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Autore: Jules Blackwell    07/02/2018    0 recensioni
Akir Bouvier viveva la sua classica, monotona vita, fino a quando gli occhi di qualcuno si posarono su di lui.
Il mistero si infittisce, le risposte diventano sempre più vaghe, la persona davanti a lui sembrava sempre più qualcuno di diverso, di anormale.
Cosa si cela veramente dietro ad Akir?
Cosa sta nascondendo Ryochi?
Chi sono veramente?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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" 'Bentornati alle Olimpiadi dell'anno 2020 a Tokyo, in Giappone, dove in questa soleggiata giornata, assisteremo alle finali di tiro con l'arco della categoria individuale maschile.' annunciarono. Poi non ricordai altro. "

Akir Bouvier, terzo classificato, si stava allontanando dal luogo della gara, con lo sguardo rivolto verso il basso, amareggiato.

Il terzo posto era un' ottimo risultato per essere la sua prima volta alle olimpiadi, ma ciò non riusciva a sbarazzare la stretta allo stomaco che sentiva, nata da un commento del finalista e vincitore Ryochi Aoki, il tiratore giapponese che quel giorno aveva vinto il suo terzo oro.







" Era arrivato il momento della lotta per l'oro tra Ryochi, che giocava in casa e Austin Lewis, che giocava per l'America. Il secondo, momentaneamente occupava il primo posto, ma capitava che da tre anni il tiratore giapponese al suo turno glielo soffiasse da sotto il naso, con facilità disarmante.

Forti applausi e grida svegliarono Akir dai suoi pensieri, che alzato lo sguardo, vide il giapponese entrare nel campo, i lunghi capelli legati in una coda, aveva alzato la mano per salutare il pubblico, secondo Akir troppo esaltato, ma ciò probabilmente causato dal fascino del ragazzo.

I minuti in cui tirava erano sempre i più intensi della giornata. Restava immobile per alcuni secondi prima di tirare, lasciando tutti con il respiro sospeso. 

Ogni volta le sue azioni erano sempre le stesse.

Fissava il bersaglio facendo desiderare ad Akir di scoprire cosa gli passasse per la testa in quegli attimi, prendeva un lungo respiro, lo tratteneva, e scoccava la freccia.

Guardava, ispirava, tratteneva, scoccava, espirava. Ogni volta compieva questo gesto, ed ogni volta il suo punteggio era impeccabile.

Un altro oro per il giovane, che sorrise alzando il braccio in un segno di vittoria, sotto il fracasso delle acclamazioni del pubblico.

Nel podio, posto vicino a lui, Akir si sentì schiacciare dalla sicurezza del giapponese, si sentiva inferiore a lui, e ciò lo irritava come non mai.




Dopo la premiazione, camminava da solo nel corridoio con lo zaino caricato in spalla, in mano teneva la sua medaglia e la guardava distrattamente, finché una mano gli si posò sulla spalla, risvegliandolo di nuovo dai suoi pensieri.

­ –  Hai talento, peccato. – mormorò. – Avrei preferito combattere con te per l'oro. – la sua voce era calda, quasi rassicurante, ma non per Akir, che confuso, alzò lo sguardo sull'interlocutore, scoprendo che questo già lo guardava negli occhi.

No.  Ryochi non lo stava guardando. Se lo stava mangiando con gli occhi.

Non riuscì a rispondergli, quindi si limitò a proseguire il suo cammino, con un'intensa sensazione che aumentava a dismisura attorcigliandogli le budella ogni volta che ripensava al suo sguardo. "







Il sole di Tokyo gli scaldava la schiena, attenuando insieme alla musica trasmessa dalle cuffie le sensazioni provate poco prima, che si disperdevano come fumo tra le strade dell'affollata città.

Ma la pace era ancora un sogno troppo lontano, perché si sentì di nuovo afferrare alle spalle.

– Bouvier, che coincidenza! – esclamò Austin Lewis, il tiratore americano che quel giorno era stato nuovamente declassato al secondo posto da Ryochi. Gli sfoggiò un allegro sorriso, che Akir non riuscì a ricambiare. Non ricevendo una risposta dal francese, proseguì nel parlare.

– Io e Ryochi stiamo andando al bar, gli altri tre si trovano li. Vuoi venire? – per altri tre intendeva probabilmente i finalisti. Per la seconda volta, nuovamente, non ricevette risposta, ma dall' espressione contraria che al francese spuntò automaticamente sul viso capì che era un no, ma ciò non bastò a farlo arrendere. – Avanti Akir, divertiti un p.. – venne interrotto da Ryochi, che con un leggero sorriso si intromise nella conversazione, o meglio in ciò che stava dicendo Austin. Akir non l'aveva nemmeno notato, teneva ancora i capelli legati e tra le labbra una sigaretta, che tolse prima di parlare.

– Kir, ti offro da bere, e non voglio rifiuti. Dopotutto oggi eri sul podio, ed erano le tue prime olimpiadi! Bisogna festeggiare, no? –

" Kir? Ma come si permette di avere tanta confidenza con me?" pensò il francese, ma dalle sue labbra non uscì una sillaba, però nell'attimo in cui il giapponese, che Akir aveva notato avere ben poco dei tipici tratti asiatici, circondò le sue spalle con un braccio e cominciò a camminare portandoselo dietro, si lasciò sfuggire un balbettio, che venne subito notato e fece trapelare la natura chiusa e timida del francese.

– Sta tranquillo, non ti farà male un po' di compagnia. – mormorò, per poi rimettersi la sigaretta tra le labbra. 

"La sua sicurezza mi infastidisce." Pensò Akir. "Che cosa vuole? Prima il commento, ora con fin troppa confidenza mi obbliga ad andare con loro."  Bloccata la musica, si tolse le cuffie, mettendo il tutto nella tasca dello zaino. 

Non ci fu una grande conversazione durante la strada tra Akir e gli altri due, che parlavano tra di loro della gara sostenuta quel giorno e delle precedenti, commentando vari aspetti tecnici degli avversari, Austin più volte aveva insistito chiedendo a Ryochi che trucco usasse per batterlo ogni volta, ma l'altro non rispondeva mai, si limitava a ridacchiare. 

Nonostante tra i due non ci fossero state tante parole, Ryochi continuava a tenere il braccio intorno alle sue spalle, con fare quasi protettivo, o forse non voleva che scappasse via.

Il luogo dove l'aveva trascinato era semplice bar, nel pieno stile orientale, c'era perfino un giardino zen raggiungibile nel retro che destò subito la curiosità di Akir, ma non ebbe il tempo di osservare altro che venne messo seduto accanto al tiratore italiano Fabio Magnini, arrivato quarto quel giorno.

– Siete arrivati! Oh, feya! – la persona citata in questione, "feya", che in russo significava "fata" girò subito la testa piantando uno sguardo truce all'interlocutore, il tiratore Dorian Ivanov, dalla Russia. Gli affibbiavano spesso quel soprannome, per i suoi tratti femminili e i modi di fare riservati e bruschi.

– Dorian, non trattare male il ragazzo. – disse ridacchiando Ryochi, prima di sedersi accanto ad Akir, che dopo aver continuato a guardare male il russo ancora per qualche secondo, abbassò la testa.

– Akir, cosa vuoi da bere? – Ryochi lo risvegliò nuovamente dai suoi pensieri.

– Non .. Non lo so. Fa tu. – rispose bruscamente, guardandolo con la coda dell'occhio, ma lo fece meglio quando questo si alzò e si diresse al bancone, da lì lo osservò silenzioso, ma come se Ryochi avesse sentito che lo guardava, pochi attimi dopo aver ordinato si girò e i loro sguardi si incrociarono. Lui sorrise. Akir abbassò subito la testa, interrompendo lo scambio di sguardi, ripensando a quando l'aveva guardato dopo la gara, all'intensità del suo sguardo.

"Non essere ridicolo, Akir. E' solamente un tipo fin troppo fiero di se che pensa di giocarsela con le persone."

Ryochi tornò un paio di minuti dopo, gli altri tiratori stavano già bevendo, chi un tè, chi un cocktail, alcolico o analcolico.

– Ecco a te. – gli mise in mano un bicchiere contenente ghiaccio, una foglia di salvia e un liquido opaco, assomigliava ad un Gin Lemon.

– Grazie. – disse guardandolo, Ryochi annuì, e si concentrò sul suo cocktail rossastro. Akir fece lo stesso, ne bevve un sorso e un brivido gli attraversò la schiena. Il cocktail era forte, il primo sapore che sentì fu l'assenzio, ma dopo un breve momento cambiò, sentiva il gusto del lime, della salvia e dello zenzero.

– Fresco, vero? Ti piace? – gli chiese quasi subito Ryochi.

– Che cos'è? – 

Il francese sorrise, prima di rispondergli: – si chiama Giappone, è un cocktail composto da Gin, Assenzio, Ginger Beer, e diversi aromi, come la salvia, il lime, cardamomo e shiso, una pianta giapponese simile al basilico. – gli spiegò con piacere, senza distogliere mai lo sguardo da Akir.

– Si, mi piace. – annunciò, prima di berne un altro sorso. Gli piaceva davvero molto, gli alcolici non erano mai stati il suo forte, beveva davvero raramente, l'alcool non gli piaceva in generale, ma quel cocktail era semplicemente buono da impazzire.







I minuti trascorsero abbastanza velocemente, Akir si limitò ad ascoltare le conversazioni degli altri cinque tiratori, l'unico con cui aveva avuto un po' di conversazione era Ryochi, che pareva insaziabile di informazioni sul suo conto. Il suo telefono emise un trillo, poi in seguito un altro.

Prese il telefono, e notò due messaggi da parte di Amaryllis, la sua migliore amica.

" Tout va bien? "*

" Ecris-moi ou bien apelle moi dès que tu peut "**

– Devo fare una chiamata. Torno tra poco. – si alzò.

– Va bene – rispose il giapponese, tornando poi alla conversazione con Austin.

Akir approfittò e uscì nel giardino zen, dopo qualche piccola esclamazione per la bellezza di questo prese il telefono e chiamò l'amica, mentre parlava con lei passeggiava lentamente per il giardino, osservandone attentamente i fiori e le piante.

– Alla fine il giapponese è arrivato primo anche quest'anno. – disse Amary, prima di sgranocchiare qualcosa, che dal rumore sembravano biscotti.

– Non ti sembra tardi per mangiare biscotti? In Francia dovrebbe essere l'una di notte. – sottolineò Akir, con fare paterno.

– Spuntino notturno, l'hai mai sentito? – rispose di tutto tono lei, prima di mettersi a ridere.

– In ogni caso .. Ryochi è un personaggio strano. E' dalla fine della gara che mi fissa, mi fa domande. Alla fine della gara mi ha pure detto " avrei preferito combattere contro di te per l'oro "– ripeté le parole del giapponese con tono stupido, per esprimere il fastidio che gli aveva dato. 

– Mi prende per il culo, pensa di essere migliore di tut.. – 

– E se invece avesse voluto veramente combattere contro di te per l'oro e non ti stesse prendendo per il culo? – ammiccò.

– Da un personaggio come lui!? – alzò la voce. – Non prendermi in giro. –

– Akir, magari gli interessi.. Non fare il permaloso. Sarebbe anche ora che tu dimenticassi Jean. – il tono di Amary si fece serio.

Fece una pausa prima di risponderle.

– Certo, come dici tu. Ora devo andare, tu smettila di mangiare e vattene a dormire. –

– Avaaanti, non fare l'arrabbiato ora.. – piagnucolò – lo dico per il tuo bene, lo sai.. Ci sentiamo –

– Certo. Ci sentiamo – riattaccò, sentendosi improvvisamente di malumore. Voleva tornarsene in hotel. Quando si girò, vide Ryochi, poco lontano, lo guardava, senza nessuna particolare espressione sul viso.

– Torno in hotel, sono stanco. – disse frettolosamente Akir, infilandosi il telefono in tasca, e passando accanto al giapponese, che però lo fermò.

– T'accompagno – disse solamente.

– Non serve. –

– Sei una preda troppo bella per essere lasciata da sola. –

– Che.. cosa? – lo guardò, allibito, ma di tutta risposta il giapponese si mise a ridacchiare.

– Avanti, ho già pagato, andiamo. – sembrò più un ordine che un invito, e quindi Akir si incamminò con lui, in silenzio, diretti insieme verso l'hotel dove alloggiava.







Presero la linea Hanzōmon, dopo una decina di minuti arrivarono a Omotesandō, l'hotel si trovava poco lontano dalla fermata. Non ci furono scambi di parole tra i due, tranne una sola volta da Ryochi, per sapere dove si trovava l'hotel.

– Quando tornerai in Francia? – chiese tutto d'un tratto il giapponese, con tono superficiale.

– Ho l'aereo martedì mattina – intravide l'insegna dell'hotel, era dorata e bianca.

– Tra un giorno... –

– Si –

– Allora domani che ne dici se ti porto a vedere Tokyo? – Akir si fermò e lo guardò,  una richiesta, no, un invito del genere, qualcuno che lo invitava ad uscire, era un evento raro per lui. 

– Non lo so.. – rispose solamente, riprendendo a camminare, ma non fece più di quattro passi che venne fermato, per la seconda o terza volta, dal ragazzo. 

"Che brutto vizio.."

– Avanti, prendilo come un modo per scoprire qualcosa di nuovo. Restare sempre chiuso in casa non fa bene a nessuno. – il suo tono si fece stranamente dolce. 

– Posso fare ciò che voglio della mia vita. – sputò fuori acido il francese, ma ciò non servì a togliere l'espressione serena dal volto di Ryochi, anzi, notò un sorriso sbucare, giusto un accenno.

 – Allora a domani. Passo a prenderti. – detto quello, non lasciò il tempo ad Akir di obbiettare, gli fece l'occhiolino, si girò, e dopo pochi passi, sparì tra l'immensa folla della città.




_________

* = "Va tutto bene?"

**= "Scrivimi o chiamami appena puoi"
   
 
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