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Autore: Mary Rosemary    06/02/2018    4 recensioni
L'opprimente oscurità continuava a crescere e crescere, soffocando la luce solare in una coltre di nere nubi; alzare lo sguardo era a lei pressoché impossibile.
Concentrati sui tuoi nemici continuava a dirsi concentrati su ciò che devi fare: poco importava se il sole era scomparso, aveva il potere di fermare tale disastro e non ne era minimamente spaventata.
Oppure lo era?
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Che Tecna avesse sbagliato? No, impossibile.
L'aveva vista provare innumerevoli volte che la percentuale di fallimento della missione fosse ad un livello talmente basso da esser considerato trascurabile: disturbare il corso del tempo non era cosa da farsi, ma quale alternativa avevano?
Dopotutto a mali estremi, estremi rimedi, così aveva sentito dire.
Non c'era altro metodo per salvare la Dimensione Magica e, seppur avesse voluto optare per una variabile meno pericolosa del piano, aveva ammesso di non aver avuto altra scelta che partecipare attivamente.
“Ma cos'è successo? Perché siamo qui e non a Magix?”
“Questo posto è Magix”
Genere: Angst, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hence Nothing Remains,

Except for our Regrets



Give me all your love now, 'cause for all we know we might be dead by tomorrow”

We Might Be Dead by Tomorrow - Soko






L'occhio si abitua abbastanza in fretta all'oscurità: dopo i primi attimi di confusione e smarrimento comincia a delineare le sagome di oggetti, persone ed animali. Poco a poco i colori si fanno strada nel buio e, seppur alle volte falsati o poco riconoscibili, vengono colti.
La pupilla si dilata fino a raggiungere la propria massima espansione, necessitando sempre meno del sole, del quale a lungo termine non potrebbe fare a meno. Dopo almeno un minuto l'organo visivo si trova in grado di orientarsi nei prossimi dintorni; molto prossimi tuttavia, ridotti a qualche metro oltre i propri piedi.
Il cervello elabora le immagini, le riconosce in millesimi di secondi e facilita di parecchio la comprensione dell'ambiente.
Tecna sapeva perfettamente che nell'oscurità andare in panico fosse completamente inutile; un respiro particolarmente affannoso le avrebbe fatto inalare il velo di polvere che ricopriva la zona – lo vedeva fluttuare attraverso gli spiragli di luce provenienti dall'esterno.
Così cercò di restare calma, sollevando lentamente il busto e liberandosi da vetri e calcinacci che doveva aver urtato durante il suo brusco risveglio. Di certo sanguinava, ma le ferite non potevano che essere trascurabili.
Al momento le sue priorità erano altre.
Seppur avesse eseguito l'intera procedura in maniera perfetta, senza tralasciare alcun dettaglio, non aveva ottenuto il risultato sperato; in verità non ci era andata neppure vicina. Non doveva decisamente andare in tale modo, neanche nella peggiore dell'eventualità.
Che avesse creato uno squarcio spazio-temporale nel momento della sua partenza?
In ogni caso, se ciò fosse stata vera, avrebbe provato sulla propria pelle la sensazione di essere attratta da una gravità maggiore a quella a cui era abituata nell'attimo del trasferimento del proprio corpo: inoltre aveva iniziato il viaggio con le sue fidate compagne, nella scarsa credibilità dell'ipotesi avrebbero dovuto risvegliarsi con lei.
Invece a farle compagnia era solamente il silenzio.
Com'era possibile? Che avesse fatto un errore di calcolo?
Le apparenze dovevano averla ingannata più del previsto; eppure aveva prestato particolarmente attenzione alla sicurezza del procedimento, per evitare appunto spiacevoli sorprese. Per tale motivo il luogo in cui si trovava, così come le emozioni che le trasmetteva, non aveva un minimo nesso logico con ciò che aveva tenuto da conto.
Nonostante non fosse mai stata in un edificio simile sentiva crescere dentro di sé uno strano ed ingiustificato legame affettivo; nelle pause fra i brevi e faticosi respiri i dintorni avevano una parvenza di famigliarità, una fine aroma che avrebbe potuto etichettare come 'casa'.
Tuttavia non apparteneva a tale distopico mondo, né l'aveva mai visitato prima di allora. E non riusciva ad ignorare la fastidiosa nausea che l'aveva posseduta tutto d'un tratto, una reazione corporea portata dalla condizione mentale di deja-vu in cui era caduta.
Per una persona come la fata della tecnologia era terribile non trovare una risposta ragionevole a ciò che le stava accadendo: i dubbi si accumulavano nel suo selettivo organo cerebrale, privandola anche di un singolo momento di pace.
Perché?
Il suo piano avrebbe dovuto migliorare il presente, non deformarlo fino a tal punto; intervenire nel corso del tempo aveva i propri rischi per chi non ne fosse pienamente consapevole, ma lei lo era. E lo era stata anche nel modificare la causa di due anni e mezzo di guai, con la certezza che un fallimento di gravità simile non sarebbe stato che lo 0,0001% dei casi.
Forse non aveva considerato tutte le possibilità, oppure non avrebbe potuto farlo; c'era qualcosa che mancava, qualcosa che non sarebbe mai arrivata a conoscere senza un'approfondita ricerca nel passato dei soggetti che aveva deciso di considerare.
In ogni caso risultava troppo tardi per piangere sul latte versato.
Avrebbe ponderato le proprie idee sul da farsi e le avrebbe esposte alle altre: sempre che fosse riuscita a trovarle in tempo.



Una volta messi a fuoco i dintorni Aisha poté constatare che non fosse cambiato molto da ciò che ricordava. Alcuni fatti sarebbero per forza dovuti cambiare, ma personalmente si sarebbe aspettata qualcosa di molto peggio.
Il villaggio delle Pixie si era mostrato davanti ai suoi occhi esattamente come lo ricordava: almeno, nonostante qualche modifica per apportare miglioramenti, le sensazioni di sicurezza e calore rimanevano le stesse. Il silenzio notturno era leggero quanto una piuma e scivolava sulla scura pelle della fata con la delicatezza della seta; le piccole fate erano tutte a riposo e non le andava di disturbarle facendo loro delle all'apparenza insensate domande.
Se voleva sapere le bastava uscire dal villaggio e capire da sola cosa fosse successo modificando un solo, ma fondamentale evento. Così, senza rifletterci troppo, si alzò facendo meno rumore possibile, raccogliendo nell'intanto lo zaino con il minimo indispensabile che si era portata per il viaggio – una borraccia piena, qualche barretta energetica e della carne secca, il tutto ben contestato dalle altre cinque fate nel momento in cui aveva deciso di portare tali cose – per poi avviarsi all'uscita. Non era solitamente problematico per lei trovarla, in quanto negli ultimi tempi aveva passato più giorni lì che al palazzo di Andros; tuttavia, seguendo la strada che aveva sempre percorso, si trovò di fronte ad una spessa barriera magica.
Esso fu il primo dettaglio a farle accrescere dei consistenti dubbi sull'invariabilità di un presente dove lei stessa non avesse mai frequentato Alfea ed incontrato le proprie nemiche: sembrava troppo strano che le Pixie avessero alzato le difese in tale maniera in assenza di un imminente pericolo, come potevano essere le streghe.
Che le avessero anticipate?
Sembrava improbabile, non avrebbero mai potuto venir a conoscenza di una strategia estrema per eliminare il problema alla radice come la loro. Se le altre sei avessero seguito il suo consiglio – a parer suo toglierle completamente di mezzo era la scelta migliore – forse ogni cosa sarebbe andata ancora meglio. Era comunque presto per giudicare il mondo, del quale vedeva solo qualche misero metro quadrato: vi erano molti motivi per cui le piccole fate ricorrevano a chiudere la barriera, come ad esempio l'abbassamento della temperatura nelle rigide notti invernali, che impediva loro di preservare il fiore atto a far prosperare l'intero popolo; tuttavia non avevano mai usato tanto potere per proteggersi.
Qualsiasi cosa ci fosse al di fuori del villaggio sarebbe stata migliore se le streghe fossero morte.
E se fosse stata peggiore?
Aisha scosse leggermente la testa: da quando si perdeva in pensieri inutili prima di agire? Per scoprire di cosa o di chi le Pixie avessero paura era sufficiente varcare ciò che la separava dal mondo esterno. E stava per farlo, se non si fosse accorta che qualcuno l'aveva raggiunta alle sue spalle.

Aisha, cosa ci fai ancora sveglia?” nel solo udirne la voce riuscì immediatamente a riconoscere Lockette, e di certo non avrebbe sperato in fortuna migliore: sarebbe stata in grado di aprirle una fenditura nella barriera senza andare a distruggerla completamente, lasciandola uscire a perlustrare l'esterno.
Pensavo di andare a controllare la situazione là fuori.”
Aisha, no! – l'inaspettato cambio di atteggiamento della piccola fata la mise in allerta – Lo sai che è pericoloso… Noi non usciamo dal nostro villaggio da anni ormai, là fuori non è rimasto nulla per noi.”
Tale affermazione le aveva fatto mancare il respiro per qualche attimo: cosa significava?
Per la prima volta nella sua breve vita sentiva di non avere il coraggio per chiedere spiegazioni, né per rimanere in una situazione di stallo senza sapere. Eppure le sue gambe restavano immobili, rigide, i piedi inchiodati al suolo.
I pensieri riguardanti la barriera che aveva formulato in precedenza tornarono a prendere prepotentemente possesso della sua mente, portandola ad immaginare come poteva essere un mondo talmente inospitale da spingere un intero popolo a chiudersi nel proprio villaggio per un così lungo periodo di tempo.
Non era molto brava a figurare i luoghi, ma anche quel poco che riusciva a vedere la aiutava a spronarsi dalla propria posizione eretta.

Non voglio chiederti spiegazioni – cominciò, acquistando sicurezza ad ogni parola pronunciata – ma devo vederlo con i miei occhi. Non tornerò presto, ma so difendermi, quindi non dovete preoccuparvi troppo per me, okay?” e prese un passo in avanti, alzando una mano verso la barriera.
Devo uscire ad ogni costo, Lockette. Aprirmi un varco ti costerebbe meno energia che a ricostruire tutta la barriera.”
La Pixie, non ancora del tutto convinta, prese la chiave che portava sempre con sé: non aveva altra scelta se non farla passare, non avrebbe rischiato l'incolumità del proprio popolo perché non voleva accontentarla. Uno scuro squarcio si aprì nella notte che circondava il piccolo villaggio, mostrando qualche accenno di secco terreno, così in contrasto con la rigogliosa erba sulla quale poggiava Aisha.
Senza una parola si mosse ad attraversarlo, trattenendo il respiro come prima d'immergersi sott'acqua. Non se ne pentì, ma ciò che vide fu molto peggio dell'alternativa più terribile a cui aveva pensato.



L'opprimente oscurità continuava a crescere e crescere, soffocando la luce solare in una coltre di nere nubi; alzare lo sguardo era a lei pressoché impossibile.
Concentrati sui tuoi nemici continuava a dirsi concentrati su ciò che devi fare: poco importava se il sole era scomparso, aveva il potere di fermare tale disastro e non ne era minimamente spaventata.
Oppure lo era?
Non faceva altro che guardare la distruzione ai suoi piedi, la scarsa illuminazione rifletteva ombre sanguigne sulle innumerevoli crepe dell'asfalto. Soffocare il senso di terrore che aveva preso possesso del suo cervello era talmente difficile da portarla quasi al rinunciarvici; ma ancora una volta la sua determinazione la stava salvando dal baratro.
Stella non avrebbe potuto osservare in silenzio un orripilante spettacolo come quello che aveva davanti senza alzare un dito per riportare tutto alla normalità: il problema stava nel cosa doveva salvare?
Cos'era esattamente l'ambiente in cui si trovava?

Stella, smettila di perdere tempo a guardarti le scarpe, abbiamo bisogno di te qui.” a parlare fu Musa, che in pochi secondi l'aveva raggiunta; a differenza della bionda lei aveva tenuto ben alto lo sguardo fin da subito.
Dovrò ricomprarle, guarda come sono ridotte.” rispose, nel tentativo di dare all'altra una parvenza di normalità. Il tono spento ed il leggero tremore della voce non giocarono esattamente a suo vantaggio, decise quindi di accantonare la farsa per qualche istante.
Ma cos'è successo? Perché siamo qui e non a Magix?”
L'asiatica la guardò per un attimo prendendo qualche profondo ed importante respiro.

Stella, questo posto è Magix.” disse tutto d'un fiato, indicandole alcuni posti dove – in passato o nel vero presente? – avevano trascorso felici pomeriggi parlando del più e del meno. A lato della strada, dalle finestre sprangate e la grande vetrata in frantumi, giaceva silente il bar che le streghe di Torrenuvola erano solite frequentare per i loro aperitivi.
Qualcosa doveva essere passato di lì non poco tempo prima, qualcosa capace di sradicare completamente i ricordi dalla memoria di chi passava da tale luogo, lasciando solo un infelice senso di vuoto.

Ma non è possibile, noi abbiamo agito nel giusto! Di sicuro è colpa di quelle tre psicopatiche, ci avranno beccato e avranno deciso di farci questo scherzo di pessimo gusto.”
Non lo so, anche io credo che noi non abbiamo fatto niente di sbagliato. La Dimensione Magica aveva bisogno di riscattarsi ed essere un posto migliore; però mi sembra quasi impossibile che se ne siano accorte, in fondo le uniche che si ricordano il presente per com'era prima della missione siamo noi.”
La fata del Sole e della Luna a tal punto allargò le braccia, rivolgendo la propria attenzione alla strada che conosceva così bene, ma che non era in grado di riconoscere.

Allora com'è accaduto tutto questo? Una città bella come Magix non diventa inospitale da un momento all'altro!”
Mi ascolti quando parlo? – disse leggermente alterata la mora, per poi darsi un contegno. Non era decisamente né il luogo né l'attimo per mettersi a litigare con l'amica – Non ne ho idea di come sia potuto succedere. Ma credo che la cosa migliore, a questo punto, sia trovare direttamente le Trix. Tu hai qualche idea?”
Non ho un'idea precisa, ma quando le abbiamo trovate erano qui in città. Di sicuro non sono andate tanto lontane.” e detto ciò la bionda si chinò a raccogliere la borsa, cadutale durante il non del tutto sicuro atterraggio.
Stella, non ti sei accorta di star sanguinando?” la avvertì Musa, facendo uno scatto per raggiungere l'amica e rivolgendo lo sguardo alle sue ginocchia; Stella seguì il suo sguardo e storse leggermente le labbra, per poi estrarre il proprio cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloncini.
Non lo sai che i lividi e le ferite sono aesthetic al giorno d'oggi?”
Sei incredibile.” le rispose aspramente, tuttavia non poté nascondere il mezzo sorriso provocato dalla consapevolezza che la sua compagna non aveva perso la testa nel vedere il suo luogo preferito ridotto ad una discarica.
Forse poteva sbagliarsi, di certo non completamente.



Una terra così arida raramente l'aveva vista in vita sua; nemmeno nelle simulazioni del professor Palladium si era imbattuta in una simile desolazione e, nonostante di base fosse una persona calma, si sentiva ad un passo dal perdere la testa.
L'assenza di natura nell'ambiente ovviamente non la tranquillizzava: si era svegliata all'improvviso, ansimando per riempire di ossigeno i propri brucianti polmoni e finendo per respirare solo i tossici fumi della metropoli.
Il carbone nel quale giaceva le aveva annerito completamente i vestiti e l'ambrata pelle, rendendola quasi invisibile nei cumuli bui che costituivano quasi interamente il paesaggio; nella distanza intravedeva degli alti palazzi, illuminati da un'insalubre luce rossastra, le quali cime rimanevano celate da spesse nubi oscure atte a muoversi fiaccamente verso di lei. Una piccola strada più chiara, appena visibile data la scarsa luminosità del cielo – era notte? Non erano partite durante il giorno? – si snodava per una decina di chilometri fra catasti abbandonati e fuliggine, di tanto in tanto qualche pietra spuntava ai lati di essa in un patetico tentativo di delinearla.
Se avesse passato troppo tempo in un luogo simile di certo non sarebbe sopravvissuta: l'aria prima di tutto era immensamente più pesante di quella che era solita respirare e tutte le polveri sottili che stava inalando non giovavano alla sua salute. Tuttavia era esausta, riusciva a malapena a sollevare il busto.
Nel viaggio per tale mondo sconosciuto era stata colta di sorpresa ed aveva finito per cadere dal cielo, atterrando sulla schiena: in parte, quindi, avrebbe dovuto ringraziare la presenza di cumuli di polvere nera ad attutirle la caduta. Non riuscendo a guardare nulla all'infuori dell'assenza di colore si lasciò cullare dal movimento delle nuvole, cercando di non andare completamente nel panico.
Che Tecna avesse sbagliato? No, impossibile.
L'aveva vista provare innumerevoli volte che la percentuale di fallimento della missione fosse ad un livello talmente basso da esser considerato trascurabile: disturbare il corso del tempo non era cosa da farsi, ma quale alternativa avevano?
Dopotutto a mali estremi, estremi rimedi, così aveva sentito dire.
Non c'era altro metodo per salvare la Dimensione Magica e, seppur avesse voluto optare per una variabile meno pericolosa del piano, aveva ammesso di non aver avuto altra scelta che partecipare attivamente.
Forse era ora di calmare il proprio tremore e cercare di riunirsi con le altre, non avrebbe concluso nulla lasciandosi morire in un tossico e pesante mare; sola, in un ambiente ostile, si alzò lentamente, scostandosi gli sporchi capelli dal viso. Levarsi più in alto era stato un sollievo per i suoi polmoni, ma Flora non poté fare a meno di credere di aver commesso un grave errore. Ciò che vide non le piacque affatto, ma prima che pensasse anche solo di tornare ad osservare il cielo nella sua beata ignoranza, qualcosa premette contro la corona della sua testa.
Una mano dalla carnagione leggermente più scura della sua reggeva qualcosa di pericoloso, forse un'arma magica, e senza alcun tremore restava rigida, pronta a fare fuoco.

E' lei il bersaglio?” disse con tono cadenzato la figura, caricando l'oggetto con il pollice; con la coda dell'occhio la fata scorse un cellulare nella sua altra mano ed una cascata di lunghi capelli neri a sfiorarle la vita.
Una voce profonda dall'altro capo del telefono parlò per almeno due minuti, nei quali entrambe le donne rimasero immobili, quasi trattenendo il respiro. Avrebbe dovuto trasformarsi e difendersi, ma il pensiero di non essere abbastanza veloce per salvarsi da un proiettile alla testa la paralizzava a tal punto da impedirle di usare i propri poteri contro il suo aggressore.
Sarebbe morta per non esser stata in grado di difendersi?

Smettila di tremare, tesoro – la donna richiamò a sé l'attenzione dopo aver chiuso la chiamata, Flora la sentì riporre la propria arma con l'accenno di un'amara risata – Sembravi alquanto patetica. Oggi è il tuo giorno fortunato, vedi di cominciare a farti passare l'insensata paura della morte. Altrimenti crepi davvero.”
La fata della natura restò immobile finché non cominciò ad udire i passi allontanarsi dal suo corpo; i suoi muscoli si rilassarono e solo allora la sua mente si riattivò.

Aspetta!” non urlò, ma parve bastare ad arrestare la camminata della mora.
So che sembra una domanda strana da fare, ma dove siamo?”
Dieci chilometri da Magix – disse senza voltarsi, ma nonostante ciò la fata poté figurarsi una malsana espressione dipingerle il volto – E questa meraviglia, cara mia, è la verdeggiante foresta di Selvafosca.”






Avvertenze e condizioni per l'uso:

Premetto che questa è l'introduzione di qualcosa che non è ancora stato precedentemente scritto (di solito faccio il contrario per far fronte a qualsiasi situazione in cui, ad esempio, non riesco a scrivere) ma questa volta voglio provare ad essere veramente costante.
Proverò ad aggiornare ogni due settimane. (Sperando di avere le idee abbastanza chiare, mio dio)
Nel pubblicarla metto l'avvertimento AU, perché tecnicamente sarebbe un universo alternativo, nonostante sia sempre la Dimensione Magica (accetto consigli, la situazione è particolarmente complicata); in pratica non è l'universo magico in cui è ambientata la serie, ma un universo profondamente modificato per la mancanza di un avvenimento che all'apparenza avrebbe portato solo cambiamenti positivi.
Spero si capisca qual è nonostante non l'abbia detto esplicitamente.
Ps: Non ho dimenticato Bloommete, l'ho lasciata apposta per il prossimo capitolo. Almeno nel primo non la dovete sopportare ihihihi
Ringrazio chi mi ha sostenuta fino a qui nelle altre storie, ed anche voi lettori che siete arrivati fin qui, in fondo a questo delirio.


Mary


   
 
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