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Autore: giamma21    05/02/2018    1 recensioni
"Forse fu per l’occasione, o perché entrambi inconsapevolmente si erano avvicinati “quel poco in più”, che le coccole si trasformarono in baci, sfuggenti ma travolgenti, ingenui ma consapevoli, e in carezze tanto caute quanto pericolose. Logan aveva sempre rinnegato l’attrazione per il migliore amico, come mai si era lasciato andare? Aveva bisogno di amare, tanto quanto ne aveva Toby. Nessuno si aspettava che due anni dopo, due migliori amici sarebbero stati degli estranei."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Quando si era risvegliato dal coma, Logan fu sorpreso di vedere suo padre nella stessa stanza della madre. Dopo il divorzio, anche se in realtà durava da tempo, i due non riuscivano più a guardarsi in faccia. Il loro amore era giunto al termine, lasciando spazio alla nuova storia tra Matthew Roberts e Christine Colfer, la segretaria.
Una volta scoperta la storia, Laura si era affrettata a gettare il marito fuori da casa. Non era rimasta ad ascoltare giustificazioni e scuse, perché lei era una donna concreta, che non credeva possibile perdonare l’infedeltà. Logan, all’epoca quindicenne, si trovò a pentirsi di questa sfumatura caratteriale; voleva bene al padre, nonostante condividessero poche cose oltre al sangue. Pensò che la madre stesse sbagliando, che dovesse ascoltare la sua versione dei fatti.
-Non esiste una versione diversa da quella che so io, amore- spiegò un giorno Laura, mentre risistemava l’armadio, -Tuo padre ed io non eravamo più gli stessi, e questo cambiamento lo deve aver destabilizzato così tanto che ha preferito trovare l’equilibrio con un’altra persona. Non ce l’avrò con lui per sempre, ora però ho bisogno di smaltire quello che è successo-.
In quel momento Logan capì che tornare indietro non è sempre possibile. Si vergognò per non aver compreso subito il dolore della madre, quasi incolpandola della piega presa dagli eventi.
-Ti voglio bene mamma, io ci sarò sempre per te- confessò, quasi come se volesse scusarsi per essere arrivato tardi alla giusta conclusione.
Laura abbracciò il figlio, con qualche lacrima agli occhi.
-Sei ciò di cui sono più fiera Logan, la cosa più importante che esista-.
Tra un colpo e l’altro, il ragazzo ricordò quelle parole. Pensò che sua madre aveva detto una bugia, perché nessuno ferirebbe la cosa più importante tra tutte.
Che pensiero ingenuo. Può aiutarti a chiudere gli occhi?
Quanta brutalità in quelle ferite, quanto odio represso.
Matthew corse subito al fianco di Logan, non appena vide i suoi occhi aprirsi.
Inizialmente tutto era apparso sfocato, ma dopo poco la vista del ragazzo tornò normale.
-Logan, come stai? Riesci a sentirmi?- chiedeva il padre, agitato, teso, intimorito dalle conseguenze che quell’aggressione avrebbe comportato.
Logan annuì e cercò di mugugnare una risposta, ma parlare all’improvviso bruciava.
Sarò muto a vita, non avrò più nessuno, è finita.
-Laura, vieni, Logan è sveglio- incitava Matthew, improvvisamente più tranquillo.
Forse in quel mese nessuno credeva che Logan ce l’avrebbe fatta, lo avevano già spacciato per morto. Avevano smaltito anche loro quello che era successo, come Laura?
Questo risveglio inaspettato aveva turbato tutti, così come rivedere una vecchia foto in cui si è venuti male ci sconvolge riaprendo vecchie ferite.
Il tempo continuò a scorrere, e Logan proseguì la riabilitazione. Più restava nell’ospedale, solo o con i suoi genitori e i dottori, più si accorgeva di essere rimasto solo.
Un giorno chiese persino se Toby era morto, con le lacrime agli occhi.
-No amore, non è morto- lo rassicurò la madre, accarezzandogli la testa, così come aveva fatto l’amico la notte del 14 febbraio.
E allora dov’era? Le botte lo avevano paralizzato, per caso?
Negativo di nuovo. Se n’era andato, lasciandosi alle spalle solo una montagna di ricordi.
No, è impossibile.
-Suo padre ha pensato che fosse necessario cambiare paese, non chiedermi il perché però- rivelò Laura, dispiaciuta tanto quanto il figlio.
Lui la guardò addolorato, chiedendosi cosa legasse un figlio al proprio genitore oltre al legame biologico. Per le mamme era diverso, oppure i padri sentivano la stessa vicinanza ai figli? Oppure essere legato alla propria progenie era un obbligo morale. Logan pensò solo che qualunque cosa fosse a tenere uniti Toby e suo padre fosse svanita.
-Lo so io perché. E lo sai anche tu, mamma, forse più di me e Toby- replicò il ragazzo, incapace di trattenere ulteriori lacrime.
Laura capì quello che intendeva suo figlio, tuttavia non parlarono più di quella faccenda. Forse, sapere che entrambi sapevano era sufficiente ad andare avanti. Così come Logan aveva capito il dolore della madre di fronte alla sua perdita, lei aveva capito il suo.
-Io ti vorrò sempre bene- gli disse prima di lasciarlo dormire un altro po’.
Una volta a casa, i rapporti col padre tornarono sporadici.
 
Tanto inaspettato quanto la tempesta di lunedì, a metà settimana il caldo pervase nuovamente Stanton. Logan realizzò successivamente che il “tornado” era stato più un’allucinazione che un evento catastrofico. Probabilmente le rivelazioni di quel pomeriggio lo avevano scombussolato più del dovuto. La pioggia invece era vera, a dimostrarlo il raffreddore del ragazzo che terminò al suo ritorno in classe il primo di giugno.
L’aria estiva si respirava già solo mettendo il naso fuori dalla porta di casa. Tutti d’un tratto parevano più felici e sorridenti. Il sole calava dolcemente dopo le sei e mezza, permettendo ai ragazzi di restare fuori casa più a lungo prima di cena e a chi andasse di curare il prato. L’estate, rifletté Logan, era il momento dell’anno che serviva a chiudere il ciclo. Serviva ad unire le due estremità del tessuto prima di serrarle con la cerniera.
Dopo la cena di martedì i contatti con Toby, Vanessa e Trevor erano pressoché cessati.
Forse, finalmente, avevano capito che bisognava andarci piano con Logan e che non potevano aspettarsi tutti di entrare nella sua vita senza prima chiedere il permesso.
-E così che mi sento- spiegò a sua madre la notte stessa della cena, quando le acque si erano calmate. Raccontò degli sbalzi d’umore, del sonno costante, di come questo lo facesse sentire in colpa.
-Per cosa?- chiedeva lei, ignara di questo stato d’animo irrequieto.
Perché tutti vivevano la loro vita tranquilli, comportandosi come la vita si aspettava che facessero. Lui si sentiva lasciato indietro dalla Natura, abbandonato.
Era la prima volta che si sfogava realmente con qualcuno, e una volta fatto si era persino chiesto perché fosse arrivato così tardi alla conclusione che non poteva cucire le sue ferite con le braccia legate.
Parlare con la madre aveva liberato Logan di un piccolo ma importante peso.
Era sui passi giusti per riprendere il controllo.
Data la natura frenetica della settimana, rendersi conto del bacio con Trevor e del ritorno di Toby fu quasi impossibile. Ripercorrendo ogni giorno, momento per momento, Logan assaporò ogni sfumatura dello stupore, dell’emozione, dell’attrazione e del dolore provati.
Non gli era mai capitata un’esperienza simile, destabilizzante ma eccitante.
Come per ogni cosa nuova, doveva imparare ad agire.
L’idea di rivedere le solite facce non fu proprio incoraggiante, ma addentrandosi sempre più nei corridoi della scuola tornare indietro sembrò semplicemente vigliacco.
Logan raggiunse l’armadietto e vi depositò il cellulare. Niente distrazioni. Prese il libro di Scrittura Creativa che aveva dimenticato e si diresse alla classe. Voleva muoversi, mantenersi attivo e si era persino messo addosso dei vestiti carini: una maglietta con motivi dinamici, giacca smanicata di jeans e dei pantaloni attillati quanto bastava a delineare la curva del suo sedere.
Pareva quasi che non fosse cambiato nulla da quel freddo dicembre.
Raggiungendo la direzione, il pensiero di rivedere Trevor si ritagliò una posizione in primo piano. Aveva visto Logan piangere, ed era stato persino respinto. Chissà cos’avrebbe pensato. Se era insicuro su quello che stava facendo, sulla propria sessualità, certamente avrebbe cambiato idea.
Logan trovò la classe piena a metà, mancavano dieci minuti all’inizio della lezione.
Qualcuno si voltò ad osservare il nuovo ragazzo, prima di rendersi lentamente conto che si trattava del Logan di sempre, solo vestito meglio.
Sentire gli occhi addosso, per una volta, era liberatorio.
Guardatemi stronzi, vergognatevi per aver pensato qualsiasi cosa vi sia balenato nella mente.
Il “nuovo ma vecchio” ragazzo prese posto vicino alla finestra, ma a metà classe. Se era vero che voleva fare più passi in avanti, per quel momento si sarebbe limitato a proseguire di una fila di banchi. D’altronde se siedi davanti i prof sono più propensi a farti domande.
Il posto accanto a lui era ancora vuoto, ma quando sulla porta si presentò Trevor la sedia si prenotò automaticamente. L’arrivo di giugno non poteva che avergli fatto bene, perché il palestrato diciannovenne appariva più solare che mai. Questo intimorì Logan, e per poco non confermò le sue preoccupazioni.
Notandolo in classe, gli occhi di Trevor parvero illuminarsi, nonostante lui restasse composto. Logan se ne accorse e il suo cuore palpitò.
Cosa vedi in me? Cosa sei riuscito a trovare sotto questa distruzione che mi sfugge da così tanto tempo? Dimmelo, perché se scovassi questa informazione la userei a mio vantaggio e quindi a nostro vantaggio. Dentro i tuoi occhi brilla una luce alimentata dalla mia esistenza, ma non riesco a giustificarla. Ho bisogno di sapere che quello che provi è reale, per liberarmi dalle catene che mi obbligano a fingere di stare bene. Voglio credere alla possibilità che tra di noi ci sia una verità in grado di cancellare le bugie.
-Hey, posso sedermi?- chiese Trevor raggiungendo il banco non-occupato. Il modo in cui parlò non era troppo diretto, semmai prudente. Dava l’impressione di non voler turbare nuovamente la sua luce.
Logan esitò, trovandosi all’improvviso in imbarazzo. Per una settimana si era fatto castelli in aria su come avrebbe riconquistato il ragazzo e ora il silenzio?
La pancia cominciò a compiere degli strani movimenti, impercettibili dall’esterno ma chiaramente avvertiti da Logan. Il suo corpo si stava risvegliando, dopo un lungo letargo. Le sue emozioni tornavano a prendere il sopravvento?
Gli tornò in mente la conversazione avuta un giorno con la madre, mentre ricordavano il primo appuntamento con il suo papà.
-Io mi ero messa il vestito più bello che avevo nell’armadio, o almeno quello che pensavo fosse il più bello. Mi venne a prendere a casa alle sette in punto, e lo ricordo perché ci eravamo dati appuntamento a quell’ora anche se tuo padre mi aveva detto di essere un “ritardatario”. Se fossi stata come le mie amiche non me ne sarei accorta, ma a me piace attribuirmi l’onore di essere molto riflessiva- raccontava Laura, prendendo un cucchiaio di gelato alla vaniglia, -Dunque andammo in uno splendido ristorantino fuori città, che ancora oggi ricordo per l’ospitalità di chi ci lavorava. Parlammo un sacco, non necessariamente di cose serie, ma parlammo ininterrottamente. E per una ragazza riflessiva parlare molto con qualcun altro era il massimo. Durante la cena non potevo fare a meno di pensare a quello che mi stava comunicando il mio corpo. Avevo le farfalle allo stomaco, come si suole dire. Era lui quello giusto-. Anche negli occhi di Laura risplendeva una luce, flebile, distante, ma che all’epoca doveva aver splenduto enormemente.
Svelato l’arcano mistero. Logan non stava per morire, il suo corpo gli stava parlando.
-Prego- fece poi, spostando la sedia per Trevor. Un gesto che non passò inosservato da quest’ultimo, che lo ringraziò con il sorriso di un bambino al quale hanno appena detto di essere il più bello del mondo.
Un giorno il dottor Stewart, un uomo dal tatto sia freddo che a tratti disarmante, aveva appoggiato la cartella clinica di Logan sul suo letto e vi si era seduto per un istante.
La sua folta barba bianca gli dava più anni di quanti non ne avesse, e gli occhi vitrei potevano di primo impatto ingannare un astuto osservatore. Sembrava, e forse era veramente, un uomo estremamente razionale interessato solo all’aspetto pratico del suo lavoro. Tuttavia quando appoggiò la cartellina sul letto abbassò la guardia.
-So come ti senti, ragazzo, e non lo dico nel vano tentativo di tirarti su di morale- confidò, sostenendo con il paziente uno sguardo premuroso, -Capita a volte di sentirsi estranei nel mondo al quale apparteniamo. Ora vedi solo il buio, fuori e dentro di te. Pensi che quello che passi tu adesso dovrebbe capitare a chi ti ha fatto questo, ed è un pensiero giustificabile. Però voglio dirti una cosa che non sono solito a dire neanche a me stesso. Nasciamo come complesse creature in grado di amare, e moriamo sperando che l’amore torni ad addolcire il nostro addio. Tra la nascita e la morte sperimentiamo i piaceri e i dolori dell’anima, del corpo… pensiamo che sia tutto programmato, non è vero?- Logan non voleva rispondere a quella domanda. Se la vita avesse programmato questo per lui, non sarebbe mai stato in grado di perdonarla.
-Beh, niente è programmato- continuò il dottore, -E così come un gruppo di persone può distruggere il tuo mondo in pochi minuti, tu puoi ricostruirlo pezzo dopo pezzo e cambiarlo, renderlo migliore sui frammenti del passato. Non sei morto, non è arrivato il tuo momento per dire addio, quindi non farlo. Vivi e trova l’amore nei tuoi cari, cercalo. Voglio che tu lo sappia, vedo troppe persone che gettano la spugna-.
Logan deglutì, aveva trattenuto la saliva in bocca per tutto il tempo.
-Lei l’ha gettata?- chiese poi, con una mossa un po’ azzardata e inaspettata.
Il dottor Stewart sospirò.
-E’ successo, sì. La cosa più stupida mai fatta in vita mia, che ancora oggi rimpiango. E a pagarne le spese è stato mio figlio. Se n’è andato pensando che non lo amassi più. Il mio giudizio lo ha spinto nel buio-.
A Logan fu chiaro tutto. Qualche anno prima a Stanton un ragazzo si era impiccato lasciandosi alle spalle una lettera di addio, dove salutava i propri cari e il ragazzo che amava.
-Come stai?- chiese Trevor, togliendosi la giacca di pelle.
-E’ un po’ complicato per risolverlo in un “bene” o “male”- rispose Logan.
-Non ho nulla da fare per le prossime cinque ore- replicò Trevor, lasciando sottintendere che la scuola poteva aspettare.
Se solo avessi parlato prima, stupido.
   
 
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