Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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FREDDA FIABA DELLA LIBERTA’
DI DINO FERRARO
Un tempo assai lontano dentro una vecchia casa diroccata situata sopra la cima d’una calva collina ,coperta dal verde dei boschi socchiusi e silenziosi ci viveva una graziosa fanciulla . Magra d’aspetto, con un buffo aspetto , donna pia lavorava dalla mattina sino a sera ,sotti li comandi d’una megera matrigna. Lavorava ,sfacchinava ,puliva e ripuliva con cura la misera stamberga ,nei momenti di pausa di tanto in tanto usciva fuori casa con indosso sempre i soliti i laceri vestiti a far qualche commissione giù al paese. Il paese fatto di poche ed umili case sparse come mucchietti d’ossa ,legni fradici dai tetti spioventi dispersi nel fondo valle , attraversato da un ripido torrente canterino che scendendo allegro canta la sua canzone di molti anni e molte ere passate , villaggio con al centro dell’abitato una piccola chiesa con un grande campanile, svettante verso Il cielo che invita ogni passante ed ogni pellegrino ad entrare ad adorare quel piccolo pargolo nascosto tra la paglia . Paese di poche anime ,per la maggior parte contadini ed artigiani, qualche malandrino ,barone dai baffi neri che frusta con piacere chi non ascolta il suo volere. Donne gobbe, alcune belle ed altre gaie uomini d’un tempo addietro dalle grandi gambe , dai grandi cuori che colmi di gioia ritornano a sera a casa loro, intorno al vecchio focolare. La mesta fanciulla quando ella era sola e nessuno poteva vederla , spesso si lasciava andare sconsolata in un lungo pianto liberatorio , rammentava le sue pene e afflizioni si lasciava andare ad un lungo piagnisteo : Chi è più sfortunata di me su questa terra ,poveretta sono, nisciuno mi vuole bene,
amaro destino mi ha riservato la vita.
Senza madre, ne padre abbandonata da tutti li parenti a far la serva a questa brutta matrigna, mariola di quei pochi beni che mi hanno lasciato in eredità i miei poveri genitori.
La padrona è lei , decide ,comanda a suo piacimento.
Sfortunata sono nata.
Senza amore , Senza onore.
Fatti capace figlia mia
Di che mamma mia ?
lo sai ti sono sempre accanto
Ma tu sei morta
Io, vivo nel tuo cuore
Sono sola , nisciuna mi capisce
Non farti abbattere
Pigliame lo sciallo
Portami l’acqua
Ti sei fatta grossa
Magra come nu cerino sono
Chiu bella di una rosa
Sola e sconsolata
Teresenella mea
Povera mamma mia
Nun chiagnere te sente ò diavolo
Me sentesse , me sentesse che me ne importa
Guarda cielo ,non vedi niente?
Tante stelle e con lo pensiero fisso ti seguo nell’oscurità.
Ed il pianto gli gonfiava le gote e con gli occhi lucidi ed umidi diveniva ancora più bella. La piccola Nina era d’aspetto gracile dolce e maliziosa un pallido volto simile ad una madonna ,ornato da una cascata di sporchi biondi capelli ,arruffati , fitti e tinti a tratti di nero. Dal corpo esile come un gambo di fiore dalle corolle protese verso il sole . Ed Il tempo passava faticando ,facendo le mille faccende quotidiane, nei giorni pigri e bigi ,nella breve gioia che poteva regalarsi. Un giorno di fine gennaio si sparse la notizia del ritorno di un gruppo di soldati dal fronte di guerra ,per tutta la valle , la voce corse fin sopra ai cascinali pendenti sui monti ,per le masserie del vecchio paese, dell’arrivo imminente dei soldati dalla guerra. La maggior parte reduci , scampati a mille pericoli da sotto l’affilata falce della perfida morte ,stanchi e affamati avevano camminato a lungo , attraversato montagne innevate, valichi tortuosi , crepacci e dirupi orrendi con la fiducia in sè di far ritorno a casa dai loro familiari.
La matrigna saputa la lieta notizia del ritorno, fece lavare e lustrare la casa da cima a fondo ,onde non fare una brutta figura e fattasi bella pure lei mandò Ninuccia a tagliare legna nei boschi.
Poi messosi fuori l’uscio di casa aspettò il passaggio dei giovani soldati con l’intenzione di riceverne ospite qualcuno, per rifocillarlo e alfine nelle sue intenzioni di conquistarlo.
E i soldati stanchi , impolverati passarono carichi di dolori trascinando seco le speranze coltivate in battaglia ,passarono tutti uniti con in mano vecchi fucili al suono della banda musicale.
Un piccolo soldato , andava avanti :Torno ora dai campi di battaglia , dopo tanto dolore sopportato ,ferito dall’avversa sorte, attraverso questo mattino di luce , con in spalla il mio fucile, con la mia divisa macchiata di sangue , con i miei giovani anni .
Con il sacco sopra alle spalle, la gente ci fa festa,ci saluta, ci bacia, chi ci tira di qua ,chi di là.
Ma il mio pensiero torna ai giorni sofferti . Ai tanti momenti difficili che ho dovuto superare .
Alla fame ,ai tanti corpi mutilati ,ai micidiali colpi di cannone.
Su questa strada storpia ,solitario marcio, stanco e avvilito.
Ho camminato a lungo ,ora sento il bisogno di riposarmi , arrotolare un po’ di tabacco nelle cartine e lasciarmi andare
con la cicca in bocca all’ombra di qualche albero secolare.
Aspettare poi la sera, sedere vicino al fuoco, vederlo scoppiettare ardere ,danzare la fiamma rossa ,riscaldarmi e addormentarmi come un bambino, sognare momenti felici. Ma intorno a quei suoi sogni si fecero avanti tante ombre ,figure cruciali ,malvage fuggite dalla mano del fato.
Noi siamo muorti accise sotto li colpi delle baionette nemiche.
Dopo averci rialzato con coraggio dal fango misto di sangue innocente , abbiamo continuato a lottare a cadere inermi sotto il fuoco nemico, siam stati colpiti a morte, vittime d’una orrenda storia , reggendo fino alla fine l’arma tra le mani. Ora siamo un mucchio d’ossa, ci hanno sepolti e dimenticati in una terra straniera.
Non abbiamo più paura.
Siamo parte di quella storia che ci ha deriso , ci ha traditi per un sogno di vittoria.
Siam partiti.
Siam Tornati.
Abbiamo urlato.
Siamo in tanti in questa fossa.
Abbiamo pianto.
Non sparate.
Attenti al nemico.
Ora è l’ora per morire.
Avanti amici.
Prendete l’armi.
Avanti fratelli.
Io avevo una moglie e quattro figli. Facevo il fattore nella azienda agricola di Don Alberto.
Avevo un calesse trainato da un purosangue inglese .
Ero rispettato, ben voluto da tutti giù al paese.
Cosa succederà ora alla mia famiglia , senza il mio aiuto?
Cosa accadrà a mia moglie sola, vedova con quattro figli ancora
tutti in tenera età ?
Tutto ciò mi rende assai infelice , vorrei tanto ritornare in vita solo per un breve lasso di tempo per poter aiutare ancora per poco la mia povera moglie a sistemare le cose per il meglio prima che io scompaia nel buio dell’Ade.
Io sono figlio d’una famiglia numerosa et illustre .
Quinto di otto figli ,cinque maschi e tre femmine.
Decisi di partire alla vigilia della grande guerra onde far onore al cognome che porto Rossi di San Severo.
Nello scontro fui sparato e buttato in una fossa circondato dal nemico gridai: aiuto .
Nessun m’ascoltò e gridai con tutto il fiato.
Fui temerario, combattei come un leone poi esausto alzai le mani in segno di resa , ma a nulla valse , un colpo secco risuonò nell’aria ,caddi riverso infine in una pozza di sangue innocente.
Lì rimasi per cinque giorni abbandonato, sotto il sole e la pioggia .
Mi decomposi lentamente ed un fetore tale emanava il corpo mio in quello stato da far fuggire chiunque s’avvicinasse perfino ladri e sciacalli per lo forte lezzo. Al settimo giorno un grosso carro trainato da due cavalli , traballante venne, alcuni uomini vestiti di nero mi pigliarono mi chiusero in un sacco e lì rimasi sino a diventare solo un povero ammasso di ossa.
Povera mamma mia ,poveri fratelli miei , quanto vorrei riabbracciarli ancora .
Che colpa ho, se non son morto da eroe.
Perché dio non mi ha ascoltato, perché la voce del nemico, odo ancora dopo morto ,dopo essere passato in altra forma .
Io invece tornavo dal fronte , con una licenza premio , dopo essere stato per ben tre anni con coraggio in prima linea . Quante preghiere , tante notti insonni ,le urla dei miei compagni sentivo , catturati, trascinati con forza dietro le linee nemiche e alfine uccisi, quelle voci risuonano ancora nelle mie orecchie. Ho avuto la possibilità diverse volte di fuggire in salvo , di nascondermi all’assalto dei nemici ,mi sono trovato faccia a faccia con la morte tante volte , non ho pianto ,ne deriso la mia sorte , un solo pensiero ha sorretto l’animo mio : combattere, salvarmi da quell’inferno , andare avanti indenne fino alla fine della battaglia.
Nei boschi gelidi s’odono ancora i mortai tuonare , all’arme affrontarsi ,sulle auree pianure tra i laghi celesti , su quali si spande e s’ode un grido lugubre . Abbracciati sotto la luna i guerrieri moribondi stanno , il loro lamento echeggia nella nebbia . Quieto s’agglomera nei campi di grano il sangue versato ,frescura lunare ,tutte le strade in tempo di pace, convergono in un libero canto .
Io ero sulla via del ritorno ,cantando, andavo, quando un areo nemico mi colpì alle spalle . Venti giorni sull’Ortigara senza il cambio per dismontà .Avanti , avanti ,avanti….E domani si va all'assalto, soldatino non farti ammazzar. Avanti, avanti, avanti ...Quando poi si discende a valle battaglione non hai più soldati . Avanti, avanti , avanti ... Nella valle c'è un cimitero, cimitero di noi soldati. Avanti ,avanti ,avanti fratelli . Cimitero di noi soldati , forse un giorno ti vengo a trovare. Avanti, avanti, avanti…
Ho lasciato la mamma mia, l'ho lasciata per fare la guerra.
Avanti, avanti ,avanti senza timore ... Quando portano la pagnotta il cecchino comincia a sparare .
Avanti, avanti ,avanti amore mio ... Battaglione di tutti i Morti, noi giuriamo la nostra terra salvare.
Avanti, avanti ,avanti verso la vittoria noi andiamo.
Mille case all’orizzonte l’une strette all’altre e la mente si perde
in mille cari ricordi , piccole gioie perdute. Vento porti con te canzoni di guerra nate su in montagna per lugubre contrade. Vento , passi gelido , sopra la croce d’ognuno ,sopra il corpo afflitto e muto . Passerà mai qualcheduno per codesto bosco che m’ aiuti a far ritorno a casa mia?
Non avete voi un cuore?
In molti dicono che voi non l’avete.
Ed io mi consumo di passioni sull’uscio di casa nell’attesa di veder passare quel giovane eroico soldato.
Tutti mi dicono: Ah pazza mangiata dall’ invidia ,rosa dalla follia e vana la tua attesa.
Soldato di superbe imprese ,marinaio senza vela , ne remi dove volge il tuo cammino ?
In quali deserti di sabbia ,dietro morgane ,fuochi fatui , acerbe canzoni, cantano la tua sete d’avventura .
Poverina dice la gente s’è matta.
Ma lasci che ti dica: chi di spada ferisce , di spada perisce.
Per te soldato mi sono fatta bella , nella voglia d’amarti ancora.
Forse è vero, io ai difficili amori sono nata.
Son perduta , sono sola con le mie passioni.
La fanfara dei soldati ora giunge a passo lento ,il rullo dei tamburi s’ode crescendo in ogni luogo. La musica rende l’ aria lieta la gente s’affaccia dalle finestre. Pian piano escono di casa non più intimoriti per andare incontro ai soldati che cantano:
Quel mazzolin di fiori che vien dalla montagna, bada ben che non si bagna ché lo voglio regalar, bada ben che non si bagna che lo voglio regalar. Lo voglio regalare perché l'è un bel mazzetto, lo voglio dare al mio moretto , stasera quando vien, lo voglio dare al mio moretto , stasera quando vien ecc. ecc. Cosi Nina vedendoli da lontano , giungere tutti insieme , incominciò a correre lungo il ripido pendio della collina , ricoperta di candida neve. Le strade del paese s’affollavano sempre più ,arrivò in paese con un grosso fiatone , il cuore gli batteva forte in petto . La folla rumorosa prese ad urlare e spingere nel salutare il passaggio del convoglio militare, file di soldati stanchi di morire , marciavano compatti a piedi o a bordo di camionette e carri armati. Nina non ebbe il tempo di voltarsi indietro , che spinta dalla furiosa folla , trascinata dagli eventi , perduta nella sua storia , la sciagurata cadde sotto
un carro . L’urlo di lei maciullata neppure s’udii mentre la colonna
di autoblindo continuò ad andare avanti , verso il suo destino.
In quel lugubre momento nessuno s’accorse della terribile disgrazia. Poi visto la triste condizione alcuni uomini cercano di soccorrerla inutilmente, ed il suo sangue macchiò la candida neve, rendendo roseo il sogno di milioni di persone che avevano attraversato l’orrore della guerra , ed ogni cosa circostante divenne come s’era desiderata fosse ,un vecchio provò chiamare aiuto ,mentre alcuni soldati , stringevano a se le loro giovani spose con in grembo il frutto del loro acerbo amore . Il caldo sangue di Nina , goccia dopo goccia bagnò la madre terra , ed i boschi e la valle intera, il suo giovane amore giunse fin dove le lacrime bagnano la terra ed altri intendimenti ,ed in ogni luogo a lungo conteso nel bene e nel male nel nome di una libertà combattuta , un fiore dai molti colori sbocciò improvvisamente forte e bello, fu gettato su una bara , fu gettato sopra un fosso , illuminato da un raggio di sole, era quello l’inizio e la fine, era quello il fiore della libertà ?