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Autore: StregattoAstratto    06/02/2018    0 recensioni
Jody è una ragazza di diciassette anni amante della fotografia. La sua vita verrà totalmente stravolta quando un pomeriggio, intenta a svolgere un compito assegnato per casa, si imbatte nello sguardo di un misterioso ragazzo.
Ma sarà disposta a combattere i demoni del suo passato e del suo presente per riprendere in mano la sua vita?
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Ho cominciato a scrivere Roadville molto tempo fa, ma non ho mai avuto il coraggio di pubblicarla. Spero solo che vi piaccia.



Roadville.

-Compito di fotografia.-

E credetemi che vi sareste innamorate pure voi di tanta bellezza.  Vi sareste innamorate a prima vista del suo sorriso, così dolce e impossibile allo stesso tempo. Vi sareste innamorate dei suoi capelli lunghi, castani e raccolti, la sua barba incolta ma allo stesso tempo curata. Vi sareste innamorate del tatuaggio che porta sull’ avambraccio destro: quell’acchiappasogni a tre piume che scendevano fino al polso, dando l’impressione di svolazzare per tutto il suo braccio. Nel momento esatto in cui lo ho visto sorridere, quel momento esatto in cui il suo sorriso era ben pronunciato dagl’angoli delle sue labbra, ho capito che mai più, probabilmente, avrei perso la testa per qualcuno che non fosse stato lui. Quel sorriso accompagnato dai suoi occhi da cerbiatto, socchiusi, così allegri ma nello stesso tempo tristi, vuoti, mi aveva fatto perdere la testa. Adoravo quegl’occhi, nonostante fossero marcati da occhiaie evidenti di chi non dorme e passa le sua nottate tra pensieri e riflessioni di ogni tipo. E io? Io non potevo fare altro che restare nel mio piccolo angolo, nascondendomi il viso con il mio ciuffo biondo.
Lui era il classico ragazzo impossibile. Era quel ragazzo che non permetteva una certa confidenza a chiunque incontrasse. 
Erano i primi di ottobre quando lo vidi la prima volta. 
Dovete sapere che la cittadina di Roadville è tagliata da un fiume che la attraversa per qualche chilometro, arrivando poi alla costa nella quale si trova il centro della città. Verso le parti più rocciose dove il fiume inizia il suo corso, c’è un albero. Ma non è un albero qualsiasi. E’ un albero che avrà almeno un centinaio di anni, e spesso le persone vanno a vederlo sedendosi sulle radici o sui rami più grossi ammirando quel meraviglioso spettacolo che li circondava. Oltre quell’albero, c’erano altri alberi che perdevano raramente le foglie, nonostante in autunno cambiassero comunque colore. Invece questo albero manteneva le foglie sempre verdi. 
Comunque, tornando al discorso di prima, lo vidi per la prima volta verso i primi di ottobre. Stavo ritornando da scuola con la mia amica Marlene, e quel giorno decidemmo di andare alle cascate dove, appunto, si trovava questo albero gigante. Avevamo un compito di fotografia. Avremmo dovuto fotografare e scrivere una didascalia di un’immagine che rappresentasse il bello di ciò che ci circondava. Mi guardai intorno, e c’erano così tante cose fantastiche da fotografare. Avrei potuto fotografare dei cuccioli di papera giocare e sguazzare nell’acqua, oppure avrei potuto fotografare il sole che attraversava le fronde degl’alberi. 
Mi sedetti su una radice che raggiungeva quasi la riva del fiume, e Marlene si sedette accanto a me. Restai in silenzio sovrappensiero, cercando l’elemento ispiratorio.
“Hey Jody, stai bene?” disse Marlene poggiandomi la mano sulla spalla. 
Sobbalzai tornando alla realtà, e annuii. “Qualcosa di fantastico accadrà, no?” 
Ritirai le mani all’interno del mio maglione di lana. Se c’era una cosa che amavo con tutta me stessa, era quel maglione largo in cui nascondere le mani. A Roadville il freddo arrivava presto, ma nonostante ciò ogni tanto si presentavano giornate in cui si poteva stare a maniche corte, o almeno fino a metà novembre.
“Suppongo di sì.” Affermò. 
Si alzò e cominciò a girare e camminare sulla riva del fiume fotografando dolci paesaggi e la natura.
Mi guardai intorno e il mio cuore sembrò fermarsi in una frazione di secondo quando, voltandomi verso i rami dell’albero, scorsi il profilo di un ragazzo seduto su uno di questi mentre probabilmente o disegnava o scriveva. Si sistemò dei capelli diero l’orecchio, sistemandosi anche gli occhiali. Se dovessi descrivere il suo stile, potrei quasi dire che sembrava Johnny Depp, ma con il viso di chi avrebbe fatto innamorare chiunque avesse avuto il coraggio di guardarlo dritto negl’occhi. Alzò lo sguardo posando la matita sul quaderno e poggiò la testa sul tronco, finchè non posò lo sguardo su di me.  
Quando realizzai ciò che stava accadendo era troppo tardi, lo sguardo durò qualche secondo. O forse no, ma era stato abbastanza tempo da farmi arrossire e farmi voltare dalla parte opposta e fare la parte di chi non si fosse mai girata. Ma era troppo tardi. 
Non ho mai creduto ai colpi di fulmine, e nemmeno in quel momento ci stavo credendo. Me ne resi conto solo quando mi incamminai per tornare a casa che ancora il mio cervello stava rielaborando quella frazione di secondo in cui mi son girata e i miei occhi si sono posati su di lui. Mi allontanai a passo spedito da quell’albero cercando di raggiungere Marlene. Mi voltai cercando di non farmi notare troppo, e lui era ancora lì. Il sole rifletteva sull’acqua, creando un controluce sulla sua figura. Era lo scatto perfetto. Mi affrettai a tirare fuori la polaroid, poi un click immortalò quel ricordo per sempre. 
“Forse dovresti chiedergli l’autorizzazione.” Disse Marlene accennando un sorriso. Aveva già capito tutto, ancor prima che potessi farlo io.
“E’ solo uno scatto di prova.” Dissi cercando di difendere la mia posizione. Inutile dire che non ci cascò nemmeno un po’, e con lo sguardo capii esattamente ciò che voleva dirmi. Si allontanò lasciandomi alle mie prese con il ragazzo misterioso.  Scrissi sulla foto il nome della scuola, nome e cognome in modo tale che potesse credere davvero che era un compito di fotografia e non fossi una psicopatica, anche se probabilmente un po’ lo ero. Era un dannato atto degno di stalking. Ma potevo usare la scusa di voler fotografare tutto il paesaggio e casualmente anche lui era finito nella foto.. no?
Guardai la foto stringendola sul petto. “Va bene.” Dissi a me stessa, sospirando. 
Camminai verso di lui titubante a testa bassa, creandomi discorsi in testa e cercando di rassicurarmi. Cosa sarebbe potuto andare storto? Mal che vada avrei strappato la foto e tutto si sarebbe risolto al meglio. Magari mi avrebbe fatto una ramanzina, dicendomi che non posso fotografare gente a caso in questo modo. 
Immersa nei miei pensieri, non mi resi conto che mi trovai esattamente di fronte a lui, vidi le sue scarpe e alzando lo sguardo lo trovai proprio di fronte a me. 
Non so di preciso cosa succedette in quel momento, penso solo di aver farfugliato qualcosa balbettando, perché non appena mi resi conto della situazione mi girai e scappai camminando più veloce che potevo.  Ciò di cui mi resi conto dopo mi fece sbiancare. La foto non era più tra le mie mani. Ignorai la questione cercando di non agitarmi, e tornai più in fretta che potevo verso casa. 
Attraversai il ponte principale di Roadville, e in circa una decina di minuti ero a casa.
La cosa che più mi piaceva di Roadville era il fatto che ci fosse un numero davvero ridotto di macchine. L’aria non era affatto soffocante, le persone usavano molto di più le biciclette o i mezzi di trasporto pubblici. Le strade erano ben collegate e, per fortuna, le persone non sporcavano i marciapiedi gettando rifiuti e mozziconi di sigarette. Le strade erano sempre pulite, a parte quando si tenevano feste di paese, ma bastava mezza giornata e già era tutto ripulito. 
Quando tornai a casa andai subito dritta in camera mia e dopo essermi messa il pigiama studiai fino a sera. 
La sera stessa trovai molte chiamate perse da parte di Marlene, e non appena fu possibile la richiamai.
“Devi raccontarmi tutto!” disse, senza lasciarmi neanche il tempo di salutare.
“Buonasera anche a te, è stato un disastro.” Risposi demoralizzata. 
Le raccontai tutto ciò che era successo nel pomeriggio. Le raccontai di quando lo vidi, di quando lui vide me e del momento imbarazzante in cui avrei dovuto solo e soltando chiedergli il permesso di tenere la foto. Una cosa avrei dovuto fare e non ero riuscita a portarla a termine. Dopo la telefonata mi misi a letto e chiusi gli occhi. Fu la giornata più imbarazzante, incredibile e più bella della mia vita.

Ore sette. 
Come ogni mattina che si rispetti, mi svegliai e mi feci una doccia veloce, mi vestii, mi lavai i denti e indossai un filo di trucco.
Decisi di indossare una maglietta bianca a maniche corte con scritte nere sparpagliate qua e là, dei jeans scuri e un paio di scarpe nere. Misi una felpa più larga di una taglia sopra, nera a tinta unita, completata da una cerniera bianca. 
La giornata scolastica durò abbastanza da farmi innervosire. I miei compagni di classe erano dei completi idioti, e personalmente non li sopportavo nemmeno un po’. Ero amica solo di Marlene, la avevo conosciuta l’anno prima quando era arrivata da un’altra scuola, ma prima di allora parlavo molto raramente con i miei compagni di classe. In quegl’anni avevo fatto più amicizia con gli addetti alle pulizie anziché con loro.
Quando l’ultima campanella suonò, tirai un sospiro di sollievo. Finalmente era terminata un’altra noiosa giornata scolastica. 
Io e Marlene scendemmo le scale e percoremmo il corridoio verso l’uscita. 
Mi raccontò della sua nuova conquista, dicendomi che dopo scuola sarebbero andati a mangiare insieme e successivamente al cinema. Ero felice per lei. Fino ad allora aveva avuto parecchie delusioni e si meritava un po’ di tranquillità nella sua vita.
“Che ci fa lui qua?” disse Marlene sorridendo maliziosamente.
Guardai nello stesso punto in cui lei posò il suo sguardo.
In quel momento nella mia testa volarono mille imprecazioni. Il ragazzo della foto era lì nel corridoio che parlava con una donna delle pulizie. In mano teneva la mia foto e quando la signora la guardò, mi indicò.
Mi si gelò il sangue e rimasi paralizzata dall’imbarazzo. Lui mi camminò incontro. Ero fregata.
Rimasi ferma cercando di non guardarlo negl’occhi. Marlene mi guardava in silenzio e si fece da parte non appena lui fu davanti a me.
“Sei Jody, giusto?” chiese.
Portai una mano sulle labbra nascondendo il viso e annuii. 
Mi porse la foto. “Penso che ieri tu abbia perso qualcosa.” Sorrise.
Sorrise. Lo aveva fatto, e in quel momento in me si scatenò una tempesta di emozioni. Mi spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e presi la foto. 
“Scusami.” Gli dissi. 
“E’ uno scatto bellissimo. Volevo ringraziarti di averlo fatto!” 
“Avrei dovuto chiederti il permesso. Mi servirebbe per un compito di scuola.”
Mi porse la foto, ma quando feci per prenderla lui la allontanò da me. 
“Te la do a una sola condizione.” Disse, continuando a sorridere.
Ricambiai con un mezzo sorriso. “Sentiamo.” Gli dissi.
“Quando avrai preso il voto di questo scatto, vorrei poterla tenere perché mi piace moltissimo.” Disse in modo serio, ma senza cambiare espressione.
Rimasi sorpresa dalla sua proposta, ma nonostante ciò accettai.  Lui si allontanò e si voltò per andare via.
“Quando e dove potrò ridartela?” gli chiesi.
Lui mi guardò, e alzò le spalle. 
“Sai dove trovarmi!” disse. 
Gli feci un cenno con la mano, che venne ricambiato con un mezzo sorriso. 
Poi andò via, e il mio cuore andò via con lui.

  
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