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Autore: Ode To Joy    07/02/2018    6 recensioni
[Kageyama x Hinata]
"Le leggende narrano di una creatura oscura, solitaria. Dicono che le sue ali siano nere come quelle di un Corvo, che la sua bellezza sia pari a quella di un Cigno e che la sua forza possa essere superiore anche a quella di un'Aquila."
A poche settimane dal suo quindicesimo compleanno, Shouyou abbandona il nido di Corvi in cui è nato e cresciuto per rispondere al richiamo di una strana creatura che continua a vedere nei suoi sogni.
“A quindici anni è facile essere innamorati con la primavera che sboccia e l’euforia di essere finalmente adulti. Ciò che accade dopo, però, quando il fuoco dell’inizio viene domato… È lì che comincia il vero amore ma lo si può toccare solo dopo aver conosciuto l’oscurità dell’altro ed averla saputa accettare.
Tobio, però, non si rivela affatto essere quello che si aspettava di trovare sul suo cammino.
[Winged AU]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo scritto per il Cow-T di Lande di Fandom.
​Settimana 4. Lista Shannen: "Una sconfitta nella vittoria."

IX
Stella Cadente 



Era tradizione che la Festa delle Stelle segnasse la fine dell’estate, sebbene ci celebrasse alla fine di agosto. Era nata come una festa informale per tutti i popoli minori della Foresta, ma il Consorte Reale aveva voluto assolutamente renderla una cosa di gran classe ed il Re del Nido delle Aquile non glielo aveva negato.

Da prima che il loro Principe nascesse, la Festa delle Stelle era divenuto l’evento più bello ed atteso dal popolo della Foresta.

Si teneva nella prateria a valle della catena montuosa che racchiudeva il Regno del Re Aquila e di tutte le creature che avevano scelto di far parte del suo popolo.

Col tempo, la Festa delle Stelle era divenuta anche un modo per ricordare a tutti come Wakatoshi e Tooru erano riusciti a riunire tutta la Foresta sotto un’unica bandiera, compresa la Città Stato di Seijou.

Quell’anno, però, l’interesse del popolo era legato ad un altro tipo di evento: tutti speravano di poter dare un’occhiata al giovane Principe Consorte che l’erede al trono aveva scelto come compagno durante la stagione degli amori della primavera precedente.

L’entusiasmo che Tobio provava per tutta quella curiosità generale era pari a quello di un condannato a morte di fronte al proprio patibolo.

Da quando i preparativi erano cominciati, Tooru non aveva fatto altro che sbuffargli in faccia infastidito. “E sii un po’ allegro, Tobio-chan!” Aveva esclamato, un giorno. “Questo è il modo in cui il popolo ed i nobili degli altri popoli dimostrano il loro affetto nei confronti della corona. Fidanzamenti, matrimoni, nascite! La gente vuole questo! Vuole pensare al futuro e, in particolare, ad un futuro felice.” Poi il suo sguardo si era fatto più dolce, quasi orgoglioso. “Tu e Shouyou siete il riflesso di quel futuro, non scordarlo mai!”

Era stato furbo da parte del Cigno Bianco, perchè il suo erede non era riuscito a rispondergli a tono. Solo a sbuffare.

Sì, anche Tobio aveva sbuffato molto in quei giorni.

Eppure, quando la notte fatidica arrivò e la valle divenne un grande prato luminoso di fiaccole e candele, vi era solo un sorriso appena accennato sul viso del Cigno Nero.

Seduto tra l’erba alta, con le maniche della camicia arrotolate fino al gomito, il Principe del Nido delle Aquile osservava il piccolo raggio di sole che aveva scelto come compagno, mentre gli occhi grandi di lui continuavano a scrutare il cielo.

“Quante stelle cadenti si vedono, di solito?” Domandò Shouyou, il naso all’insù.

Tobio scrollò le spalle. “Non molte, in realtà e la metà sono solo effetti ottici di occhi troppo entusiasti.”

Si erano messi in disparte, lontano dai canti e dai balli. Tooru aveva insistito perchè facessero presenza fissa ma Wakatoshi era riuscito a convincerlo a lasciarli in pace. Così, Tobio aveva preferito sottrarre Shouyou agli occhi dei più curiosi ed anche dei nobili dai sorrisi beffardi.

“Dovrà imparare ad affrontare la corte, prima o poi,” gli aveva detto suo nonno, prima di partire ancora una volta. Tobio sapeva che aveva ragione ma l’estate non era ancora finita e Shouyou poteva essere solo suo ancora per un po’.

Sì, ancora per un po’... Conoscendosi, lo avrebbe ripetuto fino alla fine dei suoi giorni ma il Principe sapeva che non era possibile: era scappato per troppo tempo e da troppe cose. Shouyou lo aveva convinto a restare ed affrontare le sue paure.

Lo avrebbe fatto, lo aveva promesso.

L’estate, però, non era ancora finita.

“A che cosa stai pensando?”

Tobio riemerse dal vortice dei suoi pensieri. I grandi occhi di Shouyou avevano abbandonato le stelle per fissarsi nei suoi.

Il Principe scrollò le spalle. “Un po’ di tutto,” ammise. Non era un bugia, solo una risposta molto semplificata.

Le labbra del piccolo Corvo si piegarono in un sorriso gentile. “Stavi sorridendo mentre mi guardavi.”

Tobio decise di non dire niente. L’angolo destro della sua bocca si sollevò ed abbassò lo sguardo. Rispondere agli sguardi sinceri di Shouyou ancora lo abbagliava.

Il piccolo Corvo non si lasciò abbattere dal suo silenzio. Saltellò fino ad arrivargli accanto e si lasciò cadere con poca grazia sulle sue gambe.

“Shouyou!” Lo rimproverò Tobio, evitando per un pelo che battesse la nuca sul terreno.

Sorretto dalle braccia forti del Principe, Shouyou gettò la testa all’indietro e rise.

Il Cigno Nero lo guardò esasperato. “Sei completamente stupido, lo sai?”

Shouyou sollevò le palpebre e guardò le stelle lontane sopra di loro. “Nemmeno sulla cima degli alberi più alti del Villaggio dei Corvi sono mai state così belle.”

Tobio sollevò il viso a sua volta. “È lo spazio aperto,” disse. “Non c’è nulla a bloccare la visuale. Se fissi lo sguardo in alto, hai l’impressione di cadere tra le stelle.”

Shouyou raddrizzò la schiena, ritrovandosi seduto tra le gambe del suo Principe. “Non posso credere che tu abbia detto una cosa del genere,” disse, quasi divertito.

Tobio arrossì e voltò lo sguardo in un’altra direzione. “Ma stai un po’ zitto.”

Shouyou sospirò con pazienza. “Tobio…” Prese il viso del Cigno Nero tra le mani e questi non oppose resistenza. Quegli occhi blu erano come un cielo stellato a loro volta, ma di quelli limpidi delle notti d’inverno.

Fu il Principe a fare il primo passo. Fece aderire il palmo freddo alla guancia calda del compagno e lo invitò ad avvicinare il viso al suo. Le loro labbra si sfiorarono, poi si allontanarono un poco. Il blu intenso si fuse con l’ambra liquida ed i visi di entrambi s’illuminarono della soffice luce di un sorriso complice.

Tobio avvolse le braccia intorno al corpo di Shouyou. Lo strinse completamente a sè, mentre lo baciava al cospetto di tutte le stelle del cielo d’estate.

Rotolarono di un fianco ed il piccolo Corvo rise, ripiegando le ali sulla schiena affinchè non si schiacciassero contro il terreno ancora tiepido per il sole tramontato ormai da ore. Tobio era sopra di lui e le sue ali erano un manto più scuro della notte.

Shouyou gli circondò il collo con le braccia e lo tirò a sè. Non poteva non sorridere, nemmeno quando le mani di Tobio si fecero più audaci e si sentì costretto a fermarlo. “Tobio!” Lo rimproverò ridacchiando.

“Cosa?” Domandò il Principe inarcando le sopracciglia.

Shouyou premette la punta del suo naso contro quella del compagno. “Non ora, dai…”

“E quando?” Domandò Tobio col broncio di un bambino a cui viene negato il suo dolce preferito prima di cena.

Shouyou si stiracchiò sull’erba e scivolò da sotto di lui, fissando una distanza di sicurezza che convinse Tobio a tenere le mani a posto.

“Dopo,” promise il piccolo Corvo e sentì le guance farsi rosse. Era strano sentire certe promesse uscire dalla sua bocca. Non si sentiva a disagio perchè era a Tobio che le faceva ma da quando era diventato grande, gli capitava di sentirsi un bambino più spesso di prima.

Era l’emozione di fondo ad essere cambiata.

Prima, quando aveva scoperto che i suoi fratelli avrebbero costruito un nido per loro e lo avrebbero lasciato indietro, la voglia di raggiungerli, di diventare grande era stata impetuosa, quasi rabbiosa.

Ora, però, lui e Tobio si erano scelti ed erano stati l’uno dell’altro in un modo in cui non avrebbero potuto concedere a nessun altro. Avventuroso, selvaggio e, sì, ancora bambino, Shouyou non aveva compreso la sua prima volta nel suo progetto di diventare grande. Chissà se Tobio ripensava a quel giorno sulla montagne con lo stesso smarrimento con cui, alle volte, ci pensava lui?

Sì, Shouyou si svegliava, si guardava allo specchio e si chiedeva chi stava guardando. Non si pentiva di nulla, no, ma il suo diventare grande era stato così diverso da come se lo era immaginato, da come gli altri lo avevano dipinto per lui, che l’insicurezza non poteva fare a meno di punzecchiarlo.

All’inizio della primavera, era solo un piccolo Corvo scappato dal suo villaggio per incoscienza e voglia di qualcosa… Qualcosa di più che il suo giovane cuore non era riuscito a spiegare.

Quel qualcosa di più aveva preso forma in Tobio e Shouyou ne era felice. Sì, era così felice da esserne spaventato.

“Ehi,” Tobio si sollevò su di un gomito e richiamò la sua attenzione. “Perchè ti sei rattristato, ora?”

Shouyou sbattè le palpebre un paio di volte e si accorse di avere gli occhi pieni di lacrime. “No, niente…” Si sollevò a sedere e smorzò la tensione con un risatina nervosa. “Mi sono solo perso nei miei pensieri.”

Tobio di fece più vicino. “Che pensieri?” Si preoccupò.

Shouyou scosse la testa. “Non lo so… Forse, mi dispiace che la mia famiglia non sia qui con me,” non era tutta la verità ma non era nemmeno una bugia. “Ho sempre immaginato che quando avrei trovato il mio compagno, la mia famiglia… No, l’intero villaggio si sarebbe stretto intorno a me per farmi le congratulazioni. Sai, è piccolo il luogo in cui vivo e si conoscono tutti. Per molto tempo, ho immaginato la scena nei dettagli: il sorriso tirato di Daichi e quello più dolce e sincero di Koushi, mentre Kei avrebbe finto disinteresse e Tadashi mi avrebbe guardato commosso.”

Tobio ascoltò ogni parola con attenzione ma Shouyou avvertì una stretta al cuore improvvisa. “Non mi sto lamentando!” Esclamò. “È tutto bellissimo, Tobio. Tutto perfetto!”

“Ma non è casa,” concluse Tobio senza nessuna intonazione in particolare. “Quelli a farti le congratulazioni sono perfetti sconosciuti e non c’è nulla di caldo e familiare in tutto questo sfarzo.”

Shouyou si strinse le ginocchia al petto. “Mi dispiace…”

“Non hai ragione di dispiacerti.” Tobio passò il palmo aperto sulle piccole ali ricoperte da piume corvine.

Shouyou mosse le spalle avvertendo un piacevole brivido lungo la schiena. La mano di Tobio risalì lungo la sua spalla e prese a massaggiargli lentamente la base del collo, accarezzandogli i ribelli capelli sulla nuca. Il piccolo Corvo reclinò la testa all’indietro per assecondare il tocco di quella mano e riportò gli occhi d’ambra verso le stelle.

Dopo pochi istanti, saltò in piedi ad una tale velocità che Tobio si spaventò.

“Che cosa c’è?” Domandò il Principe guardandosi intorno.

“Non l’hai vista?” Shouyou passò velocemente lo sguardo dal cielo al Cigno Nero. “Era lì! Proprio lì!” Tese la piccola mano verso il cielo.

Tobio guardò in alto, sebbene sapesse che era troppo tardi per vedere qualsiasi cosa. “Hai visto una stella cadente?” Domandò.

Shouyou annuì con entusiasmo. “Peccato tu non abbia fatto in tempo a vederla,” disse, tornando a guardare il suo Principe negli occhi.

“Che desiderio hai espresso?” Chiese Tobio curioso.

Shouyou scosse la testa ridacchiando. “Non è così che funziona, Tobio.”
“Sono un Principe, futuro Re, lo decido io come funziona.”

“Non fare il tiranno!” Shouyou gli appoggiò le mani sul petto ed il Cigno Nero gli cinse i fianchi.

“Provo ad immaginare, allora,” disse Tobio. “Hai desiderato di tornare a casa.”

Il sorriso di Shouyou si fece malinconico. “Tobio, ti ho già detto che ti sono grato per…”

“A me non basta che tu mi sia grato,” lo interruppe il Principe. “Mia madre era grato a mio padre per aver posto fine alla guerra al modico prezzo di un matrimonio. Non è quello che voglio per me e te.”

Shouyou scrollò le spalle. “Tu non mi stai costringendo a fare nulla.”

“Lo so, ma…” Tobio si passò una mano tra i capelli corvini e mosse le ali con frustrazione: non era bravo con le parole. “Io voglio che tu abbia tutto.”

Gli occhi di Shouyou si riempirono di dolcezza. “Mi hai già dato tutto, Tobio,” gli ricordò. “Mi hai dato anche quello che avevi paura di mostrare ai tuoi genitori. Come potrei desiderare un dono più grande di questo?”

Tobio aprì e chiuse la bocca un paio di volte, poi si voltò verso il centro della prateria, dove i festeggiamenti continuavano ad animare la notte. Le note della musica ed il suono delle risate arrivava fino a lì. “Dici che tutto questo è bellissimo,” disse. “Ma non è il tuo mondo.”

Shouyou rise appoggiando la fronte alla sua spalla.

“Che cosa c’è da ridere, ora?” Domandò il Principe.

“Con tutto il rispetto, Tobio,” disse il piccolo Corvo guardandolo attraverso la frangia ribelle. “Ma questo mondo dorato appartiene meno a te che a me. Lo ha detto anche Tooru: sei figlio di un Cigno e di un’Aquila nati per essere Re e sei il loro degno erede, ma il mondo di un Principe destinato al trono è troppo piccolo per te.”

Tobio sbuffò. “Dovresti smetterla di passare tutto quel tempo con mia madre.”

“È dolce con me, mi fa sentire ben accolto in casa vostra.”

“Deve essere imparentato con i rettili, in qualche modo.”

“Tobio!”

“Cosa? Lo conosco da tutta la vita! Sei solo fortunato ad esserti guadagnato il suo favore senza particolare sforzo.”

“Tobio…” Shouyou prese il viso del Cigno Nero tra le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi. “Non ci sta succedendo quello che è accaduto ai tuoi genitori.” Rise. “A marzo, ci saremmo strappati le ali a vicenda ed ora siamo qui e ci siamo per nostra scelta. Era quello che i tuoi genitori desideravano per te ed è molto più di quello che io ho mai sognato per me.”

Tobio sospirò. “Non mi sono scomodato a chiedere il permesso ai tuoi genitori,” gli fece notare. “È la tradizione, no?” Non aveva mai chiesto il permesso a nessuno, il Cigno Nero, nemmeno ai Re che gli avevano dato la vita. Tuttavia, forse un po’ di modestia sarebbe stata gradita dalla famiglia del suo compagno e futuro sposo.

Futuro sposo… Ancora faceva fatica a venire a patti con quel concetto.

“I sentimenti non hanno bisogno del permesso di nessuno,” replicò Shouyou. “I miei genitori sanno dove sono. Hajime è andato da loro personalmente e quando io e te siamo divenuti una cosa ufficiale, li ho informati con una lettera scritta di mio pugno. Sono nelle mani del Principe della Foresta, questo dovrebbe bastare a rassicurarli e… Sì, magari a renderli orgogliosi.” Appoggiò di nuovo la fronte contro la spalla del Cigno Nero. Tobio gli cinse le spalle e restò in silenzio, ma continuò a pensare.





***




Koushi non era mai stato un genitore particolarmente ansioso. Daichi, al contrario, era sempre stato quello pronto a muoversi in caso di emergenza improvvisa. Dei tre pulcini che avevano cresciuto, Shouyou era stato quello più difficile, che più aveva dato loro motivo di preoccuparsi e a cui, di conseguenza, avevano dovuto dedicare più attenzioni. Da sempre, nel cuore di entrambi si erano annidati due sospetti contrastanti: Shouyou non sarebbe mai riuscito a lasciare definitivamente il loro nido, oppure se ne sarebbe andato più lontano di quanto potessero immaginare.

Alla fine, la seconda possibilità si era concretizzata ed il loro pulcino più ribelle e più difficile da gestire era divenuto il futuro Principe Consorte della Foresta. Però, quel grande evento si era verificato lontano da loro.

Da allora, Koushi lanciava sempre un’occhiata malinconica alle stelle, prima di coricarsi, e pregava che il suo pulcino stesse bene e fosse felice. Questo, però, non gli aveva mai impedito di versare qualche lacrima, quando il suo pensiero si fissava su Shouyou.

Non riusciva a smettere di sentirsi come se, Principe o meno, qualcuno glielo avesse strappato di forza dalle braccia e l’impossibilità di vederlo non aveva fatto altro che nutrire quel sentimento.

“Questo lato della Foresta è sempre meno sicuro,” aveva detto Hajime. “Wakatoshi sta facendo il possibile per tenervi al sicuro ma il vostro pulcino ha già subito un attacco ed il Nido delle Aquile è il luogo più sicuro della Foresta. Se fosse mio figlio, vorrei che restasse lì.”

Daichi e Koushi avevano annuito, sebbene a malincuore. Se Kei e Tadashi sentivano la mancanza del loro fratellino, non dicevano niente. Koushi poteva vedere la malinconia negli occhi e nei sorrisi forzati di Tadashi e sapeva interpretare il disappunto nascosto dietro ai silenzi di Kei. Shouyou aveva lasciato un vuoto ed era inutile negarlo. Parlarne, però, faceva ancora troppo male. Anche Daichi aveva avuto poco da dire di quella situazione. Koushi sapeva che se si fosse trattato di qualcun altro, il suo compagno sarebbe corso a riprendersi il loro pulcino e a pretendere tutto il rispetto che meritavano come genitori. Il loro piccolo, però, era entrato a far parte di un mondo così lontano dal loro e l’impotenza aveva inibito ogni loro reazione.

Non avevano alcuna scelta in quella storia.

Per il bene di Shouyou, avrebbero imparato a rinunciare a lui.



***



Tobio e Shouyou si erano trasferiti nel nido segreto che Wakatoshi aveva fatti costruire per Tooru subito dopo il loro ritorno della montagna.

Il Consorte Reale aveva avuto molto da ridire in merito, poi aveva tirato una guancia del figlio con un sorrisetto malizioso. “Fai quello che vuoi ma non combinare troppi guai lontano da mamma e papà,” aveva detto con fare sarcastico.

Tobio era arrossito fino alla punta delle orecchie ed era volato via. Fino a che suo padre sarebbe stato Re del Nido delle Aquile, lui e Shouyou avrebbero messo piede a corte solo quando strettamente necessario.

Il piccolo Corvo, per ora, sembrava pensarla esattamente come lui.

“Non ti sei ancora cambiato?”

Tobio allontanò gli occhi blu dalla volta celeste: Shouyou aveva indossato la sua camicia da notte ed era seduto dalla sua parte del letto.

“Hai detto di essere stanco e poi ti metti a cercare stelle dal balcone della nostra camera?” Domandò il piccolo Corvo divertito.

Tobio scrollò le spalle e si allontanò dalla finestra. La cortina di fiori ricadde al suo posto nascondendoli agli occhi del mondo.

“Stavo pensando,” ammise il Cigno Nero, prendendo a slacciare i lacci della propria camicia.

Shouyou sorrise pazientemente. “Sì, Tobio, lo avevo capito. Mi piacerebbe sapere a cosa.”

“Puoi immaginarlo,” disse il Principe disfandosi dei pantaloni.

Shouyou sospirò e si lasciò cadere tra i cuscini. “Tobio, smettila di tormentarti.”

“Ho avuto un’idea,” confessò Tobio, raggiungendolo sul letto. “Non è sicuro spostare te dalla cima della montagna, mio zio è stato chiaro in questo.”

Shouyou annuì.

“E far viaggiare la tua famiglia attraverso la Foresta, con i cacciatori in aumento di numero, sarebbe altrettanto incosciente.”

Il piccolo Corvo annuì nuovamente.

“Se andassi solo io, nessuno rischierebbe nulla.” Concluse Tobio.

Gli occhi di Shouyou si fecero enormi. “Toglitelo dalla testa!” Esclamò agitando le piccole ali nere.

Tobio alzò gli occhi al cielo. “Viaggiando da solo attirerei meno l’attenzione, sarei più veloce e più libero di combattere.”

Shouyou si stese con le braccia incrociate contro il petto. “No!” Ripeté fermamente. “La Foresta tornerà ad essere sicura, prima o poi.”

“Ho il dovere di presentarmi ai tuoi genitori, Shouyou,” disse Tobio. “Di giurare di fronte a loro che ti proteggerò ad ogni costo.”

“Non hai bisogno di giurare nulla, Tobio,” disse Shouyou. “Viviamo nel luogo più sicuro della Foresta e la responsabilità è reciproca: anche io ho il dovere di proteggere te.”

Tobio ghignò. “Mi piacerebbe vederti provare.”

Shouyou gli tirò un calcio, Tobio gli afferrò la caviglia e lo costrinse sotto di lui. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza. Gli occhi di Shouyou erano adirati e quelli di Tobio annoiati.

“Andrò dai tuoi genitori e farò quel che è giusto fare,” disse il Principe col tono di chi non ammette obiezioni.

Shouyou gonfiò le guance e si guadagnò un bacio a fior di labbra. “Cos’era quello?” Domandò perplesso.

“Non posso prenderti a pugni,” si giustificó Tobio. “Allora, ti bacio.”

Shouyou gli premette una mano contro la faccia e scoppiò a ridere.




***



Il giorno successivo, Tobio informò i genitori dei suoi piani, mentre erano intenti a pranzare.

Tooru impiegò meno di un battito di ciglia ad esprimere il suo disappunto. “Io non credo sia una buona idea,” disse con una smorfia.

Shouyou drizzò subito la schiena. “È quello che ho detto anche io!”

Il Principe gli lanciò un’occhiata raggelante ma il piccolo Corvo non si fece scoraggiare e gli fece la linguaccia.

“Io, invece, la trovo una buona idea,” disse Wakatoshi con tono casuale.

Tooru lo guardò con occhi e bocca spalancati. “Wakatoshi!” Esclamò scandalizzato. “Pensavo fosse chiaro dal nostro accordo matrimoniale che, tra noi due, sono io quello ad avere le opinioni che contano.”

Il Re Aquila fissò il compagno con un sopracciglio inarcato. “Non c’era scritto nulla di tutto questo nell’accordo di pace che abbiamo firmato il giorno delle nostre nozze.”

Tooru alzò gli occhi al cielo, poi forzò un sorriso velenoso. “L’ho fatto aggiungere in piccolo, in un angolo, in maniera tale che tu non lo leggessi e non ponessi domande.”

Shouyou ridacchiò sotto i baffi e Tobio appoggiò la guancia al pugno chiuso chiedendosi perchè aveva accettato di tornare a corte regolarmente.

“Vedi di farti vedere due volte al giorno e puntualmente, se non vuoi ritrovarmi con tutti i miei averi sulla soglia del tuo nido!” Aveva esclamato sua madre premendo la punta dell’indice contro il suo naso.

Oh, certo, ecco perchè aveva accettato: mai fare l’errore di non prendere sul serio una minaccia da parte di Tooru di Seijou.

“Wakatoshi, ogni nostri dialogo gira intorno ai Cacciatori, a quanto siano pericolosi e a quanto velocemente si stiano appropiando dei territori che fiancheggiano il fiume! Vuoi davvero mandare nostro figlio in missione in quei territori?” Domandò Tooru.

Shouyou si fece improvvisamente serio. “Quella parte della Foresta è davvero tanto in pericolo?” Domandò con apprensione.

Tooru si pentì subito di quanto aveva detto. “Non temere, piccolo Corvo,” disse con un sorriso gentile. “Hajime ed i suoi uomini sono accampati nelle vicinanze di tutti i piccoli villaggi di quella zona, compreso il tuo. La corona non abbandona nessuno al suo destino.”

Shouyou annuì e prese un sorso d’acqua per combattere il nodo che si era stretto intorno alla sua gola. Tobio lo guardò preoccupato, strinse le labbra e riportò gli occhi blu su quelli del Cigno dalle ali bianche. “Partirò domani,” disse. “Ho preso la mia decisione.”

Tooru sospirò esasperato. “Wakatoshi digli qualcosa.”

Il Re aprì la bocca ma il suo Consorte sollevò subito la mano per bloccarlo. “No, per carità, non dirgli niente: ci manca solo che sottolinei una seconda volta quanto approvi i piani folli di tuo figlio!”

“Non è un piano folle,” replicò il Re. “Tobio vuole prendersi le sue responsabilità e fare le cose come si devono con il suo compagno. Abbiamo lasciato ai ragazzi libertà di scelta ma questo non significa escludere la famiglia di Shouyou da tutto questo.”

Tooru fece per replicare.

“Se Tobio fosse fuggito in un territorio a te estraneo e fosse divenuto il compagno di un giovane che non hai mai visto in vita tua, Principe o meno che sia, non vorresti conoscerlo? Non vorresti assicurarti che possa rendere felice il nostro unico figlio? Un titolo nobile non è sufficiente per rendere un compagno degno e lo sai bene.”

Suo malgrado, Tooru richiuse la bocca ed incrociò le braccia contro il petto. “Vuoi davvero lasciarlo andare da solo?”

Wakatoshi cercò gli occhi del figlio. “Sa difendersi,” disse. “Fin dalla nascita, ha il potere di farlo e, grazie al piccolo Corvo, ha smesso di averne paura.”

Tobio annuì due volte con determinazione. “Non ti deluderò, padre.”

Tooru si abbandonò sulla sua sedia con aria drammatica. “C’è qualcuno in questa stanza che potrebbe preoccuparsi di non deludere me?” Domandò offeso. “Wakatohsi, rifletti, per l’amor del cielo! Hai detto che qualunque genitore vorrebbe conoscere di persona il compagno del proprio figlio ma lo hai visto il nostro?” Indicò il Cigno Nero senza rispetto.

Shouyou dovette mordersi l’interno della bocca per non scoppiare a ridere.

Tobio sgranò gli occhi ed arrossì.

“Lo vedo regolarmente da sedici anni, Tooru,” rispose Wakatoshi.

“E ci parli?” Insistette il Cigno con fare tragico. “Tu riesci a parlare con quella creatura seduta lì? Riesci a capire quello che dice? Wakatoshi, ammettiamo una volta per tutte la triste verità: nostro figlio ha profondi problemi di comunicazioni che gli sono stati tramandati dal tuo ramo della famiglia e non lo manderei a presentarsi da solo nemmeno alla corte di Seijou, da mia sorella! Dove già lo conoscono, tra l’altro…”

Tobio scosse la testa e si rivolse al Re. “Padre, vi prego…”

“A questo si può porre rimedio,” disse il Re con voce neutrale.

Incuriosito, Shouyou si ricompose e sollevò lo sguardo.

Tooru sbattè le palpebre un paio di volte facendo fluttuare le lunghe ciglia. “Sapevo che dentro quella mente da troglodita c’è sempre stato un poco di buon sen-”

“Tu lo accompagnerai, Tooru.”

L’espressione orripilata del Consorte Reale fu il riflesso perfetto di quella del proprio figlio.

“Giammai!” Esclamarono in coro.

“Bene,” Wakatoshi annuì. “La decisione è presa.”




***



L’indomani, all’alba, il Principe del Nido delle Aquile e sua madre, il Consorte Reale, erano pronti a ridiscendere il corso del fiume.

“Tuo padre vuole che dorma qui, alla corte, mentre tu sei via,” disse Shouyou, stringendo le mani di Tobio. “Dice che è più sicuro.”

Il Principe annuì. “Lo credo anche io,” sollevò lo sguardo sul fanciullo privo di ali alle spalle del piccolo Corvo. “Posso contare su di te, cugino?” Domandò con la serietà di un generale consumato.

Takeru sospirò e sorrise. “Hai la mia parola,” lo rassicurò e si scambiarono una calorosa stretta di mano. “Saluta mio padre, se incontri lui e le sue truppe a valle ed abbi cura del fratello di mia madre.”

Tobio li fissò con espressione un po’ apatica. “La mia missione è presentarmi ai genitori di Shouyou, non riportare indietro il Consorte Reale.”

Shouyou alzò gli occhi al cielo. “Tobio…”

A pochi metri di distanza, il Cigno dalle ali bianche non si risparmiò a ripetere al suo Re il proprio disappunto. “Cacciato dalla mia casa,” disse impegnandosi a far tremare il labbro inferiore. “Costretto a vagare in un territorio pieno di pericoli per volere del mio sovrano e mio marito!” Lanciò un’occhiata al giovane Cigno Nero. “In compagnia della creatura più insopportabile sulla faccia della terra!”

“Lo hai partorito tu,” gli ricordò Wakatoshi.

“Tecnicamente, è uscito da un uovo,” ribattè Tooru sollevando l’indice. “E metà del danno lo hai fatto tu.”

Wakatoshi fece scivolare la mano sul retro del collo del suo compagno affondando la punta delle dita tra i morbidi capelli castani. “Parlerete lungo tutto il tragitto e non vi renderete conto del tempo che passa,” disse con tono pacato. “Koushi e Daichi saranno felici di rivederti e, sì, sarai in grado di rassicurarli sullo stato di benessere della loro creatura meglio di Tobio.”

Tooru sospirò sconsolato. “Non parleremo!” Ribatté. “Ci faremo la guerra e sai che nessuno dei due è bravo a perdere. Non costringermi a gettare da una rupe il nostro unico figlio!”

“Il nostro unico figlio ha le ali, sa volare.”

“Servirà a poco, se lo lego prima.”

“Tooru, passi il tuo tempo libero ad immaginare come liberarti di Tobio?”

Il Cigno dovette rientrare nei ranghi ed accettare la sua triste sorte. “C’è un piccolo problema,” disse lanciando un’occhiata annoiata a quel fanciullo che non era più il suo pulcino da diverso tempo. “Lo amo.”

Wakatoshi accennò un sorriso. “Lo so,” si chinò per graziare le labbra del compagno con un bacio. “Proteggetevi a vicenda ed andrà tutto bene.”

Tooru annuì, i suoi occhi scuri si erano fatti improvvisamente più gentili e sinceramente preoccupati. “Ce la fai qui, senza di me?”

Wakatoshi annuì. “Devo pur ricordare alla mia corte che valgo anche senza il mio braccio destro.”

Tooru sollevò l’angolo destro della bocca in un sorrisetto arrogante. “Tu sei il mio braccio destro,” lo corresse. “Hajime è il sinistro.” Tornò a guardare Tobio. “E quello dovrebbe essere il bastone della mia vecchiaia, ma sorvoliamo… Sarò giovane e bello per sempre!”

I due consorti di scambiarono un altro bacio, poi Tooru si voltò. “Tobio, saluta il tuo Principe Consorte come si deve ed incamminiamoci.”

Il Cigno Nero annuì. “Ci siamo,” disse rivolgendosi al piccolo Corvo.

Shouyou forzò un sorriso. “Ci siamo.”

Da quando quella storia era cominciata, era la prima volta che si separavano ed entrambi si guardavano come se stessero per rinunciare ad un pezzo di cuore.

“Promettimi che andrà tutto bene,” mormorò Shouyou con un filo di voce. “Tre tramonti da oggi, non fare tardi.”

Tobio annuì. “Lo prometto,” disse e lo baciò sulle labbra.

Il Re Aquila si avvicinò a loro e posò una mano sulla piccola spalla del Corvo. “Sai di lasciarlo in buone mani,” disse al figlio.

Il Principe annuì di nuovo. “A presto, padre.”

In quel preciso momento, il sole fece capolino da dietro le cime delle montagne più alte.




***



“Dammi una buona ragione per cui non dovremmo volare?” Domandò Tooru, dopo essersi lamentato della strada per almeno due ore di fila.

“Perchè mi fai domande di cui conosci già la risposta?” Sbottò Tobio e lanciò un’occhiataccia al genitore da sopra la spalla. “Hai combattuto una guerra. Sai meglio di me come comportarti in situazioni di pericolo.”

Tooru sospirò. “Fossero state queste le situazioni pericolose durante la guerra...”

Il Cigno Nero si fece serio ed abbassò lo sguardo per stare attento a dove metteva i piedi. Avevano evitato di proposito i sentieri principali. Era più sicuro ma, di certo, meno comodo. Tobio sapeva che Tooru se ne lamentava semplicemente per innervosirlo. Sua madre aveva percorso strade ben più faticose durante la guerra ed il Principe lo sapeva bene, anche se dalle labbra del genitore non lo aveva mai sentito.

“Come facevate tu e mio padre?” Domandò. “Quando siete stati separati dalla guerra, dico.”

Tooru fissò le ali nere del figlio con interesse, poi sorrise. “Fa male stare lontano da Shouyou, eh?”

Tobio arrossì fino alla punta delle orecchie. “Non stiamo parlando di me.”

Tooru annuì e decise di concedergli una tregua. “In realtà, non siamo mai stati separati durante la guerra,” raccontò. “Ho seguito tuo padre in ogni campo di battaglia. Si può dire che, sebbene i nostri sentimenti si stessero riscaldando da prima, è stato in quel periodo che ci siamo innamorati davvero. Non c’era spazio per gli sfarzi o i comportamenti da etichetta in quelle circostanze… Eravamo noi, al peggio o al meglio che fosse e,” Tooru scrollò le spalle, “il resto lo sai. Non è un caso che tua sorella sia arrivata durante la guerra.”

Tobio si umettò le labbra. “Scusami, non avrei dovuto…”

“Non hai motivo di scusarti, Tobio,” Tooru lo affiancò. “Fa parte della storia mia e di tuo padre ed è inutile negarlo. Tuttavia, sei dovuto nascere tu perchè riuscissimo a parlarne. Prima che la verità su tua sorella venisse a galla, io e tuo padre ci siamo incolpati a vicenda per un po’... Continuavamo a dire che saremmo dovuti stare più attenti, che la nascita di un figlio durante la guerra era pura follia.”

“Non eravate felici di averla?” Domandò Tobio.

“Sì,” confermò Tooru. “Lo eravamo, prima che ce la portassero via. Ci dicevamo che era la nostra speranza in mezzo a tutta quella distruzione. Non potevamo ancora sapere che la morte non era fuori dalle mura del nostro nido ma dentro.”

Tobio annuì. “Non è stata la guerra ad uccidere mia sorella,” disse. “E non siete stati voi. La colpevole ha pagato, non avete motivo di tormentarvi.”

Tooru fissò il profilo di suo figlio, poi sollevò una mano e passò le dita tra i suoi capelli corvini. “Sei cresciuto davvero, eh?” Sorrise con nostalgia. “Ti prego solo di non fare i prossimi passi troppo in fretta.”

Tobio lo guardò. “Che vuoi dire?”

“Hai Shouyou. Siete liberi di amarvi e di farlo con tutta la spensieratezza della vostra età… Non buttatela via, vivetela fino in fondo. È così che si diventa adulti, non con un pulcino tra le braccia a sedici anni.”

Tobio annuì. “Siete stati felici quando sono nato io?”

Tooru sorrise nervosamente. “Che domanda è mai questa?”

“Le mie ali,” disse. “Devi averle notate immediatamente e…”

Tooru si fermò. “Pensi che, dopo aver perso tua sorella per mano di tua nonna, io e tuo padre ci siamo posti il problema?” Domandò con voce un poco tremante. “Avevamo concepito una figlia durante una guerra ed il nostro secondo bambino era arrivato durante un inverno senza precedenti. Mi sono ricordato come respirare solo dopo che ho avuto la certezza che lo stavi facendo anche tu.” Il Cigno rise un poco istericamente. “È facile parlarne ora che sei quasi più alto di me e hai le spalle larghe come tuo padre. Quando nascete siete così piccoli ed indifesi, voi pulcini... E noi genitori, nonostante tutto l’amore, ci sentiamo così inadeguati con quelle creaturine tra le braccia…”

Tobio aggrottò la fronte. “È una sensazione così terribile?”

Tooru sospirò e gli accarezzò di nuovo i capelli. “Capirai…” Disse con un sorriso un poco malinconico. “Arriverà anche il tuo momento e capirai.”






Quando arrivarono al Villaggio dei Corvi, Tobio ebbe l’impressione di esserci già stato.

Shouyou gli aveva parlato di quel posto tante di quelle volte che il Principe aveva finito col dipingerlo nella sua mente in ogni singolo dettaglio; dalla grande Sala Comune posta sull’albero più alto ed antico, ai piccoli nidi che vi sorgevano tutt’intorno.

“Delizioso, vero?” Commentò Tooru. Era sincero.

All’orizzonte, il sole stava tramontando e Tobio ricordò che il tempo a loro disposizione era breve e doveva affrettarsi. “Andiamo,” disse camminando fino alla fine del ramo su cui si erano seduti per studiare la situazione. “Ricordi dove si trova la casa di Koushi e Daichi?”

Tooru scosse la testa. “Sono passati così tanti anni…” Rispose. “Il modo migliore per fare questa cosa è presentarci nella Sala Comune e porre i nostri omaggi al Capo Villaggio. Il vecchio Ukai dovrebbe essere ancora vivo.”

“Lo conosci?”

“Grande guerriero,” disse Tooru con un gran sorriso. “Noi giovani generali abbiamo imparato molto da lui, ai tempi della guerra. Sarei lieto di rivederlo.”

“Vuoi precedermi?” Domandò il Cigno Nero, come se non conoscesse già la risposta.

Tooru sfoderò il più splendente dei suoi sorrisi. “Lascia le entrate in scena a chi le sa fare, Tobio-chan e impara dal maestro dei maestri.”

Il Principe alzò gli occhi al cielo. “Ti puoi muovere e basta?”






“Per tutti gli spiriti della Foresta, che disgrazia dobbiamo aspettarci, questa volta?” Domandò il vecchio Ukai fissando il Cigno come se fosse un portatore di sventure.

“Felice di trovarvi vivo e simpatico come sempre, vecchio Ukai,” rispose Tooru con un sorriso velenoso.

Un paio di passi alle spalle di sua madre, Tobio riuscì a stento a nascondere un ghignetto: almeno, ora aveva le prove che l’antipatia di Tooru era ufficialmente riconosciuta da qualcun altro, oltre a lui.

Non era stato difficile convincere i due Corvi alle porte della Sala Comune a lasciarli entrare: era bastato fare il nome di Shouyou e si erano agitati subito, correndo a chiamare il loro Capo senza badare a ricomporsi.

Tooru non se l’era presa per la mancanza di modi e Tobio aveva cominciato a rispondere ad alcune delle domande che si era sempre posto sulla condotta di Shouyou. Evidentemente, tutti i Corvi erano un po’ energici.

Seduta sul suo trono di legno, il vecchio Ukai appoggiò il viso al pugno chiuso. “Seriamente… Che cosa ci dobbiamo aspettare?”

Tooru alzò gli occhi al cielo. “Sono un Cigno, le leggende sul mio popolo hanno poco a che fare con la sfortuna.”

“Sei sempre stato una serpe dalle piume bianche, Tooru e non starò qui a fingere il contrario solo perchè siedi su di un trono. Non sei meno moccioso dall’ultima volta che ti ho visto.”

Tobio decise che il vecchio Ukai gli piaceva.

Sua madre prese un respiro profondo e si voltò verso di lui. “Prima di essere accompagnato alla mia umiliazione pubblica, posso presentarvi mio figlio?”

Il vecchio Corvo sgranò gli occhi e si alzò in piedi.

“Grazie per la dimostrazione di rispetto in vergognoso ritardo,” disse Tooru.

Ukai lo superò come se nemmeno fosse lì. Tobio drizzò le spalle s’irrigidì. “Mio signore,” salutò con rispetto chinando la testa.

Il vecchio posò una mano sulla sua spalla con fare paterno. “Alza pure gli occhi, ragazzo, dovrei essere io ad abbassarli al tuo cospetto,” disse. “In realtà, dovrei farlo anche col tuo regale genitore, ma ogni volta che lo vedo penso al pulcino piagnucoloso che mi è stato presentato subito dopo il suo matrimonio, il primo giorno alla corte delle Aquile.”

“Era un fanciullo sconvolto!” Si giustificò Tooru.

“Vivevate al Nido delle Aquile?” Domandò Tobio sorpreso.

Il vecchio Ukai fece un passo indietro e s’inchinò. “Capo delle guardie, mio giovane signore. I miei Corvi proteggevano la vostra casa, un tempo.”

“Davvero?” Tobio sbatté le palpebre un paio di volte. “Non ne sapevo nulla. Da che ho memoria, sono i Cavalieri e Cacciatori di mio zio a pensare alla sicurezza del Nido.”

“Vecchie faccende complicate,” s’intromise Tooru affiancandosi al Principe. “Immagino sappiate perchè siamo qui, vecchio Ukai.”

Il Corvo annuì un paio di volte. “La piccola peste non è con voi, vedo.”

Tobio sorrise sommessamente. Sì, era un modo adatto per riferirsi a Shouyou.

Tooru ridacchiò. “Il piccolo Shouyou è un raggio di sole e voglio esprimere personalmente la mia gratitudine al vostro popolo e a Koushi e Daichi per averlo reso quello che è.”

“Nessuno di noi lo ha reso quello che è,” replicò il vecchio Ukai con tono acido. “La peste è proprio come te, Tooru. È nato con una natura tutta sua e non c’è stato modo di raddrizzarlo.”

Tooru prese quell’informazione come un punto a suo favore. “Il pulcino non vola tanto lontano dall’albero, evidentemente,” disse lanciando un’occhiata vittoriosa al suo annoiato figlio.

“Sono qui per presentarmi formalmente alla famiglia di Shouyou,” disse Tobio con voce chiara e determinata. “Vista la situazione di emergenza con i Cacciatori, io e mio padre non abbiamo ritenuto opportuno allontanare Shouyou dal Nido delle Aquile e sarebbe stato altrettanto pericoloso spingere la sua famiglia a lasciare la propria casa.”

Il vecchio Ukai annuì. “Il tuo è un gesto molto nobile e coraggioso, mio Principe. Siamo lieti di avervi come nostro ospite e, senza ombra di dubbio, lo saranno anche Koushi e Daichi.” Sollevò gli occhi verso il portone d’entrata. “Asahi!” Chiamò.

Il Corvo alto ma dall’atteggiamento goffo che li aveva accolti vi avvicinò.

“Conduci il Principe ed il Consorte Reale a casa di Koushi e Daichi,” ordinò il vecchio Corvo. “Saranno lieti di avere notizie di Shouyou.”






Lungo la strada, Tobio non disse nulla.

Sua madre scambiò qualche parola con l’alto e goffo Corvo. Da quel che riuscì a capire, avevano combattuto insieme in qualche battaglia ma non pose particolare attenzione alla loro conversazione: era nervoso. Shouyou era già suo e per sua scelta, i suoi genitori non avrebbero potuto fare niente per portarglielo via.

Tuttavia, Tobio sapeva che il piccolo Corvo ne avrebbe sofferto, se la sua famiglia non fosse stata felice della loro unione.

“Eccoci,” disse Asahi atterrando sulla piattaforma di una piccola casa un po’ isolata da tutte le altre.

Tobio la osservò con attenzione, come se fosse un luogo mitologico o qualcosa di altrettanto magico: Shouyou era cresciuto in quella casa, era lì che aveva fatto i sogni che lo avevano portato da lui. Metà della loro storia era iniziata lì.

“Volete che resti?” Domandò Asahi.

Tooru scosse la testa. “Io e Koushi eravamo molto legati ed è stato mio cognato a portargli la notizia di Shouyou. Possiamo cavarcela da soli.”

Asahi annuì, fece un breve inchino e tolse il disturbo.

Tooru guardò suo figlio con un sorriso paziente e Tobio gli arrivò accanto.

“Pronto?” Domandò il genitore.

“No.”

Il Cigno attese il tempo di un respiro. “Pronto?”

Il Principe prese un respiro profondo. “Sì.”

Fu Tooru a bussare e la porta si aprì appena un istante dopo. Un Corvo adulto, seppur ancor giovane, comparve dietro la porta. Aveva i capelli di uno strano colore grigiastro e gli occhi stanchi ma c’era qualcosa nella sua espressione che a Tobio ricordò Shouyou: una sfumatura gentile impossibile da confondere.

“Tooru…” Disse Koushi sgranando gli occhi.

Il Cigno sorrise con emozione. “Felice di rivederti Koushi.”

Gli occhi dorati del Corvo si spostarono sulla figura del Principe. “E lui è…” Non terminò la frase e si fece da parte. “Entrate, vi prego! Daichi, renditi presentabile e scendi!”

Appena messo piede all’interno, Tobio si guardò intorno: la casa era piccola, modesta ma accogliente. Una scala era posta in un angolo della cucina, come Shouyou gli aveva raccontato. Il Principe sapeva che al piano superiore vi era il nido in cui il suo compagno era cresciuto coi propri fratelli.

Fu da quella stessa scala che scese un secondo Corvo, anche egli della stessa età di sua madre e di quello che aveva aperto loro la porta. Capelli corvini, lineamenti un poco squadrati. A Tobio bastò guardarlo per sapere che era Daichi.

“Tooru…” Anche Daichi sgranò gli occhi sorpreso e si affrettò a salutarlo come si doveva. “Perdonaci, non eravamo preparati ad accogliere-”

“Un vecchio amico?” Concluse Tooru. “Perchè sono qui solo in questa veste,” aggiunse, poi si voltò verso il Cigno Nero, “e per accompagnare il mio fanciullo.” Premette una mano sulla schiena di Tobio invitandolo a farsi avanti.

Il Principe sentì il respiro venire meno ed il bisogno di fuggire ad ali spiegate fu quietato solo dall’orgoglio reale che possedeva per diritto di nascita. “È un piav… Piaf...  Piah…”

Tooru lo guardò orripilato, poi forzò un sorriso. “Wakatohsi lo ha fatto cadere dalla culla,” si giustificò. “Non io, Wakatoshi.”

Il Cigno Nero prese un respiro profondo. “Sono lieto di fare la vostra conoscenza,” riuscì a dire. “Shouyou mi ha parlato molto di voi e mi dispiace di non essere venuto prima, di non aver fatto le cose come…”

“Ehi, ehi…” Koushi si fece avanti e prese una delle sue mani tra le proprie. Erano caldo. “Va tutto bene, tesoro. Sei a casa qui… Certo, sei cresciuto in una corte ma questa è casa tua, se lo vuoi.”

Tobio annuì arrossendo fino alla punta delle orecchie. “Grazie…”

Koushi sorrise a Tooru. “È cresciuto così tanto,” disse emozionato.

“Già,” concordò il Cigno spettinandogli i capelli. “Sembra ieri che eravamo in quella sala del trono con questo frugoletto nella culla che non faceva che nascondersi dentro le sue ali.”

Koushi ridacchiò. “Vero, non faceva che nascondersi.”

“Dieci giorni di vita e già aveva un bel caratterino con cui mi faceva la guerra!” Esclamò Tooru piegando il braccio sulla spalla del figlio.

Tobio sperò che quella tortura umiliante finisse presto.

“Come sta il nostro Shouyou?” Domandò Daichi seriamente.

“Sta… Sta bene,” disse Tobio. “Parla continuamente di voi e gli mancate ma sta bene. Sto facendo tutto ciò che è in mio potere per renderlo felice.”

Daichi inarcò le sopracciglia. “Lo hai detto davvero?” Domandò, poi guardò Tooru. “Lo ha detto davvero?”

I tre adulti risero insieme e Tobio li guardò uno ad uno con aria confusa.

“Sei proprio il figlio di Wakatoshi,” disse Daichi porgendogli la mano. “Sincero a costo di suonare ridicolo o brutale.”

Tobio la strinse non comprendendo se fosse appena stato insultato o meno.

“Sedetevi,” disse Koushi indicando il piccolo tavolo al centro della stanza. “Abbiamo molto di cui parlare.”




Mangiarono insieme, come una vera famiglia e parlarono fino a tarda notte.

Tobio disse poco o niente, a dire il vero. Fu Tooru a fare l’ospite d’onore e a coprire i silenzi che lui non sarebbe mai riuscito a riempire adeguatamente.

Alla fine, Tobio rispettò la promessa fatta a Shouyou: andò tutto bene.





“Bene,” disse Tooru soddisfatto guardando fuori dalla finestra della mansarda. “Ho fatto proprio un ottimo lavoro.”

Seduto sul giaciglio che aveva scelto per sè, Tobio sospirò. “Grazie,” disse, suo malgrado. “Mio padre aveva ragione, non sarei mai riuscito a fare questa cosa senza il tuo aiuto.”

Tooru gli lanciò un’occhiata perplessa da sopra la spalla. “A cosa pensi che mi stia riferendo, Tobio-chan?”

Il Cigno Nero scrollò le spalle. “Se escludiamo quel momento imbarazzante con il vecchio Ukai…”

“Stendi un velo pietoso, amore mio,” ordinò Tooru con voce velenosa.

“Daichi e Koushi ti adorano,” aggiunse il Principe. “Dovete aver passato dei momenti molto importanti insieme. Non vi vedete da più di un decennio ed è come se non fosse passato un giorno. Sei riuscito a convincerli che non abbiamo rapito il loro primo figlio.”

Tooru si allontanò dalla finestra ridacchiando. “Lo temevi?”

“Tecnicamente, è scappato lui ma…” Tobio lasciò la frase sospesa. “Sì, hai fatto un ottimo lavoro.” Si distese sul suo giaciglio incrociando le braccia dietro la testa.

Tooru esaurì la distanza tra loro e si distese accanto a lui.

Il Principe lo guardò sospettoso. “Che cosa c’è?” Domandò

“Mi riferivo a te,” disse Tooru con un sorriso quasi dolce, quasi. “Quando ho detto che ho fatto un ottimo lavoro, mi riferivo a te.”

Preso di sorpresa, Tobio aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “Mamma…” Mormorò.

Prima che potesse dire qualsiasi cosa, Tooru si girò su di un fianco e gli diede la schiena. “Oh, che sonno!” Esclamò. “Ci aspetta un grande viaggio domani e dobbiamo recuperare le forze.”

Tobio fissò la nuca del genitore e realizzò che, in fin dei conti, tutto quello che lui e Tooru non si dicevano a parole, trovavano il modo di comunicarselo comunque.

Suo malgrado, sorrise.




***




“I tuoi suoceri ti adorano, il Capo Villaggio ti adora e tutti si ricordano amorevolmente di me,” disse Tooru con un sorriso soddisfatto, durante il viaggio di ritorno.

Tobio si voltò a guardarlo con la fronte aggrottata. “Amorevolmente?”

“Guarda dove metti i piedi o rischi d’inciampaaaah!” Tooru cadde sulle ginocchia ed imprecò a bassa voce. Sollevò gli occhi e vide che suo figlio guardava dritto di fronte a sè, le ali tremavano. “Non ridere, creatura ingrata!”

Tobio si voltò e gli porse una mano. “Ti aiuto.”

Il Cigno si tirò in piedi in completa autonomia. “Io volo,” disse sollevando lo sguardo per assicurarsi che ci fosse abbastanza spazio tra gli alberi per sbattere le ali.

“No, è pericoloso!” Esclamò Tobio.

Tooru lo guardò annoiato. “Stammi a sentire, pulcino, siamo quasi sulla cima della montagna! Se ci toccano, urliamo e tuo padre correrà con tutto l’esercito!”

“L’esercito non è nemmeno al Nido delle Aquile,” gli ricordò Tobio. “È sparso in tutta la Foresta per difendere i villaggi dai Cacciatori.”

“Allora mi salverai tu!” Esclamò Tooru sbattendo le lunghe ciglia. “Il mio corvino salvatore!”

L’espressione di Tobio di scurì. “Non scherzare.” Lo superò e riprese a camminare velocemente.

Tooru lo guardò perplesso. “Ehi, Tobio-chan, non ti sarai mica offesa?”

“Il fatto che Shouyou mi voglia anche se sa che posso trasformarmi in un mostro, non significa che a me faccia piacere.”

Tooru sgranò gli occhi, poi li alzò verso il cielo. “Non ci posso credere!” Esclamò.

“E non ci credere.”

“Tobio, uno che deve fare per aiutarti ad accettare te stesso? Io e tuo padre ti amiamo! Non ti è bastato? Bene, ti ama anche Shouyou! Possibile che ancora non ti basti?”
Tobio si fermò e lo guardò in cagnesco. “Pensi che mi faccia piacere?” Domandò astioso. “Pensi che sia divertente sapere che questa maledizione non se ne andrà mai? E non mi riferisco al mostro che ho sotto la pelle ma all’incapacità di accettarlo come una parte di me!” Riprese a camminare.

Tooru fissò le sue ali tristemente. “Sai perchè il vecchio Ukai ha smesso di essere il Comandante della Guardia Reale?” Domandò.

Tobio si fermò ma non si voltò. Sua madre aveva evitato quel discorso per quasi tre giorni e se, alla fine, aveva deciso di parlare, la faccenda doveva essere più grave di quella che aveva previsto.

“Aveva giurato fedeltà a tua nonna,” proseguì Tooru.

Tobio sentì il sangue gelarsi nelle vene e si voltò verso il genitore.

Il Cigno gli sorrise tristemente. “Il vecchio Ukai è una persona buona, Koushi e Daichi erano giovani Corvi addestrati da lui. Per questo siamo così uniti: siamo stati vicini per molti anni ed in molte occasioni, anche dolorose. Quando abbiamo avuto le prove che tua nonna era responsabile per la morte di tua sorella, il vecchio Ukai è venuto da me e mi ha chiesto perdono in lacrime. Io e tuo padre non abbiamo mai accusato lui o gli altri Corvi di aver preso parte a quell’omicidio, ma Ukai non se l’è più sentita di servire la corona… Non si sentiva degno. Ha ringraziato tuo padre per la sua bontà e poi ha preso i ragazzi che erano sopravvissuti alla guerra e ha fondato il Villaggio dei Corvi in cui il tuo Shouyou è nato e cresciuto.”

Tobio lo guardò senza capire. “Perchè mi stai raccontando questo?”

“Tu sai che tua nonna è stata esiliata dopo la tua nascita,” disse Tooru.

Il Principe annuì.

“Però non ha mai chiesto perchè dopo,” gli fece notare il Cigno. “Ci sono due anni di distanza tra la morte di tua sorella e la tua nascita. Per due anni abbiamo avuto un’assassina nella nostra casa, senza saperlo.”

Tobio cercò di mettere insieme i pezzi. “Dov’erano le prove?” Domandò, infine. “Perchè ci sono voluti due anni perchè la verità venisse a galla?”

Tooru si umettò le labbra: gli faceva parlare di quegli eventi ed il Principe se ne dispiacque. “Stava cercando di uccidere anche te,” disse con un filo di voce. “Io ero lì, tuo padre era lì, i tuoi zii erano intorno a te e nessuno si stava rendendo conto di quello che stava facendo quella donna,” raccontò. “Sei figlio del Grande Inverno, Tobio e abbiamo temuto per la tua saluta fin dal primo istante, ma sei nato forte e sano. Ti nutrivi con appetito e ti tenevamo vicino perchè fossi abbastanza caldo. Io e tuo padre, però, eravamo stanchi… Tu dovevi sopravvivere ed il popolo doveva sopravvivere. Alle volte, Wakatoshi non c’era ed io mi addormentavo prima di te.”

“E che cosa c’è di male in questo?”

“Hai cominciato ad ammalarti,” proseguì il Cigno. “Non ne capivamo la ragione. Non riuscivamo nemmeno a curarti. Avevi poche settimane di vita e stavi morendo tra le nostre braccia.”

“Hajime mi ha sempre detto che io e Takeru siamo stati tutto meno che bambini cagionevoli,” disse Tobio perplesso.

Tooru annuì ingoiando a vuoto. “Tua nonna ti avvelenava, Tobio.”

L’espressione del Principe divenne una maschera di pietra.

Tu sei la prova che ha condannato l’assassina di tua sorella,” concluse Tooru.

Il giovane Cigno Nero abbassò lo sguardo, fece un passo indietro e cercò una ragione dietro quella confessione. Non la trovò. “Perchè me lo racconti proprio ora?”

Tooru abbassò le spalle in un gesto esasperato. “Perchè ti ho dato la vita e devo ancora sentirti ripetere che ti credi un mostro, quando io e tuo padre ne abbiamo visto uno in faccia per davvero.”

Tobio strinse le labbra e resse lo sguardo del genitore ma non replicò.

“Abbi rispetto per i sentimenti di Shouyou, se non per i nostri,” disse Tooru. “E smettila di vedere un mostro in te stesso.”

Tobio strinse gli occhi per un istante. “Ti ho fatto del male,” disse. “Quello che sono ti ha fatto del male…”

Tooru lo guardò con espressione ferita. “Tobio, tu non ti stai davvero accusando ancora di questo, vero?”

Tobio strinse i pugni. “Questo timore mi accompagna tutte le notti quando stringo Shouyou a me e farei qualunque cosa… Qualunque cosa per…” Si bloccò, gli occhi blu sollevati verso il cielo, oltre le cime degli alberi.

“Che cosa c’è, Tobio?” Domandò Tooru inarcando le sopracciglia.

“Quel fumo,” disse Tobio. “Una colonna di fumo si alzò dalla cima della montagna!”






Esaurirono la distanza tra loro ed il Nido delle Aquile volando.

Nulla avrebbe potuto prepararli a quello che videro.

Il grande albero che era stato la loro casa, il loro rifugio, il luogo che sarebbe dovuto essere il più sicuro dell’intera Foresta era divorato dalle fiamme.

Tobio sentì la mano di Tooru cercare la sua. Incontrò i suoi occhi e vi vide rifletto lo stesso timore che doveva animare i suoi.

Fu il Principe il primo a lanciarsi verso il Nido in fiamme.

“Shouyou!” Gridò.




 
   
 
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