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Autore: Mimmo86    06/02/2018    1 recensioni
Camminando per strada mille pensieri passano nella testa delle persone. Se le guardi attentamente, ognuna di loro porta dentro di sé mille racconti della propria infanzia o giovinezza. Tanti episodi che hanno rafforzato il proprio essere o che hanno forgiato il carattere. L’ indifferenza ti porta a continuare a camminare e non soffermarti su tale persona. Invece, se per gioco semplicemente ti fermi e ti metti ad osservare le varie persone, puoi dare sfogo a quello che oggi manca nella maggior parte delle persone, la fantasia. E’ bello fantasticare e anche divertente inventare storie su ogni persona incontrata. Provate a pensarci. Basta uno sguardo e il gioco è fatto. Inventate e lasciate libera la mente di fantasticare, ognuno porta dentro di sé una storia. Romantica, tragica, oppure comica o divertente. Se poi sia realtà o fantasia nessuno lo può dire. Intanto raccontiamole.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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~~                                                                               RIVOLUZIONERO’ IL MONDO
Cammino, cammino e ancora cammino. Ogni giorno. Non importa se piove a dirotto o se c’è un sole splendente. Io cammino perché mi aiuta. Mi aiuta a non pensare. Se sto seduto sulla terrazza di casa mia i ricordi affiorano sempre. Belli o brutti che siano, arrivano immancabilmente. E allora cammino. Purtroppo però, anche se cammino in modo veloce, i pensieri mi inseguono e marciano più veloci di me e ogni cosa che vedo fa riaffiorare un ricordo. Fortunato quel bambino che cammina dando la mano alla sua mamma sul lato opposto della strada. Lui starà raccontando la sua giornata scolastica e non avrà tanti pensieri che gli frullano per la mente. Beati i bambini! A noi adulti invece restano solo i ricordi. Quando ero come lui avevo solo un’idea in testa, rivoluzionare il mondo. Non sapevo cosa volesse dire per la precisione, avrò avuto cinque o sei anni, ma lo sentivo ripetere spesso in televisione da signori vestiti in giacca e cravatta. Volevo essere emule di quei signori, tenevano i loro discorsi venendo acclamati da folle in festa. Doveva essere bello sentirsi importante e avere tanti seguaci. Alzo lo sguardo verso il cielo. Oggi è bellissimo, limpido di un azzurro come azzurri erano gli occhi in cui mi perdevo, quelli della mia Irina. Ma questa è un’altra storia. Perché la mia attenzione viene catturata da uno squarcio che attraversa il cielo. Una scia bianca lasciata da un aereo. La seguo per qualche istante e mi ci vedo dentro io a pilotarlo. Che bel sogno! Innamorato da quando mio zio mi portò  a visitare una base aerea americana e da quel giorno quel sorriso spavaldo di uno squalo disegnato sul muso dell’aereo non lo dimenticherò mai. Guardando la fierezza e la grandezza di quello squalo - aereo presi la decisione che un giorno anch’io sarei diventato un pilota. Tanto che, appena rientrato a casa, presi uno scatolone e lo trasformai nel mio aereo personale. Con il taglierino lo tagliai da una parte ricavando un bel quadrato come visiera e ai lati ci attaccai due ali e con i pennarelli disegnai il mio squalo fiero personale. Lo indossavo e mi lanciavo dal divano sognando di volare sempre più in alto. Sogno che ero riuscito a realizzare qualche anno più in là il giorno in cui mi consegnarono il diploma di perito aeronautico. E ora finalmente la mia vita spiccava il volo, come l’aereo che aspettava di essere pilotato. Tutto sembrava pronto per realizzarsi, ma come ho imparato più tardi, nella vita c’è sempre un ma che vuole ostacolarti. E qui entra in gioco la bella Irina. Me la fanno ricordare due giovani che passano accanto a me e si lasciano andare nel loro momento magico: un lungo sguardo pieno e carico di amore. Quello che io ho provato dal primo momento in cui ho visto Irina. Non era una persona normale, per me era paragonabile a una Dea. Lavorava in quel bar vicino al mio posto di lavoro. Ero riuscito a vincere il concorso come collaudatore e pilota aeronautico e la mia vita dopo il diploma partiva dalla Russia, precisamente nella periferia di Vladivostok, quasi al confine con la Cina. Ambiente e temperature ostili, ma la voglia di costruire e riparare i miei amati aerei la faceva da padrona e poi ormai c’era Irina a riscaldarmi il cuore. Girava certa gentaglia in quel bar ma lei non faceva una piega. Era minuta la ragazza, ma dentro di sé aveva la forza di un leone. Tutti avevano timore del suo sguardo fiero, nonostante la corporatura minuta. In poco tempo ci siamo conosciuti e fidanzati. Nel nostro tempo libero, lei mi faceva da guida per Vladivostok e con me il carattere felino si ammansiva e conoscevo l’Irina innamorata, capace di abbandonarsi all’amore più puro.  Erano tre anni che la Russia era diventata casa mia e facevo coppia fissa con lei. Era tutto idilliaco e svolgevo una vita da sogno, ma il destino era pronto a pormi un altro ostacolo sul cammino. Anche Irina aveva un sogno: voleva vivere in Italia un giorno e io non ero capace di dirle di no per non deluderla. Non volevo perderla. Guadagnavo parecchio e avevamo una vita agiata. Rinunciai perciò al lavoro e ci trasferimmo nel mio paese. Il ritorno in Italia, che tra l’altro non mi mancava per nulla, fu problematico, infatti ebbi difficoltà a reinserirmi nel mondo lavorativo italiano, non avevo il lavoro di prima, ma me lo facevo andare bene per guadagnare. Il peggio doveva ancora arrivare. Passavano gli anni, intanto nasce e cresce la mia amata figlioletta e me la godo. Sembra me da bambino, curiosa e sempre piena di domande per tutto. L’unica cosa che non mi soddisfa è il lavoro e decido di prendermi una pausa. Anche se tutto sembra comunque andare per il meglio, ecco che torna il ma a cambiare tutto. Irina ultimamente appare scontrosa e non mi guarda più come faceva prima. Provo a parlarci ma lei ogni volta cambia sempre argomento o si rifiuta di rispondere, affermando che va tutto bene e che qui in Italia sta molto bene. Le credo sulla parola fino a quel maledetto lunedì. Esco di casa per andare ad un colloquio di lavoro come collaudatore di nuovi prototipi di aerei in una base americana appena stabilitasi in Italia. Sono molto entusiasta per la nuova opportunità che mi si sta aprendo e non vedo l’ ora di condividere questa gioia e festeggiare con la mia famiglia. Ma al ritorno a casa trovo solo un silenzio irreale ad aspettarmi. La camera di mia figlia è vuota, non c’è più uno dei suoi amati libri e anche Irina non si fa trovare in casa e i suoi armadi sono vuoti. Passo immediatamente da uno stato di euforia al quasi impazzire. La mia testa si riempie di domande. Provo a capire dove posso aver sbagliato. Comincio a mettere a soqquadro la casa, fin quando, osservando meglio dentro uno dei cassetti personali di Irina trovo qualcosa che non avevo mai notato prima. Mi faccio coraggio con una bottiglia di whisky al mio fianco e dopo averne bevuta mezza, comincio la lettura e la conseguente tragica realtà. La mia bella e dolce Irina… per tutti questi anni aveva sopportato, ma dopo i primi di vita piacevoli in Italia, le mancava a sua amata Russia e i suoi cari. Non voleva lasciarmi così ma sul fondo della lettera mi spiega che mi amerà sempre e mi porterà per sempre nel suo cuore ma era meglio per lei se tornava a casa, portandosi dietro nostra figlia per farla crescere meglio in Russia. Mi cade il mondo addosso, ma cerco di andare avanti e di dimenticare camminando. Dopo quel terribile ricordo, respiro a fondo e mi fermo un attimo perché mi sento svenire. La strada è deserta e tutto questo mi fa tornare in mente l’Africa e per la precisione il deserto del Sahara. Altro periodo della mia vita e di nuovo come meccanico. Di nuovo di aerei. Dopo un periodo difficile di ambientamento, la mia vita aveva ritrovato la serenità di un tempo ma sembrava che la felicità in me non dovesse mai durare eterna. Infatti dopo nove mesi, un blitz notturno di un gruppo terroristico del posto, i “Red Fighters” ci voleva prendere come prigionieri se non gli avessimo preparato subito dei Caccia per attaccare le maggiori potenze mondiali. Io una notte, dopo una settimana di maltrattamenti e denutrimento, riuscii a scappare e dopo una settimana di fuga e nascondigli improvvisati, mi sono salvato approdando nella sede della Legione Straniera. Qui ho potuto riprendere le forze, imparare alla perfezione il francese e decisi di cambiare la mia vita, entrando in questo corpo speciale per combattere le ingiustizie. Ahimè che scelta infausta! Addestramenti al limite della sopportazione umana, marciare in mezzo al deserto nelle ore più calde della giornata cercando di placare la sete. Cibo quasi scadente, ma per la sopravvivenza questo e altro. Era tutto talmente difficile che ormai perdetti anche la cognizione del tempo e passavo le lunghe giornate senza pensare, pregando Dio di darmi le forze necessarie per sopravvivere. Alla fine dell’ addestramento ebbi due possibilità: rimanere nella Legione Straniera o tornare a casa. Senza pensarci troppo presi il primo aereo e tornai a casa. Ormai avevo perso tutto e ricominciare fu veramente dura. Quell’ultima esperienza mi aveva cambiato totalmente, non mi sentivo più io. Di notte non riuscivo a prendere sonno, ripensando alla vita difficile passata nel deserto e quando riuscivo a lasciarmi cadere tra le braccia di Morfeo, mi risvegliavo ansimando e gridando sentendo gli spari e le torture subite. Questo mi portò a un forte esaurimento, o almeno così dicono i dottori che mi hanno curato, prescrivendomi solo pasticche su pasticche e tranquillanti. La mia fortuna è stata quella di trovare lavoretti qua e là per andare avanti e riuscire ad arrivare alla pensione. Avevo deciso di dimenticare tutto ma era impossibile. Solo prendendo i tranquillanti riuscivo un po’ a dormire senza pensare. La mia vita ormai è questa, pensavo, continuando a camminare e facendo ritorno alla mia dimora. Ogni giorno cammino, cammino e cammino ancora.  Una volta a casa poi, mi siedo in terrazza, accendo la radio ascoltando le notizie o leggendo qualche libro rilassante. Questa è la mia vita. Un pensiero fisso però c’è l’ho ancora: rivoluzionare il Mondo
 
   
 
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