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Autore: CottonCandyGlob    04/02/2018    0 recensioni
[Ghostbusters - Acchiappafantasmi]
Da piccolo, Alexander Stantz voleva fare il veterinario.
Da piccola, Marianne MacMillan voleva fare la cantante folkloristica.
Da grande, Alexander Stantz è un medico chirurgo e ha sposato Marianne MacMillan.
Da grande, Marianne MacMillan cerca di fare la segretaria, quando non si occupa dei tre figli di Alexander Stantz.
E i tre figli di Alexander e Marianne Stantz, da piccoli, hanno anche loro dei sogni nel cassetto.
Carl vuole fare il poliziotto e salvare il mondo.
Jean non vede l'ora di fare la maestra.
In mezzo ai due c'è Raymond, che in testa ha mille e nessuna idea. Se fosse per lui, non sarebbe male rimanere piccoli per sempre.
Ma se Peter Pan non si facesse vedere, chi altri potrebbe mai aiutarlo a trovare la propria strada?
Questa è la storia in pillole di un bambino normale, che non si sognava di fare da grande il lavoro più figo del mondo.
E neanche di salvarlo, il mondo.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 
Turno di notte
 
 
Un brivido gli salì lungo la schiena, un sussulto di quelli che ti prendono durante il sonno e ti costringono a socchiudere gli occhi, nonostante le palpebre non ne vogliano sapere.
Lo sentiva, sentiva che lo toccava, un pungolo dentro la spalla.

Non avrebbe resistito a lungo, prima o poi avrebbe dovuto intervenire.
Ma no, non ci riusciva proprio. Quel sogno che aveva fatto poteva essere finito, se solo si sbrigava a riacchiapparlo.

-Ehi…- gli arrivò un sospiro nell’orecchio.
“Non muoverti, non ti farà nulla, non muoverti”.
-Ehi, so che mi senti-lo raggiunse una voce più decisa- smettila di far finta di dormire… ehi…
Tenne duro, e non rispose. Non avrebbe ceduto, no, non ancora.
-Alec, per favore…
“Per favore, lasciami stare”.
-Alec… dai…

Qualcosa di caldo gli scivolò sul collo e prese a solleticarglielo leggermente.
“No! Stai fermo! Non muoverti! Tu-dormi-non-farci-caso!”.
Si udì uno sbuffo. Silenzio.
“Bene, perfetto… adesso se ne va ed è tutto passato”.
Un secondo sbuffo diede l’impressione di allontanarsi.
“L’abbiamo spuntat…”.
Sarebbe bello un giorno poter registrare e riportare i pensieri che entrano in testa a chi viene colto di sorpresa, sia che si tratti di una festa di compleanno, sia di una spinta, in questo caso giù dal letto.
Alec riuscì solo a pensare al vuoto sotto di sé e allo strato di coperte in cui era finito insaccato.
Ma il pensiero che venne immediatamente dopo, quando già stava grattando il viso sul tappeto, era chiaro e limpido: qualcuno aveva esagerato.

-Oh Santo Cielo! Scusa!
E forse non sarebbero bastate le scuse.
-Oh, Alec, stai bene?
L’uomo si girò su un fianco per liberare il gomito e farci leva per mettersi seduto. Con la nuova visuale poteva assicurarsi che la sua espressione alquanto torva arrivasse a chi aveva voluto simpaticamente facilitargli il completo risveglio.
-Sì, diciamo di sì- sbadigliò.
-Meno male, meglio così… è il tuo turno- si sentì rispondere con entusiasmo.
-Ed era il caso di spingermi giù?
-Volevo solo chiamarti… ma non rispondevi…
-Immagino fosse un’emergenza- alzò il tono, e le sopracciglia.
-No, è… è il solito, è il tuo turno, mi spiace ma tocca a te.
-E quindi era il caso, no? Sì, certo, va bene, non aggiungere altro…- agitò nervoso la mano per liberarsi dal bozzolo in cui era finito-forse il mio gomito non ne è uscito bene- se lo massaggiò.
-Vieni- si vide porgere una mano da sopra il materasso.
Non la afferrò, ma la seguì a distanza per tornare sul letto.

Preso da un altro sbadiglio, percorse con le dita le linee sconnesse delle lenzuola rimaste appese e cercò di rimetterle in ordine. Dopo un nuovo lungo respiro, preparò un altro dei suoi sguardi.
-Scusami…
Sul viso di Marianne si leggeva quanto fosse sinceramente dispiaciuta, il tutto reso ancora più sconfortato, e quindi perdonabile, dai due solchi che le contornavano gli occhi, più profondi e violacei del normale.
-Mi spiace, Alec, io non… non ho dormito… per favore…
-Va bene, va bene… ti sei fatta l’infuso che ti avevo detto?
-Sì, dottore.
-E allora?
-Allora non ha funzionato, dottore-incrociò gli occhi.
Alec le appoggiò una mano sul ginocchio piegato-Devi solo rilassarti, tutto qua.
-Ma come faccio a rilassarmi se so che devo farlo io? Se tu te ne stai qui e nessuno va? - si scansò.
-Oh Cristo, Mary, ricominciamo? - guardò il soffitto.

Lei abbozzò una faccia infastidita e stirò il collo. Era improvvisamente irritata, pronta ad urlargli in faccia, per la prima volta dopo due giorni di tregua.
In fondo che c’era di male, da prendersela così tanto? Si trattava di priorità. Certo lui aveva in testa un granello di maschilismo puro, che lo teneva inchiodato a letto, incurante della situazione, ma sarà stata una delle poche volte in cui lasciava che prendesse il sopravvento. Teneva fede agli impegni, lui. Ma l’indomani aveva il turno di notte, lui.

-Ma che cos’hai… stavolta?
-Volevo solo svegliarti, tutto qua!
-No, intendo stavolta, questa seconda volta… con Carl non facevi così… questa volta sei una belva- accennò ad un sorriso.
“Ma sì, prendiamola sul ridere. E’ lo stress, solo lo stress, queste sono le discussioni giustificabili. Domani sera saremo di nuovo sul dondolo a parlare come una coppia normale”.
-Cosa?
-Intendo, sei diventata iperprotettiva, Mary, anche troppo, e violenta- indicò l’orlo del letto.
La moglie arrossì-Non è vero…
-Come no, sei stata sveglia probabilmente per controllare che respirasse, vero?
-No…
-Bugiarda-le pizzicò il fianco della camicia da notte.
Mary sobbalzò, ridacchiando e coprendosi con le braccia.
-Smettila! Alec! Sul serio!
-Mi hai buttato giù dal letto! E’ il minimo! Sei una maledetta rompiscatole!
-Shhh, non urlare!
-Sei tu che stai urlando!
-Shhhh…

Stettero zitti solo perché Mary, rischiando la stessa sorte del marito, era stata tirata per un braccio, ed era finita di slancio addosso all’uomo. I due si erano scambiati un bacio innocente.
-Sono ancora arrabbiato, non mi piace essere svegliato in questo modo, voglio che tu lo sappia-puntualizzò.
-Dovevo farti saltare giù dal letto…
-Sì, ma non così alla lettera…
-Lo sai che ho un gran senso dell’umorismo- gli prese le guance, strette fra indice e pollice.
-…e sei anche ormonalmente alterata, per questo sei perdonata- aggiunse, appena poté parlare.
-Così però sono perdonata solo da Alexander Stantz, il medico… vorrei che mio marito Alec provasse a sopportarmi… non vado in giro a rendere padri mille uomini, ogni tre giorni, quindi pregherei solo di essere rispettata per il servizio privilegiato che ti ho fornito…

Mary aveva tirato fuori quel viso che lo faceva impazzire, quello dei sermoni pseudointellettuali. Il medico era lui, ma sua moglie aveva l’eccezionale dono di mettere retorica ovunque, anche nelle liste della spesa.
-Detto questo- si voltò verso la sveglia, illuminata dalla finestra- preparati, tra circa mezz’oretta il piccolo si farà sentire, sempre che sia puntuale.
-Vedi-le puntò il dito sul petto-vedi che è diverso? Lo chiami “piccolo”? Cos’è, un cucciolo, un micio? -rise.
-Perché, non va bene? Da quando sarebbe strano?
Un debole squittìo arrivò alle orecchie di entrambi-Shhh, ascolta!
Dopo tre secondi di vuoto, un vagito esplose nel corridoio oltre la porta.
La donna era scattata giù dal letto di un balzo, usando per la spinta un colpo di mano destinato al materasso, che di fatto affondò dritto nella coscia del marito.
Stava per tranquillizzarla che non gli avesse fatto niente, ma lo trovò inutile, dato che nessuno da tranquillizzare gli era rimasto vicino. Bestemmiò mentalmente un paio di formule, in inglese e in quel poco di russo che conosceva, e solo dopo decise di alzarsi.

Il pavimento del corridoio era freddo, nonostante fosse estate e ricordarsi l’esistenza del fresco fosse ancora difficile. Beh, almeno per quella stagione averlo di marmo aveva i suoi pregi.

Vide la luce accesa nel salotto e si avvicinò. Mary aveva solo dimenticato di spegnerla. Del resto, perché avrebbe dovuto stare in salotto, metri inutili lontano dalla cameretta?

Appena la raggiunse, Alec si accorse di un lieve odore di vernice che la porta emanava, se ci si accostava. Avrebbero dovuto pensarci prima, a cambiare colore. La carta da parati rossa era bellissima, tutto sommato, eppure se n’era andata presto; la porta era rimasta ancora per un po’ un modello perfetto di classico e professionalità.
-Ma un bambino non può crescere in una stanza del genere… non è mica il Piccolo Lord!
-Non siamo mica in una reggia, è solo una camera formale, una camera formale è una camera normale.
-Normale? Cos’è, lo fasciamo con gli inserti dei manuali di anatomia? No, no, no!
-Certo che i libri non li lascio qui!
-Ma i libri non sono nulla, è il muro, è freddo, polveroso, sa di tristezza e solitudine!
-Oh Gesù, era il mio studio!
-Appunto, era il tuo studio, ma adesso mi spiace, ma quella carta da parati non si può vedere!
-Certo, certo, va bene! La staccherò, andrò a comprarne altra e la appiccicherò ovunque! Che dici MacMillan, fantasia scozzese, la vuoi scozzese?
-Ah, Alexander, vorrei appiccicare te al muro…
-Perché i muri non parlano, no? Così starò zitto, zittissimo!
-Non stavo dicendo di stare zitto, stavo cercando di farti cambiare idea…
-E l’ho cambiata! Tranquilla, l’ho cambiata! Dimmi solo cosa devo fare per farti felice e non dico nulla! Però dimmelo!
-Adesso non fare il bambino offeso!
-Io? Il bambino offeso? Faccio solo l’incompreso semmai! Nessuno mi sta a sentire, me le sento da te, da mia madre, da mia sorella, dal mio vicino, ma no, dobbiamo stare zitti, noi, perché se uno ha la fortuna di avere tutto quello che ha, non si può lamentare, giusto? Mi stesse qualcuno a sentire saremmo a posto, ma no, c’è sempre qualcosa che non va in quello che faccio, dico, penso!
-Che cosa stai dicendo? Tu, non sei affatto incompreso…
-Esatto, non avevi miglior modo di confermarmelo.
-Alec, sei solo stressato per il lavoro, è arrivato tutto insieme…
-Dammi…
-Eh?
-Sai benissimo cosa, dammi!
-Alec…
-DAMMELO.
-Alec…
-Ti avevo detto di smetterla con il gelato prima di cena!
-Adesso dobbiamo fare il giro di discussioni su tutto?
-Vedi che nessuno mi ascolta? Sono un medico, ti chiedo di pensare alla vostra salute, ma tu niente, eh?
-Porto Carl a fare un giro… leggiti un libro.
-Ecco, mentre sei fuori, vai fino ai grandi magazzini e trova un bel colore di carta da parati… e magari di vernice, sai, nel caso dovessimo anche sistemare la mia orribile porta!
-Vai al diavolo…!
-E prendimi anche le sigarette!
Ovviamente, come previsto, dopo cinque minuti, si era cambiata per uscire ed era passata dallo studio per scoccargli un bacio. Morale della favola, ci era finito lui ai grandi magazzini e la porta era stata approvata, per quanto smorta. Questo fino a due settimane prima che la camera entrasse in funzione. Ecco perché, nonostante ci avessero pensato in anticipo, sembravano i classici ritardatari dell’ultimo momento che si sono ricordati per miracolo ci fosse una culla da sistemare.

Mary era in piedi, appoggiata con un ginocchio su una sedia (quella l’aveva tenuta!) e con una mano stretta sul bordo della trama della culla. L’altro braccio era immerso dentro, verso il centro.
-Shhh…- accarezzò il pancino del bimbo-shhh… shh, sono qui, piccolino, sono qui…
Notò solo allora che il marito l’aveva raggiunta- Devo averlo svegliato io con quelle urla… non sembra essere ancora disperato per la fame… shhh… piccolo…
-Aspetterò che gli venga, allora…
-Va bene…
Alec sospirò- Non sta male, Mary, è un bambino normale.
-Sì, ma già solo il fatto che dobbiamo dargli quelle robe in polvere…
-Ma non è colpa tua…
-Forse lo è… non so, io posso fidarmi, ma qualcuno dice che potrebbero fargli male… non crescere bene… e io non voglio…- le vennero le lacrime agli occhi.
-E’ Carl ad essere nato troppo grosso- rise lui, accarezzandole il viso e asciugandoglielo- ero scioccato quanto te, certo forse meno sconvolto di te, ovviamente… lui è perfettamente ordinario, su.
Lei storse le labbra-Ordinario forse è troppo… lo fai sembrare un signor Nessuno, però…

L’uomo schioccò la lingua, si avvicinò allungando le braccia e sollevò con delicatezza il neonato.
-Nessuno, hai sentito? Tua madre dice, che io penso, che tu diventerai nessuno… ma io non ho ammassato in soffitta cataste di libri per nessuno, capito?
Gli guardò luccicare i piccoli occhi vivaci: potè giurare a se stesso che, sì, fossero di due sfumature leggermente diverse. Non era una cosa da signor Nessuno.
-Forse non sei nato per portare la divisa come quel colosso di tuo fratello, ma non ti chiedo troppo…
Mary passò la mano dietro la schiena del piccolo e se lo fece mettere in braccio. Lo sventolò un po’con la mano, per paura che avesse caldo, anche se, oltre fasce e un vestitino bianco leggerissimo, altro non aveva indosso.
-Anzi, per favore, cerca di non diventare mai medico… in questa casa un dottor Stantz basta e avanza… - gli solleticò il braccino che si muoveva verso di lui- ma se proprio non volessi farne a meno, per noi sarai comunque il nostro piccolo…
-Il mio piccolino-gli fece la linguaccia lei- piccolo Harry…
Alec fece una smorfia- Oh, Dio… limitati a “piccolo” per ora, per favore, va benissimo.
-Se non ti piace possiamo sempre cambiarlo, tua madre non si offenderà troppo-alzò le spalle Mary, cullando il bimbo.
-Io non voglio chiamarlo solo come uno che ha fatto saltare in aria un sacco di gente… agli altri andrà pure bene, ma io non amo particolarmente sta storia.
-Nemmeno io, ma l’altro nome non era di buon auspicio e, comunque, ormai mi sono abituata…
-Va beh, ma ora è nato, non vedo alcun problema… mica lo chiamiamo Giuda o che so io!
-Allora Raymond?
Mary strofinò il naso sul viso del neonato.
-Che dici, Ray, può andare? -rise.

-Però hai ragione, mia madre avrà da ridire… mi spiacerebbe discutere il giorno del battesimo. Lo traumatizziamo, questo bambino.
-Già… ma quando è fatta, è fatta-sorrise maliziosa la moglie.
Così ad essere traumatizzata fu invece Katherine Stantz, che, nelle successive due settimane, mentre suo figlio e sua nuora si erano messi ad indicare l’ultimo arrivato con l’esclusivo appellativo di “piccolo”, aveva meticolosamente preparato la bellezza di sedici ricami nuovi di zecca: dovette segretamente ricominciare da capo, fingere di averlo saputo fin dal principio, insomma, riprendere un po’ di autorità in famiglia.

“Cominciamo bene, con questo qui”.
 


A.A.
Alla fine dovevo scrivere una storia, sperando di finirla. Dovrei tirare fuori un po’ di capitoli, non molto lunghi, in cui ripercorrere pezzetti della vita di Ray, quelli prima dell’arrivo di Peter. Da qui il titolo 😊
Incrocio le dita, mi auguro siano decenti e che io possa sfornarne almeno un altro al più presto.
Uso il Movieverse perché è la versione che preferisco, anche se alcuni dettagli carini arrivano da The Real Ghostbusters per il semplice gusto di fare coincidere le due versioni (E così non me li devo inventare!).
  
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