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Autore: Thiliol    07/02/2018    0 recensioni
Aeglos a Alatariel, la loro infanzia, i loro ricordi, la loro vita nel passato, presente e futuro. Silevril e il suo bisogno di identità, la sua ricerca di un qualcosa che gli insegni ad amare. Finrod e la maledizione dei suoi amori impossibili. Feanor e ciò che non è mai riuscito a possedere davvero, nonostante tutto. Legolas e l'amicizia che non sempre è stata facile da portare avanti.
Momenti perduti di cui non ho mai parlato, momenti di cui si fa solo cenno. Momenti tra le storie di personaggi che hanno attraversato le Ere del Mondo.
Momenti perduti fra "Gocce di Luce", "Silevril" e "Il Tesoro di Ulmo"
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Finarfin, Finrod Felagund, Legolas, Noldor, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
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No, non mi sono dimenticata di questa raccolta, anzi, è una di quelle cose che occupano costantemente i miei pensieri, ma la vita vera si mette in mezzo e quindi son passati più di sette mesi dall'ultimo aggiornamento. Spero che non siate andati via tutti.

Intanto, piccolo momento in cui protagonista è un personaggio che io amo molto, Maedhros, figlio maggiore di Feanor, colto poco prima di partire per le battaglie che alla fine culmineranno nella Nirnaed Arnoediad, la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime.









Russandol





Quando le mie guardie mi riferirono il nome dell'elfa che si era presentata alle porte del mio regno, mi misi a ridere. Naturalmente non poteva essere davvero lei, una donna che avevo visto l'ultima volta piangere su quel mucchio di cenere che era stato mio padre, e che poi si era lanciata a capofitto nella battaglia.

Avevo concluso che era morta in quell'occasione e che il suo spirito, in qualche modo finalmente sereno, fosse a Mandos.

Invece me la ritrovai davanti, accerchiata dalle mie guardie, con la solita espressione indecifrabile e i capelli legati sulla nuca. Provai quasi un moto di nostalgia, nel vederla dopo tanto tempo, mi ricordava giorni più felici, a Tirion, prima che il Giuramento ci portasse alla guerra.

Con un cenno ordinai che ci lasciassero soli e le guardie uscirono, così come gli altri che erano nella Sala del Trono.

< Cosa ci fai qui, Alatariel? > domandai.

Mi lanciò un lungo sguardo prima di rispondere, come se stesse soppesando la mia domanda, o riflettendo sulle parole da dire.

< Non sarei potuta andare da nessun'altra parte, naturalmente, > disse infine, piano, < ho sentito che uno dei Silmaril si trova ora nelle mani di Thingol, nel Doriath. Credevo di trovare un raduno di eserciti. >

Mi stava accusando di inoperosità, a modo suo persino di tradimento.

< Non c'è nessuna sicurezza che effettivamente uno dei Gioielli sia stato recuperato. >

Fece una smorfia, come un sorriso storto verso di me.

< Un mortale e la figlia del Re del Doriath sono entrati nella fortezza del Nemico. Per quale motivo, secondo te? Una fuga romantica? >

< Non sono uno sciocco, ma una cosa è ipotizzare, ben altra cosa è avere la certezza. Sei sempre stata fin troppo impulsiva, ma io non ho solo la responsabilità di me stesso, come puoi vedere. Inoltre > aggiunsi, prima che potesse ribattere, < ho mandato dei messaggi ai miei fratelli, e alle case di Fingolfin e Finarfin, nonché agli Uomini e ai Nani, perché si riuniscano contro Morgoth. >

Quando nominai i miei fratelli sembrò sussultare.

Fra tutti i figli di Feanor io ero stato l'unico con cui Alatariel era riuscita a stringere un qualche tipo di rapporto, i miei fratelli non si fidavano di lei e a volte non potevo fare a meno di chiedermi se non avessero ragione. Perché mio padre aveva portato un'estranea fra noi? Era evidente che in un certo qual modo fosse attratto da lei, ma neanche lontanamente quanto Alatariel, ancora ragazzina, lo fosse a sua volta da Feanor.

Eppure non potevo fare a meno di trovarla interessante a mia volta, la sua compagnia era piacevole e sapeva essere dolce e spiritosa quando si sentiva a proprio agio. Le avevo confidato della mia amicizia con Fingon prima che a chiunque altro e lei mi aveva parlato di ciò che provava per Finrod e di come temesse di non poterlo mai ricambiare. Era stata mia amica, sotto gli Alberi di Valinor.

Adesso mi sembrava quasi di avere di fronte un'estranea e probabilmente il suo pensiero era il medesimo. Guardava la mia mano mancante con espressione sorpresa, come se si stesse chiedendo se l'elfo che aveva di fronte fosse il medesimo di sempre o qualcuno di totalmente diverso.

< Come è successo? > mi chiese, e stranamente la sua voce era sommessa, commossa quasi. Come al solito i miei tentativi di decifrare i suoi pensieri si erano rivelati errati.

< Me l'ha tagliata Fingon. >

Mi guardò, gelida. Forse pensava che avessi fatto una battuta, ma non fece commenti.

< Dove sei stata tutto questo tempo? La tua presenza sarebbe stata importante. >

Lottava con se stessa? Non voleva rispondermi, o forse non credeva che mi sarebbe importato? Non sapere cosa le stesse passando per la mente era frustrante.

< Dovevo andare via, non potevo sopportare di rimanere con voi. Mi capisci vero? >

Annuii. La capivo meglio di quanto mi fossi mai reso conto. Realizzai improvvisamente, come se qualcuno mi avesse gettato dell'acqua gelida addosso gridandomi la verità, che una parte di me aveva sperato di rimanere per sempre prigioniero su quella maledetta montagna, in preda ai tormenti. Cos'era, in fondo, il dolore di un polso rispetto all'atroce sofferenza che mi portavo nel cuore?

C'era una piccola porzione di Maedhros che non aveva mai lasciato il Thangorodrim, se ne stava appesa lì come se nulla avesse importanza oltre a quel dolore lancinante.

< Combatterò. >

La voce di Alatariel mi riportò bruscamente alla realtà. Non ero più lì, Fingon era venuto e mi aveva tagliato la mano all'altezza del polso, ignorando le mie suppliche. Senza rendersene conto, aveva fatto molto più che salvarmi dal precipizio, mi aveva salvato da me stesso.

< Combatterò con te, per la Casa di Feanor, come sempre. >

< Non ho dubbi che lo farai, come sempre. >

Mi guardò di sottecchi e un sorriso sardonico le increspò le labbra:

< Ti offrirei la mia spada in segno di fedeltà, ma le tue guardie me l'hanno tolta, mio signore. >

Scoppiai a ridere.

< Non si entra nella Marca di Maedhros armati senza che Maedhros non abbia qualcosa da dire in proposito, > ribattei a mia volta divertito, < ma non temere, ti verrà restituita presto. >

I miei fratelli non sarebbero stati affatto contenti, ma non potevo farci nulla, non avrei potuto tenerla lontana nemmeno se avessi voluto. Ricordavo Alatariel accanto a me il giorno in cui avevamo giurato di riprenderci i Silmaril, ricordavo il suo volto rigato di lacrime quando Feanor era morto, ricordavo la sua presenza come se ci fosse sempre stata.

Averla di nuovo intorno era come un barlume di mio padre e della nostra vecchia vita. Non volevo rinunciarci.

Mi alzai e scesi i gradini che mi separavano da lei. Mi avviai verso la porta e lei mi seguì, silenziosa e docile, stranamente. Sentivo addosso il suo sguardo mentre la precedevo e uscivo nel corridoio, facendo un cenno alle guardie che si avvicinarono.

Presi la spada di Alatariel che una di loro mi porgeva: era diversa da quella che aveva avuto un tempo, quella che si era fatta forgiare a Tirion e che si era portata dietro fin nella Terra di Mezzo, questa era più sottile e leggera, con l'elsa di un verde pallido e sottili linee d'argento intrecciate.

Glie la restituii senza un commento e lei se la legò alla cintura. Solo in quel momento mi resi conto che portava gli abiti degli Elfi dei Boschi. Potevo immaginare il motivo che l'aveva portata all'isolamento nell'Ossiriand ma non commentai.

Alatariel finì di allacciarsi la cintura e mi guardò, sorridendomi sinceramente per la prima volta da quando ci eravamo ritrovati.

< Sai che avrai sempre la mia lealtà, vero, Russandol? >

Mi commosse quel ricorrere al soprannome con cui mi chiamavano solo i miei fratelli e i miei amici più cari, il soprannome con cui mi chiamava un tempo. La sensazione del tempo che tornava indietro mi scaldò il cuore, l'avrei abbracciata se avessi osato, ma sapevo che non me lo avrebbe mai permesso, che non avevamo quel tipo di intimità.

Mi chiesi se qualcuno, su tutta Arda, avesse quel tipo di intimità con Alatariel. Non riuscivo a immaginare che qualcuno potesse abbracciarla, tenerle la mano, qualcuno con cui lei non fosse fredda... a parte mio padre forse.

< Le mie guardie ti mostreranno una stanza per te, > le dissi, < considerala casa tua, per tutto il tempo che vorrai stare qui. >

Si inchinò leggermente e andò via, senza guardarsi indietro.

Si preparavano venti di guerra, l'ennesima di quella lotta senza fine.

Ma ora eravamo di nuovo riuniti, i figli di Feanor e Alatariel, insieme nel giuramento che aveva segnato le nostre vite indelebilmente, che, ne avevo la certezza come un presagio funesto, ci avrebbe portati tutti alla rovina.





***



Nota: “Russandol” vuol dire “chioma di rame” ed è l'epesse di Maedhros, cioè il soprannome con cui lo chiamavano i suoi familiari e amici.

   
 
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