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Autore: Le notti con Salem    10/02/2018    0 recensioni
Il gruppo partirà presto per Lazulis e Dagran ha deciso di festeggiare passando la serata in dolce compagnia. Ovviamente la sua si rivelerà essere una pessima scelta...
(Ambientata circa una settimana prima degli eventi del gioco. Postata anche sui miei account di DeviantArt e Fanfiction.net)
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dagran, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Una bella serata

Era fatta.
Dopo tanti anni di sforzi, Dagran era finalmente vicino al suo obbiettivo. Gli appunti segreti che aveva trovato il giorno prima, su quel potere chiamato Ignoto, avevano acceso in lui una speranza che non sentiva da tanto tempo. E la missione che gli aveva indicato Lord Cyan poi...
Proprio sull'isola in cui è nascosto quel potere, al servizio del Conte Arganan per giunta. E ci sarà perfino quel bastardo di Asthar: se non è fortuna questa!
Lavorare per una persona così influente gli avrebbe permesso non solo di migliorare il proprio stato sociale, ma anche di avvicinare con facilità l'assassino della sua famiglia. Una cosa del genere meritava di essere festeggiata in modo adeguato, e per questo aveva deciso di spendere una parte del suo gruzzolo per passare la serata in piacevole compagnia femminile. Ormai era quasi un anno che non visitava un bordello, e di sicuro la sua mano sinistra non si sarebbe sentita tradita se il lavoro l'avesse svolto qualcun altro, e in maniera più coinvolgente, tanto per cambiare.
Mentre proseguiva lungo la via che conduceva al porto, Dagran ripensò a qualche ora prima, quando aveva parlato agli altri del loro prossimo lavoro. Era così entusiasta – per i suoi standard, se non altro – che non si era neppure lamentato di aver dovuto aspettare il ritorno di Lowell alla locanda per comunicare a tutti la notizia, e come aveva previsto, Zael e gli altri si erano mostrati eccitati al pensiero di lavorare per un pezzo grosso come il Conte Arganan di Lazulis.
Tutti tranne Yurick, come al solito. Dagran però era sicuro che non appena ricevuta la generosa ricompensa – e le nomine a Cavalieri, se riusciva a gestire bene la faccenda –, anche il giovane Mago avrebbe finalmente mostrato un po' di entusiasmo. A quel punto Dagran si ritrovò a sghignazzare fra sé. Forse avrebbe dovuto portare anche Yurick al bordello, così magari si scioglieva un po' e mostrava di avere in corpo dell'altro fuoco oltre a quello che creava con la magia. Di sicuro le ragazze lì avrebbero apprezzato ciò che lui e Lowell avevano scoperto sul ragazzo alle terme di Bastia.
«Che spreco! Se almeno mi permettesse di insegnargli le mie tecniche, potrebbe sfruttarlo alla grande...» aveva commentato l'amico quella volta, tra le altre cose. Anche Dagran era rimasto sorpreso, ma aveva lasciato perdere la questione in fretta: per quel che lo riguardava, era soddisfatto di com'era e non sentiva il bisogno di competere in quel senso, men che mai con un ragazzino!
Dopo aver superato una serie di vicoli stretti, si ritrovò in una piazza circolare piena di bancarelle e con un obelisco al centro. In fondo alla via davanti a lui, riusciva a scorgere le navi ancorate al porto, mentre a sinistra, nascosto in parte dai tetti delle case e dei magazzini, c'era il promontorio su cui sorgeva il faro. Seguendo le indicazioni che gli avevano dato, s'infilò nella via parallela a quella per il porto e la percorse a metà, poi, raggiunto un vecchio lavatoio, svoltò a destra. L'edificio che stava cercando era poco più avanti, e si riconosceva fin troppo bene. Dagran rimase disgustato di fronte a quello spettacolo.
Andando in cerca di brevi notti di passione, gli era capitato di visitare le case di piacere più disparate e quella che si trovava davanti a lui in quel momento era senza dubbio la più squallida di tutte. Le mura dell'edificio, forse bianche un tempo, erano scrostate e piene di macchie di natura indefinita. Cocci di tegole cadute dal tetto e sporcizia varia circondavano il locale come un anello di lerciume, e anche se si trovava a diversi metri dall'ingresso, Dagran riusciva comunque a sentire il tanfo di sudore, piscio e birra scadente che appestava l'interno. Se in quel momento Lowell fosse stato accanto a lui, era sicuro che lo avrebbe tirato su di peso per poi scappare lontano da quell'abominio... e lui glielo avrebbe lasciato fare, forse incitandolo pure a correre più forte. E pensare che gli avevano detto che quello era il bordello migliore di tutta Westwing!
Forse per i poveracci o i mercenari di bassa lega...
Dopo un'ulteriore occhiata, si rese conto che in effetti era proprio così. Gran parte degli uomini e delle donne che scorgeva alle finestre mezze scardinate e all'ingresso, clienti e non, erano veri e propri relitti umani, e quei pochi che non lo erano sembravano tagliagole o gente che di spade e battaglie ne aveva viste fin troppe nella vita, a giudicare dalle cicatrici e dai foderi alle cinture.
Il viso di Dagran si contrasse in una smorfia. Non sapeva perché gli avessero indicato quel posto, se erano convinti che non potesse permettersi di meglio o volevano solo farsi beffe di lui, ma una cosa era certa: gli avevano rovinato la serata. Ormai era tardi; non aveva tempo di andare a cercare un altro posto, e non voleva neppure avvicinarsi a quel ricettacolo di scarti della società che aveva davanti. Se quella era la sua unica possibilità, allora preferiva rinunciare al suo progetto per la serata e accontentarsi del solito lavoro di mano in solitaria.
«Dubito che quello che cerchi sia lì dentro.»
Una voce femminile lo riscosse dai suoi pensieri. Voltandosi, si accorse che una donna lo aveva avvicinato e l'osservava con interesse. Era alta più o meno come Syrenne, con capelli lunghi e mossi come la guerriera, ma corvini anziché rossi, legati in una coda bassa. Un trucco leggero metteva in risalto i suoi occhi verdi e l'abito scuro che indossava era semplice e disadorno, ma di buona qualità. Era piuttosto carina, con qualcosa di familiare, anche se era certo di non averla mai vista prima... e gli stava porgendo la mano.
«Il mio nome è Samara, ma gli amici mi chiamano Sam» si presentò.
Dagran inarcò un sopracciglio. Una donna che si avvicinava così a uno sconosciuto molto più grosso di lei, in un vicolo come quello? Si vedeva che non veniva da quella topaia, però lo trovò comunque strano.
«Io sono Dagran,» rispose dopo un attimo di esitazione stringendole la mano «e ora dimmi: come fai a essere così sicura che quello che cerco non è lì?»
«Diciamo che si vede che sei uno che vuole qualcosa di più» fece Sam con un mezzo sorriso. Quel suo atteggiamento lo lasciava perplesso. Che intenzioni aveva? Ci stava provando con lui? Lei doveva aver intuito i suoi pensieri, infatti si affrettò a spiegare:
«Scusami, forse sono stata un po' sfacciata. È solo che ho avuto una bruttissima giornata e ho pensato di tirarmi su facendo qualcosa di folle. Sono venuta qui per... beh, puoi immaginare perché... solo che il posto non è per niente come me l'aspettavo» concluse indicando con aria preoccupata il bordello.
«In effetti dà una pessima impressione» annuì Dagran.
I due rimasero in silenzio a fissare a braccia incrociate il triste edificio di fronte a loro, poi Dagran si voltò di nuovo verso Sam. Lei lo stava studiando con interesse, in particolare i suoi muscoli in bella vista, cercando senza troppo successo di non farsi notare. Dagran si raddrizzò più che poteva e tentò di darsi un contegno. Siccome aveva fatto molto caldo durante il giorno e la sera prometteva di fare altrettanto, prima di uscire si era levato gilè e camicia e aveva messo la vecchia cotta, senza maniche e più corta di quelle regolari. E Lowell non aveva potuto fare a meno di notarlo.
«Finalmente cominci a darmi ascolto e metti la mercanzia in mostra, eh? Le signore apprezzeranno di certo!» aveva infatti commentato con un sorriso quando l'aveva visto uscire. Dagran aveva alzato gli occhi al cielo e se n'era andato senza nemmeno rispondergli. Non l'aveva indossata con quell'intenzione, ma in fondo forse Lowell aveva ragione sull'effetto che poteva avere.
Ripensando al commento dell'amico e alle parole di Sam, gli venne un'idea. Magari un po' balorda, ma tentare non costava nulla.
«Beh, tanto per essere sfacciato anch'io, se non vuoi rischiare là dentro, puoi venire via con me» disse ad alta voce.
Sam alzò perplessa lo sguardo verso di lui.
«Che intendi dire?»
«Siamo qui entrambi per lo stesso motivo, no?» spiegò Dagran. «Magari, visto che non vogliamo andare a quella bettola, potremmo arrangiarci fra di noi.»
A quel punto Sam sgranò gli occhi sorpresa.
«Ehi, ci siamo appena conosciuti; non ti sembra di correre un po' troppo? Non sono mica una di quelle!» esclamò indicando la bettola in questione.
«N-neanch'io sono uno di quelli, se è per questo!» rispose goffamente Dagran. «Dico solo che con me non correresti alcun rischio, e non dovresti neppure pagare.»
Lei prima lo guardò sconcertata, poi gli rivolse un ghigno di scherno.
«Questo è il tentativo di abbordaggio peggiore a cui io abbia mai assistito! Tu non ci sai fare con le donne, vero?»
Dagran non rispose. In effetti, a parte Syrenne e Mirania, che erano un caso particolare, non parlava molto spesso con delle donne, se non per motivi di lavoro o per soddisfare le proprie necessità a letto. Finché si trattava di organizzare le giornate, preparare strategie o trattare con i potenziali clienti, sapeva cavarsela in maniera eccellente, ma con le chiacchiere di tutti i giorni, quando si era lontani dal campo di battaglia e si pensava allo svago, se la cavavano meglio Zael e gli altri. Diamine, perfino Yurick era più bravo di lui da quel punto di vista!
Le uniche cose che Dagran faceva, oltre a combattere, erano bere e lucidare le armi. In realtà era anche un fabbro abbastanza bravo, oltre che un guerriero, ma poteva praticare quell'arte solo quando trovava qualcuno che avesse bisogno di aiuto nella sua fucina e che si fidasse di un mercenario, e come argomento di conversazione non era granché. Di sicuro a Sam non interessava sapere a quale temperatura fondesse il ferro o quale lega fosse la più adatta per fare una spada.
In quel momento rimpianse di non aver mai prestato attenzione a Lowell tutte quelle volte che aveva cercato di insegnargli qualcosa sul corteggiamento.
Forse dovrei davvero cominciare a dargli ascolto...
Nel frattempo, il silenzio fra i due era diventato sempre più imbarazzante per lui. Stava per lasciar perdere, dirle di non fare caso alle sue parole e allontanarsi per salvare quel briciolo di autostima che gli era rimasta, quando Sam cominciò a ridacchiare.
«Accidenti, non pensavo che bastasse così poco per mettere in difficoltà uno come te! Scommetto che avresti preferito che ti venissi incontro brandendo una spada, non è così?»
«Ammetto che in quel caso avrei fatto una figura migliore,» sospirò Dagran «ma ormai il danno è fatto. Spero di non averti offesa.»
E pensare che da piccolo, quando erano ancora vivi i suoi genitori, non aveva problemi a parlare con le bambine, anche se era piuttosto timido all'epoca. Chissà se quel cambiamento in lui era dovuto ai traumi terribili che aveva subito o al semplice fatto che adesso era un uomo...
Sam scosse la testa.
«Nessuna offesa» rispose. «Comunque hai ragione: sono qui per un motivo, e date le circostanze, penso proprio che correrò il rischio e verrò via con te».
«Sicura?»
«Certo. In fondo so riconoscere una buona occasione quando ne vedo una» rispose squadrandolo con un sorriso malizioso che poco dopo Dagran ricambiò.
«In tal caso, posso garantirti che non te ne pentirai» le disse avvicinandosi.
«Ottimo. Che ne dici allora se ci appartiamo in un luogo più confortevole? Conosco un posto qui vicino dove possiamo starcene tranquilli.»
Detto questo, Sam si allontanò da lui e risalì per un po' lungo la via prima di voltarsi di nuovo verso di lui.
«Forza, andiamo! Nel frattempo, potremmo migliorare un po' i tuoi approcci con le ragazze» disse facendogli l'occhiolino. Dagran non se lo fece ripetere.
Credo proprio che passerò una bella serata dopotutto.
***

«Come hai trovato questo posto?» chiese Dagran guardandosi intorno. Era ancora fermo in fondo alla scala, mentre Sam era già a metà strada per il primo piano, con la candela che rischiarava appena l'ambiente vuoto.
«Io e mia madre venivamo in questa locanda ogni volta che passavamo da Westwing, quando era ancora aperta» raccontò. «Dopo la morte del proprietario, Marley, l'hanno abbandonata perché capitavano cose strane. Urla da stanze vuote, oggetti che cambiavano posto e roba del genere. Si credeva che il fantasma di Marley vagasse per la locanda in cerca del suo assassino.»
Sam si fermò a pochi gradini dal pianerottolo.
«Già, l'hanno ucciso in camera sua, con una pugnalata al cuore. Non hanno mai scoperto chi è stato o perché, e a causa dei continui incidenti adesso la gente ha così paura di questo posto che neppure i mendicanti ci si avvicinano... o almeno non di notte. Comunque io non ho mai visto né sentito niente.»
«Hai continuato a venire qui nonostante le dicerie? Complimenti per il tuo coraggio» commentò Dagran raggiungendola.
«Grazie,» rispose Sam «ma scommetto che anche tu l'avresti fatto. In fondo prima era una locanda confortevole, e adesso che tutti la credono infestata, posso starmene qui in santa pace finché mi pare. E poi, più che di coraggio, si è trattato di curiosità: volevo capire quanto c'era di vero in quelle voci. Io credo si trattasse solo di qualcuno che per qualche motivo voleva far chiudere la locanda, ma non so dirlo con certezza. Forse non sapremo mai la verità...»
Raggiunta la cima, Sam guidò Dagran fino all'ultima porta del pianerottolo.
«Era l'unica aperta e con la chiave ancora nella toppa la prima volta che sono tornata qui dopo la chiusura» spiegò mentre entravano nella stanza, dopodiché chiuse la porta e cominciò ad accendere le lanterne alle pareti. A differenza del resto della locanda, coperto di polvere e ragnatele, quella stanza era pulita e ordinata, con un grande letto, un armadio, una cassettiera e una poltroncina accanto a un vecchio camino spento. Vicino al camino c'era una porta che probabilmente conduceva a un piccolo bagno privato, ma Dagran non ci badò molto, troppo impegnato a osservare degli oggetti che gli sembravano fuori luogo in quella stanza.
«Sono tuoi quei pugnali?» chiese indicando le armi appoggiate sulla cassettiera. D'istinto portò la mano al fianco, vicino alla piccola daga che teneva nascosta nella mantella. Una cosa che aveva imparato nel corso degli anni era che ai proprietari delle case di piacere non piacevano i clienti armati, ma allo stesso tempo era sempre meglio non essere del tutto indifesi; per quel motivo aveva con sé quella daga anziché le sue spade quella sera. Sam degnò appena di uno sguardo le lame, poi continuò ad accendere le lanterne.
«Il fatto che qui non venga nessuno a parte me non significa che non possa accadere. In casi del genere, non voglio farmi cogliere impreparata.»
Dagran si rilassò un momento. In effetti aveva ragione. Una volta accese tutte le luci della stanza, Sam tornò da lui.
«Bene, ora che è tutto a posto, che ne dici se ci mettiamo comodi?» disse, e poi cominciò a sciogliere i lacci della cotta di Dagran con deliberata lentezza. Lui la lasciò fare, studiando ogni suo movimento. Quando poté sfilarsi la cotta, la lasciò cadere a terra. Provò una certa soddisfazione vedendo il sorriso di Sam allargarsi mentre lei osservava il suo corpo.
«Ti piace quello che vedi?» le chiese a bassa voce. Lei si limitò ad annuire senza neppure alzare lo sguardo. Ottimo. Dagran allora infilò le mani sotto le spalline del suo abito e la aiutò a liberarsene, lasciandole addosso solo la biancheria. Anche lui gradì molto quello che vide. Sam gli mise le mani sul petto e cominciò a tamburellarci sopra con le dita.
«La risposta mi sembra ovvia, ma...» cominciò lei guardandolo negli occhi «tu sei un guerriero, vero?»
«Sono un mercenario» rispose Dagran. Saggiò la forma dei suoi fianchi con dolcezza, poi, mettendole una mano sulla schiena, la trasse a sé. I loro visi erano così vicini da sentire ogni più piccolo respiro, i corpi stretti l'uno contro l'altro.
«È un problema?» le chiese con un sussurro, chinando il capo sempre di più.
«Direi di no» rispose Sam un attimo prima che Dagran la zittisse con un bacio. All'inizio fu delicato, poi diventò sempre più appassionato. Dagran sentì le mani di lei scorrergli sul corpo; una gli artigliò la schiena, l'altra gli risalì il petto fino al collo per poi infilarglisi fra i capelli, quasi strappandogli la penna ornamentale. Lui fece altrettanto, mettendoci però più delicatezza del suo solito. Era sempre stato impetuoso quando faceva l'amore, ma con lei non voleva correre rischi: come gli aveva detto prima, lei non era “una di quelle”. Sam si avvinghiò a lui, le braccia al collo, le gambe attorno ai fianchi, e Dagran, senza mai staccare le labbra dalle sue, la sorresse e con la portò passo deciso fino al letto.
Sì, decisamente una bella serata.
   
 
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