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Autore: Domenico De Ferraro    05/02/2018    0 recensioni
FAVOLA INVERNALE
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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 FREDDA FIABA DELLA LIBERTA’

DI DINO FERRARO

 
 


Un tempo assai lontano dentro  una vecchia casa  diroccata  situata sopra la cima d’una calva  collina ,coperta dal verde dei boschi socchiusi e silenziosi  ci viveva una graziosa fanciulla . Magra d’aspetto, con un buffo aspetto , donna pia lavorava dalla mattina sino a sera ,sotti  li comandi d’una megera matrigna. Lavorava ,sfacchinava ,puliva e ripuliva con cura la misera stamberga ,nei momenti di pausa di tanto in tanto usciva fuori casa con  indosso sempre i soliti  i laceri  vestiti   a far qualche commissione  giù al paese.  Il paese  fatto di poche ed umili  case sparse come mucchietti d’ossa ,legni fradici dai tetti spioventi dispersi  nel fondo valle , attraversato da un ripido  torrente canterino che scendendo allegro canta la sua canzone  di molti anni e molte ere passate , villaggio  con al centro dell’abitato una piccola  chiesa con un grande  campanile,  svettante verso Il cielo che invita ogni passante ed ogni pellegrino ad entrare ad adorare quel piccolo  pargolo nascosto tra la paglia . Paese di poche anime ,per la maggior parte contadini ed artigiani, qualche malandrino ,barone dai baffi neri che frusta con piacere chi non ascolta il suo volere. Donne gobbe,  alcune belle ed altre gaie uomini d’un tempo addietro dalle grandi gambe , dai grandi cuori che colmi di gioia ritornano a sera a casa loro,  intorno al vecchio focolare.   La mesta fanciulla quando ella era sola  e nessuno poteva vederla ,  spesso  si lasciava  andare  sconsolata  in un lungo pianto liberatorio , rammentava  le sue pene e afflizioni  si lasciava andare ad un lungo piagnisteo : Chi è più sfortunata di me su questa terra ,poveretta sono, nisciuno mi vuole  bene,
amaro destino mi ha riservato la vita.
Senza madre, ne padre abbandonata da tutti li parenti a far la serva a questa brutta matrigna, mariola di quei pochi  beni  che mi hanno  lasciato in eredità i miei poveri genitori.
La padrona è lei ,  decide ,comanda a suo piacimento.
Sfortunata sono nata.
Senza amore , Senza onore.
Fatti capace figlia mia
Di che mamma mia ?
lo sai ti sono  sempre accanto
Ma tu sei morta
Io,  vivo nel tuo cuore
Sono sola , nisciuna mi capisce
Non farti abbattere
Pigliame lo sciallo
Portami l’acqua
Ti sei fatta grossa
Magra come nu cerino sono
Chiu bella di una rosa
Sola e sconsolata
Teresenella mea
Povera mamma mia
Nun chiagnere te sente ò diavolo
Me sentesse , me sentesse  che me ne importa
Guarda cielo ,non vedi niente?
Tante stelle e con lo pensiero fisso ti seguo nell’oscurità.
Ed il pianto gli gonfiava le gote e con gli occhi  lucidi ed umidi diveniva  ancora più bella. La piccola Nina era  d’aspetto gracile dolce  e maliziosa  un  pallido volto simile ad una madonna ,ornato  da una cascata di  sporchi biondi capelli ,arruffati , fitti e tinti a tratti di nero.  Dal corpo esile come un gambo di fiore   dalle corolle protese  verso il sole . Ed Il tempo passava faticando ,facendo  le mille  faccende quotidiane, nei giorni pigri e bigi  ,nella  breve  gioia che poteva regalarsi. Un giorno  di fine  gennaio si sparse  la notizia  del ritorno di un gruppo di soldati  dal fronte di guerra ,per tutta la valle , la voce corse fin sopra ai cascinali  pendenti sui monti ,per le masserie  del vecchio paese,  dell’arrivo  imminente dei soldati dalla guerra. La maggior parte reduci , scampati a mille pericoli  da sotto l’affilata  falce della  perfida morte ,stanchi e affamati  avevano camminato a lungo , attraversato  montagne innevate, valichi tortuosi , crepacci e dirupi orrendi con  la fiducia in sè  di far ritorno a casa dai loro  familiari.
La matrigna  saputa la  lieta notizia  del ritorno,  fece lavare e lustrare la casa da cima a fondo ,onde non fare  una brutta figura  e fattasi bella pure lei mandò  Ninuccia a tagliare legna nei boschi.
Poi messosi fuori l’uscio di casa  aspettò il passaggio dei  giovani  soldati  con l’intenzione  di  riceverne  ospite qualcuno, per  rifocillarlo e alfine nelle sue intenzioni di conquistarlo.
E i soldati stanchi , impolverati  passarono carichi di dolori trascinando seco  le speranze coltivate in battaglia ,passarono tutti uniti con in mano vecchi fucili  al suono della banda musicale.
Un piccolo soldato , andava avanti  :Torno  ora dai campi di battaglia , dopo tanto dolore sopportato  ,ferito dall’avversa sorte,  attraverso questo mattino di luce , con in spalla il mio fucile, con la mia divisa macchiata di sangue , con i miei giovani anni .
Con il  sacco  sopra alle spalle, la gente ci fa festa,ci saluta, ci bacia, chi ci  tira di qua ,chi di là.  
Ma il mio  pensiero  torna ai giorni sofferti . Ai tanti momenti difficili  che ho dovuto superare .
Alla fame ,ai tanti corpi mutilati ,ai micidiali colpi di cannone.
Su questa strada storpia ,solitario marcio, stanco e avvilito.
Ho camminato a lungo ,ora sento il bisogno di riposarmi , arrotolare un po’ di  tabacco nelle cartine e lasciarmi andare
con la cicca in bocca all’ombra di qualche albero secolare.
Aspettare  poi la sera, sedere  vicino al  fuoco,  vederlo scoppiettare ardere ,danzare la fiamma rossa ,riscaldarmi e addormentarmi come un bambino, sognare momenti felici.  Ma  intorno a quei suoi sogni si fecero avanti tante ombre ,figure  cruciali  ,malvage fuggite dalla mano del fato.
Noi siamo muorti accise sotto  li colpi delle baionette nemiche. 
Dopo averci  rialzato con coraggio  dal fango misto di sangue innocente , abbiamo  continuato a lottare  a cadere inermi sotto il fuoco nemico,  siam stati colpiti a morte,  vittime d’una  orrenda storia ,  reggendo fino alla fine   l’arma tra le mani. Ora siamo un mucchio d’ossa, ci hanno  sepolti e dimenticati in una terra straniera.
Non abbiamo più paura.
Siamo parte  di quella  storia che ci ha deriso , ci ha traditi per un sogno  di vittoria.
Siam partiti.
Siam Tornati.
Abbiamo urlato.
Siamo in tanti in questa fossa.
Abbiamo pianto.
Non sparate.
Attenti al nemico.
Ora è l’ora per morire.
Avanti amici.
Prendete l’armi.
Avanti fratelli.
Io avevo una moglie e quattro figli. Facevo il  fattore nella azienda agricola di Don Alberto.
Avevo un calesse trainato da un purosangue inglese .
Ero rispettato,  ben voluto da tutti giù al paese.
Cosa succederà ora alla mia famiglia , senza il mio aiuto?
Cosa  accadrà a  mia moglie sola, vedova con quattro figli ancora
tutti in tenera età ?
Tutto ciò mi rende  assai infelice , vorrei tanto ritornare in vita solo  per un breve lasso di tempo  per poter aiutare  ancora per poco  la mia povera moglie a sistemare le cose per il meglio prima che io scompaia nel   buio dell’Ade.
Io sono figlio d’una famiglia numerosa et  illustre .
Quinto di  otto figli ,cinque maschi e tre femmine.
Decisi di partire alla vigilia della grande guerra  onde far onore al cognome che porto  Rossi di San Severo.
Nello scontro fui sparato  e buttato in una fossa circondato dal nemico gridai: aiuto .
Nessun m’ascoltò  e gridai con tutto il fiato.
Fui temerario, combattei come un leone poi esausto  alzai le mani  in segno di resa , ma  a nulla valse , un colpo secco risuonò nell’aria ,caddi riverso  infine  in una pozza di sangue innocente.
Lì rimasi per cinque giorni abbandonato,  sotto il sole e la pioggia .
Mi decomposi  lentamente  ed un fetore tale emanava il corpo mio in quello stato da far fuggire  chiunque s’avvicinasse perfino  ladri e sciacalli per  lo forte lezzo. Al  settimo giorno un  grosso carro trainato da due cavalli , traballante venne, alcuni uomini  vestiti di nero mi pigliarono mi chiusero in un sacco e lì rimasi sino a diventare solo un povero ammasso di ossa.
Povera mamma mia ,poveri fratelli miei , quanto  vorrei riabbracciarli ancora .
Che colpa  ho,  se non son morto da eroe.
Perché dio non mi ha ascoltato,  perché la voce del nemico, odo ancora dopo morto ,dopo essere passato in altra forma .
Io invece tornavo dal fronte , con una licenza premio , dopo essere stato per ben tre anni con coraggio   in prima linea .  Quante preghiere , tante  notti insonni ,le urla dei miei compagni sentivo  , catturati,  trascinati con forza dietro le linee nemiche  e alfine uccisi, quelle voci risuonano ancora nelle mie orecchie.  Ho avuto la possibilità diverse  volte  di  fuggire in salvo , di nascondermi  all’assalto dei nemici ,mi sono trovato faccia a faccia con la morte tante  volte , non ho  pianto ,ne  deriso la mia sorte , un  solo pensiero  ha sorretto l’animo mio :  combattere, salvarmi da quell’inferno , andare avanti  indenne fino alla fine della battaglia.
Nei boschi gelidi  s’odono ancora i mortai tuonare , all’arme affrontarsi ,sulle auree pianure tra i laghi celesti , su quali  si spande e s’ode   un  grido lugubre . Abbracciati sotto  la luna  i  guerrieri moribondi stanno ,  il loro  lamento echeggia nella nebbia . Quieto s’agglomera nei campi di grano il sangue versato ,frescura lunare ,tutte le strade  in  tempo di pace,  convergono in un  libero canto .
Io ero  sulla via del ritorno ,cantando,  andavo,  quando  un areo nemico mi colpì alle spalle . Venti giorni sull’Ortigara senza il cambio per dismontà .Avanti , avanti ,avanti….E domani si va all'assalto, soldatino non farti ammazzar. Avanti, avanti, avanti  ...Quando poi si discende a valle battaglione non hai più soldati .  Avanti, avanti , avanti ... Nella valle c'è un cimitero, cimitero di noi soldati.  Avanti ,avanti ,avanti  fratelli . Cimitero di noi soldati , forse un giorno ti vengo a trovare. Avanti, avanti, avanti…
 Ho lasciato la mamma mia, l'ho lasciata per fare la guerra.
Avanti, avanti ,avanti senza timore ... Quando portano la pagnotta il cecchino comincia a sparare .
Avanti, avanti ,avanti amore mio  ... Battaglione di tutti i Morti, noi giuriamo la nostra terra  salvare.
Avanti, avanti ,avanti  verso la vittoria noi andiamo.
Mille case  all’orizzonte l’une strette all’altre e la mente si perde
in mille cari ricordi , piccole gioie   perdute. Vento porti con te  canzoni  di guerra  nate  su in montagna per  lugubre contrade.  Vento , passi gelido , sopra la  croce d’ognuno ,sopra il corpo  afflitto  e muto .  Passerà mai qualcheduno  per codesto bosco  che m’ aiuti a far ritorno  a casa mia?  
Non  avete voi un cuore?
In molti dicono  che  voi non l’avete.
Ed io mi consumo di  passioni   sull’uscio di casa  nell’attesa di veder passare  quel  giovane eroico soldato.
Tutti mi dicono: Ah pazza mangiata dall’ invidia ,rosa dalla follia e vana la tua attesa.  
Soldato di superbe imprese ,marinaio senza vela , ne remi   dove volge  il tuo cammino ?
In quali deserti di sabbia ,dietro morgane ,fuochi fatui , acerbe  canzoni,  cantano  la tua sete d’avventura  .
Poverina dice la gente s’è matta.
Ma lasci che ti dica: chi di spada ferisce , di spada perisce.
Per te soldato mi sono fatta bella ,  nella  voglia  d’amarti ancora.
Forse è vero,  io ai difficili amori sono nata.
Son perduta , sono sola con le mie passioni.
La fanfara dei soldati ora  giunge  a passo lento ,il rullo dei tamburi s’ode crescendo in ogni luogo. La musica rende  l’ aria lieta  la gente s’affaccia  dalle finestre.  Pian piano escono di casa non più intimoriti  per andare  incontro ai soldati che cantano:
Quel mazzolin di fiori che vien dalla montagna,  bada ben che non si bagna ché lo voglio regalar, bada ben che non si bagna che lo voglio regalar. Lo voglio regalare  perché l'è un bel mazzetto,   lo voglio dare al mio moretto , stasera quando vien, lo voglio dare al mio moretto , stasera quando vien ecc. ecc.  Cosi Nina vedendoli da lontano , giungere tutti insieme , incominciò a correre lungo  il ripido pendio della collina , ricoperta di candida neve. Le strade del paese s’affollavano  sempre più ,arrivò  in paese con un grosso fiatone , il cuore gli batteva  forte in petto . La folla rumorosa prese ad  urlare  e spingere  nel salutare il passaggio del convoglio militare, file di soldati  stanchi di morire , marciavano compatti  a piedi  o a bordo di camionette e carri armati.  Nina non  ebbe  il tempo di voltarsi indietro , che  spinta  dalla furiosa  folla , trascinata dagli eventi , perduta nella sua storia , la sciagurata  cadde sotto
un carro . L’urlo di lei maciullata  neppure s’udii  mentre   la colonna  
di autoblindo   continuò   ad andare  avanti , verso il suo destino.  
In quel lugubre momento  nessuno s’accorse  della terribile disgrazia.   Poi visto la triste condizione   alcuni  uomini cercano di soccorrerla inutilmente,  ed il suo sangue macchiò la candida neve,    rendendo roseo il sogno di milioni di persone che avevano attraversato l’orrore della guerra ,  ed ogni cosa circostante  divenne come s’era desiderata fosse  ,un vecchio provò chiamare aiuto  ,mentre alcuni   soldati , stringevano a se   le  loro giovani spose  con in grembo il frutto del loro acerbo amore .  Il   caldo sangue   di Nina , goccia dopo goccia  bagnò   la madre terra , ed i boschi e la valle intera, il suo giovane amore   giunse fin dove le lacrime bagnano la terra ed altri intendimenti   ,ed in ogni luogo a lungo conteso nel bene e nel male nel nome di una libertà combattuta  , un fiore  dai molti  colori sbocciò improvvisamente  forte  e bello, fu  gettato su una bara ,  fu gettato sopra un fosso ,  illuminato da un   raggio di sole, era  quello l’inizio e la fine, era quello  il fiore della libertà ?
 
 
 
 
 

   
 
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