorrebbero.
Invece sono una povera stronza asociale.
Chiusa, riservata, scontrosa, glaciale. Diciamo pure apatica.
Diciamo
pure sola.
Cammino ancora, nel freddo di gennaio. La strada è
deserta.
Il mio cuore è deserto.
Una voce vellutata mi
sussurra all'orecchio. Forse la dovrei ascoltare, o forse dovrei solo
strappare via le cuffie e stare a contemplare il silenzio.
No. Non
ne posso più del silenzio. Meglio riempirlo con qualcosa di
bello, con qualcosa che non sono io.
Ma nonostante tutto si va
avanti. La vita è bella. Le cose miglioreranno.
Almeno cosi
dicono.
La canzone che sto ascoltando è bellissima. È
una delle mie preferite. Si chiama Question!,
e si adatta perfettamente al mio attuale stato d'animo. Anche io ho
tante domande che mi turbinano nella mente. Domande che non hanno una
risposta, o magari quest'ultima sarebbe troppo sgradevole, quindi è
meglio far finta di non averla.
Scendo dal marciapiede e mi
accingo ad attraversare la strada. Non ho controllato se ci sono
delle macchine in arrivo, ma non importa: la strada è deserta.
Il
mio cuore è deserto.
Mi trovo proprio al centro della via,
quando lo sento. Un rombo che si fa sempre più vicino.
Il
cuore sobbalza.
I piedi tentano di staccarsi dall'asfalto, per
portarmi via da lì.
Il panico mi assale.
Gli occhi sono
sbarrati.
Ma non faccio in tempo a urlare, a muovere un passo, a
realizzare ciò che sta accadendo.
Un colpo, come
un'esplosione, mi scaraventa in aria.
Poi più niente.
Era
un'auto. Un'auto oltre il limite di velocità. Ed è
scappata.
Sto per morire, lo so. Sto morendo. Come faccio a
saperlo? È una sensazione, una consapevolezza.
I sensi sono
annebbiati.
C'è qualcosa di viscoso che si frappone tra il
mio corpo e la superficie gelida. Ha un odore forte, metallico.
È
caldo, mi culla. Mi invita a lasciarmi andare, sussurra alla mia
anima di scappare, volare via.
Quella canzone ancora è
udibile. È lontana, ovattata, ma la riconosco chiaramente.
È
Question!.
Deve andremo quando moriremo? Lo sto per
scoprire.
Ormai non c'è più nulla da fare. Le
sensazioni sono talmente offuscate che non provo neanche dolore.
Poi
apro gli occhi. O almeno cosi mi pare. E la vedo.
È una
sagoma dai tratti sfocati e poco definiti, che si è chinata su
di me. È avvolta da un alone opalescente, quasi come fosse un
angelo.
Ma non lo è. Per un istante riesco a visualizzare
il suo volto: paffuto, dai lineamenti comuni. Si tratta di un uomo
sulla quarantina, con capelli e barba scuri.
La sagoma mi tende
una mano. Mi vuole aiutare.
È un'allucinazione, tra qualche
istante se ne andrà e tutto finirà.
Chiudo gli
occhi.
“Non voglio morire, non voglio” sibilo, o almeno questa è la mia intenzione.
È davvero curioso. Qualche secondo fa speravo in un evento catastrofico che mi portasse via da me stessa, che ponesse fine alla mia inutile esistenza.
Ora che quest'evento è arrivato, mi sto aggrappando con le unghie e con i denti alla vita, sto lottando disperatamente per non lasciarmi sopraffare dalla debolezza.
“Non
voglio, non voglio! Salvami!”
All'improvviso sotto di me
sento il vuoto e per un istante mi convinco di star volando via per
davvero.
Ci impiego qualche secondo a realizzare che a sorreggermi
sono due braccia forti.
Nonostante il mio corpo sia totalmente
intorpidito, mi rendo conto che qualcuno mi stringe al suo petto.
Qualcuno di forte, robusto, capace di infondermi sicurezza e
calore.
Lottando contro me stessa, apro gli occhi per l'ultima
volta. E davanti a me c'è sempre quel viso, dall'espressione
tesa e preoccupata ma allo stesso tempo dolce.
“Non lasciarmi morire.”
Lui sorride e mi stringe più forte.
Anche
io vorrei sorridere. Di lui mi fido, a lui mi affido.
E mi lascio
andare, facendomi cullare da quel dolce calore che sa di casa. Che dà
sicurezza.
Che mi condurrà al buio eterno.
Luci
al neon; questa è la prima cosa che vedo non appena socchiudo
leggermente gli occhi.
Le ho sempre odiate, quelle luci.
Sono viva. Non mi sento tanto viva, ma lo sono.
Avverto la superficie morbida di un materasso sotto il mio corpo.
Poi l'ingessatura alle gambe e una fascia al braccio sinistro.
Poi il dolore lancinante alla testa, che percorre tutta la colonna vertebrale.
E infine l'aria attorno, impregnata di odori e di caldo artificiale.
Ma sono viva, e sono felice di esserlo.
Non riesco a frenare le lacrime.
Un contatto improvviso mi fa sobbalzare. Con non poca fatica, sposto lo sguardo: una mano grande e calda ha afferrato la mia e la stringe con fare rassicurante. Non riesco a ricambiare la stretta, ma sono davvero felice di quel gesto che mi dà una scarica di energia positiva.
Sposto ancora lo sguardo finché i miei occhi non si fermano su un viso.
È il proprietario della mano che stringe la mia.
È colui che mi ha salvato. Ha un'espressione serena, i suoi occhi brillano.
“Allora non mi hai lasciato morire.”
“Non meriti di morire.”
È la prima volta che lo sento parlare e rimango sorpresa dalla sua voce. È abbastanza sottile, chiara, dalle note dolci.
Mi stringe la mano finché non mi riaddormento, stavolta con un senso di pace nel petto.
Mi raccontano che sono stata trovata da un passante. Ero sul ciglio della strada, a ridosso del marciapiede, e sanguinavo. Avevo perso i sensi.
Ma qualcosa non torna.
“Io sono stata catapultata al centro della strada, non ero sul bordo” protesto.
Mi spiegano che effettivamente il punto in cui mi trovavo non è esattamente quello della caduta: ci sono importanti tracce di sangue in mezzo alla via.
“Potresti esserti spostata poco prima di svenire, nel tentativo di salvarti dalle altre auto” ipotizza un'infermiera dai capelli biondi.
“No, io so com'è avvenuto. E so anche chi è stato il passante che mi ha salvato. Si tratta di un uomo sui quarant'anni, dai capelli corti e la barba curata. È robusto, forte... mi ha sollevato dall'asfalto e mi ha portato al sicuro!” esclamo, ricordando quella specie di angelo.
L'infermiera scuote la testa con un leggero sorriso sulle labbra. “Si trattava di una ragazza sui ventisette anni, e ti ha trovato già in quella posizione. Adesso riposa, dopo tutto sarà più chiaro.”
“Lei pensa che io sia pazza, vero?”
“No, assolutamente! Può capitare, dopo un trauma del genere, di ricordare cose che non sono accadute.”
Sospiro profondamente. Non sono pazza, io quel calore e quel contatto li ho sentiti davvero. Quella voce l'ho sentita davvero.
Questa tizia non capisce niente. Poco importa, sono abituata a sentirmi dare della strana.
Con il braccio sano, afferro il mio cellulare. Gli auricolari sono ancora collegati, ma quello destro si è sfasciato.
Mentre l'infermiera ancora è nella stanza e forse sta cercando di dirmi qualcosa, faccio partire la canzone intrappolata nel lettore musicale.
È sempre quella. È sempre Question!.
Non sono pazza.
Faccio vagare lo sguardo per la stanza e subito qualcosa attira la mia attenzione. Si tratta di una figura, immobile, poggiata allo stipite della porta. Nel punto della camera più in penombra.
È lui. Indossa un paio di jeans scuri e una maglietta nera a maniche corte. Tiene le braccia incrociate sul petto e il capo leggermente inclinato da un lato.
I suoi occhi svegli e scuri mi scrutano con curiosità e attenzione. I lineamenti sono distesi.
Non sorride, ma i suoi occhi sì.
Increspo le labbra, ricambiando quel gesto. È il minimo che posso fare, per l'unica persona in grado di riportarmi alla vita, in tutti i sensi.
♫ ♫ ♫
Ciao ragazzi ^^
Come già specificato nella presentazione, questa raccolta nasce da un mio contest, ovvero About Music, e da esso prende il titolo. Si trattava proprio di un concorso di song-fic; siccome ultimamente ho l'abitudine di immaginare i brani che ascolto come colonne sonore di storie e racconti, eccomi qui :)
Questa è stata scritta di getto, senza un vero filo logico e senza una vera attinenza col testo della canzone. Era pronta già da un po', ma non ho avuto un attimo di tempo per proporvela XD si può considerare Sovrannaturale o Nonsense, ma in questa raccolta troverete ogni genere ;)
Ne approfitto per ringraziare tutti i partecipanti del mio contest, che mi hanno ispirato con le loro opere per questo esperimento, e chiunque giungerà fin qui! Non garantisco nessuna regolarità con gli aggiornamenti, lascerò solo che l'ispirazione bussi alla mia porta quando le andrà di farlo :3
Alla prossima!!! ♥