Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Hi Fis    11/02/2018    0 recensioni
Raccolta di pezzi aventi come filo conduttore la possibile convivenza tra l'umanità e razze aliene, con tutte le loro particolarità. La pubblico senza una meta precisa, anche solo per vedere come si evolverà nel tempo.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il cielo e il mare fanno a gara per assumere la stessa livrea: un informe bianco. Solo quando le raffiche si placano per un momento, smettendo di bistrattare i fiocchi di neve, si riesce a raccapezzarsi su dove stia il sopra e il sotto.
Non è la tempesta però a preoccupare i marinai e il capitano: quando il satellite li ha informati del suo arrivo, ne avevano già sentito il sapore nell’aria e come vascello di osservazione scientifica in missione nei mari del nord, la Gypsy Dancer può sopportare senza problemi anche peggio di quel fortunale. Dunque, come già è stato, quando il vento calerà le eliche torneranno a girare e il piccolo rompighiaccio si farà strada attraverso il pack, lo stesso che al momento li stabilizza contro le raffiche. Nemmeno i -45°C all’esterno preoccupano l’equipaggio: come sempre, si tratta solo di avere pazienza aspettando al chiuso…
Mai prima di quella volta però, la Gypsy Dancer aveva dovuto accogliere uno shuttle orbitale sulla sua piazzola d’atterraggio: a sentirne il pilota, una gran bella donna dal pessimo carattere, l’attaché diplomatico che era stata costretta ad imbarcare aveva deciso di fregarsene dei bollettini meteo per cercare di ingraziarsi l’altro passeggero. Ne avevano pagato il prezzo una volta rientrati nell’atmosfera, quando le era diventato chiaro molto in fretta che non sarebbero riusciti a raggiungere l’isola di Svalbard prima che la tempesta li facesse precipitare. La Gypsy Dancer si era semplicemente trovata nel posto giusto al momento sbagliato, ed erano stati costretti a diventare il loro porto.
L’orologio segna l’1 di notte, ma anche se a bordo tutto va bene, per la prima volta Wolfram Zähstein non riesce a farselo bastare. Perché anche se il pilota dello shuttle ora dorme nella cuccetta di cui si è appropriata, e l’imbecille che li ha quasi fatti precipitare sta probabilmente abbracciando la tazza (il peggior caso di mal di mare che Wolfram abbia mai visto in tutti i suoi anni sulle onde), il terzo passeggero ancora non vuole saperne di rientrare, preferendo rimanere ad osservare il vento e la neve.
L’orologio segna l’1 di notte: è su quel ponte da tre ore, a 45 sotto zero.
…‘Fanculo.
 
Anche con addosso un triplo strato isolante, Wolfram ha esitato ancora un attimo prima di farsi strada tra le raffiche e la neve. Per fortuna conosce la nave meglio delle sue tasche e un po’ grazie alla ringhiera sulla murata con cui tirarsi, un po’ per intuito, l’ha trovato abbastanza in fretta: il passaggio di raccordo sotto la passerella di collegamento tra la piazzola d’atterraggio e il resto della nave. Uno dei pochi luoghi in cui il suono del vento attorno a loro venga attutito. Deve sempre essere rimasto lì, senza muoversi affatto: la neve ha cominciato a posarsi non solo attorno, ma anche sopra di lui, al punto che il capitano ha creduto per un istante che si fosse congelato. Un terrore di breve durata il suo però, meno di un istante, perché il Midion ha cominciato subito a muovere le mani e a parlare, lasciando che la neve gli cadesse negligentemente di dosso da sola:
“Capitano.”
 “…Non ha freddo?” Wolfram batte gli scarponi sul ponte e si spazzola le spalle per sottolineare la sua domanda, mettendosi con lui al riparo:
“No.” e dalla voce sembra quasi che sorrida: “…Come può immaginare, abbiamo una certa esperienza nel costruire corazze ambientali.”
“Mhh…” 8 millenni di guerra, deve costringersi a ricordare Wolfram: non riesce nemmeno ad immaginarli.
“Se può rassicurarla, mi permetterebbe di sopravvivere anche se cadessi in acqua. Sarebbe piuttosto imbarazzante, però.”
“Oh?”
“Non galleggerei. Anche senza la mia corazza voglio dire. Siamo troppo… densi.”
Uno dell’equipaggio l’aveva perfino spiegato al suo capitano: il corpo umano è fatto circa al 65% - 70% d’acqua. L’ammontare in quello Midion non arriva al 10%.
“Una ragione di più per farla rientrare.”
“Mi conceda questo capriccio: la vista è irrinunciabile.”
“La neve?”
“…Non esattamente.” e questa volta Wolfram è certo che stia sorridendo: “Più che altro, ciò che essa mi dà.”
Il capitano lo supera di tutte le spalle e quasi metà del torso, eppure parlare con quel Midion gli dà una strana sensazione, anche se non riesce a dargli un nome preciso. È qualcosa del colore della nostalgia, ma allo stesso tempo diversa.
Non è solo una sua suggestione: tutti i Midion causano quella sensazione in noi.
“E che cos’è?”
“Prospettiva e idee.” risponde pronto il Midion, come se si fosse aspettato la domanda: “…Nella mia lingua, ciò che in questo momento copre tutto non ha una parola con cui io possa indicarla. Anche ora sono costretto ad usare un giro di parole, o affidarmi alla vostra lingua per chiamarla. Nella mia, noi possiamo solo indicare e dire: questa è acqua che cade dal cielo. Non conosciamo una parola per indicare questa bellezza.”
“…È solo neve.”
“Lo è per lei, capitano. Ma la mia specie ha dovuto inventare il viaggio interplanetario per poterla vedere per la prima volta. La parola stessa con cui nella mia lingua indichiamo casa, viene da un termine che indica a sua volta il luogo dove acqua scorre liquida. Può provare ad immaginare cosa questo implichi... Prospettiva.” gesticolò lentamente il Midion.
“Lei è un linguista?”
“No, affatto. Il mio campo di specializzazione è la comparazione evolutiva tra specie diverse.”
“E come è finito qui?”
“Sulla sua nave? Mister Johnson ha saputo della mia qualifica dall’ammiraglio. Così, sono stato invitato a visitare il vostro caveau globale dei semi, sull’isola di Svalbard.”
“L’ammiraglio…?”
“Sì, sono l’ufficiale scientifico capo della flotta del Vento.”
“Ah.”
“…Sembra che conosca un po’ della mia cultura. Dovrò disperdere qualche preconcetto?”
“No. Ma spero non si aspetti un inchino.”
“Affatto. Sono un ospite dopotutto.”
 
A quanto pareva, il pilota dello shuttle aveva avuto torto nel lamentarsi: nessuno di noi può dire di conoscere davvero l’interezza della cultura Midion, ma ci sono alcuni elementi che siamo in grado di comprendere più facilmente di altri, perché risuonano con la nostra cultura… o con i nostri tabù. Ad esempio, è vero che i Midion si nutrono solamente con cibo vivo: le loro battute di caccia nel deserto sono ancora oggi una parte imprescindibile della loro socialità, nonostante il tributo di vite che continua a costare. E sì, è anche vero che nello loro cerimonie funebri si pratica del cannibalismo rituale. Entrambi questi aspetti però, che ci appaiono così primordiali per la cultura di un impero interstellare, devono essere considerati nell’ottica della loro storia e soprattutto del loro mondo natale: un luogo in cui di giorno il nostro sangue bollirebbe spontaneamente, se esistesse ancora. Ciò che noi chiameremmo un deserto spietato, per i Midion è solo un giardino di dune. Ma come i Midion hanno dovuto imparare molto presto, tutti questi giardini devono essere difesi: l’hanno imparato bene e ora prosperano, nonostante tutto.
La società Midion non possiede il nostro concetto di nobili o di re. Ciò che più si avvicina ad essi si può trovare all’apice delle gerarchie nelle quali è organizzata la loro popolazione, con i Tearki a svolgere il ruolo di governatori planetari e “difensori di tutto ciò che si trova a terra”, mentre quella militare, con gli ammiragli a soprintendere alle loro flotte come capiclan, ha la consegna di “combattere tutto ciò che si trova tra le stelle”.
Dona una certa prospettiva sulla loro società il riflettere sul fatto che sia i Tearki che i loro ammiragli di flotta rispondono entrambi ad una sola persona: nella nostra lingua lo chiameremmo imperatore-dio, dato il suo ruolo e l’ossequio con cui i Midion lo invocano. Nella loro lingua però, egli è “il molto riverito (perché estremamente) avvelenato”.
 
Dunque, l’ospite di Wolfram era qualcuno che aveva l’orecchio di un signore della guerra che non solo rispondeva direttamente all’Imperatore-Dio dei Midion, ma che anche aveva il potere e il diritto di incenerire interi pianeti, se lo avesse creduto necessario. Qualcosa che doveva aver già fatto per decadi, prima di essere costretto a riparare nel sistema solare per far riparare le proprie navi, in modo da tornare a farlo. Ecco perché nel caso del suo ufficiale scientifico capo, era importante cercare di accontentarlo.
Comprendendo a fondo questo, il capitano inspirò profondamente, il naso e la bocca ben al riparo del bavero della giacca isolante:
“Riesco a capire cosa intende per prospettiva. Ma in che senso idee?”
“Cosa rivela sulla mia specie e la mia cultura il fatto che non abbia una parola per definire la pioggia, o la neve? Oltre all’evidente s’intende: l’acqua che conosciamo solamente per essere così rara, qui abbonda al punto che il cielo può disfarsene… È così difficile essere qui per noi.”
“In che senso?”
“È bello al punto da farmi dimenticare quanto possa essere fragile. E quindi mi sforzo di pensare quale sia il modo migliore per poterlo tenere al sicuro. Ammesso che ne abbia il diritto, certo.”
“…E le è venuto in mente qualcosa?”
“Molte cose: non so ancora se vi piaceranno.”
“Crede che ci potrebbero essere d’aiuto?”
“…Estremamente.”
“Allora non so se abbiamo il diritto di non farcele piacere.”
“C’è sempre una scelta, capitano. Più di quanto possiate immaginare: raramente però sono facili. Un po’ come lei quando ha scelto di venire a cercarmi.”
“Si è trattato solo di uscire…”
“Le è solo sembrato. Noi rappresentiamo una terribile incognita per voi: anche per questo siamo grati dell’accoglienza che avete voluto darci. Più di quanto riusciamo ad esprimere… Lo sa, a volte non riesco a capire se voi esseri umani siete di una purezza infantile, o solo molto ignoranti.”
Il capitano fece quasi in tempo a rispondere, ma il Midion si mosse, troppo veloce per riuscire a seguirlo, appoggiandogli quasi una mano sulla bocca: Wolfram poteva superarlo di tutta la testa e metà del busto, ma il capitano sa che avrebbe potuto piegarlo come un foglio di carta se solo avesse voluto.
“…E, ad essere sincero, è una domanda di cui non voglio conoscere la risposta.”
“Perché potrebbe non piacerle?”
“Perché toglierebbe qualcosa alla bellezza di questo mondo e della specie che lo abita.” e detto questo, l’alieno tornò ad osservare ciò che la sua lingua non aveva parole per esprimere, mentre lentamente i fiocchi si facevano trasportare dal vento e dalla gravità.
Wolfram restò con lui fino a quando il vento calò, senza pronunciare altro che il suo respiro: la polmonite che si prese e il principio di congelamento ne sarebbero valsi la pena.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Hi Fis