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Autore: Padfootblack    07/02/2018    1 recensioni
E se Alex avesse intrapreso una relazione con una collega musicista? E se non fosse tutto così idilliaco?
Raccolta di song fic!
Dal testo:
Probabilmente si accorse del mio sguardo, perché si girò e sorrise imbarazzata, muovendo la mano come a salutarmi. Non riuscii a muovere un muscolo, aveva uno sguardo splendido. Era come se potesse leggermi dentro e mi persi in quel paradiso verde azzurro, fin quando non si voltò di nuovo verso gli altri. E la magia scomparve, ritornai nel backstage del club, attorniato da luci stroboscopiche e ombre penetranti, proprio mentre loro salivano sul palco.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Fake Tales of San Francisco – Amy

 

I don't want to hear your
Fake Tales of San Francisco
Echo through the air

Avevo commesso l’errore di accettare l’invito di Alex a casa sua, che condivideva con la ragazza, Taylor. Per fortuna lei oggi non era presente, meglio così, mi sarei tolta l’imbarazzo di conoscerla. Per quello che mi aveva raccontato Miles, lei sembrava davvero fuori di testa, e piaceva un sacco ad Alex. Fissai la porta d’entrata e puntai il dito contro il campanello. Da quando io e Al ci vedevamo l’una a casa dell’altro? L’ultima volta che ci eravamo visti ero ancora imbottita di farmaci dopo la riabilitazione e avevo vaghi ricordi di quel periodo. Tuttavia mi sembrava strano essere qui in questo preciso momento, nella sua casa a Los Angeles, così diversa da Sheffield. Si era trasferito qui per Arielle e poi ci era rimasto con Taylor. Io non avrei abbandonato Manchester per nulla al mondo, non solo perché le mie origini appartenevano a quel luogo, ma perché solo lì riuscivo a sentirmi una persona vera e non un manichino nelle mani del mondo mediatico. Los Angeles era così finta, pronta a inglobarti nella sua vita fatta di feste, droga e alcol. Non che a Manchester ciò non esistesse, anzi, nei sobborghi eravamo conosciuti per essere i peggiori abitanti del mondo. È solo che LA non aveva quell’odore di muschio e quella nebbia che mi facevano sentire in vita. Mi costrinsi a suonare il campanello e dopo poco Alex mi aprì. Indossava dei pantaloni di uno smoking grigi, una camicia bianca aperta sul petto e delle scarpe di classe. Aveva una barba poco folta e capelli lunghi e in disordine che gli davano l’aria da barbone. Non riconoscevo neanche più una certa luce negli occhi, sembrava come addormentato.

“Alex?”chiamai come per accertarmi che fosse lui e non un sosia. Mi fece accomodare su un divano in pelle, l’unico oggetto nella casa che non fosse ricoperto di roba. C’erano vestiti gettati su ogni mobile, sigarette schiacciate sul tavolo e bottiglie di alcol vuote.

“Come stai?”chiese posizionandosi di fronte al computer.

“Io bene”mentii: “E tu?”

“Benissimo”. Non sembrava proprio.

“La casa è … vissuta”. Sorrise sardonico e e azionò lo stereo. Partì una musica strana, tipo trance, con lui che ripeteva sempre la solita frase: voleva stare con una certa ragazza. Tentai di ascoltarla tutta, ma era impossibile. Questa non poteva essere la nuova versione di Alex Turner. La mia faccia probabilmente assunse una smorfia così disgustata che Alex chiese: “Perché quella faccia? Non ti piace?”. Era un obbrobrio. Era ciò che mi potevo aspettare da un drogato che aveva appena scoperto cos’era un drum pad.

“L’hai … creata … tu?”chiesi senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.

“Già!”rispose soddisfatto. E d’un tratto tornai al passato, alla birra bevuta nei bicchieri di carta e ai pomeriggi nello studio a Sheffield. Tornai a quei momenti felici, in cui riusciva a tirare fuori dei testi geniali dal nulla. “Cosa ne pensi?”

“Ah … ehm”continuavo a mormorare, incerta se dirgli o no la verità. Sembrava non riuscisse a stare in piedi, lo vedevo abbastanza debole, non poteva reggere il mio cinismo. Si alzò di colpo per spegnere lo stereo e solo allora notai il tatuaggio sul braccio. Taylor. Sbiancai e mi dovetti appoggiare allo schienale del divano per evitare di svenire. Aveva tatuato il suo nome sulla pelle. Dopo solo un anno e mezzo di relazione aveva tatuato il suo nome.

“Allora è seria”commentai. Seguì la linea del mio sguardo e annuì: “Già”

“Lei ha a che fare con tutto questo?”domandai indicando la situazione in cui stava vivendo.

“Tutto questo cosa?”. Boccheggiai, incapace di parlare, come poteva non rendersi conto di vivere in un porcile? Infilò le mani in tasca e chiese semplicemente: “Cosa ne pensi della canzone?”

“È orrenda”

“Pensavo che almeno tu avresti capito”farfugliò.

“Capito cosa? Sembra che tu l’abbia scritta da ubriaco in cinque minuti. E quel testo orrifico cos’era? Tu che vuoi stare con una ragazza? E basta, ripeti solo questa frase! E vivi nel totale caos, hai uno sguardo spento ...”

“Wow, oggi sei davvero in vena di dare giudizi”

“Sono solo preoccupata”

“Sembri mia madre”rispose in tono accusatorio. Okay, forse dovevo abbassare i toni della conversazione, non ero sua madre, non ero nessuno in realtà per dirgli cosa fare nella vita. Ma questo uomo davanti a me non era il mio Alex e ciò mi mandava davvero fuori di testa.

“Okay, hai ragione, scusa”misi le mani avanti: “Volevi un mio parere sulla canzone e solo su quella: non mi piace”

“La musica o il testo?”. Lo osservai sconvolta, incapace di credere alle mie orecchie: “Tutto”. Annuì, come per darsi forza da solo. Aveva davvero creduto che quella sottospecie di musica mi sarebbe potuta piacere?

“Forse perché è la prima canzone d’amore che non dedico a te”. Ah, certo, secondo lui non ero fan degli Arctic, ma solo fan delle canzoni degli Arctic che lui aveva dedicato a me. Che faccia tosta.

“Non è la prima, ci sono decine di canzoni che hai dedicato ad altre”risposi stizzita: “Migliori di questa”.

Yeah she's dashing for the exit
Oh she's running to the streets outside
"Oh you've saved me" she screams down the line
"The band were fucking wank
And I'm not having a nice time"

“Che ti sta succedendo, Al?”. Mi fissò come se gli avessi chiesto il prezzo al chilo del merluzzo al mercato di Sheffield.

“Questi … smoking”dissi indicando i suoi pantaloni: “La barba, il tatuaggio, la musica …”

“Sono cresciuto”

“No, sei cambiato”

“Ed è negativo?”

“Non sempre, ma questa volta sì”dissi fin troppo sincera: “Dove sono i tuoi testi geniali? Dove sono gli assoli di chitarra che il pubblico canta? Dov’è finito l’Alex che non ha bisogno di ubriacarsi per scrivere bene?”

“A Taylor piace”rispose come unica giustificazione. La situazione era più tragica del previsto. Non si stava più impegnando a fare musica solo perché alla sua ragazza piacevano questi testi banali e queste instrumental incolore. Pensavo facesse musica perché era appassionato di accordi e armonie, non perché voleva fare un piacere a qualcuno. La musica per noi non era mai stata un mestiere, ma una passione.

Yeah but his bird said it's amazing, though
So all that's left
Is the proof that love's not only blind but deaf

Sorrisi cinica: “Fantastico. E perché io sono qui, allora?”

“Perché volevo un tuo parere, ma sei stata parecchio acida”. Non aveva tutti i torti, avevo avuto una reazione esagerata e non capivo bene neanche io il perché. Sapevo solo che vederlo in quello stato mi mandava in fumo il cervello.

“Bene, allora vado. Ci vediamo”mi diressi verso la porta e la sbattei furiosa uscendo. Mi ero comportata molto male, ma anche lui mi aveva lanciato delle frecciatine non da poco. Pensava che la canzone non mi piacesse solo perché l’aveva dedicata a Taylor? Cazzate. Avevo amato Arabella nonostante fosse dedicata alla sua fiamma del momento. All’improvviso mi fermai accanto alla macchina, con le chiavi in mano. Forse era questa la differenza: nessuna sua canzone dedicata ad un’altra mi aveva dato fastidio perché non credevo che lui potesse avere un futuro con lei. Ma con Taylor era diverso, aveva tatuato il suo nome sulla pelle. Per quanto avessi potuto amare nella mia vita, non mi era mai venuto in mente di tatuarmi il nome della persona sul mio braccio. Avevo bisogno di calmarmi, non potevo permettermi di reagire così, ormai avevo poco a che fare con la sua vita. Mi era stato vicino nei mesi passati, come qualsiasi amico avrebbe fatto, ed ero così stordita da ciò che mi era successo da non rendermi conto di chi era diventato. Gli sarei stata sempre vicino, ci sarei sempre stata per lui nel momento del bisogno. Ma non avevo più a che fare con le scelte della sua vita e dovevo accettarlo. Salii in macchina e partii per andare a casa e dallo shuffle partì “Fake Tales of San Francisco”. Iniziavo a pensare che la mia vita intera fosse una coincidenza. Una fottuta stramaledetta coincidenza.

   
 
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